Come raccontiamo l'arte rupestre: il caso dei musei della Valle Camonica


Come valorizzare, raccontare, presentare al pubblico l’arte rupestre della Valle Camonica, il primo sito italiano iscritto al Patrimonio Mondiale dell’Umanità, nel 1979: ecco come fanno i Musei della Valle Camonica.

La Direzione regionale dei musei nazionali della Lombardia gestisce diversi siti che fanno parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco: tra i tredici siti che la direzione gestisce, oltre alla Valle Camonica, c’è stato il Cenacolo (poi passato sotto la Pinacoteca di Brera), e rimangono Castelseprio, che afferisce al sito Unesco I longobardi in Italia. I luoghi del potere, e l’esposizione, all’interno del museo delle Grotte di Catullo, dei materiali di Lugana Vecchia di Sirmione, uno dei 19 elementi italiani che sono stati iscritti nel sito seriale transnazionale Siti palafitticoli preistorici attorno alle Alpi. E poi appunto abbiamo la Valle Camonica. La Valle Camonica è stata iscritta nel 1979: all’epoca l’iscrizione fu velocissima, perché da gennaio, quando fu presentata la proposta (da Emmanuel Anati, lo studioso che poi ha fatto conoscere l’arte rupestre della Valle Camonica in tutto il mondo, insieme a regione Lombardia: quindi non c’era ancora il coinvolgimento costante del ministero), l’iter si concluse il 26 ottobre del 1979, quindi in nove mesi il sito fu iscritto.

Oggi, secondo le linee guida per l’iscrizione, prima si entra in una tentative list e poi c’è una procedura che dura almeno una triennio. Essendo uno dei primi siti iscritti, quando ci fu la convenzione di Budapest del 2002, si disse, in quell’occasione, che lo strumento ideale per la gestione dei siti Unesco doveva essere il piano di gestione. Quindi anche tutti i siti iscritti prima del 2002 dovevano dotarsi del piano di gestione: fu pertanto attuato un processo all’interno della Valle Camonica, coordinato dalla vecchia Soprintendenza archeologica della Lombardia, insieme ovviamente a tutti gli enti territoriali, perché l’iscrizione del 1979 riportava come nome “arte rupestre della Valle Camonica”. Un titolo geniale, perché aveva messo all’interno dell’eccezionale valore universale il fenomeno dell’arte rupestre, e non il Parco delle incisioni rupestri di Naquane che nasce nel 1955 ed è il primo parco archeologico d’arte rupestre italiano. Negli anni in Valle erano nate poi altre aree a Parco: penso negli anni Settanta a quello di Luine a Darfo Boario Terme, e successivamente al 1979 ne nasceranno altri, come la riserva regionale di Ceto, Cimbergo e Paspardo, e poi Sellero e Sonico nel 2005, addirittura il parco di Cemmo e anche il Parco di Seradina-Bedolina, per cui oggi quando pensiamo all’arte rupestre della Valle Camonica dobbiamo pensare a un’azione di tutela costante da parte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti paesaggio su tutta la manifestazione artistica dell’arte rupestre, che va dalla bassa Valle fino all’alta Valle, dai 200 metri fino ad oltre 2.200 metri sul livello del mare, e quando si pensa ai parchi si deve pensare ad una rete di otto parchi.

Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane. Foto: Direzione regionale Musei Lombardia
Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane. Foto: Direzione regionale Musei Lombardia
Parco Nazionale dei Massi di Cemmo. Foto: Direzione regionale Musei Lombardia
Parco Nazionale dei Massi di Cemmo. Foto: Direzione regionale Musei Lombardia

La direzione regionale gestisce, quindi, il Parco di Naquane, nato nel 1955, e il Parco di Cemmo che in realtà è collegato alla scoperta dell’arte rupestre, risalente al 1909 (nel 1909 uno studioso locale segnalò la presenza di due massi incisi in località Cemmo ad un’associazione per la tutela del patrimonio: lettera di segnalazione non è mai stata trovata ma nessuno dubita della autenticità di questa di questa notizia e lo stesso studioso sulla prima guida del Touring Club Italiano del 1914, segnalò appunto questi due massi). Nel 2014 nasce anche il MUPRE, il Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica. Perché? Perché a partire dagli anni Sessanta, attraverso la ricerca archeologica, con le attività di tutela sul territorio si scoprono tanti contesti archeologici, per cui c’era la necessità di trovare un luogo ideale per raccontare le comunità che hanno lasciato le manifestazioni d’arte rupestre. Le manifestazioni d’arte rupestre più antiche oggi note in Valle probabilmente risalgono intorno ai 16.000 anni fa, ed è quello il momento in cui ci sono anche le prime frequentazioni in valle. Da quel momento qualcuno vede che la potenza dell’immagine incisa sulla roccia che rimane nel tempo è tale per cui tutte le comunità che seguono incidono le rocce, e lasciano di volta in volta però testimonianze dei loro modo di vivere, delle loro tecnologie, quindi noi oggi possiamo dire che il filo rosso che attraversa la storia della Valle Camonica è proprio l’arte rupestre, elemento identitario.

Noi ovviamente pensiamo che l’arte rupestre debba essere vista durante tutto l’anno, perché non è soltanto materia per le scuole che la visitano dalla primavera fino alla fine della scuola e poi a settembre e ottobre: l’arte rupestre è un’arte lenta, che interagisce con la luce naturale. Pensate che i momenti migliori con cui gli studiosi studiano l’arte rupestre e la documentano sono i periodi che vanno da dicembre e gennaio a febbraio: la luce è più bassa sull’orizzonte e quindi improvvisamente il raggio di luce anima queste superfici. Sono superfici di arenaria, arenaria permiana, la loro storia inizia addirittura ancora prima, 270 mila anni fa, e il ghiacciaio dell’Oglio che le ha modellate, le ha trasformate in superfici lisce, lascia la valle tra 25mila e 15mila anni fa.

MUPRE - Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica. Foto: Direzione regionale Musei Lombardia
MUPRE - Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica. Foto: Direzione regionale Musei Lombardia

Come operiamo all’interno del parco di Naquane? Operiamo attraverso azioni di tutela. Il che vuol dire per noi, per esempio, la manutenzione costante del verde: quando si parla di equilibrio si può parlare anche di equilibrio tra natura e contesto archeologico, perché ovviamente siamo all’interno di un bosco, un bosco che è fatto di querce, di carpini, di betulle. Il bosco si muove per sua natura, ma lui si muove in modo tale che non sempre è in sintonia con l’arte rupestre, quindi noi abbiamo attivato una serie di collaborazioni con gli enti forestali, per esempio con il parco dell’Adamello che ci predispone i piani anche di riassetto paesaggistico, e per quanto riguarda invece il tema della conservazione procediamo con le manutenzioni ordinarie e straordinarie attraverso collaborazioni con università, ad esempio l’Università di Torino con il dipartimento di biologia e scienze della vita.

Ovviamente operiamo per far conoscere la ricchezza di questo patrimonio e i suoi elementi, i suoi componenti attraverso l’educazione e il racconto di una storia millenaria che parte dalla fine del Paleolitico superiore e attraversa tutte le epoche fino all’epoca dei romani: un altro museo racconta l’incontro tra i camuni e i romani, e quando parliamo di camuni noi parliamo di quella popolazione che abita la valle e vive in valle nel primo millennio avanti Cristo, nell’età del ferro. L’ottanta per cento dell’arte rupestre della Valle Camonica è realizzata in quel periodo: il nome dei camuni lo conosciamo perché perché è inciso sul monumento di La Turbie, in Francia, fatto erigere dall’imperatore Augusto tra il 7 e il 6 avanti Cristo, laddove lui elenca tutte le popolazioni sconfitte dell’arco alpino, e al secondo posto ci sono i camuni. Questo noi possiamo raccontarlo sia partendo dal periodo romano andando indietro nel tempo, oppure partendo dall’antica preistoria e attraversando tutti le epoche di questa storia millenaria.


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L'autrice di questo articolo: Maria Giuseppina Ruggiero

Maria Giuseppina Ruggiero è funzionario archeologo del Ministero della Cultura, in forza alla Direzione regionale musei nazionali della Lombardia.



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