Sono stati diversi i commenti a seguito della sentenza del Tar Lazio che ha annullato la nomina di cinque direttori di musei statali. Ne abbiamo raccolti alcuni in questo articolo.
Il Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, ha espresso il suo disaccordo e la sua preoccupazione: “Il mondo ha visto cambiare in 2 anni i musei italiani e ora il Tar Lazio annulla le nomine di 5 direttori. Non ho parole ed è meglio... Sono preoccupato per la figura che l’Italia fa col resto del mondo, e per le conseguenze pratiche perché da oggi alcuni musei sono senza direttore”.Matteo Renzi ha affermato: “Non possiamo più essere una Repubblica fondata sul cavillo e sul ricorso. Non abbiamo sbagliato perché abbiamo provato a cambiare i musei: abbiamo sbagliato perché non abbiamo provato a cambiare i Tar”.
Il direttore del Tg La 7, Enrico Mentana, scherza: “È giunto il momento di dare al Tar del Lazio un presidente straniero”.
Allo stesso modo Eike Schmidt, direttore della Galleria degli Uffizi: “Io preoccupato per la sentenza? Ero molto più scioccato quando i centurioni hanno vinto con l’aiuto del Tar, e sono tornati al Colosseo… sembrava uno sketch di Crozza, invece era la realtà”. Poi aggiunge: “È chiaro che se decisioni che danno prevalenza a interessi piccoli prevalgono sul bene comune e su interessi di Stato e collettività, se si chiudessero in qualche modo le frontiere verso l’Europa e verso il mondo, sarebbe veramente un autogol, per la cultura italiana; e anche per l’economia”.
Altri direttori stranieri si sono pronunciati sulla sentenza. Il direttore di Paestum, Gabriel Zuchtriegel, ha dichiarato: “Avanti con o senza di me. Spero che ricerca, tutela e valorizzazione nei musei italiani vadano avanti, con o senza Zuchtriegel. Per quanto riguarda il Tar, non entro nel merito. A mio avviso è importante che il percorso che a Paestum ha prodotto dei risultati significativi, non sia condizionato da ’personalia’”. Peter Aufreiter, direttore della Galleria nazionale delle Marche di Urbino, ha affermato: “Sono tranquillo, faccio il mio lavoro con entusiasmo e con successo, come gli altri direttori di museo stranieri nominati dal ministro Franceschini: per me la riforma è giusta al 100%”.
Anche i due critici d’arte Philippe Daverio e Vittorio Sgarbi hanno commentato. Il primo ha affermato: “I nuovi direttori hanno portato una mentalità nuova e di successo mentre il TAR ha impiegato quasi tre anni per la sentenza: la contraddizione è troppo grande, se si rompe il rapporto tra la realtà e la sua infrastruttura arriva la rivoluzione. L’infinita stupidità del Tar è sintomo di una fase prerivoluzionaria”, il secondo invece: “Da Tar del Lazio decisione impeccabile dal punto di vista normativo. Il problema non è il Tribunale, ma i criteri di nomina che vanno modificati […]. Il Tar ha solo ribadito che, secondo quanto stabilito dal bando, il reclutamento di dirigenti della Pubblica Amministrazione (perché tali i direttori sono considerati) doveva essere riservato solo a candidati italiani, così come previsto dal decreto legge 165 del 2001”.
I cinque direttori sospesi delle sentenze del Tar: Peter Assmann, Martina Bagnoli, Eva Degli Innocenti, Paolo Giulierini, Carmelo Malacrino |
Decisamente contrastante è l’opinione di Tomaso Montanari: “Il punto è molto semplice: una legge (non fascista: novellata nel 2001) dice che i posti della dirigenza pubblica sono riservati a chi ha la cittadinanza italiana. Si potrà discutere sulla sua bontà. Io non la trovo insensata: dai dirigenti dipendono molti posti di lavoro, sistemi complessi. In molti casi ci sono in gioco settori strategici. Ed è così in tutti i paesi. Franceschini grida che la National Gallery è diretta da un italiano: ma si dimentica di dire che quell’italiano è cittadino britannico. […] Non sarà il caso di cominciare a dire che non basta fare le cose, ma bisogna anche farle bene? Non è che la figuraccia dell’Italia l’ha causata un ministro incompetente circondato da incapaci? Il Tar dice che i colloqui per selezionare i direttori sono stati troppo frettolosi, e sono stati celebrati a porte chiuse. E che dunque i diritti dei concorrenti non sono stati rispettati. Se è vero è una cosa grave. E io so che è vero. Quel concorso è stato condotto malissimo, ai limiti della farsa, per la stessa ragione per cui Franceschini non ha cambiato la legge: per la maledetta fretta mediatica di poter dire che aveva fatto qualcosa. E poi: siamo sicuri che i musei si misurino solo con i numeri? A Brera moltissime tavole del Rinascimento hanno subito gravi danni a causa della noncuranza del nuovo direttore. Palazzo Pitti è diventato una cava di opere di pregio concesse in prestito per ragioni politiche, e un set da addii al celibato privati di lusso. Al Palazzo Ducale di Mantova si fa la fiera del mobile. E da nessuna parte si fa più ricerca, cioè non si produce più conoscenza. I musei assomigliano ormai a luna park pregiati: e a rimetterci sono i cittadini comuni, che non hanno molte altre occasioni di crescere culturalmente. Il prossimo ministro per i Beni culturali dovrà smontare la riforma Franceschini pietra per pietra, errore per errore. Questa sentenza del Tar può essere un buon inizio”.
Il presidente del Consiglio superiore dei beni e delle attività culturali, Giuliano Volpe dichiara: “Un colpo alla cultura. Se si mette in discussione tutto, allora i concorsi li faccia il Tar. C’è troppo formalismo, l’Italia è un Paese dove decidono i Tar, un Paese che non valuta la sostanza e il merito, ma i cavilli. A questo punto c’è il rischio che si inneschino altri ricorsi verso i direttori stranieri, per esempio. Sarebbe sconvolgente che una riforma culturalmente rivoluzionaria viene sconfitta dai cavilli”.
Il direttore generale dei Musei al Ministero dei Beni Culturali, Ugo Soragni, si sente in dovere di intervenire per “sottolineare il fatto che questa vicenda venga usata per attaccare l’impalcatura della riforma da persone senza competenze, che si esprimono su questi temi pur non avendo alcuna dimestichezza con i meccanismi complessi del ministero. Lo trovo insopportabile. Penso a Tomaso Montanari e agli altri cosiddetti intellettuali che stanno brandendo le sentenze contro la riforma nel suo complesso. Che facciano il loro mestiere, e ci lascino fare il nostro”.
È intervenuto inoltre il sindaco di Milano, Beppe Sala: “Non conosco i motivi della sentenza; dico che occuparsi di cose pubbliche in Italia è veramente difficile. Sembra che in ogni momento, ogni cosa sia scritta sulla sabbia. Bisognerebbe anche guardare i risultati che ha ottenuto Franceschini: nel triennio i visitatori delle mostre e dei grandi musei nazionali in Italia sono aumentati del 20%. Per cui un aiuto a uno che fa un’opera difficile è che sembra la faccia bene come Franceschini, andrebbe dato”. Per quanto riguarda la posizione del direttore della Pinacoteca di Brera, il sindaco è “preoccupato, perché James Bradburne sta facendo un lavoro egregio e dover ricominciare da capo mi sembrerebbe una cosa sbagliata”.
Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, si dichiara sorpreso dalle sentenze del Tar: “Le sentenze con cui il Tar ha bocciato le nomine di cinque supermanager di musei italiani mi sorprendono. Ho sempre sostenuto la riforma Franceschini perché credo sinceramente nell’opportunità di coinvolgere personalità manageriali elevate, e quindi non necessariamente esclusivamente italiane, nel rilancio del patrimonio culturale e artistico del Paese. Una voce importante dell’economia italiana”.
Sulla stessa falsariga si esprime Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario ai beni culturali: “Una sentenza che lascia veramente perplessi, e che mi auguro che il Consiglio di Stato correggerà in seguito al già annunciato ricorso del Ministero dei Beni Culturali. Perplessi sia per il principio di presunta discriminazione a fronte di un bando di gara internazionale sia per l’assoluta mancanza di considerazione nei confronti dell’ottimo lavoro svolto finora dai nuovi Direttori, che hanno contribuito attivamente a recuperare il ritardo accumulato dal nostro Paese nella valorizzazione dei beni culturali”.
Dura contro il ministro Franceschini è invece Franca Falletti, ex direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze: “A parte che il ministro Franceschini dovrebbe imparare a fare o a farsi fare leggi che non vadano contro quelle già (a torto o a ragione) esistenti, ognuno giudichi dove sta il vero scandalo di questa storia: nella sentenza del Tar, nelle modalità del concorso o nella manipolazione della notizia?”
Si concentra sulla nazionalità dei direttori l’editoriale di Gian Arturo Ferrari sul Corriere della Sera: “bisogna ricordare e sottolineare che la parola «straniero» quando si parla di cultura non solo non ha alcun senso né alcuna legittimità sotto il profilo della comune decenza, ma che propriamente non esiste. Le opere d’arte, come tutte le creazioni della mente umana, non hanno passaporti, né cittadinanza. E coloro che se ne occupano professionalmente godono di riflesso di una sorta di extraterritorialità, appartengono intimamente a qualcosa che non ha confini, meritano di essere considerati per questa loro caratteristica e non per le coordinate geografiche del luogo in cui hanno avuto la ventura di nascere”.
Molto critico è anche Pierangelo Sapegno, che sulle pagine di Artslife parla di clamoroso autogol: “non ci resta altro che arrenderci alla realtà. Nei nostri musei torneranno dei bravi funzionari italianissimi che faranno quello che avevano sempre fatto fino a due anni fa. Quando le cose non andavano così bene. Siete sicuri che non importa?”.
Infine, invita al superamento delle divisioni l’editoriale di Federico Diamanti Giannini su Finestre sull’Arte: “le due sentenze del Tar rischiano di riportarci indietro di due anni, e gli effetti dell’eventuale annullamento delle nomine potrebbero essere decisamente spiacevoli: i musei correranno il serio pericolo di rimanere per un lungo lasso di tempo privi dei loro direttori, e la prevedibile situazione di stallo, durante la quale è lecito attendersi che sarà svolta esclusivamente attività d’ordinaria amministrazione da parte di “supplenti” nominati ad interim, si tradurrà in mancata programmazione, progetti destinati a fermarsi, grossa incertezza sul futuro. I principali musei italiani non possono certo permettersi una situazione di questo tipo: è dunque necessario che tutte le parti superino le divisioni e collaborino per anticipare gli eventi e per cominciare a domandarsi cosa potrebbe succedere nell’immediato futuro e come uscire nella maniera più brillante e meno dolorosa dalle condizioni che si potrebbero creare dopo che il Consiglio di Stato si sarà pronunciato”.