Sin dalla formazione di questo nuovo Governo, abbiamo sentito il premier sottolineare nelle sue linee programmatiche l’importanza del turismo, al punto da sottrarre tale settore al MIBACT e farne di nuovo, dopo tanti anni, un ministero autonomo, addirittura con portafoglio. Perché si tratta, lo aveva ben sottolineato Draghi, di un comparto che produce il 13% di PIL. Non a caso il nome scelto per guidare tale dicastero è stato quello di Massimo Garavaglia, un uomo che si è sempre occupato di economia e finanze. Una esperienza nella pubblica amministrazione accomuna anche il Capo di Gabinetto Gaetano Caputi e il Segretario Generale Lorenzo Quinzi. In pratica, al momento non ci sta nessuno che sia esperto di turismo. Per il Governo, il Ministero deve equivalere a una sorta di registratore di cassa per incamerare quanti più soldi possibili. Saremmo felicissimi di veder arrivare tanti introiti: se il settore va bene vuol dire che anche noi lavoriamo. Per produrre però bisogna saper attuare strategie, programmare, promuovere; non è che basta mettersi alla cassa sperando che tornino i turisti come una volta, basandosi sulla pessima vecchia retorica del turismo come “petrolio”.
Strategie, programmazione, promozione sono le parole chiave del turismo (soprattutto ora, purtroppo) e sono i principi drammaticamente assenti dalla attività di questo Dicastero. Basta ascoltare le interviste rilasciate dal ministro per rendersi conto che crede che tutto partirà in automatico da solo. E basta guardare a quello che sta (o meglio non sta) facendo per averne conferma. Vogliamo parlare di ripartenza? Solo una minima parte di guide, già legate al mercato italiano, potrà lavorare nei prossimi mesi; quelle legate al mercato statunitense o sud-americano vede di nuovo cancellati i tour del secondo semestre, per non parlare di quelle di lingua giapponese, il cui lavoro ripartirà nel 2022 se tutto va bene. Tutto questo va affrontato. Noi siamo tra quelli che subiscono questo disastro e vogliamo essere coinvolti nei programmi per superarlo.
Proprio a dirla tutta, al ministero non ci sta ancora quasi nessuno: è una specie di scatola vuota ancora da riempire. Il Sottosegretario non è stato previsto e quindi non esiste. I Direttori Generali non sono stati nominati: l’unica esistente sulla carta, proveniente dal vecchio MIBACT, non può fare nulla. Le mail rimangono senza risposta, anche le pec. I telefoni suonano a vuoto (siamo arrivati a registrare le telefonate, come prova). Non rispondono a richieste di colloquio di rappresentanti di categoria e neanche a richieste (almeno per sapere cosa fare) di guide messe nei guai per colpa di errori fatti da impiegati/funzionari del Ministero, totalmente assenti e introvabili. E i pochi che rispondono lo fanno con una arroganza che giustificherebbe una rivoluzione. Il nuovo Ministero del Turismo è stato creato per propaganda, per accontentare gli operatori del settore (agenzie, tour operator, albergatori, operatori del turismo balneare, ecc.) che lo vedevano come la risposta ai loro problemi? La scelta sarebbe cosa buona e giusta, se non fosse stata fatta durante la peggior crisi della storia del turismo, provocando uno stallo di sei mesi per tutto il settore; al momento ne contiamo già tre. Era proprio il caso di farlo ora?
Manifestazione di guide turistiche davanti al Pantheon a Roma |
Intanto, in due mesi, il ministro Garavaglia ha interloquito con tutte le categorie e gli operatori del comparto turismo tranne due: guide e accompagnatori, che sono per legge tra le professioni turistiche, quindi di sua competenza. Per ben due volte ha annullato l’incontro programmato, ogni volta all’ultimo momento. In due mesi, non è riuscito a trovare due ore per parlare con i rappresentanti di queste due categorie, da ricevere insieme. Deve avere pensato che, siccome le guide e gli accompagnatori lavorano per le agenzie, non serve parlare anche con l’ultimo anello della catena. Sarebbe un po’ come se ai tavoli di trattative il Governo non parlasse con i rappresentanti dei metalmeccanici. Tra l’altro, questo probabilmente denota poca conoscenza del settore da parte del ministro, rimasto ai tempi in cui le guide erano meri “esecutori” ingaggiati dalle agenzie, mentre ora sono spesso imprenditori di se stessi che curano tutto dalla creazione alla promozione e vendita del tour. Il turismo è cambiato, ma al ministero apposito sembrano non essersene accorti. L’unica volta in cui il ministro si è occupato di noi guide è stato via tweet per dirci che, secondo lui, dovremmo essere di competenza del Ministero della Cultura e non sua. In pratica sta cercando di “sbolognarci” (scusate il gergo) al ministro Franceschini. Sia chiaro, a noi non importa a quale ministero dover fare riferimento e neanche di parlare con Garavaglia. Una cosa però è fondamentale: avere un interlocutore serio.
Nel frattempo, mentre il ministro ci teneva buoni e lontani con due appuntamenti a tre settimane l’uno dall’altro entrambi annullati all’ultimo momento, sopra le nostre teste venivano decise la spartizione e la destinazione dei milioni attualmente disponibili del Fondo Turismo. Che avrebbe dovuto essere uno degli argomenti da sottoporre a Garavaglia, se ne avessimo avuto la possibilità. Le guide e gli accompagnatori che hanno percepito gli aiuti li hanno già spesi in tasse e contributi che non sono stati eliminati. Centinaia, pur avendo diritto ai sostegni, non hanno potuto fare richiesta o comunque non hanno ricevuto nulla per problemi formali. Altri hanno le somme bloccate per errori burocratici. In migliaia non hanno potuto accedere ad alcun aiuto in tutti questi mesi. Le agenzie di intermediazione si sono lamentate per un anno di avere percepito pochissimo ed è vero. Nessuno però ha detto fuori dai tavoli che invece i tour operator e le agenzie che fatturavano in 74ter hanno preso molto di più di quanto avrebbero dovuto giacché i calcoli dei ristori nel loro caso sono stati fatti in base al fatturato lordo (che include anche i biglietti aerei, gli alberghi, i pacchetti, ecc.) anziché in base ai veri servizi di intermediazione che le agenzie svolgono. Non sarebbe più corretto vedere tutti e confrontarsi piuttosto che continuare con queste politiche di spartizione, in cui ognuno cerca di accaparrarsi il più possibile a scapito degli altri? Davvero ora si pensa di risolvere i problemi del comparto facendo fuori due piccole categorie? All’inizio della pandemia si era parlato di uscirne migliori, ma neanche la mancanza di lavoro e la crisi nera hanno insegnato a fare rete in questo settore.
Il turismo è fatto di molti segmenti per destinatari differenti, decine di diversi operatori, ciascuno con pari dignità nel proprio campo. È un comparto che produce lavoro per un numero impressionante di persone, tra cui le migliaia di guide e accompagnatori turistici con le loro famiglie. Ognuno di loro è un cittadino che paga le tasse, vota, si merita rispetto e ha diritto di essere ascoltato. Sarebbe ora che i politici ne prendessero atto. Ne abbiamo abbastanza dell’aria di sufficienza verso le guide in quanto a metà tra turismo e cultura come se questa fosse una colpa, dell’atteggiamento “il turismo culturale che barba” e addirittura del dimenticarsi degli accompagnatori turistici come se non esistessero. Una guida bravissima fa avere al tour operator le 5 stelle e una pessima gli distrugge la fama. Saremo l’ultimo anello della catena ma la voglia di tornare o non tornare in un luogo, il desiderio di scoprirne altri e la promozione di nuovi itinerari meno noti dipendono dalla guida. Se anche il ministero vuole prenderne nota, potrebbe fargli comodo saperlo per il futuro. Qualcuno vuole rispondere dal Turismo? Se c’è vita su quel pianeta mandate un segnale.
L'autrice di questo articolo: Isabella Ruggiero
Presidente AGTA - Associazione Guide Turistiche Abilitate