È giusto che un capolavoro fondamentale di Pietro Lorenzetti voli da Arezzo a New York?


Il Polittico Tarlati, capolavoro fondamentale di Pietro Lorenzetti sempre rimasto nel luogo per cui fu dipinto (la chiesa di Santa Maria della Pieve ad Arezzo), è volato a New York, prestato per una mostra. In cambio del restauro di un’opera di Lorenzo Berrettini. È giusto? 

Del Polittico Tarlati, capolavoro di Pietro Lorenzetti che dal 1320 non s’è mai spostato dalla sede per cui fu dipinto, la chiesa di Santa Maria della Pieve ad Arezzo, parla anche Giorgio Vasari nelle sue Vite: nel compendio vasariano è “la tavola dell’altar maggiore della […] Pieve, dove, in cinque quadri di figure grandi quanto il vivo al ginocchio, [Lorenzetti] fece la Nostra Donna col Figliuolo in braccio, e San Giovanni Battista e San Matteo dall’uno de’ lati, e dall’altro il Vangelista e San Donato, con molte figure piccole nella predella e di sopra nel fornimento della tavola, tutte veramente belle e condotte con bonissima maniera”. Vasari conosceva bene l’opera anche perché fu lui a occuparsi del rifacimento dell’altare sopra cui il polittico è posto, oltre che del restauro di tutta la chiesa della Pieve, una delle più antiche, importanti e complesse del centro storico di Arezzo, chiesa alla quale lo stesso Vasari era affezionatissimo per sua stessa ammissione, avendola lui frequentata fin da bambino.

E proprio nell’anno delle celebrazioni vasariane, nell’anno in cui si ricorda l’anniversario numero 450 della scomparsa di Vasari, nell’anno in cui Arezzo ravviva la memoria del suo artista con un lungo palinsesto di mostre, il pubblico, per diversi mesi, vedrà monca la chiesa alla quale Vasari era così legato, perché il Polittico Tarlati è partito qualche giorno fa alla volta di New York, dove è in programma, dal 13 ottobre 2024 al 26 gennaio 2025, una mostra sulle arti a Siena nel Trecento (Siena: The Rise of Painting, 1300-1350) che verrà poi spostata alla National Gallery di Londra per la seconda tappa, in programma da marzo a giugno 2025. Dicevamo che il Polittico Tarlati, noto anche come il Polittico della Pieve, uno dei maggiori lavori di Pietro Lorenzetti, non s’è mai mosso della sua chiesa. Sempre rimasto al suo posto, restauri permettendo (è stato rimosso solo in occasione degli interventi di manutenzione che ha dovuto subire, l’ultimo nel 2020: parliamo pur sempre d’un’opera che ha settecento anni di vita). È un’opera di capitale importanza, uno dei punti fermi della produzione di Pietro Lorenzetti, uno dei riferimenti per la ricostruzione delle vicende delle arti a Siena nel primo Trecento, uno dei simboli di Arezzo, oltre che una delle opere più documentate del suo tempo: venne commissionato dall’allora vescovo di Arezzo, Guido Tarlati, che chiamò l’artista senese ad Arezzo (ci è rimasto il contratto di allogagione dell’opera). Si tratta dunque della prima volta che viene prestato per una mostra, e il suo debutto avverrà oltreoceano, a svariate ore di volo dalla sua sede naturale, dal luogo dove il Polittico Tarlati è sempre rimasto. Adesso, insomma, non si potrà più dire che quell’opera non ha mai abbandonato la sua sede naturale, il luogo per cui fu realizzata. E tutto questo per una mostra costruita principalmente attorno ai nuclei collezionistici di Metropolitan Museum e National Gallery, e lontana migliaia di chilometri dal suo contesto. È come se Siena organizzasse una mostra sugli impressionisti: potrà essere una rassegna ovviamente ottima e approfondita, ma non avrà mai lo stesso valore d’una mostra sugli impressionisti organizzata a Parigi, là dove la pittura impressionista nacque, in mezzo ai luoghi che gl’impressionisti frequentarono, vicina ai musei che ne conservano i capolavori fondamentali. Lo stesso vale per una mostra d’arte senese del Trecento allestita a New York.

Pietro Lorenzetti, Polittico Tarlati (1320; tempera e oro su tavola, 315,5 x 293,6 cm; Arezzo, Santa Maria della Pieve)
Pietro Lorenzetti, Polittico Tarlati (1320; tempera e oro su tavola, 315,5 x 293,6 cm; Arezzo, Santa Maria della Pieve)

Il Polittico Tarlati non è poi l’unica peraltro opera “aretina” di Lorenzetti esposta a New York. Da Cortona è infatti partito alla volta degli USA anche il suo Crocifisso sagomato. A decidere per entrambi i prestiti è stata la Diocesi di Arezzo, a seguito di trattative con il Met partite addirittura nel 2019, anche se per anni niente è trapelato: solo quest’estate, in alcuni articoli comparsi sulla stampa americana, ha cominciato a circolare la fotografia del Polittico della Pieve (senza che però venisse menzionato come parte della mostra), e soltanto a viaggio oltreoceano ormai avvenuto è stato dato l’adeguato rilievo alla notizia. In cambio del prestito delle due opere, il Metropolitan Museum e la National Gallery di Londra hanno garantito il finanziamento del restauro del Transito di san Giuseppe di Lorenzo Berrettini, opera del 1662-1672 conservata nella Concattedrale di Santa Maria Assunta a Cortona.

Sono lontanissimi i tempi in cui, a poca distanza da Arezzo, gli abitanti di Monterchi, negli anni Cinquanta, si rifiutarono di mandare la Madonna del Parto di Piero della Francesca a Firenze per una mostra. E appaiono lontani anche i tempi in cui Cesare Brandi si scagliava contro l’amministrazione di Monterchi per aver deciso, era il 1983, di prestare il capolavoro pierfrancescano (curiosamente sempre al Metropolitan) in cambio di risorse destinate a migliorarne le condizioni espositive. Oggi nessuno muove la minima obiezione se un capolavoro fondamentale di Pietro Lorenzetti, un’opera mai tolta dalla sua chiesa se non quando strettamente necessario per la sua sopravvivenza, viene imbarcato su di un aereo e inviato oltreoceano in cambio del restauro di un’opera di Lorenzo Berrettini.

Pietro Lorenzetti, Crocifisso (1325 circa; tavola, altezza 125 cm; Cortona, Museo Diocesano)
Pietro Lorenzetti, Crocifisso (1325 circa; tavola, altezza 125 cm; Cortona, Museo Diocesano)

Molte sono allora le domande che un’operazione del genere suscita: se anche un’opera, come il Polittico Tarlati, che ha caratteristiche rarissime (ovvero un polittico eseguito da uno dei nomi grandi della storia dell’arte italiana, ben conservato, documentato come poche altre opere della sua epoca, fortemente legato al suo territorio, mai uscito dalla sua sede naturale), è ritenuta prestabile per una mostra che sulla carta non appare fondamentale, allora ha ancora senso parlare di opere inamovibili? È corretto che vengano prestate per così tanto tempo (quasi un anno) due opere così importanti di Pietro Lorenzetti in cambio del restauro di un’opera di Lorenzo Berrettini? Non si erano trovati finanziatori locali? Un Lorenzo Berrettini restaurato vale due viaggi, uno a New York e uno a Londra, di due Pietro Lorenzetti, uno dei quali fondamentale? Siamo ancora convinti che prestare un’opera importante dia lustro alla città da cui l’opera parte? Oppure è il contrario? Ovvero, non è semmai un vanto per il Metropolitan? E poi, privare per quasi un anno Arezzo di una delle sue opere più importanti, e in cambio di così poco, non equivale a depauperare la città?

La risposta migliore, per adesso, è forse il messaggio che la curatrice della mostra, Caroline Campbell, ha inviato al sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli: “Caro sindaco, possiamo tirare un sospiro di sollievo. Tutti e cinque i pannelli sono al sicuro nel nostro magazzino. Sono arrivati poco dopo mezzanotte”. Ecco, se occorre stare col fiato sospeso mentre un capolavoro fondamentale di Pietro Lorenzetti, mai spostato dalla sua sede, è in viaggio da Arezzo per New York, significa che forse occorre ragionare in maniera molto approfondita sulla disinvoltura con cui si prestano opere d’arte di capitale importanza.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).




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