Tommaso Fiore, uomo di pace. L'Archivio alla Biblioteca Nazionale di Bari


Tommaso Fiore, intellettuale e umanista pugliese, fu dapprima un convinto antifascista e poi, nel dopoguerra, un grande uomo di pace, ideatore della marcia Altamura-Gravina contro le basi nucleari americane. La Biblioteca Nazionale di Bari conserva il suo Archivio. 

La Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” di Bari conserva l’importante archivio dell’intellettuale, scrittore e umanista pugliese Tommaso Fiore (Altamura, 1884 – Bari, 1973), che lui stesso volle donare all’istituto pugliese poco prima della sua scomparsa. Da quasi un cinquantennio, infatti, Fiore era in contatto con la Biblioteca: almeno fino dal 1924, quando, nominato dalla provincia, diventò membro del consiglio di amministrazione dell’istituto. Fiore fu poi costretto ad abbandonare l’incarico per via delle sue convinzioni antifasciste, ma poté tornare a riallacciare i rapporti con la biblioteca di Bari nel 1943, all’indomani della caduta del fascismo, quando fu nominato commissario straordinario per la ricostruzione e contestualmente guidò quella che era allora la Biblioteca consorziale di Bari dal 1943 al 1950.

Tommaso Fiore, dopo aver studiato al liceo, nel 1903 si iscrisse all’Università di Pisa dove seguì le lezioni di Giovanni Pascoli e dove entrò in contatto con le teorie dell’anarchico Pietro Gori che allora avevano conosciuto una diffusione piuttosto capillare nella Lunigiana e nella Toscana settentrionale. Furono queste esperienze, unite alle sue letture universitarie, ad avvicinare Fiore al socialismo, a convincerlo dell’idea che occorreva schierarsi dalla parte degli umili e degli ultimi: cominciava così il suo pluridecennale impegno sociale, iniziato con alcuni interventi sulla rivista Rassegna pugliese (Fiore era infatti tornato ad Altamura nel 1907). Negli anni che precedettero la prima guerra mondiale si mantenne sulle posizioni di interventismo democratico che si diffusero presso alcuni intellettuali meridionali, su tutti Gaetano Salvemini: la convinzione era che la guerra avrebbe potuto sovvertire il vecchio ordine mondiale basato sull’imperialismo oppressivo, sancendo l’autoaffermazione dei popoli. Lo stesso Fiore partì per il fronte nel 1916, e di ritorno, nel 1919, continuò il proprio impegno, schierandosi a fianco dei reduci che tornati dalla guerra continuavano a essere vessati dalle vecchie logiche di potere, che nel Meridione non erano cambiate. Si impegnò quindi attivamente, dato che tra il 1920 e il 1922 fu anche sindaco di Altamura.

Tommaso Fiore
Tommaso Fiore

Dopo l’ascesa del fascismo, si mantenne fin da subito su nette posizioni antifasciste, ritenendo che l’ideologia di Mussolini fosse contraria agli interessi degli operai e che, anzi, fosse uno strumento utile semmai alla borghesia reazionaria. Si avvicinò al Partito Socialista Unitario, fu in contatto con Piero Gobetti, Carlo Rosselli e Pietro Nenni, e per questo veniva tenuto d’occhio dalle autorità fasciste, che lo sottoponevano a continui controlli. Nel 1937 ottenne la cattedra di latino e greco al liceo classico di Molfetta e nel frattempo aveva cominciato a collaborare con la casa editrice Laterza, per la quale aveva tradotto l’Utopia di Tommaso Moro (scrivendo anche la prefazione che la introduceva). Nel frattempo si era avvicinato a posizioni liberalsocialiste, diventando uno dei principali teorici di questa linea, circostanza che lo avvicinò a figure come Aldo Capitini, Guido Calogero, Guido Dorso, Leone Ginzburg e al movimento Giustizia e Libertà. Intensificò allora la sua azione di propaganda antifascista e finì pertanto condannato al confino. Nel 1943 fu anche incarcerato per le sue idee: uscì di galera il 28 luglio del 1943, pochi giorni dopo la caduta del regime, ma l’uscita dal carcere fu sconvolta dalla notizia della perdita del figlio Graziano, ucciso dalla polizia durante la strage di via Niccolò dell’Arca, compiuta dal Regio Esercito, dai Carabinieri e da militanti fascisti intervenuti per sopprimere una pacifica manifestazione antifascista di studenti, alla quale aveva partecipato anche Graziano Fiore.

Da quel momento, Fiore si attivò in prima persona per ripristinare le libertà che erano state soppresse dai fascisti e diventò dunque uno degli intellettuali di riferimento dell’Italia meridionale. Promosse il primo congresso dei Comitati di liberazione nazionale dell’Italia libera tenutosi a Bari nel 1944, nello stesso anno venne nominato provveditore agli studi e si impegnò nell’operazione di defascistizzazione della scuola e della società, intraprese una battaglia per l’autonomia della cultura laica e, dal 1946 al 1954, mantenne la cattedra di letteratura latina alla Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Bari. Gli ultimi anni lo videro costantemente attivo nelle lotte per la democrazia, per la libertà, per la pace, per il dialogo tra i popoli: si ricorda in particolare, prima della scomparsa avvenuta a Bari il 4 giugno del 1973, la sua direzione della rivista Il risveglio del Mezzogiorno, dedicata a temi riguardanti la questione meridionale.

Lettera di Pier Paolo Pasolini a Tommaso Fiore
Lettera di Pier Paolo Pasolini a Tommaso Fiore (Bari, Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi”, Archivio Tommaso Fiore)
Lettera di Tommaso Fiore a Pier Paolo Pasolini, Bari 24 marzo 1954
Lettera di Tommaso Fiore a Pier Paolo Pasolini, Bari 24 marzo 1954 (Bari, Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi”, Archivio Tommaso Fiore)
Cartolina di Albino Pierro a Tommaso Fiore, Roma 28 maggio 1965
Cartolina di Albino Pierro a Tommaso Fiore, Roma 28 maggio 1965 (Bari, Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi”, Archivio Tommaso Fiore)
Cartolina di Rocco Scotellaro a Tommaso Fiore, 28 febbraio 1950
Cartolina di Rocco Scotellaro a Tommaso Fiore, 28 febbraio 1950 (Bari, Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi”, Archivio Tommaso Fiore)

L’Archivio Tommaso Fiore della Biblioteca Nazionale di Bari è diviso in due parti, l’Epistolario e l’Archivio propriamente detto, e i documenti conservati nel fondo datano a partire dal 1942. Nell’archivio si trovano documenti che inquadrano la collaborazione di Tommaso Fiore con quotidiani e riviste ma anche la sua partecipazione ai convegni, e in più è possibile reperire nel fondo saggi, stampe, volantini, appunti, taccuini, carte personali, materiale vario redatto dal 1942 al 1961, oltre al materiale didattico che Fiore usava all’epoca dell’insegnamento all’Università di Bari.

Per ricostruire la sua personalità e la rete di contatti con cui intratteneva rapporti è invece possibile riferirsi all’epistolario che include oltre 13.000 lettere e dà conto di una corrispondenza giornaliera con figure di spicco degli ambienti intellettuali dell’Italia degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta (i carteggi infatti coprono un periodo che va dal 1943 al 1966). Ci sono carteggi completi con Sandro Pertini, Guido e Teresa Dorso, Carlo Muscetta, Gabriele Pepe, Tommaso Castiglione, Maria Brandon Albini, e in più anche scambi di lettere con Benedetto Croce, Carlo Sforza, Gaetano Salvemini, don Lorenzo Milani, Pier Paolo Pasolini, Aldo Capitini, le lettere inviate a testate come l’Avanti, Il Paese, Il Contemporaneo, Mondo operaio, con gli editori come Laterza ed Einaudi e con diverse associazioni culturali. Con Pasolini, per esempio, Fiore scambiava notizie e opinioni di carattere letterario. In una lettera del 24 marzo 1954, l’intellettuale pugliese inviava allo scrittore friulano alcune opere in dialetto barese ritenute interessanti per le ricerche che Pasolini stava facendo sulla poesia popolare (e Pasolini non mancherà di chiedere a Fiore informazioni su certi termini dialettali di cui non conosceva il significato), e in cambio gli chiedeva cosa si potesse fare per aiutare un giovane poeta foggiano, Giacomo Strizzi, a trovare un editore per una sua opera poetica.

Tra i documenti più interessanti del fondo figurano tuttavia quelli da cui emerge la figura di Tommaso Fiore come grande uomo di pace. Fiore risulta fondatore, nel 1956, del Comitato Nazionale di solidarietà con Danilo Dolci, assieme a un gran numero d’intellettuali tra cui figuravano Giorgio Bassani, Guido Calogero, Aldo Capitini, Vittorio De Sica, Renato Guttuso, Carlo Levi, Alberto Moravia, Ferruccio Parri, Vasco Pratolini, Leonida Repaci, Beniamino Segre, Ignazio Silone, Antonello Trombadori, Elio Vittorini, Cesare Zavattini e altri. L’obiettivo del Comitato era quello di sostenere il poeta e attivista Danilo Dolci (Sesana, 1924 – Trappeto, 1997) che, a partire dal 1952, si era reso protagonista di alcune proteste nonviolente in Sicilia, dove si era trasferito quell’anno. Il 30 gennaio 1956, Dolci era stato tra gli animatori dello “sciopero alla rovescia”, una particolare forma di protesta durante la quale alcuni operai avevano deciso di riqualificare una strada abbandonata: Dolci e altri attivisti furono arrestati con l’accusa di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, istigazione a disobbedire alle leggi e invasione di terreni. Ne scaturì un processo (tra i difensori di Dolci figurava Piero Calamandrei) che ebbe una vasta risonanza: Dolci fu condannato a 50 giorni di carcere, ma dalla sua parte si schierarono, oltre ai membri del Comitato di cui faceva parte Fiore, anche moltissimi altri intellettuali del tempo, da Bertrand Russell a Jean-Paul Sartre, da Norberto Bobbio a Bruno Zevi.

Ancora più attivo fu tuttavia il ruolo che Fiore ebbe nell’ambito della Marcia della Pace, la più famosa manifestazione del movimento pacifista italiano: un percorso di ventiquattro chilometri, da Perugia fino ad Assisi, per schierarsi apertamente contro le guerre e in generale contro ogni forma di violenza. La Marcia della Pace si tiene dal 1961, anno della prima edizione, organizzata per il 24 settembre di quell’anno da Aldo Capitini come corteo non violento ispirato alla manifestazione che i pacifisti inglesi, guidati da Bertrand Russell, avevano organizzato nel 1958 ad Aldermaston, cittadina di nemmeno mille abitanti sede della struttura di ricerca del Ministero della Difesa del Regno Unito responsabile per la progettazione e lo sviluppo delle armi nucleari del paese. “Stiamo organizzando in Italia una Marcia della pace”, scriveva Capitini a Fiore il 13 maggio del 1961, “come già ne sono state fatte e sono in corso in molti paesi del mondo. Davanti al pericolo di guerra bisogna rendere consapevoli dal basso le popolazioni, particolarmente i giovani e coloro che non seguono quotidianamente i fatti politici, credendo di poter così provvedere meglio al proprio interesse. Per questo prepariamo una manifestazione che ha dell’esteriore, ma è divulgativa, popolare, e se riesce imponente, ha una indubbia efficacia”. La marcia, scriveva Capitini, necessitava di “nomi di personalità che danno certamente spicco e autorevolezza alla nostra iniziativa”: chiedeva così a Fiore di dare la sua adesione.

Tommaso Fiore non soltanto partecipò alla marcia tra Perugia e Assisi, ma si adoperò per organizzarne una in Puglia. Nel 1962, l’anno dopo la crisi dei missili di Cuba, in un territorio, quello della Murgia, che all’epoca era tra i più armati in Italia (gli Stati Uniti, dal 1959, avevano installato otto campi di lancio di missili nucleari Jupiter in quest’area: Gioia del Colle, Mottola, Laterza, Altamura-Casal Sabini, Gravina di Puglia, Quasano, Spinazzola e Acquaviva delle Fonti, a cui se ne aggiungevano due in Basilicata, a Irsina e a Matera), Fiore guidò un’ulteriore marcia della pace tra Altamura e Gravina di Puglia, due delle città dove gli americani avevano impiantato le loro basi, che sarebbero state poi completamente smantellate proprio quell’anno, a seguito della crisi cubana.

Circ. informativa n. 1 del Comitato di solidarietà con Danilo Dolci, Roma 13 marzo 1956
Circolare informativa n. 1 del Comitato di solidarietà con Danilo Dolci, Roma 13 marzo 1956 (Bari, Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi”, Archivio Tommaso Fiore)
Lettera di Aldo Capitini a Tommaso Fiore, Perugia, 13 maggio 1961
Lettera di Aldo Capitini a Tommaso Fiore, Perugia, 13 maggio 1961 (Bari, Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi”, Archivio Tommaso Fiore)
Bertrand Russell, Messaggio agli italiani che marciano intorno ad Altamura, 13 gennaio 1963
Bertrand Russell, Messaggio agli italiani che marciano intorno ad Altamura, 13 gennaio 1963 (Bari, Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi”, Archivio Tommaso Fiore)

L’iniziativa ricevette il plauso di Bertrand Russell, che il 13 gennaio 1963 fece recapitare a Fiore un Messaggio agli italiani che marciano intorno ad Altamura: “Sono assai incoraggiato”, scriveva Russell, “dal fatto che in Italia s’incominci ad esser consapevoli del significato della guerra nucleare. Le basi che sono state installate nella vostra regione sono strumenti di assassinio totale e a nessun linguaggio evasivo può esser permesso di nascondere questo fatto. Nel passato, popoli onesti sono stati atterriti dagli orrori della guerra; ma niente nella storia umana è paragonabile al genocidio che si sta preparando ora in nome nostro. Opporsi a questa politica, finché c’è tempo, è il dovere essenziale dell’uomo; mancar di protestare permetterà ora che la razza umana e le maggiori forme di vita vengano cancellate dalla faccia del nostro pianeta. Io mi appello perciò a voi, acché continuiate la vostra buona opera […]. In Italia le basi nucleari sono un affronto indicibile per ogni grande contributo che il vostro Paese ha dato per civilizzare l’Europa. Fu Roma a dare al mondo la regola della legge. Fu l’Italia ad allevare il Rinascimento, che annunciò l’aurora dell’Europa moderna. Fu l’Italia a dare al mondo inestimabili capolavori nell’arte, nella pittura, nella scultura, nell’architettura. Essa ha stimolato secoli di sforzi creativi dell’intelligenza. Ma per qual cosa sarà l’Italia ricordata nei nostri tempi? Se noi sopravviviamo e la storia viene scritta, il coraggio di quanti in Italia difesero la causa dell’uomo sarà ricordato”.

Gli organizzatori della manifestazione si riunirono per decidere i dettagli proprio a casa di Tommaso Fiore. Non tutte le parti politiche aderirono alla marcia della pace organizzata nella città natale dello scrittore: ci fu una parte della politica che tacciò la marcia di filocomunismo, dal momento che alcuni partecipanti provenivano da quell’area, e dato che pochi mesi prima la Cina aveva aggredito l’India dando luogo a una guerra che durò soltanto un mese ma che ebbe notevoli ripercussioni. Alla marcia, pertanto, mancarono le adesioni del Psdi, della Democrazia Cristiana, della Uil. Eppure, Fiore e i suoi collaboratori vollero subito mettere in chiaro che la manifestazione non aveva colori né era eterodiretta, ma che era ispirata proprio alle attività di Russell, che tutto era fuorché filocomunista. Le ragioni della marcia venivano spiegate nel manifesto pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 5 gennaio 1963: “Le popolazioni della Puglia e della Lucania sono chiamate ancora una volta ad esprimere i loro propositi a favore di una politica italiana di pace e di amicizia con tutti i popoli, col partecipare alla Marcia della pace di Altamura. Non abbiamo, noi italiani, problemi di forza da risolvere con alcun Paese, né vicino. Né lontano. L’armamento atomico che si vuole aggiungere alle nostre forze armate è un atto non certo di distensione e di contributo alla pace. Le rampe atomiche sulle colline della Puglia sono un sinistro richiamo di morte e la cosa più saggia e urgente è rimuoverle, attraverso l’impegno del nostro governo che tenda al disimpegno atomico di tutta l’Europa e al disarmo mondiale. Noi pugliesi e lucani non vogliamo rampe di guerra sulle nostre terre; chiediamo industrie di pace”.

La Marcia Altamura-Gravina, sebbene non famosa come quella che oggi unisce quasi ogni anno Perugia e Assisi, ha avuto altre repliche. La seconda fu organizzata nel 1987, contro l’installazione di poligoni militari nelle Murge. Ci furono poi due repliche nel 2003, contro la guerra in Iraq, e nel 2005, per chiedere più attenzione per l’ambiente del Parco dell’Alta Murgia. E poi la quinta, il 19 marzo 2022, per la pace e per il disarmo, nel quadro della guerra tra Russia e Ucraina, con la richiesta di attivare tutte le misure diplomatiche per risolverla. L’eredità di Tommaso Fiore continua dunque a essere viva.

La Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” di Bari

Le origini della biblioteca risalgono al 1863, quando il senatore barese Gerolamo Sagarriga Visconti Volpi offriva al Comune di Bari la sua biblioteca personale, costituita da circa duemila volumi: la sua volontà era quella di creare una biblioteca pubblica, in un’epoca in cui Bari non ne era dotata. La donazione veniva formalizzata il 5 aprile del 1865 e nel 1877 la biblioteca veniva aperta a pubblico: nel frattempo, il suo patrimonio librario era cresciuto fino a raggiungere quota 14.000 volumi, grazie a ulteriori donazioni di privati che si erano aggiunte a quella di Sagarriga Visconti Volpi e all’acquisizione delle biblioteche dei conventi soppressi nella provincia dopo l’Unità d’Italia. Come sede era stato scelto il Palazzo di Città, nei pressi della Basilica di San Nicola. Nel 1884 il Comune e la Provincia si consorziarono per gestire l’istituto (che fu così denominato “Biblioteca Consorziale Sagarriga Visconti Volpi”), e nel 1895 la Biblioteca fu trasferita al pian terreno del Palazzo Ateneo, appena fatto costruire dalla Provincia, su progetto dell’architetto Giacomo Castelli. Risale invece al 1958 la trasformazione in biblioteca statale con il titolo di nazionale, con conseguente ampliamento delle competenze.

Negli anni Settanta la Biblioteca Sagarriga Visconti Volpi conobbe una radicale modernizzazione delle strutture, dei servizi e dell’organizzazione tecnico-scientifica, circostanza che trasformò la biblioteca, anche attraverso l’acquisto di bibliografie e opere di reference, nel più importante centro bibliografico regionale, sia per l’importanza del patrimonio conservato, sia per il rigore delle procedure biblioteconomiche, per la validità delle acquisizioni, per la preparazione del personale scientifico.

La Biblioteca conserva circa 500.000 stampati a cui si aggiungono 454 manoscritti in volume e 16.642 manoscritti sciolti, e 682 pergamene. Tra i manoscritti più importanti figurano l’autografo dell’Encyclopaedia di Giacinto Gimma, il Libro Magno dei privilegi della città di Bari, un esemplare de Il Regno di Napoli distinto in dodeci provincie, atlante attribuito a Mario Cartaro e Antonio Stigliola, le Conclusioni decurionali dell’Università di Bari relative agli anni 1513, 1516, 1548, 1565, 1576, 1577, 1580, 1581, 1583, 1584, e poi ancora il Fondo De Ninno che raccoglie l’archivio privato dello storico Giuseppe De Ninno. Quanto agli stampati, di notevole importanza sono la donazione Domenico Zampetta (circa 25.000 volumi contenenti opere di interesse prevalentemente letterario e di francesistica, rilevanti per rarità e particolarità bibliografica), la donazione Raffaele Cotugno (circa 20.000 opere a stampa di interesse storico-politico riguardanti in particolare l’Italia meridionale; comprende anche una interessante collezione di periodici e giornali e un archivio riguardante il Risorgimento e la vita politica meridionale dalla fine dell’Ottocento all’avvento del Fascismo), la donazione Michele Squicciarini (numerose pregevoli edizioni antiche), la donazione Andrea Angiulli (fondo omogeneo di circa 2.000 volumi di opere di filosofia). La Biblioteca possiede anche 55 incunaboli, per lo più di provenienza conventuale, e di conseguenza di contenuto teologico e filosofico. Presenti anche circa 1.800 cinquecentine provenienti per lo più da biblioteche di conventi soppressi acquisite al patrimonio dello Stato, 634 atti riguardanti l’Italia meridionale emanati nel periodo compreso tra il 1718 e il 1867, 750 carte geografiche dal XVI al XX secolo, e il fondo Rari e Pregiati che annovera alcuni antichi atlanti ed opere finemente illustrate del Seicento e del Settecento nonché altre arricchite da pregevoli legature e note manoscritte di personaggi famosi.

La Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” di Bari
La Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” di Bari

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