Non sono tanto i numeri a dare l’idea del fenomeno: sono i commenti delle persone a restituirci l’evidenza più chiara di ciò ch’è stata la Notte dei Musei. È vero, ci sono i dati “da record”, per adoperare un’espressione cara a chi è solito valutare per lo più l’aspetto quantitativo dell’evento: solo nei musei comunali di Roma ci sono stati settantamila visitatori che, dalle 20 di sabato 14 maggio alle 2 di domenica 15, hanno affollato gli spazi culturali aperti. Diecimila persone in più rispetto all’ultima edizione, quella del 2019: il fatto che gli afflussi stiano cominciando a superare di gran slancio il cosiddetto “periodo pre-Covid” è l’indice più palmare della voglia che il pubblico ha di tornare a riprendersi i luoghi della cultura. I numeri, certo, sono importanti. Ma non sono tutto: forse, è ancor più importante registrare ciò che pensa il pubblico, le sensazioni che i visitatori, soprattutto i cittadini, provano dinnanzi alla possibilità di visitare i musei la sera.
È illuminante, in tal senso, un servizio andato in onda sul TG3 Toscana, utilissimo per comprendere, anche solo da poche battute, il tenore di ciò che pensano le persone che vivono le città e vorrebbero vivere di più i loro musei: “Dopo l’aperitivo siamo venuti a vedere il museo”. “Trascorrere il sabato sera parlando di cultura anziché stare in altri luoghi della città è particolare”. “È bello vedere i ragazzi, i giovani”. “Utile fare queste serate proprio perché nella nostra città non veniamo a vedere queste cose, ma con queste occasioni, anche a prezzi popolari, magari si viene volentieri”. Quattro commenti, strappati al volo ad alcune persone in coda nei musei toscani, dai quali però si ricavano molti dei motivi per i quali tanti non riescono a visitare i musei quanto vorrebbero, e perché sarebbe utile se si potessero prevedere aperture strutturali di sera.
Occorre ribadirlo con forza: i nostri musei, nella più parte dei casi, hanno orari spesso ostici per il pubblico locale. Quella larghissima fascia della popolazione che durante la giornata studia o lavora ed è pertanto impegnata dalle otto della mattina alle cinque o alle sei di sera, è esclusa dalla maggior parte dei musei, che praticano orari d’apertura pensati soprattutto per le scolaresche (che possono visitarli senza problemi tutte le mattine) o per i turisti (che non hanno orari), ed è costretta a visitarli il sabato o la domenica. È vero che i flussi di molti musei sono composti per lo più da turisti, magari perché insistono su piccole realtà, e per questi istituti potrebbe esser dunque più conveniente tener chiuse le porte di sera e massimizzare i flussi turistici la mattina: tuttavia, prevedere almeno un’apertura serale la settimana potrebbe essere un interessante, utile e prezioso incentivo per avvicinare al museo le comunità locali. E magari per spronarle a ripetuti ritorni.
A margine, si potrebbero prevedere anche forme di abbonamento, per consentire al pubblico locale di tornare più volte, per i più disparati motivi, alcuni dei quali elencati dai visitatori fermati dal TG3: potrebbe essere una semplice passeggiata tra opere d’arte dopo l’aperitivo (e quanto sarebbe bello se i musei diventassero in tutta Italia un presidio di socialità!), oppure potrebbe essere una visita di breve durata per concentrarsi su di una singola opera o su un tema preciso, o ancora per visitare una mostra avendo la possibilità di dedicarle tutta la sera, e non l’ultimo scampolo di mezz’ora prima della chiusura.
Ci sono in Italia musei dove l’apertura serale è da tempo divenuta strutturale. A Milano, a Palazzo Reale, il giovedì è il tradizionale giorno della visita in serata, quando le porte chiudono alle 22:30. A Firenze, Palazzo Strozzi apre il giovedì fino alle 23. Tre ore d’apertura extra per il Mart di Rovereto il venerdì, ovvero fino alle 21 anziché fino alle 18 come gli altri giorni. Si tratta però di pochissimi casi: la gran parte degli altri musei ha orari di chiusura proibitivi per chi non può visitarli in orario di lavoro. E se ci sono comunque tanti musei che chiudono alle 19 o alle 20 (e quindi consentono magari una passeggiata di una mezz’ora o di un’ora dopo il lavoro), ce ne sono molti altri che chiudono ben prima delle sette di sera.
Sono argomenti dei quali s’è già parlato in passato su queste pagine: in tre anni però la situazione non è cambiata. Molte sono le ragioni che frenano un cambiamento che potrebbe davvero riscrivere la storia dei musei italiani. Si tratta, intanto, di una questione di mancanza di personale e di allocazione di risorse: ora come ora, l’apertura serale sarebbe considerata straordinario, e se si pensa che ci sono tanti musei dove non si riesce a tenere aperto la domenica proprio per carenze di effettivi, il pensiero di poter aprire la sera in certi nostri luoghi della cultura assume i connotati d’un’ingenua illusione. Tuttavia, come si è intervenuti nel 2015 per far rientrare i musei tra i servizi pubblici essenziali con l’idea dichiarata di limitare i disagi per i visitatori, allo stesso modo, per ampliare il servizio, si potrebbe intervenire per modificare gli orari di lavoro. Si tratta poi di un problema di mentalità: il museo è ancora pensato soprattutto come un luogo per turisti, e di conseguenza è difficile modificare lo status quo pensando che i nostri luoghi della cultura possono anche essere frequentati da un pubblico diverso, in diversi orari. E non solo per una notte all’anno.
Il concorso per i 1.052 “assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza” che si è appena concluso e vedrà arrivare a breve nuove forze nei ranghi del ministero, con personale fresco, giovane e motivato, potrebbe essere quello sprone utile a innescare un vero cambiamento che porti i musei a essere molto più vicini al pubblico locale. Non si chiede certo di aprire tutte le sere. Ma anche un solo giorno alla settimana con orario d’apertura prolungato potrebbe essere una novità, in piccolo, rivoluzionaria: per offrire al pubblico un servizio nuovo, per raggiungere pubblici diversi, per far diventare i musei luoghi d’aggregazione. Potremmo immaginare un futuro in cui andare al museo dopo cena, o dopo l’aperitivo, diventerà un po’ come andare al cinema. Serviranno, naturalmente, approfondite analisi dei flussi e delle abitudini del pubblico per calibrare al meglio l’offerta. Ma i numeri esorbitanti della Notte dei Musei dimostrano ch’esiste un ampio potenziale. E i commenti di chi ha partecipato alle aperture serali di questo fine settimana speciale dimostrano l’entusiasmo del pubblico, il desiderio di avere più occasioni simili, la necessità di tornare a frequentare quei luoghi che ci sono stati negati dalle misure di contenimento della pandemia. Il momento è favorevole per avviare una seria discussione sul tema.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).