Vincenzo Giustiniani, un collezionista di macchiaioli


Vincenzo Giustiniani fu uno dei più grandi collezionisti dei macchiaioli. A fine 2024, la sua raccolta è disponibile a tutti: è stata infatti donata alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (ed è visitabile in mostra fino al 6 gennaio 2025).

Lo storico dell’arte Lucio Scardino, nella sua ricognizione del 1999 sulle raccolte d’arte a Ferrara nel XX secolo, scrisse che il più importante fra i collezionisti ferraresi d’arte moderna a inizio secolo fu “indubbiamente”, come si premurò di sottolineare, il conte Vincenzo Giustiniani (Ferrara, 1864 – Forci, 1946), noto per la sua importante collezione di macchiaioli che a fine 2024 è stata donata alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca dalla baronessa Diamantina Scola Camerini, nipote di Giustiniani che ha deciso così, attraverso un gesto generoso, di mostrare a tutti una parte significativa delle opere che suo nonno aveva raccolto in vita. La prima mostra della collezione Giustiniani, Arte tra due secoli. Opere dalla collezione Vincenzo Giustiniani 1875-1920 è stata organizzata presso il Complesso di San Micheletto a Lucca, con la direzione scientifica di Paolo Bolpagni, visitabile dal 16 novembre 2024 al 6 gennaio 2025. Una prima esposizione al pubblico prima dello studio e della schedatura delle opere donate alla Fondazione: spiccano lavori di Giovanni Fattori, probabilmente l’artista più presente nella raccolta, e poi Plinio Nomellini, Galileo Chini, Giovanni Boldini, Telemaco Signorini, Eugenio Cecconi, Odoardo Borrani, Luigi Bechi, per lo più di piccolo formato, secondo un gusto diffuso all’epoca in cui Giustiniani cominciava a comporre la sua raccolta.

Giustiniani, nato a Ferrara il 29 luglio del 1864, era esponente del ramo ferrarese della nobile famiglia Giustiniani di antiche origini genovesi, che per lungo tempo dominò la colonia genovese di Chio, nelle isole greche, che tra i propri raghi vantò letterati, ben otto dogi della Repubblica di Genova, e quel famoso marchese Vincenzo Giustiniani, omonimo del Vincenzo ‘novecentesco’, noto per esser stato mecenate di Caravaggio e per aver radunato nel suo palazzo una favolosa collezione con tutti i più grandi maestri. Vincenzo a venticinque anni sposò la pittrice dilettante Luisa Nagliati-Braghini, con la quale coltivava il comune amore per l’arte e in particolare per la pittura: lo stesso conte era infatti un pittore amatoriale, e praticava il disegno e la pittura fin da adolescente. Aveva studiato assieme al coetaneo Alberto Pisa (Ferrara, 1864 – Firenze, 1930), uno dei principali pittori emiliani d’inizio Novecento: si conservano alcuni ritratti che Pisa fece all’amico, uno dei quali, anch’esso di piccolo formato, parte della donazione di Diamantina Scola Camerini. Secondo Scardino fu proprio la frequentazione con Pisa ad avvicinare Giustiniani all’arte, più che l’aria che si respirava in famiglia (il padre di Vincenzo, Carlo Giustiniani, che fu anche eletto sindaco di Ferrara nel 1899, per quanto fosse appassionato e cultore delle arti, non brillava per una particolare verve collezionistica, malgrado la sua raccolta annoverasse comunque pezzi importanti, soprattutto d’arte antica: Vincenzo, al contrario, maturò una passione per l’arte a lui contemporanea, sebbene non gli mancassero le competenze in fatto d’arte antica, tanto che nel 1898, insieme a Giuseppe Agnelli, ebbe modo di scrivere la prima guida del Museo di Schifanoia).

Alberto Pisa, Ritratto di Vincenzo Giustiniani (olio su tela; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Alberto Pisa, Ritratto di Vincenzo Giustiniani (olio su tela; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)

Rimontano allo stesso periodo anche le sue prime esperienze artistiche che lo vedono coinvolto da protagonista: dal 1902 infatti affiancò Galileo Chini (Firenze, 1873 – 1956) nella conduzione della Società Arte della Ceramica, l’azienda della famiglia Chini attiva tra il 1886 e il 1910 e specializzata nella produzione delle celebri ceramiche liberty. Divenuta poi “Arte della Ceramica Fontebuoni”, si avvalse di Vincenzo Giustiniani come socio finanziatore: il nobile contribuì a diffondere anche in Emilia le ceramiche di Chini, di cui si conservano anche alcuni pregiati pezzi (oltre a un piccolo Paesaggio toscano dipinto) nella donazione alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, testimoni del gusto e dell’intelligenza collezionistica di Giustiniani. Il conte contribuì all’organizzazione di diverse mostre delle ceramiche di Chini: nel 1901 a Ferrara, a Palazzo Massari, e poi a Parigi, Venezia, Torino, Bruxelles e diversi altri importanti centri europei. Dopo la chiusura dell’azienda nel 1910, Giustiniani continuò a lavorare come “direttore marketing”, diremmo oggi: per un paio d’anni contribuì a far arrivare in Italia gli antifurti francesi Protector Bloc, disegnati per musei, dopodiché fu responsabile in Italia per i lavori in vetro della belga Verrerie de l’Hermitage (si deve a questo incarico anche la decorazione in vetro del Teatro Verdi di Ferrara), e infine, nel 1917, si trasferì in Toscana acquistando la grande tenuta di Forci e diventando di fatto il gestore di quella che oggi definiremmo una grande azienda agricola specializzata nella coltivazione della vigna e dell’ulivo (tuttora la tenuta di Forci, passata dagli eredi dei Giustiniani alla famiglia Van Ogtrop, è una delle principali aziende agricole della Lucchesia, e alla produzione dei frutti della terra affianca anche una fondazione che si occupa d’arte contemporanea, garantendo così che lo spirito di Vincenzo Giustiniani continui ad aleggiare sulle colline lucchesi). Giunto in Toscana, Giustiniani si dedicò quasi a tempo pieno alla propria collezione d’arte, e visse a Forci fino alla scomparsa occorsa nel 1946.

Quando il lavoro gli lasciava tempo, Vincenzo Giustiniani era, potremmo dire, quasi totalmente assorbito dall’arte. Scriveva articoli d’arte sulla Gazzetta Ferrarese, fondò l’associazione, tuttora esistente, Ferrariae Decus che s’occupa di tutela del patrimonio cittadino, conosceva studiosi e storici dell’arte (ebbe rapporti con Adolfo Venturi), fu tra i giurati alla Biennale di Venezia del 1907 e del 1921, e curò anche una grande retrospettiva di Giovanni Fattori nell’ambito della Prima Biennale Romana del 1921. E ovviamente frequentava mercanti, artisti, aste per rimpinguare la sua raccolta. Fattori, come detto, è uno degli artisti più rappresentati nella raccolta di Giustiniani. Tra le opere più significative pervenute alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca figurano le Barche da pesca alla fonda, che è anche uno dei dipinti più grandi tra quelli rimasti nella raccolta: una grande tela di formato orizzontale che coglie una tipica giornata d’inizio Novecento nelle acque davanti a Livorno, coi pescatori intenti al loro lavoro quotidiano, in una scena che riesce a cogliere l’anima della costa toscana orchestrando una scala cromatica di grigi, blu e azzurri che restituiscono con sapienza i toni del cielo e del mare che lo riflette in una giornata di tempo variabile. I temi frequentati da Fattori sono tutti ben rappresentati nei piccoli formati della raccolta Giustiniani: ci sono i dipinti di soggetto militare (come Il tiro al campo – Manovre di bersaglieri e il Cavalleggero ferito, entrambi piccoli ma rilevanti esempi della tecnica macchiaiola), ci sono i paesaggi come la Piccola marina e la suggestiva Pineta dopo la bufera, e poi ancora l’Arno alle cascine e l’essenziale Tronchi di betulle.

Giustiniani maturò una predilezione per i macchiaioli specialmente in quanto ebbe sempre modo di frequentare la Toscana: gli acquisti avvenivano per lo più nelle botteghe degli artisti, oppure alle aste, o ancora tramite mercanti, come Mario Bertini o Aldo Gonnelli. A volte capitava che acquistasse le opere semplicemente vedendole in mostra: Diamantina Scola Camerini, con cui abbiamo parlato poco dopo l’annuncio della donazione, ha ricordato di come una volta suo nonno, dopo aver visto una mostra di Plinio Nomellini, artista verso il quale nutriva una profonda ammirazione, decise di acquistarla in blocco. Si tratta della mostra che Nomellini allestì a Firenze, nel 1919, presso lo Studio Fanfani: 83 opere acquistate per la somma di 75mila lire, che corrispondono grosso modo a 130mila euro di oggi. Una somma importante, ma Giustiniani non badava a spese: “Ricordo che tutti i soldi”, ci dice Diamantina Scola Camerini, “andavano per comprare i quadri e in casa c’era il massimo dell’economia, della ristrettezza quasi, ma c’erano sempre risorse disponibili per acquistare un nuovo quadro. E se questo da un lato per la famiglia fu un peso abbastanza pesante da sopportare, il riconoscimento era avere un uomo pieno di interessi, un uomo ricco di cultura, un uomo che conosceva tanti artisti perché, comprando i quadri si interessava anche alle vicende degli artisti”.

Nella donazione rimangono di Nomellini dipinti che l’artista eseguì soprattutto durante la fase giovanile della sua carriera e che denotano la sua iniziale adesione alla pittura di macchia (Nomellini fu allievo di Fattori): sono da leggere in questo senso il Mare azzurro del 1889, il Paese con pratino verde non datato ma che si presume sia stato realizzato negli stessi anni, o ancora il Bove che pascola, tutte tavolette di stretta osservanza fattoriana, anche se non mancano dipinti che già preludono agli sviluppi successivi dell’arte di Nomellini, come la Mietitura, opera in cui le spighe di grano, rese con pennellate sottili e filamentose, lasciano già presagire uno scatto di Nomellini verso quella che sarà la pittura divisionista di cui fu uno dei principali esponenti. Sono invece già divisionisti gli Alberi in fiore, tavoletta in cui le fioriture sono rese con rapidi tocchi di pennello.

Giovanni Fattori, Barche da pesca alla fonda (olio su tela; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giovanni Fattori, Barche da pesca alla fonda (olio su tela; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giovanni Fattori, Il tiro al campo - Manovre di bersaglieri (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giovanni Fattori, Il tiro al campo - Manovre di bersaglieri (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giovanni Fattori, Pineta dopo la bufera (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giovanni Fattori, Pineta dopo la bufera (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giovanni Fattori, Arno alle Cascine (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giovanni Fattori, Arno alle Cascine (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Plinio Nomellini, Alberi in fiore (olio su cartone; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Plinio Nomellini, Alberi in fiore (olio su cartone; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Plinio Nomellini, Mare azzurro (1889; olio su cartone; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Plinio Nomellini, Mare azzurro (1889; olio su cartone; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Plinio Nomellini, Paese con pratino verde (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Plinio Nomellini, Paese con pratino verde (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Plinio Nomellini, Bove al pascolo (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Plinio Nomellini, Bove al pascolo (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)

Altro artista di cui si conservano un paio di piccole gemme è Silvestro Lega, presente nel nucleo collezionistico giunto alla Fondazione con la Porticciola rossa e soprattutto con il Canto di uno stornello che è il bozzetto di una delle opere più famose dell’artista romagnolo, oggi conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze. C’è poi uno dei capolavori di Giuseppe Abbati, l’Arno alla Casaccia, dipinto di cui sopravvivono anche in questo caso i bozzetti: con Abbati si torna indietro fino alle origini della pittura di macchia, con un quadro che sorprende per i riflessi delle case del paese sulle acque del fiume. Di Eugenio Cecconi è un bel Bosco al tramonto, mentre non mancano neppure opere di Telemaco Signorini (la Barca sull’arno, la Porticina o la Spiaggia di Leith in Scozia) e di Giovanni Boldini, presente con un ritratto di Leopolda Banti alla Spinetta in cui la moglie di Cristiano Banti, altro pittore macchiaiolo (nonché sostenitore degli artisti del gruppo) è raffigurata mentre è intenta a suonare l’antico strumento da camera a tastiera. Boldini, ferrarese come Giustiniani, è un altro degli artisti più rappresentati in collezione.

Quanto ai soggetti, il conte prediligeva il paesaggio. “La campagna, in particolare”, sottolinea Diamantina Scola Camerini. “Mio nonno amava molto la natura, gli animali”, ci racconta la nipote ricordando anche di come Vincenzo Giustiniani, quand’era bambina, avesse cercato di stimolare la sua passione per l’arte, disegnando assieme a lei con matite e colori e insegnandole qualche primo rudimento. La campagna era anche il soggetto che lo stesso Giustiniani amava rappresentare nei suoi dipinti: la Contadina che rimesta l’uva nel tino è uno dei più significativi dipinti tra quelli eseguiti dal conte che sono arrivati alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca con la donazione.

Telemaco Signorini, Spiaggia di Leith in Scozia (1881; olio su cartoncino; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Telemaco Signorini, Spiaggia di Leith in Scozia (1881; olio su cartoncino; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Telemaco Signorini, Porticina verde
Telemaco Signorini, Porticina verde (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Telemaco Signorini, Barca sull’Arno (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Telemaco Signorini, Barca sull’Arno (olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Silvestro Lega, Il canto di uno stornello (1867 circa; olio su cartone; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Silvestro Lega, Il canto di uno stornello (1867 circa; olio su cartone; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Silvestro Lega, Porticciuola rossa (1872; olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Silvestro Lega, Porticciuola rossa (1872; olio su tavola; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giuseppe Abbati, L'Arno alla Casaccia (olio su tela; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giuseppe Abbati, L’Arno alla Casaccia (olio su tela; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giovanni Boldini, Leopolda Banti alla spinetta (olio su tavola applicata su cartone; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Giovanni Boldini, Leopolda Banti alla spinetta (olio su tavola applicata su cartone; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Vincenzo Giustiniani, Contadina che rimesta l’uva nel tino (olio su carta; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)
Vincenzo Giustiniani, Contadina che rimesta l’uva nel tino (olio su carta; Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca)

All’apice della sua storia, la collezione di Vincenzo Giustiniani doveva contenere centinaia di pezzi. Poi, nel 1929, con la crisi internazionale che colpì anche le attività del conte, il collezionista fu costretto a vendere parte dei pezzi della sua raccolta, in un’epocale vendita all’asta (duecento pezzi in tutto) presso la Galleria Scopinich di Milano che si tenne su tre giorni (il 12, il 13 e il 14 dicembre del 1929): alcune opere che erano di Giustiniani oggi sono conservate presso musei italiani, per esempio le Bigherinaie di Telemaco Signorini alla Galleria Civica Giannoni di Novara, oppure Il carro rosso di Giovanni Fattori che è ai Musei San Domenico di Forlì. Parte della raccolta si è comunque conservata, e comunque Giustiniani non ha mai smesso di acquistare opere e di arricchire la sua collezione.

Diamantina Scola Camerini ha condiviso col nonno Vincenzo Giustiniani l’amore per Lucca: malgrado la famiglia avesse infatti radici a Ferrara, sia lei che il nonno amavano profondamente quest’angolo di Toscana. All’epoca della recente vendita della tenuta di Forci, le opere raccolte da Vincenzo Giustiniani ancora decoravano, come pezzi d’arredo, la grande villa rinascimentale al centro della tenuta stessa: di qui la decisione di evitare la dispersione delle opere con l’atto della donazione, così che oggi tutti possano vedere il prodotto di una forte passione per l’arte dei macchiaioli, così che quella raccolta rimanga unita continuando a esser testimone del gusto e della lungimiranza di chi la mise assieme. “Non avendo eredi”, conclude Diamantina Scola Camerini, “ho pensato che il modo migliore per far continuare a vivere la collezione e le opere d’arte fosse questo: farla custodire perché ne possano approfittare e godere tutti. A questo dovrebbe servire l’arte: a fare del bene”.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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