Abitare vicino Piazza dei Miracoli significa innanzitutto rispondere ad almeno due o tre turisti al giorno che ti chiedono da che parte si va per la Torre. O per la Leaning Tower. O per un-gesto-a-due-mani che indica qualcosa che pende. Qualcuno deve essersi spazientito un giorno, infatti abitare vicino Piazza dei Miracoli significa anche imbattersi in pali della luce, macchinette per pagare il parcheggio e bidoni della spazzatura con scritto a mano “Torre → ”. In un paio di punti i più lungimiranti hanno anche aggiunto la variante inglese, Tower, e un indicativo “100 m.”
Girellando nella Piazza dei Miracoli si nota subito chi è che vive a Pisa, perché è una merce rara vederlo di giorno passare di lì e vuol dire che è il suo passaggio obbligato per arrivare a destinazione. Infatti lo si può vedere fare lo slalom tra una Babele di posizioni plastiche, per evitare di entrare in quelle cinque o sei foto di rito. In realtà credo che lo si possa vedere anche in altrettante foto scattate nello stesso giorno e finite poi alle quattro parti del globo. Chi abita a Pisa taglia la Piazza come se fosse una strada, veloce e e teso a schivare tutto ciò che lo circonda.
Ma bisognerebbe stare fermi in un punto per assaporare tutto il campionario umano lì riunito. I senegalesi passeggiano con parate di orologi che all’occasione diventano ombrelli. Le fontanelle di cocco fanno compagnia alle vasche gonfie di gelato che fanno capolino dai bar. Carrozze e cavalli sono parcheggiati da una parte con i sacchi del pattume fissati al “sottocoda”, come tocco chic. Tutt’intorno è un tripudio di occhiali da sole, gruppi immensi con palette a vista per non perdersi, colori e berci. Non mancano in realtà gli studenti, su cui grava il fardello della tradizione superstiziosa (oltre che il peso monetario dei quindici euri): se sali sulla Torre non ti laurei. In più, gli studenti dei primi anni non usano ancora Piazza dei Miracoli come strada, ma optano per la pennichella post-prandiale ai piedi del Battistero prima di tornare a lezione.
Le deturpanti bancarelle di chincaglierie alla fine non sono neanche così fuori luogo, considerando che un tempo lontano, ad agosto, lo spazio era sede della Fiera del Levante. Non stiamo poi a paragonare l’antica merce alle magliette con scritto “Ciao Bella” e ad un esercito di Tazze Pendenti, ma vedrai che qualcosa di kitsch l’avranno venduto anche allora. Sicuramente c’erano già le creste sui prezzi mentre i banchi da mercato con stoffe e spezie invadevano l’area anche durante la posa della prima pietra della famosa Torre. Del resto si cercava sempre di fare collimare evento laico ed evento religioso, essendo questi due aspetti fortemente interconnessi: due facce della stessa medaglia sociale.
Quanta gente da quante parti del mondo conosciuto deve essere passata di lì quando la piazza constava ancora di, che so, gran parte del Duomo e metà Torre. O quando venivano fatte le prime perizie vista la tendenza del nuovo manufatto ad inclinarsi. Una Torre fatta per salirci sopra, che non ha scricchiolanti gradini di legno pestacciati solo dal campanaro, ma che ha scalini di marmo su cui salivano anche i cavalli. E da sopra si poteva vedere tutta la Fiera da un punto di vista privilegiato e la processione dell’Assunta lungo la serpeggiante via S.Maria.
Da secoli la Piazza è una fonte inesauribile di umanità, che la rende cartolina in movimento. Persino quando Pisa è stata bombardata nel settembre 1943 i piloti delle “fortezze volanti” hanno annotato di essere passati sopra la Piazza e di avere visto la celebre Torre Pendente, salvo distruggere il Camposanto dieci mesi dopo. Se la Fiera del Levante e le barche che passavano sul vicino Auser ce le possiamo soltanto immaginare, le macerie del 1944 sono ben testimoniate in fotografia, così come l’acqua limacciosa dell’Arno che nel 1966 lambisce i fianchi della Torre, venendo su da S.Maria, proprio come la processione dell’Assunta.
Provate un giorno, di giorno, ad arrivare dalla strada cosiddetta del Foro, che è quella che viene da Lucca città. Scendendo dai tornantelli del monte pisano si vede stesa in basso la piana di Pisa. E in un tappeto urbano fatto di case e cemento si vede stagliarsi l’intero complesso de niveo marmore. E penso a chi qualche secolo fa arrivava col barroccio e vedeva lo stesso spettacolo in una distesa urbana differente: prati, corsi d’acqua e case-torre. Allora l’occhio non doveva faticare quei quattro secondi in più per trovare il suo punto di riferimento.
Dopodiché, fatevi un giro in città. Guardate il “bel teatro” del Lungarno, il profilo maestoso delle Logge dei Banchi e quel reliquiario gotico ingrandito che è la chiesa della Spina. Guardate la Piazza dei Cavalieri con i suoi angoli sghembi e la Piazza delle Vettovaglie con le sue lastre di pietra e gli ortaggi pestati che ci rotolano sopra. Guardate anche quello che c’è voltando l’orlo delle cartoline pisane: qualche vicolo sudicio, qualcuno che ad ogni angolo porta avanti la sua personale battaglia contro qualcosa o per qualcosa, appuntamenti per raduni di massa scritti sui muri e i piccioni di Piazza S.Caterina, i più brutti e spennati della storia. Accontentatevi di vedere occhieggiare la sommità della Torre tra il taglio di una via e l’altro.
Quando scende la notte potete andare in Piazza dei Miracoli, e sarà deserta, sola con il suo profilo da cartolina, una luminescenza immobile stagliata sul cielo scuro. Un cannocchiale ripieno di marmo, un fianco a righe, una grossa meringa in mezzo al prato. A volte, d’inverno, sembrano salire dalla foschia come fantasmagorie. Altre volte, entrando dalla porta di Piazza Manin, il punto di vista risulta così inflazionato che sembra di essere dentro un’incisione del ’700, e bisogna sbattere le palpebre per rendersi conto che invece è vero e si può pure toccare.
Chi vive a Pisa sembra indifferente, ma non lo è. È che ha già acquisito lo sguardo d’insieme e, in un certo senso, si è abituato. A volte, però, ama ancora stupirsi.