A Carrara si abbattono pini storici per rifare un marciapiede sul lungomare


A Carrara l'amministrazione sta abbattendo diciassette pini storici (sostituendoli con palme) per rifare un marciapiede.

Sono già presenti nelle cartoline di Carrara degli anni Cinquanta, sono una presenza familiare per chiunque abbia trascorso le sue estati o le sue vacanze in città, sono un importante presidio ecologico per la produzione di ossigeno e l’assorbimento di CO2, sono alberi sanissimi: sono i pini di viale Colombo a Marina di Carrara, la frazione marittima della città dei marmi. Piante che, stando alle immagini d’epoca, hanno sicuramente più di sessant’anni d’età, e che costituiscono una delle presenze più riconoscibili del lungomare apuano: da Sarzana a Viareggio non ci sono altre località che abbiano scelto il pino domestico come albero per adornare i viali a mare.

Adesso però questa presenza storica della riviera carrarese rischia di scomparire per sempre: com’è noto, gli apparati radicali dei pini creano problemi all’asfalto, causando rotture, sconnessioni e sollevamenti della pavimentazione stradale. Il Comune di Carrara, amministrato da una giunta del Movimento 5 Stelle, ha dunque pensato di risolvere il problema (per adesso limitato a un marciapiede, che l’uso ha peraltro riconvertito in una sorta di parcheggio non delimitato) con un’azione drastica, ovvero, citando dallo studio di fattibilità del Comune, l’“abbattimento delle alberature di pino esistenti e rimozione della relativa ceppaia”, la “formazione di nuova pavimentazione in conglomerato bituminoso”, e la “messa a dimora di nuove specie vegetali”. E sempre nello studio di fattibilità si legge che, in merito alla messa a dimora delle nuove piante, “in questa prima fase progettuale si è optato per la palma ‘washingtonia robusta’”: al momento la washingtonia robusta, detta anche “palma messicana” (per intenderci, è la palma ad alto fusto che solitamente si vede nei litorali delle città della California o della Florida), risulta ancora l’essenza prescelta per sostituire i pinus pinea che al momento affiancano viale Colombo. Gli abbattimenti sono partiti ieri: il primo lotto prevede la rimozione di diciassette pini nel primo tratto del viale, e l’idea del Comune è quella di rimuovere tutti i pini da viale Colombo. Insomma, un’altra lotta al pino dopo quelle che si sono combattute in due località vicine (purtroppo con esiti negativi per gli alberi, abbattuti in entrambi i casi), ovvero alla Spezia, dove sono stati rimossi pini ottuagenarî in piazza Verdi per lasciar posto a un criticatissimo intervento di Daniel Buren, e a San Terenzo, dove la pinetina di piazza Brusacà è stata rasa al suolo per far posto a un altro intervento urbanistico molto discutibile (che ha sostituito venti pini con sei lecci).

Abbattimento dei pini a Marina di Carrara
Abbattimento dei pini a Marina di Carrara


Abbattimento dei pini a Marina di Carrara
Abbattimento dei pini a Marina di Carrara


Abbattimento dei pini a Marina di Carrara
Abbattimento dei pini a Marina di Carrara


Cartolina di Marina di Carrara del 1956
Cartolina di Marina di Carrara del 1956

L’operazione che trasformerà Marina di Carrara in una specie di Palm Beach apuana è giustificata dalla giunta anche sulle basi della presenza storica delle palme sul litorale versiliese: nei grandi lavori che si sono susseguiti a partire dagli anni Venti e Trenta, le palme (in diverse specie) sono state infatti la scelta principale per i lungomare di molte città della costa. “I pini devono stare in pineta”, ha ricordato in un video l’assessore all’urbanistica del Comune di Carrara, e per questa ragione saranno sostituiti con le palme che, sottolinea ancora l’assessore, “sono storicamente presenti nel territorio di Marina di Carrara e creeranno uniformità con tutto il litorale da Viareggio fino al confine con la Liguria”. E l’opzione della washingtonia robusta, si è poi premurato di sottolineare ancora l’assessore in un intervento su Facebook, è “una scelta razionale basata su una solida ricerca storica”.

Certo: nessuno mette in dubbio il fatto che le radici del pino domestico creino problemi all’asfalto, né si discute la presenza delle palme decennî addietro. Tuttavia, da cittadini, occorre domandarsi per quali ragioni una decisione così sentita dalla popolazione locale sia stata presa con inusitata rapidità da parte della giunta carrarese, e soprattutto senza che ci sia stato il minimo coinvolgimento degli abitanti. Da non esperti di botanica e pavimentazioni stradali ci chiediamo invece se l’abbattimento dei pini sia davvero l’unica soluzione per ovviare al problema dei marciapiedi divelti. Ma chi scrive, da giornalista che si occupa per lavoro di patrimonio culturale e paesaggistico, non può far a meno di sottolineare che, quando l’assessore afferma che “le palme sono storicamente presenti nel territorio di Marina di Carrara” per giustificare il taglio di diciassette pini sani sulla base del fatto che nella nostra zona ci fossero anche le palme, e che “le palme creeranno uniformità sul litorale da Viareggio fino al confine con la Liguria”, ci sono diverse questioni che non sembrano esser prese in considerazione, ma che chiunque si occupi d’arte e paesaggio ha il dovere di mettere in evidenza.

Primo punto: in storia dell’arte e storia del paesaggio esiste un concetto che si chiama “stratificazione”, e il dibattito attuale verte su come rispettare la stratificazione di un luogo. Cancellare pini che sono presenti in quel tratto di lungomare da quasi un secolo (come del resto attestano le foto degli anni Cinquanta, dove ci sono palme, ma dov’è possibile vedere già piantumati anche i pini che in queste ore il Comune sta eliminando) significa cancellare deliberatamente e arbitrariamente un pezzo di storia della città, a prescindere da quello che c’era prima al posto dei pini. Secondo punto: i pini fanno storicamente parte del paesaggio apuano, versiliese, toscano. Una passeggiata in un qualche museo che esponga opere di artisti attivi tra Otto e Novecento può ben testimoniare che tutti i pittori che sono passati da queste zone anche in tempi più antichi rispetto a quelli della piantumazione dei pini del lungomare (Nomellini, Carrà, Rosai, Chini, Pagni, Tosi, Soffici, Viani, Dazzi) dipingevano pini, non palme (e prima ancora di loro, molti artisti stranieri che viaggiavano per tutta l’Italia rimanevano affascinati dai pini che incontravano nelle campagne toscane e laziali).

Il pino, del resto, connota il territorio apuo-versiliese molto più della palma. L’assessore ha citato il piano paesaggistico della Regione Toscana, dove si legge che le modifiche al paesaggio degli anni Venti e Trenta prevedevano “la costruzione del lungomare del Littorio (lungo 4 km, largo 30 m di cui 15 destinati a marciapiedi), che unisce Marina di Carrara con Marina di Massa”, e che ha permesso di dar forma all’idea ottocentesca “del lungomare panoramico senza soluzione di continuità e puntellato di palme”, magistralmente interpretato da Moses Levy in un suo dipinto di collezione privata (Passeggiata sotto le palme) del 1932: non si prende però in considerazione il fatto che la palma è d’introduzione recente (mentre il pino caratterizza il paesaggio toscano da secoli, per quanto l’urbanistica novecentesca gli abbia preferito la palma sui lungomare), né il fatto che Levy, da artista d’origine tunisina e che amava tornare in Tunisia appena poteva, avesse molto a cuore le palme che gli rievocavano gli scenarî della sua terra natia.

Claude Lorrain, Veduta con pini (1640 circa; penna e inchiostro marrone su carta, 15,7 x 12,5 cm; Haarlem, Teylers Museum)
Claude Lorrain, Veduta con pini (1640 circa; penna e inchiostro marrone su carta, 15,7 x 12,5 cm; Haarlem, Teylers Museum)


Hendrik Voogt, Paesaggio italiano con pini (1807; olio su tela, 101,5 x 138,5 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)
Hendrik Voogt, Paesaggio italiano con pini (1807; olio su tela, 101,5 x 138,5 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)


Plinio Nomellini, Pineta
Plinio Nomellini, Pineta (1900 circa; olio su tela, 85 x 85 cm; Collezione privata)


Carlo Carrà, Pagliai (1929; olio su tela, 69 x 90 cm; Piacenza, Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi)
Carlo Carrà, Pagliai (1929; olio su tela, 69 x 90 cm; Piacenza, Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi)


Ardengo Soffici, I pini (1924; olio su tela, 93,5 x 94,5 cm; Collezione privata)
Ardengo Soffici, I pini (1924; olio su tela, 93,5 x 94,5 cm; Collezione privata)


Galileo Chini, Villette in pineta a Viareggio (1930; olio su tavola, 44 x 55 cm; Collezione privata)
Galileo Chini, Villette in pineta a Viareggio (1930; olio su tavola, 44 x 55 cm; Collezione privata)

Si può poi essere d’accordo con l’affermazione secondo cui i pini starebbero meglio in pineta, ma quelli che il Comune adesso sta tagliando erano comunque divenuti parte di un brano riconoscibile di paesaggio. Perché qui arriva il terzo punto: anche le piante contribuiscono alla creazione del senso d’appartenenza d’una comunità (e lo stiamo ben sperimentando in queste ore). E la creazione del senso d’appartenenza si costruisce nei decennî, se non nei secoli. Da oggi, la comunità di Carrara si ritrova priva (senza che sia stata minimamente coinvolta nelle discussioni!) di una parte importante del suo senso d’appartenenza (e questo per non mettere sul piatto termini come “identità” e “memoria” che sono molto complessi e sfuggenti e la cui trattazione richiede un po’ di approfondimento).

Infine, quarto punto: quando si dice che le palme creeranno “uniformità”, l’amministrazione sta in realtà auspicando quella che gli storici dell’arte e del paesaggio chiamerebbero, in casi come questi, “omologazione”, ed è una cosa che solitamente si combatte. Se i pini di viale Colombo rappresentano un unicum, per ammissione stessa della giunta, allora tanto meglio: il fatto che la loro presenza non abbia eguali in tutte le strade litoranee dalla Liguria fino a Pisa dovrebbe essere un motivo in più per preservare queste magnifiche piante. Ora, nessuno mette in dubbio l’urgenza e l’utilità di sistemare la pavimentazione stradale nel viale interessato dai lavori. E il Comune ovviamente non sta facendo niente d’illegale: la sostituzione di alberi con esemplari adulti “della stessa specie o di specie autoctone o comunque storicamente naturalizzate e tipiche dei luoghi” (come recita il testo del DPR 31 del 13 febbraio 2017) è ammessa dai regolamenti in materia di autorizzazione paesaggistica. E la washingtonia robusta è una specie che, in Versilia, è storicamente naturalizzata. Ma è comunque una pianta introdotta di recente, la sua comparsa sul viale Colombo andrebbe a cancellare gli ultimi sessant’anni di storia (come minimo), distruggerebbe un caso unico ed è un’essenza lontana dal sentimento dei cittadini. Ci si domanda pertanto se non sia possibile trovare altre soluzioni, con l’auspicio che il Comune possa rivedere i suoi piani.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).






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