Scrivo come frequentatore sia della Biblioteca Nazionale Braidense che della Pinacoteca di Brera (anche come ex amico di Brera), e come storico dell’arte, rispetto alla polemica che ha destato un video pubblicato sul profilo Instagram di Veralab, in cui si rappresentava, con un sottofondo musicale da discoteca e con un perfetto montaggio da film, una serata tenutasi a Brera per festeggiare il primo anno del marchio di prodotti beauty Overskin fondato dalla signora Cristina Fogazzi, altresì nota come l’influencer “L’Estetista Cinica”.
Una cerimonia senz’altro di notevole importanza per i costi (riportati dal Fatto Quotidiano in circa 95 mila euro e riconducibili ad un tariffario ministeriale), che l’azienda ha sostenuto anche per ‘lanciarsi’ sul mercato spagnolo, convocando delle influencer iberiche, dei truccatori e delle truccatrici, degli estetisti e delle estetiste, nonché tanti vip social italiani. Nel video si vedevano degli ospiti intrattenersi accanto alla signora Fogazzi, o ripresi mentre visitavano con una dipendente di Brera la Pinacoteca Nazionale. Gli stessi suoi ospiti cenavano in seguito in una tavolata allestita in una sala della Biblioteca Nazionale Braidense (quella di studio/teologica); si scattavano delle foto accanto agli scaffali della biblioteca e provavano dei prodotti di bellezza in uno spazio allestito all’esterno, al piano terreno (vicino allo spazio Consagra) dove infine mangiavano una pizza d’asporto e ballavano le musiche di Dardust nel cortile d’onore, sotto gli sguardi dei marmi dedicati a Cesare Beccaria, a Bonaventura Cavalieri, al Verri, nonché a scultori, incisori ed altri illustri soggetti del passato di Brera e di Milano.
Questa di Brera sarebbe stata la seconda tappa di due giornate di ‘festeggiamenti’ che sarebbero cominciati, solo una sera prima, con una cena-rinfresco tenutasi nel cosiddetto “salone Fontana” del Museo del Novecento di Milano, ovvero in una struttura di più recente istituzione, dotata verosimilmente di una climatizzazione e di maggiori dispositivi di sicurezza ed emergenza rispetto alla Biblioteca Nazionale Braidense. Nel salone Fontana, chiuso solo per il 12 giugno, gli ospiti apparivano alquanto lontani dalle opere d’arte, le installazioni di Lucio Fontana che si trovano sul soffitto. Su questa serata, in rete, non è stato diffuso alcun video dal profilo Veralab italiano, e non pare ci siano state delle contestazioni in rete. Perché questa differenza di atteggiamento e le molte critiche on line (oltre a quelle, inaccettabili, emesse da alcuni profili in rete che paiono di natura personale, rivolte tanto agli ospiti che alla signora Fogazzi) rivolte solo all’evento a Brera ed in particolare per la cena alla Braidense in cui, proprio tra i commensali, era presente il direttore Crespi?
Non è certo il primo evento che si è tenuto in Brera o alla Braidense, o in un museo statale italiano riferibile al Ministero della Cultura, soprattutto dopo quell’autonomia istituita dall’ex ministro Dario Franceschini tra il 2014 e 2015 che ha dotato i direttori di queste istituzioni di una autonomia finanziaria, ‘costringendoli’ non solo a ricorrere alla ottimizzazione della sbigliettazione, all’aumento dei prezzi, alla implementazione dei servizi (librerie e caffè), ma anche all’incremento di quei sistemi per far fronte ad esigenze di tipo economico, al mantenimento della struttura, ma anche sempre di più ad affittare dei loro spazi per degli eventi. Brera, nei due mandati del direttore Bradburne ed in quello più recente del dottor Crespi, ha sempre fatto ricorso a questi sistemi per incrementare delle entrate e far fronte a sempre più cospicui costi di gestione (si pensi solo alle utenze), ospitando degli eventi perlopiù durante il Salone del Mobile, o nella Settimana della Moda, o per celebrazioni assai particolari di marchi che paiono più ‘affermati’, ovvero più antichi. Lo ha fatto anche dopo l’apertura nel 2018 di un suo bistrot, il caffé Fernanda, ovvero dopo l’apertura di un ambiente strettamente deputato alla vendita e alla distribuzione di cibi e bevande. In taluni casi, alcuni di questi eventi hanno arrecato una transitoria interruzione del servizio pubblico e delle principali missioni cui sono indirizzati delle sedi culturali, ovvero quella di prestare dei servizi di lettura e di studio (Braidense), nonché di promozione valorizzazione e fruizione del proprio patrimonio (pinacoteca), motivo per cui molti di questi eventi privati vengono tenuti spesso in orari e giorni di chiusura (non è stato però il caso dell’evento di Brera che si è tenuto di giovedì, stando ad una comunicazione sul sito della Braidense). Nessuno degli organizzatori di questi eventi né la loro comunicazione paiono aver dimenticato, comunque, il ruolo e la vocazione della struttura ospitante, ovvero di aver una maggior cura nel rispettare l’immagine di una istituzione che è innanzitutto una sede di studi e di produzione culturale, non un hotel, né un ristorante, o un occasionale spazio per concerti all’aperto o da ‘usare’ per iniziative di corporate identity, o di brand identity, o per un posizionamento ‘differente’. Nessuna ‘mistificazione della cultura’, ma nemmeno ‘snaturazione’, o ‘amnesia’ in merito ad una identità che è e resta forte.
Come ospite in passato di charity dinner al Museo Diocesano di Milano, ho preso parte a delle cene in un museo, o a dei buffet, ma devo dire che erano di gran lunga ben diverse da quella che ho visto, così come da altri precedenti che si sono tenuti alla Braidense e di cui si ha notizia. Ero seduto in quelle circostanze su sedie e a tavoli di un catering, in una sala più libera e senza libri intorno. Fino ad ora nessuno aveva visto in rete le scrivanie, le sedie e le lampade della sala studio essere usate per ‘mangiarvi sopra’ o accanto, quando effettivamente, fino a pochi anni fa, come accadeva per la biblioteca d’arte contemporanea dell’Accademia, pareva vigere il divieto di introdurre cibo e bevande, soprattutto qualora si consultassero dei volumi, una prescrizione che ad oggi, ad una rapida visione, non sembrerebbe più esistere nel regolamento e carta dei servizi di Brera e della Braidense pubblicate su un nuovo sito. Poco cambia che sulle scrivanie ci fossero delle lastre un plexiglass, o in vetro. Al massimo si sono visti sui media ‘usare’ gli ambienti della sala di lettura/teologica per delle riprese pubblicitarie, non snaturandone l’uso e la funzione, visto che si mostrava lì una giovane donna ‘in gamba’ che studiava, in quel locale, con una gonna e dei collant di un noto marchio.
Le cene, fino ad ora, si erano tenute per lo più (o almeno è questa l’impressione data dalla comunicazione) nella ben più libera e agevole Sala Teresiana, spostandone le teche altrove. E ciò è quel che accadde con Fendi nel gennaio 2023, o con “Moncler Genius” nel febbraio del 2018, o più di recente per la cena indetta per i 110 anni dalla V-Zug nell’aprile 2024. L’ultimo evento, in particolare, è quello che la signora Fogazzi cita sui social per ‘difendersi’ dalle critiche mosse sull’evento. Con una foto postata sui social di quella cena (che ha visto anche la partecipazione di alcuni ballerini contemporanei) ha quasi voluto sostenere che tutte le critiche fossero state indirizzate a lei, o al suo brand, o per attaccare il suo evento, la sua organizzazione, o la direzione di Brera, dimenticando, o non sapendo, che l’ambiente destinato a quegli eventi apparisse ben diverso. Così come erano differenti i corridoi dell’Accademia, usati nel 2015 per allestire una cena in prossimità del Salone del Mobile, o la stessa sala napoleonica al piano terreno usata in un evento realizzato per i 50 anni di Unifor, e cioè in una sala che, assieme a quella della Passione (reintitolata al presidente degli amici di Brera, il dottor Aldo Bassetti), fino a pochi anni fa, erano gli unici spazi affittati per le cene perché liberi da molti ingombri e più accessibili (e addirittura climatizzati).
Tutti questi eventi si sono avuti non spostando, quindi, i tavoli della sala di lettura che pare essere elencata nel nuovo sito della Braidense come uno spazio prestabile per degli eventi (non specificandone in maniera esplicita la tipologia, o le caratteristiche perché si possano considerare questi eventi compatibili da parte di tutti, come consoni con l’immagine della struttura). Poco importa che le candele sui tavoli fossero elettriche, a pila, come la signora Fogazzi ricordava ieri. Resta sempre il fatto che una qualsiasi e piccola scintilla, anche creata da un minuscolo cortocircuito, può essere capace, se non si è fortunati, di divampare rapidamente, soprattutto in un ambiente attorniato da tonnellate di carta e dove magari hai solo degli estintori per combattere le fiamme. Se fosse successo qualche inconveniente, anche per un cellulare andato a fuoco (cosa che può capitare quotidianamente e per cui alcuni modelli sono stati spesso richiamati), proprio durante la cena, in una chiusura straordinaria, che cosa si sarebbe detto? Cosa avrebbe detto la stampa? Molti potrebbero pensare che tanto ci penserà un’assicurazione a ristorare danni, ma un’assicurazione non può restituite una normale condizione ad un libro combusto. Un volume, soprattutto antico, è un unicum, con una storia tutta sua, e non può essere sostituito in alcun modo. Se si perde, non si può sostituire, o ricostruire, come si è fatto con musei ed ambienti bombardati nel 1943 a Milano. Resta il fatto che tutti abbiamo saputo che Brera ha concesso per una cena e forse inizierà a concedere, da ora in poi, in maniera sempre più visibile ed instagrammabile, la sala di lettura teologica ed i tavoli di lettura per cene, ritenendo in questi ed altri ambienti forse del tutto ponderabili i fattori di rischio ivi presenti, come l’avere gli scaffali a pochi metri dai tavoli in cui si servono e consumano degli alimenti e contro cui possono cadere degli ospiti, inciampando in un qualsiasi ostacolo.
Altre questioni che la signora Fogazzi in qualche modo ha fatto intendere, o ha voluto fare intendere, è che il suo evento e le “influencer spagnole” da lei chiamate potessero contribuire a far conoscere di più Brera e la Braidense nel mondo e che Brera, quindi, non conti molto perché non fa i milioni di visitatori degli Uffizi. Insomma, per quanto poi chieda scusa al personale di Brera per la situazione in cui si è trovato coinvolto, a causa delle critiche a questo evento, dall’altro canto propone Brera in una specie di pubblicità comparativa con gli Uffizi basata sui numeri. La signora Fogazzi pubblica una statistica riportata su una pagina di Wikipedia, relativamente a dati del 2022 (e forse riferibili al 2021 e cioè a una fase immediatamente post pandemica, poco ‘performante’) della pinacoteca, trascurando che gli ultimi numeri, quelli del 2023, siano di circa 470.000 utenti (esclusi quelli della biblioteca che sono stati di circa 250.000 nel 2022). La medesima non considera che gli Uffizi si compongono di circa tre sedi (fanno parte del circuito anche i Giardini di Boboli e Palazzo Pitti) e che Brera, soprattutto con Bradburne, aveva deciso di permettere ai suoi visitatori di poter accedere agevolmente in quel museo per apprezzarvi le opere della pinacoteca che è e che resta da tempo immemore nota in Italia ed in Spagna. L’architetto Giovanni Brocca, che insegnava nel XIX secolo a Brera e che era amico di pittori come Pelegrin Clave y Roqué, fu ritratto da Francisco Madrazo y Kunz, da quello che potremmo ritenere l’Hayez spagnolo, e il bozzetto è nel gabinetto dei disegni del Prado. E dal XIX secolo in poi si affermano soprattutto musei pubblici come Brera, istituti perlopiù statali collegati a quelle accademie che furono forse le prime e più importanti realtà contemporanee promotrici di un nuovo modo di creare, di produrre arte, che ruppe sempre di più il rapporto secolare tra l’ artista ed il committente privato, vedendo affermarsi la figura dell’artista che opera per il mercato ed il suo sistema, o addirittura per una committenza pubblica nelle grandi opere.
La stessa signora Fogazzi, che avrebbe regalato a delle sue clienti dei biglietti per visitare Brera (possibilità fornita fino a non molti anni fa da altri brand come Benfit), o che avrebbe voluto organizzare in quella sede la festa per i suoi prossimi 50 anni (ci auguriamo tutti che possa fare questa azione per contribuire ancora alle attività della biblioteca, magari pensando di organizzare qualcosa in Palazzo Citterio, o all’Orto botanico come fatto da Guzzini), forse dimentica le grosse polemiche che ci furono con la presentazione di una collezione di Trussardi, in pinacoteca, nel 2017, una sfilata giudicata da molti come inopportuna, soprattutto dopo che il museo ed il direttore Bradburne si erano mostrati qualche giorno prima impreparati ad affrontare una straordinaria evenienza già occorsa nel 1989 che portò al danneggiamento di circa 40 opere.
Speriamo di sapere dal direttore di Brera, più che dalla società che ha organizzato l’evento, qualcosa in più rispetto a quello che per molti è sembrato un “errore di comunicazione”, tenendo presente che marchi di cosmesi come Lancôme, partner del Louvre, non hanno realizzato una cena nelle gallerie del museo (dove vengono invece ospitati perlopiù i mecenati per la loro cena annuale), o in una biblioteca, ma in una struttura di servizio più recente come la iconica Piramide di Pei.