Per molti che commentano sul web, The Floating Piers, la grande installazione del sodalizio Christo e Jeanne-Claude (che, dopo la scomparsa di Jeanne-Claude nel 2009, si è ridotto alla sola figura di Christo), non sarebbe classificabile nella categoria delle opere d’arte. In questi giorni si sono letti tantissimi giudizi frettolosi e ingenerosi sull’opera, spesso anche da parte di opinion leader che hanno però valutato The Floating Piers in modo molto superficiale. Abbiamo quindi visto definire l’opera come una “pagliacciata”, una “buffonata”, una “baracconata”, una “operazione di marketing”, una “inutile passerella”, tanto per fare un elenco dei termini più leggeri. Certo: l’arte contemporanea divide, ed è normale, trattandosi dell’arte del nostro tempo. Noi vorremmo dunque inserirci in questo dibattito per proporre il nostro punto di vista e per cercare di esprimere le ragioni per le quali, secondo noi, The Floating Piers è invece un’opera estremamente interessante. E per fare questo abbiamo deciso di partire da alcune delle critiche più diffuse.
Christo, The Floating Piers (Project for Lake Iseo, Italy) (2014; disegno in due parti a matita, carboncino, pastello, pastello a cera, vernice, mappe disegnate a mano, ritagli di fotografie di Wolfgang Volz, tessuto e nastro adesivo; 38 x 244 cm e 106,6 x 24 cm; Photo: André Grossmann © 2014 Christo) |
The Floating Piers è una baracconata
Pensare che The Floating Piers sia una baracconata equivale a etichettare in questo modo gran parte della produzione di Christo e Jeanne-Claude, soprattutto i loro interventi di land art: i ponti sul lago d’Iseo non rappresentano certo la loro prima “incursione” nel campo della land art e, anzi, rappresentano la prosecuzione (e forse anche il miglior coronamento) di un’attività che prosegue ininterrotta da più di quarant’anni. The Floating Piers condivide, con tante altre opere di Christo e Jeanne-Claude (come le celeberrime Surrounded Islands), molti tratti comuni: l’intervento sul paesaggio, l’attenzione al successivo recupero dei materiali utilizzati, le tonalità forti che servono per rendere ben evidente l’artificialità dell’opera, il dialogo con la natura come base non solo filosofica ma anche tecnica per la riuscita del progetto.
The Floating Piers è solo una semplice passerella sul lago
Non entriamo nel merito dei giudizi di chi non vorrebbe considerare l’installazione come “un’opera d’arte”, per il semplice fatto che in millenni di storia non siamo ancora riusciti a trovare una definizione di “opera d’arte” che possa mettere tutti d’accordo. Ma sta di fatto che The Floating Piers è qualcosa in più di una semplice “passerella”, anche per il solo fatto di aver fatto una presa così forte su decine di migliaia di persone desiderose di sperimentare l’esperienza di camminare sulle piattaforme galleggianti di Christo e Jeanne-Claude e, dall’altra parte, di aver attirato un numero elevatissimo di persone pronte a lanciare critiche infuocate nei confronti dell’installazione. Tanti hanno paragonato l’opera alle piattaforme che si trovano, per esempio, nei porticcioli turistici: ma quante piattaforme da porticciolo riescono a suscitare, anche in senso negativo, il fascino dell’opera di Christo e Jeanne-Claude? Si dirà che è potenza del marketing: è vero, probabilmente senza il risalto mediatico che The Floating Piers ha ottenuto, non ci sarebbero state (ma chi può dirlo?) le folle che adesso stanno assaltando l’opera, ma è altrettanto vero che non è il successo di pubblico a far sì che un’installazione possa o meno essere definita “un’opera d’arte”. Il fatto che non si tratti di una “semplice passerella” è infatti dovuto ad altri fattori, primo tra tutti il suo significato.
The Floating Piers è un’opera senza senso e senza significato
Christo ha apertamente dichiarato che la sua opera non ha alcun significato e che l’unico sforzo richiesto al visitatore è quello di percorrerla e di lasciarsi cullare dal movimento delle acque del lago. Ma il giorno precedente all’inaugurazione ha invece affermato che “l’opera è aperta, bisogna sentirla. È questo il significato. E qual è il significato di una sensazione? Voi dovete scoprirlo, non è un problema mio, ogni interpretazione è legittima”. Chi ha studiato un minimo di storia dell’arte sa che le affermazioni degli artisti contemporanei sono spesso volutamente provocatorie e contraddittorie: Andy Warhol, per esempio, rilasciò durante le interviste dichiarazioni che spesso erano in aperto contrasto tra di loro. E il compito della critica è quello di interrogarsi sulle dichiarazioni degli artisti, oltre che fornire interpretazioni per le opere. Uno degli obiettivi della land art consiste nel mettere l’osservatore nelle condizioni di osservare la natura con uno sguardo differente. Alla base dell’opera di Christo e Jeanne-Claude è sempre presente una critica rivolta proprio al rapporto spesso conflittuale tra uomo e natura: una natura che viene non di rado soggiogata dall’uomo per fini tutt’altro che nobili. The Floating Piers è una dimostrazione di come l’uomo e la natura possano convivere armoniosamente, pur rimanendo due entità separate: da una parte, quindi, la dolcezza, la varietà e i colori naturali del paesaggio, e dall’altra le linee geometriche forti e le tonalità accese dell’intervento dell’uomo. Il fatto che il tutto sia realizzato con materiali riciclabili, che verranno opportunamente trattati da ditte specializzate quando The Floating Piers verrà smantellata, è ovviamente esemplificativo di questo significato attribuibile all’opera. Un’opera, insomma, per riflettere sul nostro rapporto con la natura, ma anche su noi stessi. The Floating Piers è anche la realizzazione, seppur momentanea, di uno dei sogni che hanno da sempre affascinato l’uomo, quello di camminare sull’acqua: l’opera è, insomma, la concretizzazione di un’utopia, seppur temporanea, con tutto ciò che ne consegue. Si tratta, in altri termini, di un’installazione che vuole stimolare in chi ci cammina sopra, ma anche in chi la osserva (e non necessariamente dal vivo), il pensiero per il quale non esistono sogni nei quali non valga la pena di credere. Un ulteriore intento è quello di appianare le diversità: l’accesso all’opera è gratuito e non esistono servizi che consentono di saltare le code. Il ponte ha, infatti, un altro valore: quello di simbolo di unione e, conseguentemente, di armonia e concordia. Non a caso gli studenti del liceo artistico di Bergamo, ispirandosi a The Floating Piers, hanno immaginato di riproporre (ovviamente in modo del tutto fantasioso) la stessa installazione tra la Libia e la Sicilia: la grande potenza dell’opera di Christo e Jeanne-Claude sta anche nella capacità di indurci a ragionare sul mondo che ci circonda, e quella dei ragazzi di Bergamo ne è una bellissima dimostrazione. È chiaro che si tratta di mere speculazioni, sulle quali si può essere d’accordo o meno: ma lo sono tanto quanto quelle di chi considera l’opera priva di senso.
The Floating Piers è un’opera effimera
The Floating Piers è sicuramente un’opera effimera perché durerà appena due settimane, ma la land art è di per sé effimera, la stragrande maggioranza degli interventi di land art è destinata a non durare nel tempo. Questo perché la natura è mutevole, in natura tutto cambia: essendo dunque la land art una forma d’arte in cui l’uomo interviene sulla natura, non può che conseguirne la brevità temporale dell’opera. Ciò che però non vuol essere effimero è l’atteggiamento dei visitatori nei confronti della natura: scopo di The Floating Piers è quello di favorire un dialogo tra chi cammina sul lago d’Iseo e il paesaggio circostante. Questo dialogo si alimenta di stupore, riflessione, emozioni, presenza. È l’artista stesso che lo ha dichiarato: “L’ opera d’arte richiede coinvolgimento con lo spazio. Tutto, dalla gioia di togliere le scarpe e camminare piedi nudi fa parte del coinvolgimento”. È l’entusiasmo che non dev’essere effimero, anzi: la capacità di osservare la natura con occhio rinnovato deve durare anche oltre il periodo dell’installazione. Ovvio che poi, tra le migliaia di visitatori, ce ne saranno tantissimi intenzionati a recarsi a Sulzano e dintorni solo perché l’opera è considerata un grande happening mondiale (e per di più gratuito). Ma si spera che il messaggio dell’installazione possa arrivare anche a chi non è abituato a cogliere i significati più profondi di un’opera d’arte.
The Floating Piers è un’opera impattante
Assolutamente no, The Floating Piers è stata interamente realizzata in materiale riciclabile, e come detto sopra non è destinata a durare: dunque non ha alcun senso parlare di impatto sul paesaggio. A meno che non si voglia intendere l’“impatto” come “impatto estetico”: ovviamente ci sarà chi non gradirà l’installazione, ma questo non è certo un buon motivo per scagliarsi contro l’opera. Sono altri i tipi di impatto verso i quali bisognerebbe rivolgere la nostra attenzione: basterebbe, per esempio, informarsi sulla cementificazione del lago d’Iseo. Questo è il vero impatto sul paesaggio.
Ma allora è tutto perfetto?
Ovviamente no, probabilmente al mondo non esiste alcunché di perfetto, tanto meno nel mondo dell’arte. Ci sono tanti punti critici dell’opera su cui dovrebbe esser fatta maggior chiarezza. A cominciare dai rapporti tra Christo e la famiglia Beretta (i produttori di armi): un’amicizia che stona con l’opera. Si potrà pensare che ognuno sceglie gli amici che vuole: sì, però bisognerebbe anche verificare se l’amicizia è coerente con la propria arte. Per Christo probabilmente lo sarà, per chi invece pensa che l’opera debba avere un senso profondo sicuramente non lo sarà. C’è poi da risolvere il nodo sui contratti dei collaboratori che hanno aiutato l’artista a realizzare l’opera: secondo i sindacati ci sarebbero state delle irregolarità. Infine, sono emersi nuovi particolari sui costi, che sembrava fossero stati interamente coperti dall’artista, per la cifra di 15 milioni di euro: il 9 giugno infatti la Regione Lombardia ha dichiarato di essersi assunta, assieme agli enti locali, un onere da 3 milioni di euro.
... e quindi?
E quindi si tratta di un’opera d’arte contemporanea. Divide, piace e non piace, c’è chi la considera arte e chi no. Di fronte all’arte ognuno trae le proprie conclusioni: noi vi abbiamo proposto le nostre.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).