Con gli anni ho elaborato la teoria delle Tartarughe Ninja. Questa è la simpatica conclusione di Daniela, una fan della nostra pagina Facebook, a proposito del clamore mediatico raggiunto da quei pochi grandi nomi della storia dell’arte. Si discuteva, ovviamente, dei cento disegni di Caravaggio che sarebbero stati scoperti nel fondo Peterzano del Castello Sforzesco di Milano da Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli. E Daniela giustamente si domandava: se Dan Brown avesse scritto il codice Foppa, avrebbe venduto qualche libro? O ancora, se questi signori avessero trovato dei disegni, faccio per dire, inediti di Giovannino de’ Grassi, secondo voi qualcuno avrebbe montato la notizia?
Purtroppo i media “mainstream” sembrano quasi dar ragione a Daniela: ma dico “purtroppo” non perché noi non condividiamo la sua analisi (anzi... tutt’altro), ma perché la storia dell’arte fa notizia solo se in ballo c’è un grande nome e se a questo grande nome è associata una qualche rivoluzionaria scoperta. Ricordate le Tartarughe Ninja? Era un simpatico cartone animato (tratto da un fumetto americano) che tutti noi della generazione che ha vissuto la propria infanzia tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta abbiamo visto almeno una volta nella vita. Il cartone-fumetto parlava di quattro tartarughe-mutanti accudite dal ratto Splinter che insegnò loro le tecniche del combattimento ninja e che soprattutto diede alle tartarughine i nomi di quattro protagonisti del Rinascimento: Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Donatello.
Ecco, secondo la teoria delle Tartarughe Ninja di Daniela, la storia dell’arte apparirebbe sui grandi media solo quando oggetto della notizia è uno degli artisti associati a una delle tartarughe, a cui si aggiunge una ristrettissima rosa di altri artisti di cui Michelangelo Merisi, meglio noto ai più come il Caravaggio, è diventato protagonista principale. Ce n’è per tutti i gusti, quando si parla delle tartarughe e dei loro amici: su Caravaggio si è detto di tutto e di più, ma vogliamo fare un accenno alla macabra caccia alle ossa della Gioconda1? Tra l’altro quasi parallela al non meno grottesco presunto ritrovamento delle ossa di Caravaggio2. E che dire poi del balzano progetto di costruire la facciata della basilica di San Lorenzo a Firenze secondo il progetto di Michelangelo3? E si potrebbe parlare a lungo anche della vacanza milanese del David di Donatello, portato nel 2009 alla Fiera Campionaria di Milano e squallidamente utilizzato quasi come testimonial delle “qualità italiane”4... e se riteniamo intelligente esporre un’opera come il David di Donatello a una fiera campionaria, verrebbe da chiedersi quali siano queste “qualità italiane”.
Un’altra dimostrazione a sostegno della teoria delle Tartarughe Ninja potrebbe essere data da un paio di notizie degli ultimi mesi: la presentazione ufficiale della scoperta di alcuni disegni del Palladio5 e il termine dei lavori di restauro della Crocifissione di Santa Maria del Carmine a Firenze di Giorgio Vasari6, eventi avvenuti a pochi giorni l’uno dall’altro tra marzo e aprile di quest’anno. Ma a parte qualche breve trafiletto qua e là, quasi nessuno dei media che a diffuso a gran voce la notizia del ritrovamento dei cosiddetti cento disegni del giovane Caravaggio ha dedicato spazio ad Andrea Palladio e a Giorgio Vasari. Ma scherziamo? Chi perderebbe tempo con Palladio e Vasari quando c’è da pescare riccamente con Caravaggio, Michelangelo, Leonardo e compagnia? Non sarà mica il caso si sprecare inchiostro o di muovere le dita sulla tastiera per scrivere di Palladio e Vasari?
Eppure la teoria delle Tartarughe Ninja è dannosa per tutti, non c’è davvero nessuno che ne trae beneficio. È dannosa per noi che leggiamo i giornali e i siti web e guardiamo la tv, perché tutto questo circo fa apparire la storia dell’arte non già come una disciplina seria e fondata su un metodo, ma come un giochino a cui chiunque può partecipare: basta svegliarsi un giorno e dire che si è trovato un tot di disegni sull’artista x (purché, beninteso, sia famoso e noto al grande pubblico!) ed ecco che ci sarà uno stuolo di giornalisti pronti a dare spazio al “ritrovamento”. E di conseguenza la teoria è dannosa anche per la comunità scientifica, che agli occhi del grande pubblico perde ovviamente di credibilità: se chiunque può attribuire disegni facendo confronti come se stesse giocando con le figurine, che senso ha studiare la storia dell’arte e soprattutto qual è il ruolo degli studiosi?
È poi dannosa per l’intero nostro paese perché ridurre la storia dell’arte a un circo mediatico fa passare in secondo piano i veri problemi che affliggono il nostro patrimonio artistico, primi tra tutti l’incuria e la negligenza. E secondo me la teoria è pure dannosa per i potenziali scopritori, perché le volte in cui ci si accerta dell’infondatezza delle clamorose attribuzioni (sempre più spesso, e quasi sempre quando si parla di grandi nomi come Caravaggio, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Tiziano eccetera, solo per limitarsi ai pittori italiani), il danno di immagine rischia di superare i benefici derivanti dal quarto d’ora di notorietà. Acclarato dunque che trattare la storia dell’arte in questi termini non fa bene a NESSUNO, non sarebbe una buona volta il caso di parlare di arte seriamente?
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).