Come si costruisce la carriera di un artista di successo? E soprattutto, perché i giovani artisti italiani faticano ad affermarsi all’estero? Non è facile dare risposte, anche perché ogni percorso artistico è unico, ma portare qualche esempio può servire ad evidenziare le dinamiche che possono concorrere all’affermazione di un artista a livello internazionale.
Innanzitutto partiamo da un presupposto ovvero che le modalità di affermazione di un artista sono sensibilmente cambiate nel tempo seguendo l’andamento del sistema dell’arte. Se per gli artisti dell’Arte Povera o della Transavanguardia era ancora determinante la figura del critico/curatore quali sono stati Germano Celant e Achille Bonito Oliva, per gli artisti delle ultime generazioni è molto più importante il legame con una galleria potente dalla forte presenza internazionale. Nell’anno in corso uno dei fatti più clamorosi ed allo stesso tempo emblematici della frenesia congenita al mercato dell’arte contemporanea, è rappresentato dalla formidabile ascesa della giovanissima Anna Weyant (1995) e della corrispondente crescita esponenziale delle sue quotazioni. Entrata a far parte nel 2022, della scuderia dalla Gagosian Gallery, una delle gallerie più influenti e prestigiose tra quelle attive sul mercato dell’arte contemporanea, Anna Weyant è oggi conosciuta per i suoi dipinti popolati da figure femminili (riecheggianti il lavoro di John Currin), e per essere la compagna del famoso art dealer. Il nome della giovane artista, ha iniziato a farsi strada nel mondo dell’arte, diventando un vero e proprio caso di mercato quando lo scorso maggio, il suo dipinto ad olio intitolato Falling Woman (2020) è stato battuto all’asta da Sotheby’s a New York per la cifra di 1,3 milioni di dollari, partendo da una stima iniziale che lo collocava tra i 150.000 e 200.000 dollari. L’exploit della Weyant, del resto, non costituisce un evento isolato nel mercato, che in particolar modo nell’ultimo decennio ha assistito con regolarità alle improvvise impennate di artisti emergenti, a seguito della collaborazione con una delle mega-gallery globali.
Un altro soggetto che esercita un crescente condizionamento sul mercato è rappresentato dai musei d’arte contemporanea, alcuni dei quali, giocano un ruolo fondamentale nel consacrare artisti emergenti, determinandone così anche il successo economico. Il fenomeno si è accresciuto negli ultimi vent’anni con la proliferazione di nuove fondazioni dedicate all’arte contemporanea create da collezionisti privati: ex stabilimenti industriali riconvertiti in ambienti espositivi e musei-monumento dedicati alla promozione dell’arte contemporanea. Questi musei hanno offerto i loro spazi a giovani artisti, anche attraverso commissioni o residenze d’artista, avviandoli così ad una precoce istituzionalizzazione. Alcune residenze poi, come quelle del Rubell Museum a Miami, vengono immediatamente associate ad artisti la cui carriera può solo che crescere. Ne sono un esempio i casi di Sterling Ruby, Oscar Murillo e più recentemente quello di Amoako Boafo, che dopo la sua residenza al Rubell Museum nel 2019, ha visto schizzare le sue quotazioni in asta. Ma la stessa sorte è toccata ai successivi artisti in residenza, Otis Kwame Kye Quaicoe, Kennedy Yanko e Genesis Tramaine.
Godere dell’appoggio di determinati grandi collezionisti, entrare nelle loro collezioni è non solo un riconoscimento personale ma un fattore critico di successo nella carriera di un artista. Non dimentichiamo poi che le scelte dei grandi collezionisti orientano sempre più quelle di altri collezionisti e in taluni casi delle gallerie stesse, che decidono di rappresentare un artista dopo averlo scoperto attraverso una residenza. Questo è il caso dalla giovanissima artista britannica Flora Yukhnovich (1990), che pochi mesi dopo la sua residenza a Brescia a Palazzo Monti nel 2018 è stata reclutata da Victoria Miro, che ormai la rappresenta in tutto il mondo e i cui risultati all’asta stanno sbaragliando ogni record. Sebbene la qualità del lavoro e della ricerca artistica sia e rimanga un fattore imprescindibile per la valorizzazione del lavoro di un artista, nel mercato dell’arte contemporanea, soprattutto di quella ultra contemporanea, il valore di un artista si crea anche con il semplice passaggio in uno di questi luoghi. Infatti, se l’artista oltre ad essere sostenuto da un collezionista influente, e avere alle spalle una buona galleria, viene inserito nelle mostre che contano e riesce a imporsi anche in campo internazionale, il suo prezzo aumenta. Le mostre, poi, seppur siano promosse come un fatto esclusivamente culturale, hanno una forte influenza sul mercato arrivando, in alcuni casi, a distorcere i valori. Una personale a Palazzo Strozzi di Firenze, così come un’antologica a Palazzo Grassi o ancor di più, al MoMa di New York o alle Tate Modern di Londra, possono determinare sbalzi di prezzo non indifferenti. Infatti, ogni mostra di un certo rilievo, organizzata in spazi istituzionali, dietro cui ci sono notevoli investimenti sostenuti da finanziatori, collezionisti o dagli stessi galleristi, ha un indiretto rapporto con il mercato, se non altro perché permette di focalizzare l’attenzione per un certo lasso di tempo, sull’artista che promuove.
Pertanto il grado di sviluppo delle istituzioni culturali di un paese è un indicatore significativo del suo potere culturale e quei paesi che non sono ben equipaggiati per competere nel circuito internazionale dei musei, rischiano di vedere i loro artisti svalutati e marginalizzati. Attualmente il nord America, la Cina, la Germania, la Francia, il Regno Unito e la Svizzera sono i principali paesi che controllano il mercato dell’arte contemporanea. Non deve quindi stupire che giovani artisti under 40, come Jadé Fadojutimi, Ewa Juszkiewicz, Christina Quarles, Avery Singer, Emily Mae Smith, Josh Sperling e Loie Hollowell, promossi e sostenuti da grandi e potenti gallerie come Gagosian, Hauser & Wirth, Perrotin, Pace Gallery e valorizzati a livello internazionale dalle più importanti istituzioni culturali, siano anche i giovani più quotati. Si ritiene, infatti, che le opere scambiate negli Stati Uniti abbiano una quotazione più elevata, in quanto in questi mercati, l’intenso marketing praticato dagli operatori è in grado di far crescere il valore economico degli artisti e delle opere che hanno la fortuna di esservi insediate. Chi fa parte di contesti culturali più decentrati, come l’Italia per esempio, non ha obbiettivamente la possibilità di raggiungere i più alti livelli della notorietà.
Questo contributo è stato pubblicato originariamente sul n.16 della nostra rivista cartacea Finestre sull’Arte on paper. Clicca qui per abbonarti.