Che problema c'è se Madonna festeggia a Pompei? Sorprende semmai l'atteggiamento del Parco


Qual è il problema se Madonna festeggia il suo compleanno a Pompei? Lo ha fatto a parco chiuso e donando 250mila euro. Sorprende semmai l’atteggiamento del Parco, che prima ha smentito, e poi ha minimizzato. Perché non dare informazioni complete, chiare e precise fin da subito?

Anzitutto una premessa: non vedo alcun problema se Madonna vuole festeggiare il proprio compleanno dando un party tra le rovine di Pompei. Rimango semmai perplesso dall’atteggiamento con cui il Parco Archeologico di Pompei ha gestito la vicenda: sembra quasi che si abbia imbarazzo a comunicare al pubblico che un dato giorno, a una data ora, a Pompei ci sarà la festa di Madonna che consisterà in questa, quella e quell’altra attività, in cambio di una donazione di tot euro. 

Ma procediamo con ordine, e cominciamo dal generale per arrivare al particolare. Credo che non sia un grosso problema l’idea d’un privato che voglia organizzare un evento dentro un museo o un sito archeologico. Purché, com’è naturale che sia, la festa non ostacoli chi vuole visitare il sito nei normali orari d’apertura e venga autorizzata a fronte d’una lauta gratifica economica concessa al sito dall’organizzatore (ovviamente penso non occorra specificare che festeggiato e invitati siano tenuti a lasciare le strutture esattamente come le hanno trovate al loro arrivo: è implicito che il sito non debba subire il minimo danno). È meretricio, mercimonio, svilimento d’un bene pubblico? No, se non intralcia le attività dell’istituto, se il privato non interferisce e se l’evento garantisce risorse straordinarie per finanziarle. È uno scandalo solo per il fatto che Madonna può gozzovigliare per un paio d’ore dentro una domus di Pompei e tu no? In Italia esistono migliaia di enti pubblici che offrono i propri spazi in affitto a chiunque li voglia noleggiare, dopodiché se sei Madonna ti puoi permettere il Teatro Grande di Pompei, se sei l’ingegner Pippo Brambilla da Cesano Maderno in vacanza in Versilia allora ti accontenterai del chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta per poco meno di duemila euro. Se però si ragiona in linea di principio (e quindi no ai privati che affittano beni culturali pubblici), allora la possibilità dovrebbe essere preclusa a tutti: anzi, io cittadino, io turista, io visitatore forse sono più danneggiato dall’associazione degli amici della lirica di Valdicastello che per la festa annuale noleggia il chiostro di Sant’Agostino per una giornata intera (e mi preclude la possibilità di visitarlo), che dalla sbicchierata notturna di Madonna a Pompei. Il punto è che il grado d’indignazione di chi partecipa al dibattito è direttamente proporzionale alla consistenza del 730 del locatario: se sei Madonna e festeggi il compleanno a Pompei, subirai le reprimende di schiere di difensori del bene comune che gridano a social unificati contro la sacrilega messa a reddito del patrimonio pubblico. Se sei l’Ordine degli Ingegneri di Firenze e organizzi una conferenza su invito e a numero chiuso dentro il Salone dei Cinquecento in normale orario d’apertura al pubblico, puoi star tranquillo che non arriverà nessuno a strillare contro lo “sfruttamento privato dei beni culturali”, il “godimento di pochi”, le “ristrette cerchie di privilegiati” e frasi fatte assortite.

Dov’è allora lo scandalo? Lo scandalo, se si parla di accesso al patrimonio, non è il festino notturno di una celebrità internazionale: è più scandaloso, per esempio, che in Italia non esistano ancora politiche tariffarie che consentano l’ingresso ai musei anche a chi ha difficoltà a pagarlo (nei paesi seri ci sono tanti musei che offrono gratuità o forti riduzioni ai disoccupati, per esempio: da noi ancora no, malgrado la nostra rivista sottolinei da anni che in Italia questa possibilità non è concessa). Lo scandalo è che in un paese che ha un paesaggio museale ampio, vario, complesso e costoso come il nostro, i nostri istituti facciano troppo poco per rendere strutturale il sostegno dei privati ai musei. Comprensibile però, se l’atteggiamento di gran parte dei nostri addetti ai lavori è ‘dagli al privato’. Ed è sicuramente per colpa di questa caccia al privato che, per giustificare la presenza di Madonna, l’ufficio stampa del Parco Archeologico di Pompei si è esibito in numeri da circo equestre nel tentativo di non urtare la sensibilità della polizia morale dei beni culturali. Il problema è che il tentativo non è stato sufficiente, dato che, nonostante lo stretto riserbo sull’evento (per fortuna Madonna ci ha risparmiato ostentazioni a mezzo Instagram stile Veralab alla Pinacoteca di Brera), la notizia comunque è trapelata, con tanto di foto nel day after.

Madonna a Pompei
Madonna a Pompei
La festa di Madonna a Pompei, dall'account Instagram @madonnaliteral
La festa di Madonna a Pompei, dall’account Instagram @madonnaliteral

E allora prima c’è stata la smentita: una nota stampa per definire “notizie prive di fondamento” le voci sul “mega-party” (qualunque cosa voglia dire) di “una celebrità internazionale” (mai nominata) con “500 ospiti negli scavi di Pompei”. Certo, non ci sono stati bagordi alla Grande Gatsby e gl’invitati non si contavano a centinaia, ma quella di Madonna non era neanche una visita di cortesia: perché il Parco Archeologico di Pompei non ha potuto esser chiaro fin da subito e avvisare il pubblico che Madonna avrebbe festeggiato il compleanno negli scavi con ospiti attovagliati davanti a un lauto buffet, tutti intenti a guardare performance di musica e danze popolari? Perché quando si scava e si scoprono un paio di ossa fioccano comunicati chilometrici e invece per l’arrivo a Pompei di una delle più longeve stelle del pop internazionale c’è stata prima la smentita e poi la minimizzazione?

Sabato, a evento concluso, il Parco s’è infatti limitato a far uscire un comunicato tutto focalizzato sull’incontro tra Madonna e i ragazzi del progetto “Sogno di volare”, quello finanziato dalla cantante con la somma di 250mila euro, e per tutto il resto un cenno di mezza riga: “performance artistiche e un rinfresco a conclusione dell’itinerario”. E il direttore Gabriel Zuchtriegel, intervistato dal Tg3, s’è spinto addirittura a dichiarare che “non parliamo di un evento privato, ma parliamo di un incontro tra la comunità, tra i giovani, e una delle più grandi artiste del nostro tempo”. Ma che problema c’è a dover ammettere che un privato ha festeggiato il compleanno a Pompei e s’è sdebitato con una donazione? Il fatto che il tutto sia stato organizzato velocemente non può essere una scusa: non stiamo parlando di una scoperta archeologica che necessita di studio e approfondimento. Stiamo parlando di una festa di compleanno: è così complicato informare il pubblico su tutti i dettagli avendo a disposizione una settimana di tempo? È semplice questione di trasparenza: il Parco Archeologico di Pompei è un soggetto pubblico, e il pubblico ha il pieno diritto di sapere come vengono adoperati i suoi spazi. È anche quello che abbiamo cercato di chiedere, nella giornata di sabato, sia al telefono sia tramite mail, all’ufficio stampa del Parco, anche se al momento non abbiamo ricevuto risposta: abbiamo chiesto perché inizialmente è stato detto che le voci sull’evento erano “notizie prive di fondamento” quando in realtà c’è stato un evento, abbiamo chiesto quant’è costata la serata al Parco di Pompei in termini di straordinari del personale, sicurezza, spese per l’illuminazione e via dicendo, abbiamo chiesto se la chiusura del Teatro Grande dalle 16 fino a chiusura del sito dipendeva dalla festa di Madonna, a che ora è cominciato l’evento e a che ora è finito, in cosa sono consistite le “performance artistiche” di cui parlava la nota diffusa sabato mattina, quanti addetti (tra dipendenti, collaboratori e consulenti esterni) del Parco sono stati coinvolti per garantire la riuscita dell’evento, qual è stato il guadagno effettivo del Parco tolti i costi sostenuti, quanti erano gli ospiti di Madonna, e quali maestranze hanno avuto accesso agli scavi tra addetti al catering, alla sicurezza, tecnici del suono, corpi di ballo. Il minimo sindacale.

Ora, leggiamo sul sito del Parco che l’ufficio stampa è attivo solo dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 17. Bene, possiamo concedere che l’ufficio stampa di Pompei non risponda alle chiamate e alle mail il sabato e la domenica quando il venerdì sera c’è stato un evento che ha coinvolto una delle cantanti più famose del mondo e che ha prodotto una notizia finita anche nei titoli dei telegiornali della sera. Confidiamo nelle risposte quando finirà questo weekend ferragostano di meritato riposo per i dipendenti del Parco. Ma quella dell’informazione preventiva dovrebbe diventare una prassi: tanto, gli indignati che si sfogano tramite stories arrivano anche quando si cerca di minimizzare. Allora tanto vale discutere a carte scoperte.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).




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