L’esame della vita quotidiana in Italia al momento evidenzia tali fenomeni: sulle spiagge la gente si ammassa rilassata e noncurante; i luoghi della movida sono affollati; i ristoranti hanno diminuito il numero dei coperti per osservare le regole di distanziamento ma sono pieni di residenti; gli aerei possono viaggiare a pieno carico; nei bus e nelle metro le persone sono costrette a viaggiare a seconda delle necessità con o senza distanze di sicurezza, talvolta attaccate le une alle altre.
Ci sono alcuni luoghi, però, dove il rischio COVID-19 è ancora pericolosamente alto e dove si viene costretti a mantenere rigidamente le regole come due mesi fa: i musei. Se guardassimo con obiettività le foto scattate nelle sale di un museo nell’orario più richiesto e in un locale all’ora dell’aperitivo, penseremmo di stare in due diverse nazioni, con regole differenti.
Cosa rende i musei e i monumenti tanto pericolosi? I responsabili della sicurezza incaricati dai vari istituti hanno stilato norme rigidissime sul numero di persone che può entrare in ogni sala, per quanti minuti e ogni quante ore deve restare aperta ogni finestra, ecc. Le direzioni dei musei e dei monumenti sono tenuti a far applicare in modo altrettanto rigido tali norme. I musei sono più a rischio dei luoghi all’aperto come le spiagge. Però, chiuso per chiuso, perché un museo ha regole più rigide dei locali? Non dovrebbe essere il contrario?
Al momento tutti i posti al chiuso e aperti al pubblico sono soggetti alle stesse regole base. Anche nei musei i visitatori devono indossare le mascherine, mantenere il metro di distanza, passare il controllo della temperatura, ecc. Anzi, i musei, con stanze vuote, solo con statue di marmo o tele appese ai muri, dovrebbero essere a bassissimo rischio, anche perché, indipendentemente dal coronavirus, i visitatori non possono mai toccare le opere; nella maggior parte dei casi ci sono cordoni o sistemi di allarme che impediscono anche di avvicinarsi troppo. Invece in altri luoghi aperti al pubblico (negozi, ristoranti, autobus) gli oggetti che possono essere toccati e, per sbaglio, non sanificati, sono innumerevoli.
Prato, Museo Civico di Palazzo Pretorio |
Nei ristoranti la gente mangia, beve, parla e ride senza mascherina. Negli aerei si può stare attaccati gli uni agli altri, solo con la mascherina. Sugli autobus, senza controllo (l’unico protetto è l’autista), in teoria potrebbe salire non solo uno infetto dal COVID-19 ma anche uno malato di peste. Invece dentro ai musei i visitatori vengono bloccati e fatti aspettare perché in certe sale non si può stare più di uno per volta, vengono costretti a seguire un percorso a senso unico come nel gioco dell’oca anche quando le stanze sono vuote, in certe sale si può stare in uno, in altre in cinque, in altre in dieci e così via.
La realtà è che nei musei statali e civici nessuno vuole rischiare perché tanto i soldi vanno allo Stato. Le compagnie aeree hanno spinto per tornare a viaggiare a pieno carico perché altrimenti fallirebbero, ristoranti e locali fanno di tutto per far accomodare più persone possibile al fine di evitare la chiusura, invece chi lavora in o per un museo deve proteggersi le spalle da rischi penali: l’eventualità di una denuncia per infezione da COVID-19 sul lavoro è più pericolosa della perdita di biglietti.
I direttori e i funzionari sono grandi professionisti che vorrebbero realizzare splendidi progetti, ma bloccati dalla burocrazia e dalle leggi. Quindi nei musei e monumenti si applicano pedissequamente le regole; le preoccupazioni di chi è impiegato e le richieste di chi lo rappresenta contano più che altrove. Nel mondo dei beni culturali non abbiamo le lobbies che hanno convinto a modificare le regole negli aerei e nelle sale cinematografiche. E visitare un museo non è necessario come viaggiare su un mezzo di trasporto pubblico, dove le norme sanitarie saltano completamente, ma lo Stato fa finta di non vedere perché i mezzi di trasporto sono al collasso.
Non posso permettermi di dire se è più giusto applicare le norme in maniera rigida come nei musei o a metà come nei locali della movida o non applicarle per niente come negli autobus. Però sono sicura che norme e comportamenti diversi nelle stesse città non hanno senso. Il custode di un museo che pretende regole ferree sul luogo di lavoro può infettarsi sull’autobus strapieno durante gli spostamenti, mentre mangia una pizza e mentre guarda un film.
Certamente i musei italiani si meritano il bollino “COVID-free”. Peccato che di questo passo saranno anche people-free. I legislatori avrebbero il dovere di modificare queste storture del nostro sistema, finché si è in tempo.
L'autrice di questo articolo: Isabella Ruggiero
Presidente AGTA - Associazione Guide Turistiche Abilitate