Vilhelm Hammershøi, il pittore del silenzio che anticipò Edward Hopper


Un profilo dell'opera di Vilhelm Hammershøi, l'artista danese che fu definito il “poeta del silenzio” e che anticipò Edward Hopper.

Cifra ricorrente del pittore danese Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864 – 1916) è la raffigurazione di una donna sola, spesso di spalle o di profilo, immersa nel silenzio di interni dai toni grigi. Non a caso, l’artista è stato definito il pittore o il “poeta del silenzio”, poiché le sue opere sono realmente poesie, composizioni in cui domina l’introspezione, la solitudine, la riflessione: elementi lirici spesso presenti nella produzione poetica a cavallo tra Ottocento e Novecento, dove l’io diviene centrale per comprendere i movimenti e le inquietudini dell’animo umano.

Suggestioni nordiche che calano lo spettatore in una dimensione intima, nella quiete della vita quotidiana che si svolge in un’abitazione: qui la figura femminile suona il piano, guarda fuori dalla finestra, sistema fiori in un vaso, cuce o semplicemente siede pensierosa. Sono immagini che trasmettono una certa malinconia, poiché non vi è allegria né dialogo, ma solo silenzio. Per questo motivo l’arte di Hammershøi è stata paragonata a quella di un altro pittore del silenzio e della solitudine, ma di origine americana e poco più tardo rispetto al pittore danese: Edward Hopper (Nyack, 1882 – New York, 1967). Anche nelle opere di quest’ultimo si percepisce l’assenza di voci, non solo quando è raffigurata una sola persona, bensì anche quando ve n’è più di una, come nel caso di Room in New York o Summer in the City; a differenza delle opere di Hopper che appaiono dai toni più variopinti, anche se l’atmosfera è tutt’altro che allegra, come nel caso di Automat, Morning Sun o Compartment, i dipinti di Hammershøi sono quasi monocromatici, prediligendo le gradazioni del grigio. Ciò nonostante, sono rappresentativi di una particolare resa della luce, denominata appunto “luce nordica”, utilizzata frequentemente nei dipinti scandinavi a cavallo tra Ottocento e Novecento: dalle finestre di casa, dalle tipiche alte vetrate con contorni di legno bianco, entra un chiarore velato che dona agli interni una luminosità fioca. È il sole del Nord Europa che filtra timidamente, creando giochi di sfumature più chiare e più scure. Una “gamma sinfonica di grigi”, com’è stata definita, che dà l’idea della luce crepuscolare nordica che avvolge tutto ciò che incontra, dal paesaggio agli interni delle architetture. Sarebbe caratteristica della Finlandia, ma è estendibile a tutta l’Europa del Nord, l’espressione pitäähämärää, che tradotta in inglese suonerebbe “keeping the twilight”, ovvero sedersi in silenzio dove la luce crepuscolare si diffonde, come momento di contemplazione e di riflessione: ricorre spesso infatti nella pittura nordica il motivo di una figura umana seduta di fronte a una finestra ad osservare ciò che si trova all’esterno, mentre filtra dai vetri questa luce tenue che si riflette sui mobili e sul pavimento. Motivo che ricorda, come già affermato, una delle più celebri opere di Hopper: Morning Sun, dove una ragazza, appena essersi svegliata, osserva fuori da una grande finestra stando seduta sul suo letto: la vista dà certamente su una città, poiché si può notare la sommità di un edificio, perciò si percepisce che la stanza in cui si trova la ragazza fa parte di un edificio ancora più alto. La luce del sole invade potentemente l’ambiente ed è diretta in particolare verso il letto e la ragazza.

Vilhelm Hammershøi, Autoritratto (1895: pietra nera su carta ocra, 24,20 x 22,9 cm; Parigi, Fondazione Custodia, Collezione Frits Lugt)
Vilhelm Hammershøi, Autoritratto (1895: pietra nera su carta ocra, 24,20 x 22,9 cm; Parigi, Fondazione Custodia, Collezione Frits Lugt)


Vilhelm Hammershøi, Raggio di sole in salone, III (1903; olio su tela, 54 x 66 cm; Stoccolma, Nationalmuseum)
Vilhelm Hammershøi, Raggio di sole in salone, III (1903; olio su tela, 54 x 66 cm; Stoccolma, Nationalmuseum)


Edward Hopper, Room in New York (1926-1932; olio su tela, 73,5 x 91,5 cm; Lincoln, Shaldon Museum of Art, University of Nebraska)
Edward Hopper, Room in New York (1926-1932; olio su tela, 73,5 x 91,5 cm; Lincoln, Shaldon Museum of Art, University of Nebraska)


Edward Hopper, Summer in the city (1950; olio su tela, 76 x 51 cm; Collezione privata)
Edward Hopper, Summer in the city (1950; olio su tela, 76 x 51 cm; Collezione privata)


Edward Hopper, Morning sun (1952; olio su tela, 101,98 x 71,5 cm; Columbus, Columbus Museum of Art)
Edward Hopper, Morning sun (1952; olio su tela, 101,98 x 71,5 cm; Columbus, Columbus Museum of Art)

Se il confronto con Hopper è calzante come, in un certo senso, anticipatore dell’arte del pittore americano, è stata avanzata tuttavia anche una vicinanza all’arte di Jan Vermeer (Delft, 1632 – 1675), tra i più noti e amati artisti olandesi del Seicento. Sebbene i due artisti siano distanti cronologicamente più di due secoli, le opere di Vermeer hanno in effetti qualcosa in comune con quelle di Hammershøi: la rappresentazione di figure femminili intente a svolgere attività domestiche, come cucire, leggere, suonare strumenti musicali, si ritrova in entrambi. Si ricordino a tal proposito, tra le opere dell’artista olandese, la Merlettaia, la Lattaia, la Suonatrice di liuto, Donna in piedi alla spinetta, Ragazza interrotta durante la lezione di musica, Donna che scrive una lettera alla presenza della domestica, ma se ne potrebbero menzionare molte altre, poiché nel Seicento fiorì in Olanda la cosiddetta pittura di genere, che poneva l’accento su scene di vita quotidiana, dove il tempo si fermava su quegli attimi di poesia domestica. Frequente è inoltre in Vermeer la presenza di una finestra da cui filtra la luce naturale che si diffonde nell’ambiente in cui le figure svolgono le loro attività. Anche se le stanze appaiono nella maggior parte dei casi più arredate e decorate rispetto agli interni dell’artista danese, nei quali o non è visibile alcun tipo di mobile o ne sono presenti in limitata quantità: perlopiù una sedia, un tavolo o al massimo una credenza o uno scrittoio. Ciò che non manca mai sono inoltre le porte degli interni, sempre bianche, come vuole la tradizione nordica: talvolta la prospettiva con cui è stata raffigurata la stanza permette di vederne più di una, magari aperte su altri ambienti, mentre dalle finestre risulta quasi impercettibile il paesaggio esterno.

Hammershøi potrebbe essere definito quindi un prosecutore della pittura di genere di Vermeer e un anticipatore della pittura della solitudine di Hopper, ma risulterebbe troppo riduttivo: l’artista danese è dotato di una sensibilità introspettiva unica nel suo genere, unita a uno spiccato lirismo dai toni malinconici e all’influsso del suo paese d’origine per quanto riguarda la luce e i colori, nonché le architetture degli interni.

Jan Vermeer, La lattaia (1658-1660 circa; olio su tela, 45,4 x 40,6 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)
Jan Vermeer, La lattaia (1658-1660 circa; olio su tela, 45,4 x 40,6 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)


Jan Vermeer, Donna in piedi alla spinetta (1672; olio su tela, 51,8 x 45,2 cm; Londra, National Gallery)
Jan Vermeer, Donna in piedi alla spinetta (1672; olio su tela, 51,8 x 45,2 cm; Londra, National Gallery)


Jan Vermeer, Ragazza interrotta durante la lezione di musica (1660 circa; olio su tela, 39,3 x 44,4 cm; New York, Frick Collection)
Jan Vermeer, Ragazza interrotta durante la lezione di musica (1660 circa; olio su tela, 39,3 x 44,4 cm; New York, Frick Collection)

Ciò nonostante, l’artista è rimasto poco conosciuto fuori dal territorio nordeuropeo; presentato al Petit Palais nel 1987, risale al 1997 la grande retrospettiva dedicatagli dal Musée d’Orsay che fece riscoprire l’arte di Hammershøi al pubblico e alla critica e ora, a distanza di più di vent’anni, è ancora la città di Parigi a omaggiarlo: è infatti in corso fino al 22 luglio 2019 la retrospettiva Hammershøi, le maître de la peinture danoise presso il Musée Jacquemart-André.

Nato a Copenaghen il 15 maggio 1864, si è avvicinato al disegno in giovanissima età grazie al disegnatore e litografo danese Niels Christian Kierkegaard (Copenaghen, 1806 – 1882). Durante i suoi anni di studio all’Accademia, ha stretto una forte amicizia con Carl Holsøe (Aarhus, 1863 – Asserbo, 1935) e Peter Ilsted (Sakskøbing, 1861 – Copenaghen, 1933), artisti a cui è rimasto legato fino alla sua morte e noti per aver raffigurato per la maggior parte scene di interni domestici.

Dopo aver studiato con Peder Severin Krøyer (Stavanger, 1851 – Skagen, 1909), nel 1885 ha partecipato per la prima volta all’esposizione di primavera dell’Accademia e al concorso per il Premio Neuhaus dell’Accademia presentando il Ritratto di giovane ragazza, che altro non era che Anna, la sorella dell’artista. Ha successivamente la possibilità di viaggiare e di visitare Berlino, Dresda, nonché l’Olanda e il Belgio: è qui che probabilmente rimane folgorato dall’arte olandese, in particolare da Vermeer, la cui arte sarà per lui ispirazione, come detto precedentemente.

Trova l’amore in Ida Ilsted, sorella del suo compagno di accademia Peter Ilsted, che diventerà moglie e modella di Vilhelm: spesso la donna ritratta di spalle o di profilo nei suoi caratteristici interni domestici è proprio Ida. Insieme si trasferiscono a Parigi, senza dimenticare di passare per l’Olanda e per il Belgio, paesi che erano rimasti nella sua mente e nel suo cuore; nella capitale francese Hammershøi visita spesso il Louvre, in particolare per copiare bassorilievi greci arcaici, ed è qui che incontra il celebre mercante Paul Durand-Ruel, colui che fu tra i maggiori sostenitori degli impressionisti, e il critico d’arte Théodore Duret, che s’interessa alla sua pittura. Dopo essere ritornati a Copenaghen, nel 1893 riceve una borsa di studio dall’Accademia per viaggiare e visita alcune città italiane, come Firenze, Siena, Padova, Venezia e Verona e quattro anni dopo soggiornano per qualche mese a Londra.

Vilhelm Hammershøi, Ritratto di giovane ragazza (1885; olio su tela, 91,5 x 112 cm; Copenaghen, The Hirschsprung Collection)
Vilhelm Hammershøi, Ritratto di giovane ragazza (1885; olio su tela, 91,5 x 112 cm; Copenaghen, Den Hirschsprungske Samling)


Vilhelm Hammershøi, Ritratto di Isa Ilsted (1890; olio su tela, 106,5 x 86 cm; Copenaghen, Statens Museum for Kunst)
Vilhelm Hammershøi, Ritratto di Isa Ilsted (1890; olio su tela, 106,5 x 86 cm; Copenaghen, Statens Museum for Kunst)

Realizza il suo primo “interno” nel 1888, ma è da dieci anni dopo che ne dipingerà una rilevante quantità, da quando si trasferisce con sua moglie nell’appartamento di Strangade 30, da loro abitato dal 1898 al 1909.

Al Kunstforeningen (la Società delle Arti di Copenaghen) viene realizzata la sua prima retrospettiva, occasione in cui il collezionista Alfred Bramsen compila il primo elenco delle sue opere. Inoltre è grazie al pianista inglese Leonard Borwick che Hammershøi viene introdotto nell’ambiente artistico britannico. Successivamente diviene membro dell’assemblea generale dell’Accademia e nel 1911 riceve il primo premio di 10mila lire all’Esposizione Internazionale d’arte di Roma e gli Uffizi gli commissionano persino un autoritratto da esporre nella collezione di autoritratti di artisti. Malato di tumore alla gola, Hammershøi muore a Copenaghen nel 1916.

Nel corso della sua esistenza, ha stretto legami forti con poche persone che gli sono rimaste vicine fino alla sua scomparsa; era una persona solitaria e taciturna, aspetto che si ripercuote anche sulle sue opere, in cui rappresenta un mondo a sua immagine, intimo e silenzioso. Nei suoi dipinti ha pertanto ritratto coloro che facevano parte della cerchia ristretta dei suoi affetti, a cominciare da sua moglie Ida, e coinvolgendo perlopiù membri della sua famiglia, come sua mamma, sua sorella, suo fratello, suo cognato, nonché qualche amico quasi fraterno.

È suo fratello Svend il ragazzo ritratto in piedi mentre legge composto un libro, appoggiandosi a una lunga tenda gialla, sottintendendo quindi di essere vicino a una finestra. Accanto al ragazzo, sulla parete frontale allo spettatore è collocato una sorta di scrittoio con davanti una sedia di legno di colore bianco; sopra al mobile sono appoggiati due quadri che incorniciano due disegni di corpi maschili: forse per rimandare agli inizi della produzione dell’artista, la cui formazione iniziò dal disegno. Interno con giovane uomo che legge (Svend Hammershøi) è un olio su tela dipinto nel 1898.

La lunga serie di tele in cui raffigura Ida ha inizio nel 1890, quando la ritrae, ancora come sua fidanzata, seduta frontalmente allo spettatore. Su uno sfondo neutro, appare abbigliata con una veste nera, un cappello dello stesso colore sopra i capelli raccolti e una giacca che fa pendant con la parete. Lo sguardo della ragazza è fisso e assente, come se l’artista rifiutasse di esprimere i sentimenti della sua modella.

Vilhelm Hammershøi, Interno con giovane uomo che legge (Svend Hammershøi) (1898; olio su tela, 64,4 x 51,8 cm; Copenaghen, Den Hirschsprungske Samling)
Vilhelm Hammershøi, Interno con giovane uomo che legge (Svend Hammershøi) (1898; olio su tela, 64,4 x 51,8 cm; Copenaghen, Den Hirschsprungske Samling)

Ancora seduta, ma questa volta con le spalle allo spettatore, Ida è rappresentata nella famosa tela del 1905 del Musée d’Orsay: Hvile detto anche Riposo. Il dipinto, costruito principalmente sui toni del grigio, mostra la giovane donna in primo piano accanto a un mobile su cui è appoggiata una coppa a forma di fiore. Ciò che tuttavia risalta è la sua candida nuca, lasciata libera dai capelli raccolti. Basato su linee verticali e orizzontali è invece Interno con donna di spalle, del 1898, conservato al Nationalmuseum di Stoccolma. Ida è in piedi, di schiena, dietro a un tavolo coperto da una tovaglia bianca; sulla parete si può notare uno scrittoio e appeso uno specchio ovale che rompe l’ordine delle linee, ma riflette il vuoto. La candida nuca scoperta risalta sull’abito nero.

Come già affermato, molti dei suoi interni sono stati realizzati nell’appartamento di Strandgade 30: ne è esempio la tela del 1901 Interno. Strandgade 30 conservato a Francoforte sul Meno. La particolarità di questo dipinto è la presenza di alcune porte, per la precisione tre, tutte aperte, che permettono allo spettatore di intravedere i diversi ambienti a cui si accede tramite queste ultime. In primo piano è l’ambiente che dà la prospettiva della composizione, dove è presente solo una sedia, appoggiata alla boiserie, e appesi alla stessa parete due quadretti; dalla porta centrale si nota quindi un’altra stanza dove si trova, in penombra e di spalle, la donna, e un ulteriore porta dalla quale si accede a un’altra stanza finestrata. Queste porte aperte danno un senso di tridimensionalità e di spazialità.

Una simile composizione è ripetuta in Interno con donna in piedi: i toni, rispetto al dipinto precedente, si fanno più chiari, grazie alla luce tenue che si diffonde da una finestra. La prospettiva dello spettatore è ancora una volta quella di un ambiente con boiserie da cui, attraverso una porta aperta, si accede a una seconda stanza, quella dove si percepisce la presenza di una finestra davanti alla quale è in piedi la figura femminile. La porta che s’intravede più in lontananza è però chiusa, lasciando sottintesa l’esistenza di un ulteriore spazio che rimane non visibile.

In Interno con donna che sistema dei fiori, realizzato nel 1900, Ida è invece colta in un momento di lavoro domestico: sta sistemando in un vaso trasparente, a sua volta su un tavolo, dei fiori. Ritratta in un altro momento di quiete domestica è nel dipinto Interno con donna al piano: in primo piano un tavolo con tovaglia candida su cui appoggiano due piatti (di Ida e dell’artista?), mentre appoggiato alla parete è un piano al quale la donna sta suonando. Diversamente dalle opere citate, il volto della donna è qui visibile e appare pensieroso e un po’ malinconico. Dietro di lei si nota una grande stufa e ai lati due porte chiuse, che non permettono di attraversare altri ambienti.

Hammershøi ha portato sulla tela anche interni dove non si manifesta alcuna presenza umana, o meglio, non è visibile nel dipinto, ma dall’arredamento e dal riflesso della finestra aperta sulla parete, è presumibilmente poco lontana. È il caso di Interno con vaso di fiori, quest’ultimo collocato sul tavolo al centro della scena.

Vilhelm Hammershøi, Hvile o Riposo (1905; olio su tela, 49,5 x 46,5 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Vilhelm Hammershøi, Hvile o Riposo (1905; olio su tela, 49,5 x 46,5 cm; Parigi, Musée d’Orsay)


Vilhelm Hammershøi, Interno con donna di spalle (1898; olio su tela, 51,5 x 46 cm; Stoccolma, Nationalmuseum)
Vilhelm Hammershøi, Interno con donna di spalle (1898; olio su tela, 51,5 x 46 cm; Stoccolma, Nationalmuseum)


Vilhelm Hammershøi, Interno. Strandgade 30 (1901; olio su tela, 66 x 55 cm; Francoforte sul Meno, Städel Museum)
Vilhelm Hammershøi, Interno. Strandgade 30 (1901; olio su tela, 66 x 55 cm; Francoforte sul Meno, Städel Museum)


Vilhelm Hammershøi, Interno con donna in piedi (s.d.; olio su tela, 67,5 x 54,3 cm; Ambassador John L. Loeb Jr. Danish Art Collection)
Vilhelm Hammershøi, Interno con donna in piedi (s.d.; olio su tela, 67,5 x 54,3 cm; Ambassador John L. Loeb Jr. Danish Art Collection)


Vilhelm Hammershøi, Interno con donna che sistema dei fiori (1900; olio su tela, 40 x 30 cm; Ambassador John L. Loeb Jr. Danish Art Collection)
Vilhelm Hammershøi, Interno con donna che sistema dei fiori (1900; olio su tela, 40 x 30 cm; Ambassador John L. Loeb Jr. Danish Art Collection)


Vilhelm Hammershøi, Interno con vaso di fiori (1910-1911; olio su tela, 78,5 x 71 cm; Malmö, Malmö Konstmuseum)
Vilhelm Hammershøi, Interno con vaso di fiori (1910-1911; olio su tela, 78,5 x 71 cm; Malmö, Malmö Konstmuseum)


Vilhelm Hammershøi, Interno con donna al piano (1901; olio su tela, 55,9 x 44,8 cm; Collezione privata)
Vilhelm Hammershøi, Interno con donna al piano (1901; olio su tela, 55,9 x 44,8 cm; Collezione privata)


Vilhelm Hammershøi, Interno della casa dell'artista (1900; olio su tela, 70 x 59 cm; Jægersborg Dyrehave, Ordrupgaard)
Vilhelm Hammershøi, Interno della casa dell’artista (1900; olio su tela, 70 x 59 cm; Jægersborg Dyrehave, Ordrupgaard)


Caspar David Friedrich, Vista dallo studio dell’artista, finestra di sinistra (1805-1806; grafite e seppia su carta, 314 × 235 mm; Vienna, Belvedere)
Caspar David Friedrich, Vista dallo studio dell’artista, finestra di sinistra (1805-1806; grafite e seppia su carta, 314 × 235 mm; Vienna, Belvedere)

Da menzionare è anche Interno della casa dell’artista, del 1900: qui fulcro della composizione è la finestra bianca posizionata sulla parete frontale allo spettatore da cui entrano visibilmente i raggi del sole, che provocano il completo riflesso della finestra sul pavimento. L’ambiente interno sembra vuoto. Il motivo della sola finestra, da cui entra luce, protagonista di un intero dipinto ricorda la Vista dallo studio dell’artista di Caspar David Friedrich (Greifswald, 1774 – Dresda, 1840), con la differenza però che il panorama fuori dalla finestra risulta definito in quest’ultimo. Dalla finestra di Hammershøi sembrano intravedersi dei tetti, ma il tutto è quasi impercettibile.

L’arte di Hammershøi è stata molto apprezzata dal poeta e scrittore ceco Rainer Maria Rilke (Praga, 1875 – Les Planches, 1926) e ha definito il pittore danese come colui che ha rappresentato “ciò che è importante ed essenziale nell’arte”: è vero che i suoi interni sono dettati dall’essenzialità e dalla semplicità, ma la pittura di Hammershøi è in realtà molto più profonda. È in grado di toccare le corde dell’animo.

Bibliografia di riferimento

  • Jean-Loup Champion, Pierre Curie (a cura di), Hammershøi. Le maître de la peinture danoise, catalogo della mostra (Parigi, Musée Jacquemart-André, dal 14 marzo al 22 luglio 2019), Culturespaces, 2019
  • Michelle Facos, The Symbolists Roots of Modern Art, Routledge, 2017
  • Ewa Lajer-Burcharth, Beate Söntgen, Interiors and Interiority, Walter de Gruyter GmbH, 2015
  • Peter Davidson, The Idea of North, Reaktion Books, 2005
  • Michelle Facos, Nationalism and the Nordic Imagination: Swedish Art of the 1890s, University of California Press, 1998


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.






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