L'influenza del social: quanto conta un artista fuori da Instagram?


Sono sempre di più gli artisti che usano Instagram, e spesso si fanno condizionare da Instagram. Ma quali sono i rischi di questo social per gli artisti? Quali le opportunità? E alla fine, come si misura davvero il valore? In altre parole, quanto conta davvero un artista fuori da Instagram?

In un mondo sempre più dominato dalla cultura dell’immagine, Instagram si è trasformato in uno degli strumenti più potenti per gli artisti contemporanei. Non è solo una piattaforma per condividere il proprio lavoro, ma un vero e proprio spazio espositivo digitale, capace di mettere in contatto l’artista con un pubblico globale. Tuttavia, dietro la seducente promessa di visibilità e connessioni, emergono interrogativi profondi: quanto conta davvero un artista fuori da Instagram? E quali sono i rischi di un sistema che sembra misurare il valore artistico in termini di algoritmi, like e follower?

Per molti artisti, Instagram rappresenta unopportunità senza precedenti. Artisti emergenti, che in passato avrebbero dovuto lottare per ottenere visibilità attraverso gallerie o esposizioni, oggi possono costruire una carriera a partire dal loro profilo social. Questo fenomeno è particolarmente evidente nel caso di artisti che hanno saputo utilizzare la piattaforma in modo innovativo, trasformandola in un’estensione della loro pratica. Opere site-specific pensate per il formato del feed, performance documentate in tempo reale o video che sfruttano le potenzialità virali delle stories: il social media è diventato un mezzo di espressione, non solo di promozione.

Eppure, c’è una linea sottile tra utilizzare Instagram come strumento e far sì che diventi il fine ultimo. Il rischio è che larte si riduca a contenuto, ottimizzato per attirare attenzione nell’universo fugace dello scrolling. In questo contesto, il successo di un’opera potrebbe essere valutato più sulla base del suo potenziale visivo, ovvero quanto è “instagrammabile”, che non sul suo valore concettuale o emotivo. Questo spostamento di prospettiva solleva una domanda fondamentale: stiamo assistendo a un’evoluzione del linguaggio artistico o a una sua banalizzazione?

Uno degli aspetti più controversi del rapporto tra arte e social media riguarda il ruolo degli algoritmi. Su Instagram, come su altre piattaforme, la visibilità non è distribuita equamente: i contenuti che ottengono maggiore engagement, come like, commenti, condivisioni, vengono spinti ulteriormente nel feed degli utenti. Questo crea un circolo vizioso in cui gli artisti più popolari diventano sempre più visibili, mentre chi non riesce a soddisfare i criteri dell’algoritmo rischia di essere relegato ai margini. In questo contesto, non è raro che gli artisti si sentano pressati a creare opere che massimizzino l’engagement, sacrificando complessità e profondità in favore di estetiche accattivanti e messaggi facilmente digeribili.

iHeart, Nobody Likes Me (2014)
iHeart, Nobody Likes Me (2014)

Ma l’arte è davvero compatibile con le logiche del marketing digitale? E quanto è giusto che un algoritmo, progettato per aumentare il tempo di permanenza sulla piattaforma, finisca per influenzare il successo di un artista? La dipendenza dai social media solleva anche interrogativi sulla natura del successo artistico. Avere migliaia o milioni di follower su Instagram non sempre si traduce in un riconoscimento istituzionale o in opportunità professionali concrete. Alcuni artisti, pur avendo un forte seguito online, faticano a entrare nel circuito delle gallerie o dei musei. Allo stesso tempo, ci sono artisti che scelgono di restare fuori dai social media, concentrandosi su pratiche più tradizionali e trovando comunque un pubblico attraverso canali alternativi.

Questa dinamica mette in discussione il rapporto tra visibilità e valore. Un like su Instagram è una forma di approvazione immediata, ma è anche superficiale. Quanto conta, nel lungo termine, l’impatto di un’opera su una piattaforma progettata per essere dimenticata nel giro di pochi secondi? E come possiamo distinguere tra un successo reale e un’illusione creata da metriche digitali?

Nonostante le criticità, il legame tra arte e social media non è necessariamente negativo. Alcuni artisti stanno cercando di sovvertire le logiche della piattaforma, utilizzandola non solo per promuovere le proprie opere, ma anche per stimolare un dialogo critico. Attraverso post che riflettono sui meccanismi stessi dei social media, o collaborazioni che coinvolgono comunità locali, è possibile trasformare Instagram in uno strumento di consapevolezza e partecipazione.

Inoltre, emergono iniziative che cercano di affiancare al digitale nuove modalità di interazione artistica. Mostre virtuali, piattaforme decentralizzate e spazi espositivi temporanei offrono alternative al modello dominato dai social media. Questi esperimenti suggeriscono che è possibile immaginare un’arte che utilizzi il potenziale del digitale senza essere completamente assorbita dalle sue logiche.

Alla fine, il rapporto tra arte e social media è una questione aperta, che riflette le tensioni più ampie della nostra epoca: tra visibilità e sostanza, velocità e profondità, accessibilità e controllo. Instagram è uno strumento potente, ma è solo uno degli spazi in cui l’arte può esistere e prosperare.

Forse la vera sfida per gli artisti contemporanei è trovare un equilibrio tra questi mondi. Continuare a utilizzare i social media come mezzo, senza lasciare che diventino un fine. Coltivare pratiche che vadano oltre l’immediato, resistendo alla tentazione di ridurre l’arte a un semplice prodotto visivo. Perché, alla fine, il valore di un’opera non si misura in like, ma nella sua capacità di trasformare chi la incontra.


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Federica Schneck

L'autrice di questo articolo: Federica Schneck

Federica Schneck, classe 1996, è curatrice indipendente e social media manager. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Pisa, ha inoltre conseguito numerosi corsi certificati concentrati sul mercato dell’arte, il marketing e le innovazioni digitali in campo culturale ed artistico. Lavora come curatrice, spaziando dalle gallerie e le collezioni private fino ad arrivare alle fiere d’arte, e la sua carriera si concentra sulla scoperta e la promozione di straordinari artisti emergenti e sulla creazione di esperienze artistiche significative per il pubblico, attraverso la narrazione di storie uniche.



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