Com’è noto, nelle scorse ore sono state diramate le nomine dei dieci nuovi direttori dei musei nazionali che vanno ad aggiungersi ai venti nominati nel 2015. Probabilmente avrete già anche letto i nomi: Andrea Bruciati (Villa Adriana e Villa d’Este), Adele Campanelli (Parco archeologico dei Campi Flegrei), Andreina Contessa (Parco e Castello di Miramare, Trieste), Fabrizio Delussu (Parco archeologico di Ostia Antica), Filippo Maria Gambari (Museo delle Civiltà di Roma), Valentino Nizzo (Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia), Rita Paris (Parco archeologico dell’Appia Antica), Daniela Porro (Museo Nazionale Romano), Francesco Sirano (Parco archeologico di Ercolano), Simone Verde (Complesso monumentale della Pilotta di Parma).
Teatro Farnese, parte del Complesso monumentale della Pilotta di Parma |
La prima impressione è che si tratta, nella maggior parte dei casi, di nomine sicuramente più prudenti e meno dirompenti rispetto a quelle del 2015: tanto per cominciare, i dieci nuovi direttori sono tutti italiani (la commissione avrà tenuto a mente le polemiche sulla nazionalità dei nominati, a dire il vero becere e strumentali, di due anni fa?), e di loro ben sei sono funzionari del Ministero. Interessante, in particolare, il caso dell’archeologo Valentino Nizzo, quarantaduenne con una nutrita serie di pubblicazioni scientifiche alle spalle, entrato nei ranghi del Ministero solo nel 2010: Nizzo lavorava presso la Direzione generale del MiBACT e si occupava di promozione e comunicazione. La commissione giudicatrice ha evidentemente voluto conseguire, con una sola mossa, diversi risultati, dato che Nizzo è relativamente giovane, viene dal Ministero e ha esperienza in fatto di promozione (non è certo un mistero il fatto che i nuovi direttori siano stati scelti in virtù delle loro capacità comunicative: è la linea dettata dal governo). Gli altri sono tutti funzionari di lunga o lunghissima esperienza, titolati, sicuramente con tutte le carte in regola per gestire i musei a cui sono stati assegnati.
Ci sarebbe da discutere sui quattro direttori che, invece, provengono dall’esterno, se non altro perché su di loro si concentrano i principali punti interrogativi. Molto buona appare la scelta di Fabrizio Delussu, esperto archeologo che arriva dal piccolo Museo Archeologico di Dorgali in Sardegna e che passerà a un parco archeologico da trecentomila visitatori l’anno, e di sicuro interesse anche quella di Andreina Contessa: il nome della studiosa, specialista di arte ebraica, parrebbe essere stato suggerito dalla sua esperienza internazionale, dato che è stata dal 2009 direttrice del Nahon Museum of Italian Jewish Art, museo che conta circa 40.000 presenze l’anno. La studiosa se la vedrà con un museo di ben altre dimensioni, dacché nel 2015 ha contato un milione di presenze, tra coloro che hanno visitato il Castello di Miramare (250.000) e quelli che invece ne hanno percorso il Parco (800.000): sarà stata la scelta migliore?
Maggiori perplessità suscitano le rimanenti due nomine. A Villa d’Este e Villa Adriana arriverà Bruciati che è un contemporaneista e che è stato direttore artistico e curatore di mostre, eventi, manifestazioni e ha collaborato con gallerie d’arte, ma non ha mai diretto un museo... e tutti, ovviamente, si sono domandati perché Villa d’Este e Villa Adriana siano state affidate a un esperto di arte contemporanea: dovremo forse aspettarci degli stravolgimenti negli assetti di questi due musei? Staremo a vedere. Infine, vale la pena spendere qualche riga in più su Verde, chiamato a dirigere un complesso di musei, quello della Pilotta di Parma, di grande prestigio, senza tuttavia vantare alcuna esperienza in fatto di direzione di musei. Verde, che è uno storico dell’arte oltre che un attivo blogger, ha curato mostre, è stato consulente di Walter Veltroni e, dal 2014, ha ricoperto il ruolo di “Responsabile della ricerca e della produzione editoriale” dell’agenzia France-Muséums (società la cui missione principale è quella di portare il Louvre ad Abu Dhabi)... ma non ha mai diretto un museo: anche qui, stante la comprovata esterofilia del ministro Franceschini, sembrerebbe aver giocato a favore della nomina l’aver avuto un’esperienza all’estero presso una società dal nome pesante. Ma dirigere un complesso come quello della Pilotta è un compito ben diverso dal fare il “responsabile della ricerca e della produzione editoriale”. Vale lo stesso discorso che si era fatto per molti dei direttori nominati nel 2015: crediamo che l’esperienza all’estero sia un fattore da giudicare in modo del tutto relativo. Peccato che in certi casi, per Franceschini e colleghi, tale fattore paia aver avuto un peso ben più consistente rispetto a quello di tanti altri parametri forse più fondamentali (tra i quali la non proprio del tutto trascurabile esperienza alla direzione di musei italiani).
Tuttavia, se pensiamo che è ancora presto per giudicare i direttori nominati nel 2015 (che per la più parte hanno a lungo lavorato sul solco tracciato dai loro predecessori: la rivoluzione che sembrava dovesse nascere in realtà s’è dimostrata piuttosto timida, se non assente), per ciò che riguarda i nuovi i cui nomi sono usciti nelle ultime ore, le nostre analisi non possono che limitarsi a poche scarne considerazioni sulle loro esperienze. Non rimane che augurar loro un buon lavoro: i musei italiani hanno bisogno di direttori capaci, che sappiano innovare e rinnovare, e che siano in grado di mettere il museo stesso al centro della loro azione.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).