di
Nataliia Chechykova
, scritto il 15/12/2020
Categorie: Opere e artisti / Argomenti: Ucraina - Arte antica
Breve viaggio nella collezione italiana del XVII e XVIII secolo del Museo d’Arte Occidentale e Orientale di Odessa, uno dei musei più importanti dell'Ucraina.
In periodo di chiusura forzata dei nostri musei italiani siamo costretti a soddisfare la nostra voglia d’arte andando in giro per il web a cercare le collezioni virtuali che quasi tutte le grandi sedi espositive mondiali hanno più o meno in fretta realizzato o semplicemente riaggiornato per soddisfare il nostro desiderio del “bello”. Purtroppo, non tutti i musei, specialmente i più piccoli e i meno economicamente attrezzati, possono permettersi questi meravigliosi strumenti tecnologi. Allora ho pensato, per chi ama ancora il piacere della scoperta, per chi ha ancora voglia di meravigliarsi guardando opere mai viste e che forse mai avrebbe pensato che esistessero, di portarvi in un luogo decisamente lontano dalla nostra Italia, a Odessa. Una città ucraina sul mar Nero nata nel 1794 per volere di Caterina II la Grande, per dare al suo impero finalmente un porto verso l’Occidente.
Profondamente slava nelle sue origini, ma costruita soprattutto da architetti italiani nel più rigoroso rispetto di un urbanistica tipicamente francese, luogo di formazione di rivoluzionari come Lev Davidovich Bronshtejn, meglio conosciuto come Trotsky, ma anche ideale luogo dove si formò Vassily Kandinsky, città del padre del sionismo Vladimir Zhbotinskij e luogo fondamentale dei cinefili di tutto il mondo per sua la “scalinata Potemkim”; e forse per gli italiani sconosciuta patria di una delle più famose canzoni del nostro paese, O’ Sole Mio (scritta proprio a Odessa da Edoardo Di Capua nel 1898). Ebbene, in una città così “variegata” e multietnica non poteva mancare di certo un museo nel quale questa sua natura internazionale non si rispecchiasse nel migliore dei modi: il Museo dell’Arte Occidentale e Orientale. Una struttura inaugurata solo nel 1924 per volere della giovane Repubblica Sovietica nella quale confluirono tutte le opere d’arte europea che il regime aveva confiscato a nobili, commercianti, amanti dell’arte della grande regione di Odessa che a quel tempo si estendeva dalla Romania alla Crimea. Una quantità di opere impressionante, se pensiamo che nel primo catalogo del 1924 si contano ben 308 opere in esposizione, senza ovviamente contare quelle che disordinatamente riempivano i depositi del museo.
Essendo impossibile raccontare di tutte le opere presenti in questo piccolo-grande museo (attualmente il suo inventario conta solo tra i dipinti 607 opere di tutte le scuole europee), ho deciso di concentrare questa breve narrazione su due secoli di pittura italiana presenti nell’attuale quadreria, il XVII e il XVIII secolo. Ovviamente il primo capolavoro da citare è quello che i nostri lettori già conoscono perché in questi mesi ne abbiamo seguito passo passo le sue vicissitudini: la Cattura di Cristo (fig. 2), replica o copia, ancora tutta da definire, di Michelangelo Merisi da Caravaggio (Milano, 1571 – Porto Ercole, 1610). Ma in questo articolo vorrei farvi scoprire gli altri capolavori che questo piccolo scrigno di museo non ha mai avuto la possibilità di far conoscere, specialmente al mondo Occidentale. Partendo dagli artisti bolognesi: il primo da citare non può che essere un languido, struggente San Pietro piangente (fig. 3), opera del centese Giovanni Barbieri detto il Guercino (Cento, 1591 – Bologna, 1666), un’opera proveniente dalla collezione del conte Musin-Puskin-Brus, donata allo Zar Nicola I nel 1856, in esposizione nella grande Accademia delle Belle Arti di San Pietroburgo fino al 1901 quando insieme ad altre opere venne spostata nella città di Odessa. Un’opera di eccellente fattura, che richiama in maniera evidente l’altro più celebre San Pietro piangente del Louvre, ma in qualche modo è più drammatico nel descrivere la solitudine dell’Uomo-Pietro (fig. 4). E poi l’allegria, la gioia ma soprattutto la perfezione stilistica di Francesco Albani (Bologna, 1578 – 1660) con il suo Trionfo di Venere, un olio su tela, a differenza delle più famose opere di Brera e Dresda (oli su rame), che anche per le sue dimensioni (82 x 111,5 cm) rende la fruizione delle “piccole storie” che fanno da cornice alla Venere ai suoi amorini, impeccabile.(fig. 5).
In gran numero sono gli artisti veneziani o che veneziani sono diventati d’adozione presenti nelle sale, e non potendo citarli tutti mi limiterò a segnalarne alcuni partendo da quello che veneziano non è di certo, ma che della città lagunare fece la sua nuova patria: il belga di lingua francese Nicolas Régnier (Maubege, 1591 – Venezia, 1667): con la sua unica sua tela della collezione, Circe, che da anni è abbandonata nei depositi perché la mancanza di fondi non ne permette un adeguato restauro, un’opera che proprio in questi giorni ho potuto far esaminare alla storica dell’arte Annick Lemoine, grande esperta del pittore belga, che non ne conosceva l’esistenza (fig. 6). E proprio questo episodio è l’ennesima riprova del problema principale di questo museo: pochi lo conoscono e ancor meno immaginano quante opere di gran valore ha nella sua quadreria.
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1. Il Museo d’Arte Occidentale e Orientale di Odessa
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2. Da Caravaggio, Cattura di Cristo (inizio XVII secolo; olio su tela, 134 x 172,5 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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3. Guercino, San Pietro piangente (olio su tela; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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4. Guercino, San Pietro piangente, dettaglio
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5. Francesco Albani, Trionfo di Venere (olio su tela, 82 x 111,5 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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6. Nicolas Régnier, Circe (olio su tela, 120 x 100 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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Ma continuando nel nostro racconto, e rimanendo tra i veneziani sempre di adozione eccoci a Francesco Ruschi (Roma, 1610 – Treviso, 1661), romano di nascita, ma che trovò a Venezia e poi a Treviso la sua affermazione artistica con eccellenti opere soprattutto a fresco, di cui nel museo troviamo una sua possente tela, l’Allegoria della Verità e della Misericordia (fig. 7). In questo caso è difficile tentare qualsiasi commento, la tela ti travolge con i suoi colori vivaci, con questo intreccio di corpi femminili che si librano in uno spazio assolutamente indecifrabile. L’elenco di opere di artisti veneziani in mostra è davvero notevole, da Pietro Liberi ai superbi Canaletto e Guardi con i loro inconfondibili scorci di calli, campielli e canali, ma di due artisti vorrei proporre due singolarissime tele, una davvero particolare e inconsueta, il Sacrificio di Ifigenia (fig. 8) di cui ancora è in discussione la sua attribuzione ad Andrea Celesti (Venezia, 1637 – Toscolano, 1712), ma che stupisce per la sua composizione “colma” di personaggi disperati dal quel drammatico ma necessario sacrificio, e ancora del Celesti l’ Eliezer e Rebecca (fig. 9) una tela davvero bella, nella quale spicca questa delicata figurina di fanciulla, Rebecca, che seppur con un tenero rossore sulle guance è colta nel momento di assumere su di sé la grande responsabilità di diventare la madre del nuovo popolo di Dio. E poi non poteva mancare uno dei temi più amati e dipinti dell’epoca: un “Ecce homo” (fig. 10) del genovese, veneziano di adozione artistica, Bernardo Strozzi (Genova, 1581 – Venezia, 1644). Una tela piena della passione del Cristo che il prete genovese sembra aver sentita nelle sue stesse membra riversandola nella sua composizione, un’opera di fronte alla quale è difficile non sentirsi partecipi emotivamente del dramma del Salvatore.
Il numero delle opere italiane di questo museo non deve stupire: al di là degli architetti italiani che costruirono la città, Odessa fu per anni “porto franco”, e naturalmente non potevano mancare un gran numero di mercanti e armatori veneziani e genovesi, con le loro ricche dimore concentrate proprio nell’attuale centralissima via Puskin, dove ha sede il Museo che fino al 1880 era la via degli Italiani (Italianskaya uliza). Spostandoci sempre tra gli autori dell’Italia settentrionale non si possono non ricordare Stefano Maria Legnani detto il Legnanino (Milano, 1661 – Bologna, 1713) con due opere presumibilmente nate come pendant, una piena di pathos, Giuditta (fig. 11) e l’altra, una fragile, timida e indifesa Susanna e i vecchioni (fig. 12). Un altro milanese doc, addirittura battezzato nella stessa parrocchia del Caravaggio, Francesco Cairo (Milano, 1607 – 1665), ha in collezione una delle sue meravigliose eroine: Porzia (fig. 13), un estatico e affascinante ritratto di donna che la tecnica sublime di questo maestro tanto combattuto interiormente ci consegna in questa opera come un pezzo del suo mondo: tra sogno e incubo. Un altro lombardo d’adozione operante soprattutto nelle province di Brescia e Bergamo è l’austriaco Giacomo Francesco Cipperdetto il Todeschini (Feldkirch, 1664 – Milano, 1736): anch’egli, con la sua “colazione” (fig. 14), ci proietta con il suo modo tragico-ironico nell’altro Seicento quello senza seta, candelabri e belle fanciulle: in un’umile ma dignitosa scena di taverna. Una grande tela concentrata su quattro personaggi che tra un pezzo di pane rinsecchito e un bel tocco di formaggio presumibilmente stanno trovando l’amore. Purtroppo, anche quest’opera è attualmente relegata nei depositi in attesa di un urgente restauro, ma forse in questo caso i suoi personaggi se ne faranno una ragione, è da sempre che frequentano ambiente umidi e bui, speriamo solo non ci facciamo l’abitudine. Ma tornando alle belle sale colorate di tenui colori pastello illuminate delle grandi vetrate dalle quali il sole entra dappertutto, il luogo ideale per un buon visitatore-fotografo troviamo, una vera esplosione di Alessandro Magnasco (Genova, 1667 – 1749) che con ben quattro tele ti fa immergere in quel mondo di questo artista genovese fatto di paesaggi scuri e talvolta spaventosi o interni che nella frenesia dei suoi stravaganti personaggi sembrano collocarsi in un girone dantesco. Nelle sue opere, una Tonsura di monaci (fig. 15), Nel posto di guardia (fig. 16), Maria Maddalena (fig. 17), Paesaggio con figure (fig. 18), tutte diverse nei temi e nei personaggi, si ritrova tutto l’estro di questo maestro genovese, tra i pochi che riescono ad emozionare, ma soprattutto a stupire, per la sua fantasia creativa.
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7. Francesco Ruschi, Allegoria della Verità e della Misericordia (olio su tela, 71,2 x 106,8 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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8. Andrea Celesti, Sacrificio di Ifigenia (olio su tela, 138 x 175 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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9. Andrea Celesti, Eliezer e Rebecca (olio su tela; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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10. Bernardo Strozzi, Ecce homo (olio su tela, 123 x 98 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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11. Stefano Legnani detto il Legnanino, Giuditta (olio su tela, 146,8 x 191,3 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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12. Stefano Legnani detto il Legnanino, Susanna e i vecchioni (olio su tela, 148 x 193 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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13. Francesco Cairo, Porzia (olio su tela, 113 x 95 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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14. Giacomo Francesco Cipper detto il Todeschini, Colazione (olio su tela, 112 x 135 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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15. Alessandro Magnasco, Tonsura di monaci (olio su tela, 99 x 73 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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16. Alessandro Magnasco, Nel posto di guardia (olio su tela, 49,5 x 119 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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17. Alessandro Magnasco, Maria Maddalena (olio su tela, 69 x 54 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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18. Alessandro Magnasco, Paesaggio con figure (olio su tela, 91,2 x 117,9 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale)
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19. Teatro Nazionale dell’Opera e del Balletto di Odessa Fellner & Heimer (1887)
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20. Scalinata Potemkim di Francesco Boffo (1841)
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Mi rendo conto che questo non è che un piccolo assaggio di questo bel museo, ma vuole essere una sorta d’invito, pandemia permettendo, per un prossimo possibile viaggio per quelli che hanno voglia anche senza neanche tanto spirito d’avventura di visitare un luogo nuovo. Oramai Odessa è collegata dai più grandi scali italiani almeno tre volte la settimana con voli low cost. E visitare Odessa non vuol dire solo questo museo, ma anche un altro dedicato all’Arte Russa che spazia dalle icone tradizionali alle migliori opere dell’avanguardie pittoriche, e poi il sontuoso Teatro Nazionale dell’Opera progettato in perfetto stile neo-barocco (fig. 19), che permette di assistere ad opere liriche e balletti con rappresentazioni giornaliere che vanno dalle ore 12 alle ore 19, qualcosa di impensabile in Italia e per finire la grande, maestosa scalinata Potenkim (fig. 20), anche essa opera naturalmente di un architetto italiano, Francesco Boffo.
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L'autrice di questo articolo: Nataliia Chechykova
Storica dell'arte, Consulente per l’Arte Italiana del Museo di Odessa.