Smembrare il Museo del Marmo di Carrara: un progetto da terrapiattisti della cultura. Ecco perché


A Carrara si parla di smembrare lo storico Museo del Marmo per spostarne una parte nel centro storico, lontana dalla sua sede. Ecco perché è un progetto scientificamente improponibile, da terrapiattisti della cultura.

Era già successo quest’estate a Roma, quando Carlo Calenda voleva mettere le mani sui Musei Capitolini, con l’idea di smembrarli per fare un mega-museo di sole antichità romane riunendoci le raccolte di diversi musei comunali e statali. Sembra che ultimamente le campagne elettorali non possano fare a meno di tirare in ballo progetti museali scientificamente improponibili: accade dunque che a Carrara l’attuale amministrazione del Movimento 5 Stelle proponga di smembrare il Museo del Marmo per spostarne una parte dalla sua attuale sede in un edificio del centro storico, Palazzo Pisani. Per ammodernarlo? Per rispondere a un allargamento delle collezioni? Per urgentissime e indifferibili esigenze? Niente di tutto ciò: lo spostamento sarebbe esclusivamente motivato da ragioni turistiche. “Questa scelta”, ha dichiarato il gruppo consiliare pentastellato carrarese, “deriva da un’analisi precisa: il turista che attualmente visita il museo del marmo si ferma allo Stadio, zona lontana da qualsiasi altro punto di interesse, poi risale su auto o pullman, si dirige alle cave e a tour finito lascia il territorio. Un museo visitabile nel centro storico, collegato in un percorso che da Piazza Alberica passa a Palazzo Pisani (sede del nuovo Museo del Marmo), Palazzo Rosso (futura sede della gipsoteca dell’Accademia di Belle Arti, altro progetto di questa amministrazione) proseguendo con l’Accademia stessa, ma anche Palazzo Binelli, Palazzo Cucchiari fino ad arrivare al MUDAC, porterebbe i turisti a fermarsi e visitare i musei, le piazze, i monumenti che sono tornati a splendere grazie ai molti interventi di pulizia e restauro fatti in questi anni e ai molti che partiranno a breve”. Nota a margine: la zona Stadio dista cinque minuti di auto (2,9 chilometri) dal centro storico.

Il Museo del Marmo, il primo museo pubblico di Carrara, ha sede, fin dal momento della sua apertura nell’aprile del 1982, in un bell’edificio costruito tra il 1962 e il 1965 su progetto di Dante Petrucci ed Ezio Bienaimé, in una zona della città che dista circa tre chilometri dal centro storico. Progettato inizialmente per ospitare la Mostra Nazionale del Marmo, fu poi sede dell’Internazionale Marmi e Macchine prima di ritrovare la propria vocazione espositiva e diventare definitivamente, su coordinamento di Enrico Dolci che ne ideò il progetto museologico, sede del primo museo cittadino, interamente dedicato alla storia del marmo, e arrivato nel tempo a contare diverse sezioni (quella sulla geologia e sull’evoluzione del territorio, le sale dell’archeologia romana con opere e reperti del territorio, la bella sala della donazione Felice Vatteroni, la sala delle sperimentazioni innovative con le opere di design degli anni Sessanta, la sezione di archeologia industriale e quelle che illustrano le fasi della lavorazione, oltre alla più importante marmoteca d’Italia). L’edificio stesso è uno dei più interessanti esempi italiani di architettura organica: nato per esposizioni temporanee, fu poi riallestito e trasformato per adattarsi all’esigenze di una raccolta permanente (in calce una serie di fotografie scattate nelle scorse ore per dar conto, a chi non lo conosce, di cosa sia il Museo del Marmo). L’ipotetica nuova sede è invece una dimora nobiliare secentesca, fortemente rimaneggiata nei secoli successivi, a lungo sede di uffici comunali e di associazioni cittadine, e in procinto (e in attesa) d’esser sottoposta a un progetto di recupero che la risollevi dal suo pluriennale degrado.

L’idea dei pentastellati è quella di lasciare nell’attuale sede le sezioni di archeologia romana e archeologia industriale, e destinare le sale liberate dalle altre sezioni “ad attività compatibili come la formazione di alto livello e l’esposizione di progetti di pregio legati al marmo, anche col fine di rendere la struttura economicamente autosostenibile”. Da notare che stiamo parlando di una città dove i tre musei civici hanno fatto segnare nel 2019 la somma complessiva di 16.151 visitatori (con il Museo del Marmo e il Museo d’Arte Contemporanea in calo a doppia cifra rispetto al 2018, e il CARMI salvato giusto dalla baracconata su Canova che ha fatto crescere i suoi visitatori dai 5.015 del 2018 agli 8.119 del 2019). In pratica, un sistema museale che conta una media di poco più di cinquemila visitatori a istituto, e il gruppo consiliare a 5 Stelle, in questa situazione, favoleggia di musei “economicamente autosostenibili”. Meglio sorvolare. A Palazzo Pisani arriverà invece tutto il resto, e lo spostamento servirà, affermano gli estensori del progetto, “a creare nel cuore della città un racconto della sua storia utilizzando come mezzo il marmo”. Ora, la proposta di spostare il Museo del Marmo a Palazzo Pisani intanto priverebbe la città di un museo per molto tempo: ci vorrebbero anni per riadattare Palazzo Pisani a nuova sede del Museo del Marmo, quindi anche per i tanto agognati flussi turistici una lunga attesa sarà ineludibile. Ma al di là di ciò, si tratta d’una proposta comunque impresentabile, e se perseguita con l’intento di portare turisti nel centro storico diventa anche pericolosa e antiscientifica, oltre che inutile. In sostanza, un’idea da no-vax della cultura, da terrapiattisti della museologia, e questo per ragioni di carattere scientifico, storico, gestionale e anche turistico.

Sulle ragioni scientifiche: va ribadito che un museo non è come il tinello di casa propria, che si può riarredare a piacimento spostando i mobili da un’altra parte. Un museo risponde sempre a un progetto scientifico che molte volte è inscindibile dalla sua sede, soprattutto se poi a quella sede è storicamente legato, come s’è visto e come si specificherà meglio più avanti. In questo caso si parla d’un museo che ha una collezione legata a sale ideate e adattate appositamente per conservare testimonianze preziose, a partire dalla marmoteca, indissolubilmente unita al contesto che la ospita, ma si potrebbe dire lo stesso per la sezione di archeologia industriale, che peraltro per le parti esterne non si può portare in centro. E qual è allora il senso logico e scientifico del tenere, nell’attuale sede, la sezione di archeologia romana e quella di archeologia industriale, asportando tutto il resto? Il fatto che entrambe contengano la parola “archeologia” non è un criterio valido. Si tratta peraltro di aspetti che, negli ultimi tempi (dacché la proposta di spostare il Museo del Marmo è ciclica) sono stati ben sottolineati (e molto meglio di come lo sta facendo chi scrive) da esperti come Enrico Dolci e Pietro Di Pierro, e ogni tanto si potrebbe anche dare ascolto alle persone competenti: non vale solo per il Covid ma anche per i musei, che non sono gingilli da modificare a estro. Poi, il trasferimento d’un museo presso un’altra sede è un’operazione che si compie raramente, e la si esegue solo per ragioni fondate. Per esempio: una sede non più adatta a ospitare una raccolta in forte crescita (e non è il caso del Museo del Marmo), oppure una sede non più idonea perché fatiscente (e non è il caso del Museo del Marmo), o ancora perché le esigenze del museo sono radicalmente cambiate (per esempio, a causa di grossi afflussi di visitatori che non rendono più sostenibile o sicura una sede precedente... e non è il caso del Museo del Marmo). E di solito, quando si decide di spostare un museo importante come il Museo del Marmo, si progetta una sede ex novo: è molto difficile che s’intervenga su di una diversa sede già esistente per una raccolta così consistente.

Quanto alle ragioni storiche, va rammentato che ad aprile 2022 il Museo del Marmo festeggerà il suo quarantesimo compleanno. Come ricordato, è stato il primo museo pubblico di Carrara e si trova nei padiglioni di viale XX Settembre dal 1982. Le persone che avevano lavorato al progetto avevano scelto l’attuale sede anche in continuità con la Mostra Nazionale del Marmo che vi si era tenuta negli anni Sessanta, avendo già dato prova di essere un edificio adatto allo scopo: peraltro Dante Petrucci è anche lo stesso architetto che ha progettato il Municipio. C’è dunque, volendo, anche una sorta di sovrapposizione tra l’immagine del Museo del Marmo e l’idea che la città ha di se stessa. Si vede il Museo del Marmo, e si ripensa alla storia di Carrara di quegli anni. Certo, non stiamo parlando dei Musei Capitolini o di un museo dalla storia plurisecolare, ma celebrare i quarant’anni del museo con uno smembramento per spostarne una parte in una dimora nobiliare secentesca, completamente fuori contesto, forse non è il modo migliore per rendergli omaggio. Spostarlo a Palazzo Pisani vorrebbe dire, in sintesi, cancellare quarant’anni di storia. Sarebbe un’operazione ragionevole solo se ci fossero serie e urgenti ragioni per farlo, e sperare di portare più turisti in centro ovviamente non è una motivazione seria e urgente. Non voglio certo sostenere che il Museo del Marmo sia un museo perfetto: non è così. Però tra il semi-abbandono e lo smembramento ci sono tante sfumature.

Ragioni gestionali: in questo caso va ricordato che i musei non esistono in ragione dei soli turisti. Certo, il turismo è una componente importante del paesaggio museale, ma non è l’unica e spesso non è neanche quella preponderante. Sulla base della frequentazione, uno dei pià recenti manuali di museologia, il Falletti-Maggi, individua quattro tipi di musei: il museo leader (tanto pubblico, sia locale che turistico, molto fidelizzato), il museo icona (tanto pubblico, per lo più turistico, poco fidelizzato), il blockbuster locale (tanto pubblico, per lo più locale, molto fidelizzato), il museo marginale (poco pubblico, e poco fidelizzato). Prima di prendere decisioni che potrebbero rivelarsi inadatte è stato fatto uno studio sul pubblico, reale e potenziale, del Museo del Marmo, oppure lo smembramento verrà deciso così, perché ci gira di trasferirlo? Il Museo del Marmo è soprattutto un museo di territorio, eppure ci sono carraresi che non lo visitano dalla gita di prima media. E allora non sarebbe forse il caso di pensare, prima di tutto, a come renderlo più attrattivo per la comunità? Perché se la gestione politica del museo rimane sempre la stessa, si potrebbe far progettare la sede anche a Frank Gehry, ma il pubblico rimarrà lo stesso (magari, concediamolo, potrà esserci qualcuno in più all’inizio per vedere la novità).

Infine, le ragioni turistiche: il gruppo consiliare parla di una “analisi precisa”. Da chi è stata fatta? È stata affidata a uno studio o a un consulente esperto di flussi turistici? Sono state adeguatamente analizzate le potenzialità del sistema museale carrarese, è stata eseguita un’indagine accurata sui punti di forza e su quelli di debolezza, sulle minacce e sulle opportunità? Ci sono dati approfonditi sulla composizione dei flussi, sugli interessi di chi visita Carrara, sulle criticità più e meno evidenti? Nell’attesa di saperlo, si può partire da ciò che si può rilevare empiricamente: un Museo del Marmo poco attrattivo per i turisti non diventa improvvisamente attrattivo perché viene spostato nel centro storico. Rimane un museo poco attrattivo spostato un po’ più in là. Altrimenti, il Museo della Marineria di Cesenatico, peraltro pure molto interessante e ben organizzato, farebbe più visitatori del Louvre. E il centro storico di una città come Carrara, che dopo una cert’ora ha un movimento simile a quello d’un villaggio sperduto dei Carpazi, non diventa improvvisamente la Riccione del Tirreno solo perché è stato spostato un museo. Non è un problema di sede: è un problema di motivazione. Chi visita il Museo del Marmo ora come ora non è un turista che ci capita per caso, ma è un visitatore che sa perfettamente cosa andare a vedere, e se vuole andare a visitare il centro storico, ci va. È un museo altamente specializzato: non è un grande attrattore, e i visitatori lo vanno a vedere o perché molto interessati o perché si trovano già in zona, magari conoscono già il centro della città, e se hanno tempo vanno al Museo del Marmo. Probabilmente non ha il potenziale attrattivo del Mart di Rovereto, dove ci si reca apposta dopodiché, se si ha tempo e voglia, si visita la città. Pensare il contrario è un po’ come credere che uno vada nel Chianti perché c’è il Museo d’Arte Sacra di San Casciano. No: solitamente si va nel Chianti per altro, e poi già che ci si trova lì, se si ha tempo, si visita anche il Museo d’Arte Sacra di San Casciano, mentre se si va solo per il museo ma il resto interessa poco, la sera si dorme magari a Siena o a Firenze.

Con un ipotetico spostamento a Palazzo Pisani, il visitatore a cui non importa niente della città, appena finita la visita, prenderà la macchina e se ne tornerà da dov’è venuto. Anzi, magari rivolgerà pure qualche insulto all’amministratore, perché gli ha diviso il museo in due parti, di cui una distante tre chilometri dall’altra, e gli ha fatto perdere tempo. Il Museo del Marmo non ha la forza di trascinare l’intera città, a meno che non ci s’inventi qualcosa di nuovo ogni sei mesi che porti il pubblico a tornare spesso e a fermarsi volentieri (ma questo ragionamento lo si può fare per qualunque spazio cittadino, a cominciare dal CARMI che potenzialmente sarebbe molto più adatto allo scopo). Diamo una notizia: il centro storico di Carrara è già stracolmo di centri attrattivi. Accademia di Belle Arti e Gipsoteca, Museo d’Arte Contemporanea, Palazzo Cucchiari, Palazzo Binelli, CARMI, spazio Vôtre, Teké Gallery, gli studi degli artisti, Via San Piero e i progetti di “Adotta un vicolo”. C’è una quantità di spazi altissima per un centro storico dove abitano circa settemila persone, con una varietà peraltro sorprendente, perché vi si possono trovare l’arte antica, l’arte contemporanea, l’arte otto-novecentesca, la street art, gli artisti locali. Ha senso buttare nella mischia un altro museo? No: perché se il turista non viene a Carrara nonostante quest’offerta, allora il problema non è l’offerta. L’amministrazione locale vuole fare un favore al Museo del Marmo? Prima di spostarlo, si cominci a dotarlo di una direzione (dei tre musei carraresi è l’unico a non avere un direttore), e se non è possibile si potrebbe almeno dotarlo di un sito web decoroso (al momento il potenziale visitatore che cerca su Google si troverà dinnanzi a un’indecente paginetta sul sito del Comune: in tanti anni nessuno ha pensato di porre rimedio a questa situazione, inaccettabile nel 2022 in una città come Carrara?), e magari anche di un catalogo aggiornato, dato che l’ultimo risale al 2006, e da allora ci sono stati cambiamenti non di poco conto. Partiamo dalle basi insomma! Sarebbe un bel regalo di compleanno.

Museo del Marmo di Carrara, esterno
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Ingresso del museo
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La prima sala
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Sezione di archeologia romana
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Sezione di storia locale
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Sezione delle sperimentazioni innovative
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Marmoteca
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Donazione Vatteroni
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Sala multimediale
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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).






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