Questo breve saggio si configura come una sequenza di note, dapprima sulla Madonna di Casalmaggiore, dipinto eseguito dal Correggio verosimilmente intorno all’anno 1522, olio su tela di cm. 90,5 x 72,2 conservato presso lo Städelinstitut di Francoforte, ove venne acquisito per donazione nel 1889; inoltre sul ritrovamento della copia già ospitata dal Museo Diocesano di Cremona, ivi curata ed esposta nel dicembre 2023-gennaio 2024 a cura meritoria di Stefano Macconi, e presentata di bella fattura. Da parte sua, in questa occasione, lo Städelmuseum di Francoforte ci ha fornito con encomiabile colleganza l’immagine fotografica a colori dell’esemplare prevalentemente ritenuto autografo, comprese le misure precise e gli studi compiuti recentemente da Jochen Sander. Ringraziamo intensamente il dr. Bastian Eclercy per la sua accurata competenza e cortesia, insieme all’amico dr. Andreas Henning. Altri ringraziamenti vanno a Oscar Riccò e Renza Bolognesi per le loro collaborazioni.
Premettiamo la segnalazione del fatto che il tema teologico-devozionale della “Madonna con Gesù Bambino e San Giovannino” è stato più volte dipinto dal Correggio nella fase giovanile e di prima maturità, giungendo quasi alla decina di esemplari dalla fine del primo decennio del secolo XVI alla fine del secondo decennio, alternandosi ovviamente alle altre opere dell’artista ma diventando per l’Allegri - che sempre “visse da bonissimo cristiano” - una sorta di intensa palestra simbolica e figurativa. Ne offriamo qui tre esempi.
Riguardo all’originale, conservato a Francoforte, possiamo dire che si tratta di un lavoro da sempre considerato minore nel corpus del Correggio a causa della sua poca visibilità storica e dello stato di conservazione, poi ritenuto precario. È annotabile il sospetto di David Ekserdjian che si tratti di un dipinto originariamente su tavola poi riportato incautamente su tela, ma agli esami tale operazione non apparirebbe. Antiche notizie vogliono l’opera presente dapprima a Casalmaggiore, come propone il Thode, eppoi accaparrata dal solito Francesco I duca di Modena nel 1646. Dopo alcuni passaggi la tela riappare cronologicamente nel 1889 a Milano, quando qui viene acquistata presso una signora inglese dallo stesso Henry Thode (nato a Dresda nel 1857 e morto nel 1920 a Copenhagen) che la considera positivamente e la dona poi allo Städelmuseum di Francoforte, ove attualmente è tenuta nei depositi. Nei decenni passati altri insigni studiosi la esaminano e si bilanciano tra varie incertezze a causa del cattivo stato di conservazione; infine prevale il riconoscimento, già confermato dal Quintavalle nella sua L’opera completa del Correggio (1966).
Non è nostra intenzione entrare sulla questione decisiva della autografia, che peraltro accettiamo; in questa particolare occasione ci preme piuttosto rivalutare il soggetto inseguendo il ciclo creativo dell’Allegri che si dimostra capace di continua ricerca e innovazione in tutte le fasi della sua attività: una ricerca mossa dall’insopprimibile e geniale induzione creativa. Egli desiderava, come sempre, partecipare al soggetto dall’interno del suo animo (da ciò che è “quod intimius, quod profundius” potremmo dire) ossia a quel momento evangelico da lui poi riportato nel dipinto, che fu determinante sul piano umano-teologico rispetto al grande evento dell’Incarnazione del Verbo.
Crediamo che una analisi spirituale sia necessaria data l’eccezionale densità teologica del soggetto svolto. Infatti per questa Madonna di Casalmaggiore l’Allegri sceglie il tema della reciproca presentazione che avviene tra San Giovanni e Gesù, entrambi ancora nell’infanzia. Ma tale reciproca agnizione dei due santi bambini, già avviati alla vita terrena, segue a quella ineffabile avvenuta nell’incontro delle due Madri incinte al momento della visitazione di Maria ad Elisabetta, secondo il Vangelo di Luca. Allora il figlio di Zaccaria sussultò nel grembo della Mamma e in quel momento egli venne santificato per volontà del Cristo, che egualmente gli era vicino in gestazione. Si tratta dunque della ripetizione e della conferma – alla luce della natura ed entro l’abbraccio della creazione – della già avvenuta presenza del Precursore e del Redentore nella reale storia umana. Maria ne è l’auspice e il tramite. Ammirando la risoluzione pittorica par di ascoltare l’intimo palpito del Correggio, consono a tanto accadimento sul quale spira l’afflato invisibile del Padre che è nei cieli.
E il Correggio compone. Maria siede su una proda che misticamente significa il cuore del creato, così come l’Incarnazione sta nel cuore della storia e nella pienezza dei tempi. Dietro al gruppo, sulla destra, si protende un panorama a molte valli, placide e fertili come le vuole il canto di Isaia, la cui visione giunge in profondità sino al monte di Dio (El Saddài) che s’alza potente verso il cielo: è il monte santo di Abramo e di Mosè, della Profezia e della Parola! Esso ha curiosamente la cima distesa: qui dunque vi è l’imprimitura personale del Correggio che ben conosceva la dantesca e mistica Pietra di Bismantova. Sulla sinistra sta la roccia, anch’essa portatrice di una statuizione divina sulla Chiesa, la cui singolare apertura, che quasi si bilancia con il Volto di Maria, assicura che pure per una via irta di prove – per aspera dunque – si raggiunge meritatamente il cielo.
È certamente certo che il Correggio non dipinse mai un soggetto religioso che non avesse un senso anagogico, un ruolo indicatore. Questo lo diciamo di fronte ad una critica artistica tradizionale, molto estesa, che si appunta quasi soltanto sulle forme. L’amatissimo paesaggio leonardesco, e il cielo che diventa via via più luminoso in lontananza chiamano al cammino della vita, al processo di lavoro e di compimento che è il dovere di ciascuno di noi: un processo che Giovanni e Gesù illustreranno al popolo nella loro educativa predicazione, pervagante e inesausta. I virgulti che riempiono il primo piano sono una soluzione forse unica fra i maestri del rinascimento, ed essi non possono non rimandare simbolicamente ai luoghi dai quali vengono i due fanciulli profetici: Giovanni il cui nome significa “dono o grazia di Dio misericordioso” nasce ad Ain Karim (“vigna irrorata da una fonte perenne”), e Gesù che porta il nome di “Dio salva” viene da Nazareth, la cui radice significa “germoglio” (e così la statuirà Pilato, nella tabella sopra la Croce).
L’esecuzione della Madonna di Casalmaggiore viene spinta intorno al 1522 dal disegno scoperto dal Popham. È una data importante giacché non dobbiamo dimenticare che il Correggio con la sua famiglia era stato accolto nell’Ordine Benedettino nell’anno precedente (1521) per suo grande merito, dopo aver affrescato la cupola di San Giovanni in Parma, ottenendo il godimento di tutti i benefici spirituali dell’Ordine stesso. Egli dunque meditava e pregava con la pittura: basterà ricordare la sua intensa vicinanza a Gregorio Cortese negli anni luminosi a San Benedetto in Polirone e a Roma. La datazione al 1522 avviene dunque grazie ad un disegno scoperto da Arthur Ewart Popham che si collega al ciclo del fregio di San Giovanni, ma segna pure il traguardo felicissimo raggiunto dal Correggio dopo la bella serie di Madonne col Bambino e San Giovannino, la quale costella il suo secondo decennio del secolo XVI come un denso libro di preghiere. Il bozzetto disegnativo del British Museum sta sul verso di un piccolo foglio bifacciale in gran parte dedicato al fregio della navata centrale di San Giovanni Evangelista in Parma. Il foglietto curioso, che il Correggio anche rigirò, fu indicato dal Popham nel 1957 e venne attentamente considerato da David Ekserdjian nella sua monografia allegriana del 1997.
La tela di Francoforte rappresenta una meta mirabile in ogni senso. Le libertà degli infanti angelici nella cupola di San Giovanni le ritroviamo qui nello scioltissimo muoversi dei due biblici cuginetti. Una laude particolare è dovuta infatti al disposto figurativo del dipinto che si muove in spazialità quasi sferica, ove ogni postura è in contrapposto armonico e dove il muoversi degli arti e delle teste traccia una rete di rimandi che si conclude soavemente nella reciproca indicazione, e rivelazione, fra Gesù e San Giovanni. È un cantico di leggerezza, e anche in queste piccole mani tutto è armonia. L’atteggiarsi del Gesù, poi, ritorna dal putto di destra nell’ovato sopra la Minerva della parete del camino, nella ben nota Camera di San Paolo. Gli amanti delle citazioni formali potranno comunque riportarsi alle “Madonne” più vicine temporalmente, ma soprattutto alla strepitosa antologia dei fanciulli della Camera della Badessa e ai nudi putti angelici del giro nubiloso della Cupola di San Giovanni, sino alla Madonna del Latte e alla Madonna della Scala: così troveranno tutta la meravigliosa maestria del Correggio sulla tenerezza dei corpi e sulle movenze infantili negli anni vicini al nostro dipinto.
Ma non possiamo trascurare l’essenziale ruolo di Maria nell’economia della Redenzione, che qui appare determinante. È la Madonna che impersona lo schiudersi del tempo della Buona Novella, e vediamo che Ella stessa compone il rapporto tra il San Giovannino e Gesù, ossia forma l’anello teologico della congiunzione dei due Testamenti: Maria, che con il suo corpo è stata l’Arca della Nuova Alleanza, lega i due tempi della provvidenza divina. E il piccolo Giovanni, che chiude tutte le profezie antiche, guardandoci espressamente reca a Gesù la Croce della redenzione.
Se poi notiamo che il cuginetto è il più abbracciato da Maria, il più offerto verso di noi, ed è di proporzioni leggermente più pingui rispetto a Gesù, questo significa con fermezza il rilevante e incancellabile valore dell’antica Alleanza, dalla quale anche Maria proviene.
Abbiamo voluto così rivalutare un’opera pittorica del Correggio che ha la sostanza del capolavoro, e lo abbiamo fatto sul metro della raccomandazione agostiniana verso ogni opera: ossia considerare “quam vim habeat et quidvĕ significet”. Certamente nel processo figurativo entra con evidenza quella traduzione fattiva che comporta la loquela delle forme, l’attitudine dell’artista, il suo stile, i suoi precedenti e la sua cultura professionale. Come abbiamo detto Antonio Allegri giunge alla “Madonna di Casalmaggiore” dopo aver eseguito almeno altre otto tavolette sullo stesso tema e diverse Madonne col Bambino: la mano del pittore ha cercato alterne posture ed altri abbracci, tra i quali quello indicibile - per dolcezza e per grazia - che è gloria del Prado a Madrid. Ora siamo al terzo decennio ineunte del secolo XVI e il Correggio prende congedo, in pienezza, dal tema che lo ha così a lungo affascinato.
A Cremona fra il dicembre 2023 e il gennaio 2024, in occasione dell’esposizione intitolata Lost & Found, organizzata presso il Museo Diocesano della città, è stata presentata al pubblico una piccola selezione di opere provenienti dal mercato antiquario e fra di esse era visibile una tavoletta, di influenza correggesca, raffigurante una Madonna con Bambino e san Giovannino. Il dipinto, di misure contenute, riprende lo schema compositivo della cosiddetta “Madonna di Casalmaggiore”, realizzata da Antonio Allegri, detto il Correggio (1489-1534), attorno al 1522 e oggi identificata, da una parte della critica, con l’opera conservata presso lo Städelmuseum di Francoforte.
Il confronto fra i due dipinti rivela l’esistenza di un chiaro legame: la Vergine e i due fanciulli sono disposti seguendo lo schema dell’originale tedesco, a sua volta collegato a un disegno autografo del Correggio conservato presso la National Gallery di Londra. Le pose e i gesti sono i medesimi anche se si possono riconoscere alcune differenze: nella “Madonna di Casalmaggiore” compare il dettaglio della sottile croce di canne tenuta dal bambino in primo piano, così identificato come Giovanni. Nella tavoletta di collezione privata manca questo particolare fondamentale e anche la mano destra della Vergine è raffigurata in una posa differente rispetto all’originale.
La versione di Francoforte è inoltre caratterizzata da un’elaborata costruzione del paesaggio che circonda il gruppo centrale: la grotta che si scorge alle spalle del San Giovannino è il frutto di un preciso studio prospettico e naturalistico che risente dell’influenza della pittura lombarda fra Quattrocento e Cinquecento, impreziosita dalle ricerche leonardesche. Nel dipinto esposto presso il Museo Diocesano di Cremona, non si riscontra la stessa attenzione nella descrizione del paesaggio che sembra essere stato realizzato in modo veloce e approssimativo. A causa anche di uno stato di conservazione non ottimale, il boschetto alle spalle di Giovanni è ormai una massa indistinta di arbusti.
L’autore della seconda versione, che viste le ridotte dimensioni potrebbe essere stata realizzata per soddisfare le richieste legate alla devozione di un privato, dimostra di aver avuto la possibilità di studiare l’originale del Correggio o i relativi disegni preparatori. Nella descrizione dei fanciulli, in particolar modo nel dettaglio dei volti, il nostro artista arriva quasi a “omaggiare” le creazioni del Correggio riprendendole con grande precisione. Nel volto della Vergine emergono invece dei tratti peculiari che permettono di identificare facilmente la sua mano. I profili taglienti e rigidamente delineati del naso e dell’arcata sopraccigliare, così come gli occhi eccessivamente rigonfi e sporgenti, caratterizzano il volto di Maria. La scelta dei colori dai toni freddi ma allo stesso tempo vibranti, come si osserva per gli incarnati quasi perlacei dei personaggi e la veste della Madonna di un rosa squillante, segnano l’avvicinamento di questo maestro alla maniera, spostando la datazione del dipinto nella seconda metà del XVI secolo.
La fortuna critica della tavoletta oggi in collezione privata è ancora da approfondire; non si conoscono infatti documenti riferibili a tale dipinto che risalgano a prima degli inizi del XIX secolo. Si deve infatti attendere il prezioso saggio sul Correggio di padre Pungileoni, uscito in due volumi fra il 1817 e il 1818, per trovare un primo e fondamentale appiglio documentario. A tale data il sacerdote dimostra di conoscere molto bene il dipinto che, anche a giudizio dei professori dell’Accademia di Disegno di Parma, era indubbiamente considerato come opera originale dell’Allegri. Nel saggio, oltre alla fedele descrizione del soggetto, che non lascia dubbi riguardo alla sua corretta individuazione, sono riportate anche le dimensioni della tavola che coincidono con la versione in oggetto. Scopriamo, sempre grazie al Pungileoni, che in precedenza il dipinto era stato di proprietà di Biagio Martini (1761 – 1840), pittore attivo presso la corte di Parma, ma che al momento della scrittura del saggio sul Correggio, l’opera si trovava già nella collezione di Sir John Murray.
Nel 1937, a distanza di più di un secolo dall’uscita del lavoro di padre Pungileoni, ritroviamo la Madonna col Bambino e san Giovannino a Lugano, durante l’esposizione tenuta a Villa Favorita della collezione Schloss-Rohoncz, nome con cui in precedenza era conosciuta la prestigiosa collezione del barone von Thyssen. Nel catalogo realizzato per tale occasione, sono presenti due opere attribuite alla mano dell’Allegri di cui la seconda è proprio la tavoletta della quale qui dissertiamo. La sintetica descrizione dell’opera riferisce della presenza di una versione più grande da identificare con l’originale di Francoforte. È riportato anche il parere favorevole riguardo all’autografia della nostra opera da parte di studiosi importanti come Detlev von Hadeln, Adolfo e Lionello Venturi. Sinteticamente sono anche documentate alcune informazioni collezionistiche successive l’approdo del dipinto presso la collezione Murray avvenuto in seguito all’acquisto a Parma nel 1816. La nostra copia della “Madonna con Bambino e san Giovannino” in poco più di un secolo era infatti passata per la collezione Beckett – Denison prima e successivamente presso la collezione scozzese di Sir J. E. Fergusson, barone del Dumfries.
Seguendo i passaggi sul mercato antiquario, sui quali è necessario indagare con maggiore attenzione, sembra che il dipinto sia poi passato tramite un’asta di Sotheby’s a Londra ad un collezionista italiano prima di giungere nell’attuale collezione privata. La tavoletta rimane quindi un punto di partenza importante per lo studio della fortuna del modello della Madonna di Casalmaggiore e sarà necessario approfondirne alcuni degli aspetti, soprattutto legati alla fortuna critica, che ancora oggi ci sfuggono.
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