Il superamento della crisi pandemica dovrà a mio avviso vedere protagonista una nuova e intensa stagione di produzione culturale con il sostegno pubblico e privato. Se è vero che le discipline artistiche vivono attraverso la determinata selezione è questo il tempo, per alcuni anni, di allargarne le maglie e di favorire una più intensa presenza del lavoro degli artisti nella vita quotidiana delle persone, perché poco e bene, ora soprattutto, è pur sempre poco. Favorire il lavoro di un numero più considerevole di artisti appare utile anche alla ricerca e alla critica e consentirebbe rinnovate selezioni su un ambito di scelta ampliato. Meno sussidi e più occasioni di lavoro.
Pare giunto pertanto il tempo di una nuova committenza pubblica, quanto più capillare possibile, ed anche di una nuova committenza privata che porti il lavoro degli artisti negli edifici, negli uffici, nei luoghi di produzione e di incontro, negli ospedali e nelle abitazioni. Dovrebbero anche essere maggiormente sostenuti e moltiplicati i rari progetti di artoteca oggi realmente funzionanti, magari appoggiandosi al sistema delle biblioteche per dare in prestito opere alle persone che in casa non ne hanno per mancanza di tradizione familiare o di possibilità economiche.
Andrebbero nuovamente favorite le opere murali, le rappresentazioni di spettacolo dal vivo nelle piazze e nei cortili dei quartieri periferici, la pubblicazione di libri che raccontino storie di prossimità, di comunità di piccoli paesi o di particolari quartieri, attività registiche, per documentari e film corti ed altre occupazioni verso web e social per il personale e per gli artisti dell’audiovisivo.
Il lavoro degli artisti dovrebbe accompagnare, come avveniva in tempi ormai remoti, ad esempio nell’arco alpino , la ristrutturazione degli immobili pubblici e di quelli privati, con particolare attenzione ai centri storici e con particolare generosità nelle periferie. Un’opportunità potrebbe essere data dal bonus facciate o gli incentivi del 110% , nel quale comprendere tra le spese ammesse anche opere di artisti effettuate nei prossimi due anni. L’esperienza di incontro con il lavoro degli artisti non dovrebbe apparire più eccezionale, come spesso ora accade, ma quotidiana, soprattutto per l’infanzia, che in Italia dovrebbe nuovamente crescere avendo nel proprio ambiente di vita, tutti i giorni, opere d’arte, non solo legate al glorioso passato, ma anche emerse in questi anni difficili. Sovviene al riguardo il pensiero scritto di Alberto Garutti: “In questa piccola stanza saranno esposte opere del museo d’arte moderna e contemporanea [...] per far sì che i cittadini di questo quartiere le possano vedere. Questa opera [...] è dedicata a tutti quelli che passando di qui, anche per un solo istante, la guarderanno”.
L’Artoteca Alto Adige di Bolzano |
Un’altra occasione di riflessione generale che l’attuale tragica paralisi della vita culturale potrebbe favorire dovrebbe riferirsi al miglioramento dell’organizzazione, della governance, delle istituzioni culturali che godono di sostegno pubblico. Selezioni internazionali come quelle esperite per i direttori dei musei autonomi, alcune altre buone pratiche reperibili nelle norme sulla riforma dei musei per renderli dotati di “autonomia speciale” potrebbero essere riproposte, in un’ottica di “sistema culturale nazionale”, almeno da parte dello Stato, delle Regioni e dei Comuni, per attribuire le funzioni di direttore e a volte anche quelle di presidente degli enti culturali, ora affidate troppo spesso con procedure prive di trasparenza o destinate a consolare politici non rieletti.
In altra sede ho più diffusamente scritto dell’opportunità per l’Italia di giungere, possibilmente con una legge generale del Parlamento, ad una “eccezione culturale”. Tale temine si utilizza per indicare meccanismi utili a porre argini a quelle norme dell’Unione europea originariamente pensate per garantire la concorrenza delle imprese e poi troppo spesso applicate anche a settori che non si prestano ad essere regolati da meccanismi pensati per l’economia di mercato. Il concetto potrebbe oggi essere proiettato su norme nazionali utili a risparmiare alle istituzioni culturali lacci burocratici standardizzanti e procedure estenuanti, che quando applicati sul settore culturale, rendono quasi sempre impossibile la rapidità delle decisioni necessaria per una reale promozione della creatività, per lo sviluppo culturale dei cittadini e la gestione efficiente di molte delle istituzioni a ciò deputate.
Nell’attuale scenario che lascia temere uno stentato ritorno della partecipazione culturale ai livelli pre-covid e una pausa del turismo internazionale di massa (principale fonte di alimentazione delle casse museali) pare necessario aver pronta la pianificazione di un sistema di finanziamento alternativo di emergenza, un piano B che preveda misure di sostegno alle istituzioni culturali non solo riferite al parametro del ristorno di mancati incassi. Soprattutto per le principali realtà culturali che si ritengono vitali per l’identità nazionale o locale pare evidente che la mano pubblica dovrà garantire anche nelle emergenze le risorse per le spese essenziali di funzionamento e debba fin da ora immaginare come farlo.
Il senso del Mibact e degli assessorati alla cultura sta nella necessità di offrire agli operatori culturali la qualificazione eccellente dei funzionari, della dirigenza e del personale nelle funzioni strategiche. La qualificazione invece si perde con le carenze organiche e i troppi interim e con carichi di lavoro spropositati. La selezione attenta e la formazione costante sono quindi da incrementare, i carichi di lavoro sono da censire ex novo, poiché le modalità del fare cultura sono rapidamente e sostanzialmente mutate. In generale, per il riflesso sociale ed economico del comparto, per la preparazione di molta parte delle giovani generazioni di ruolo o precari e per i lodevoli sforzi fino a qui posti in essere da varie recenti riforme, una legge dovrebbe ottenere il risultato che i lavoratori del comparto culturale possano essere meglio retribuiti.
È auspicabile, mi ripeto, una legge organica, comprendente ogni settore della politica culturale nazionale, consci di quanto essa sia del tutto essenziale per la salute dei cittadini e per la ripartenza sociale ed economica del Paese.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autore di questo articolo: Antonio Lampis
Nato nel 1964, lavora per l’amministrazione pubblica dal 1983. Dal 1997 al 2017 e dal settembre 2020 ad oggi è Direttore della ripartizione cultura della Provincia autonoma di Bolzano. Tra il 2017 e il 2020 è stato Direttore generale dei musei per il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, gestendo anche per molti mesi l’interim Reggio di Caserta e alcuni poli museali. È dal 1999 Visiting Professor in diverse università e master. È stato Vicepresidente della fondazione MUSEION, Museo d'arte moderna e contemporanea di Bolzano dal gennaio 2008 al febbraio 2010 e successivamente membro del Consiglio di fondazione e del consiglio di amministrazione. Membro del board del comitato organizzatore della biennale MANIFESTA 7 The European Biennial of Contemporary Art - Trentino-Alto Adige 2008. Ha realizzato molte iniziative nel Centro Trevi di Bolzano , alcune sul tema cultura e salute. Ha ideato decine di iniziative di marketing culturale convenzionale e non convenzionale. Ha ideato diverse mostre di forte carattere propedeutico in collaborazione con grandi musei. Nel fitto elenco delle sue pubblicazioni alcune hanno toccato in via pionieristica il tema del rapporto fra cultura e salute e quello della collocazione della promozione pubblica delle attività culturali nel sistema di Welfare.