Da Bisanzio a... Monselice: il superamento dell'arte bizantina visto attraverso le Madonne del Latte


Attraverso la tipologia iconografica della Madonna del Latte vediamo in che modo l'arte italiana ha superato l'arte bizantina.

Mentre ieri ci aggiravamo nelle sale del Castello di Monselice nell’ambito del nostro press tour #villeinblue, ci siamo imbattuti in un affresco raffigurante una Madonna del latte (ovvero raffigurata nell’atto di allattare Gesù Bambino: questo tipo di rappresentazione è noto anche col nome latino di Madonna lactans) assieme a due angeli. Ve lo proponiamo nell’immagine qua sotto: la qualità non è eccelsa perché purtroppo all’interno delle sale ci è stato tassativamente vietato di fare fotografie, malgrado fossimo lì con il preciso obiettivo di far conoscere il castello al nostro pubblico, dunque in assenza di immagini reperibili sul web, abbiamo dovuto recuperare un fotogramma di un video sul canale YouTube del castello. Peripezie fotografiche a parte, veniamo al dipinto, un’opera del quindicesimo secolo, di probabile ambito umbro o marchigiano. Non è certo un capolavoro: le ampie vesti celano del tutto la percezione dei corpi che coprono (in particolare, quelle degli angeli sono completamente sballate: sembrano due fantasmi, piuttosto che due personaggi inginocchiati), la gamba sinistra della Madonna è in una posizione innaturale, le mani sia della Madonna che del Bambino sono sproporzionate, e via dicendo.

Madonna del Latte, Castello di Monselice
Ambito umbro-marchigiano, Madonna del Latte (XV secolo; Castello di Monselice, Casa Romanica)

Quando sostavamo dinanzi all’opera, Pamela di A blonde around the world, che come noi partecipava al viaggio, mi ha fatto una domanda interessante: per quale motivo il Bambino assume quella strana posa, con la mano a toccare il piede? C’è una qualche simbologia particolare dietro al gesto? Bene, iniziamo dalla risposta: non c’è nessuna simbologia strana, e la posa tenta semplicemente di riprodurre i movimenti di un neonato qualsiasi, che si trastulla come può mentre riceve il latte dalla madre. La domanda è interessante per il fatto che... per poter dare questa risposta bisogna fare un salto indietro nella storia dell’arte di più di duecento anni... ! Perché se agli occhi di noi osservatori contemporanei può apparire scontato il fatto che un bambino debba essere raffigurato in maniera tale che ci appaia come un vero bambino, anticamente le cose non stavano proprio così. L’affresco di Monselice è frutto di un processo che inizia a metà del Duecento (e, per inciso, non è neanche uno dei frutti migliori: ma questo, probabilmente, si era già capito... !).

Madonna Orante, Ravenna
Madonna Orante (XII secolo; Ravenna, Museo Arcivescovile)
Che cosa succede di preciso a metà del Duecento? Avviene una delle più radicali rivoluzioni della storia dell’arte: il superamento dell’arte bizantina. Fino alla metà del Duecento infatti l’arte bizantina era il principale punto di riferimento per tutti gli artisti che operavano sul suolo italiano: iconografie, modi e tecniche derivavano tutti dall’arte che veniva prodotta nell’Impero Romano d’Oriente, di cui Costantinopoli (l’antica Bisanzio) era capitale. Banalizzando, possiamo dire che l’arte bizantina rifletteva i caratteri del cristianesimo che si praticava in quei luoghi: un cristianesimo votato al misticismo, all’ascetismo e alla contemplazione. Di conseguenza, l’arte bizantina era contraddistinta da un’accesa ieraticità: doveva apparir chiaro che i personaggi divini abitavano i cieli ed erano pertanto completamente avulsi da qualunque tipo di realtà tangibile. Un’immagine chiarirà meglio questi aspetti: qui a sinistra proponiamo una Madonna orante (cioè in preghiera) del dodicesimo secolo. Si tratta di un mosaico conservato al Museo Arcivescovile di Ravenna.

Icona di Santa Maria di Maniace
Icona di Santa Maria di Maniace (XII secolo; Maniace, Abbazia di Santa Maria di Maniace)
Il nostro tipo, quello della “Madonna del latte” o Galaktotrophousa (parola greca che significa “colei che nutre col latte”), iniziò a diffondersi proprio nel dodicesimo secolo: risale a quest’epoca, per esempio, l’icona di Santa Maria di Maniace, una tavola che si trova nell’omonima abbazia siciliana (a Maniace, in provincia di Catania). È uno dei più precoci esempi di Madonna Galaktotrophousa di produzione indubbiamente bizantina che abbiamo in Italia. Questo tipo di Madonna, assieme ad altre tipologie più “umane” come la Madonna Eleusa (“misericordiosa”, un tipo di raffigurazione in cui la Madonna e il Bambino si sfiorano dolcemente) conobbe un rapido successo nelle regioni dell’Impero d’Oriente quando, sotto i regni della dinastia dei Comneni, che durarono per quasi tutto il 1100, si verificò un avvicinamento alla cultura dell’Europa occidentale: uno dei riflessi che questo avvicinamento ebbe sull’arte fu proprio quello di introdurre motivi di maggior patetismo e sentimentalismo nell’arte bizantina. Madonne, Cristi e santi erano comunque ancora ben lontani dall’apparire come uomini e donne piuttosto che come divinità. E questa “lontananza” dei personaggi della religione dai fedeli, seppur meno profonda, in un’Italia in cui le arti figurative (soprattutto la pittura) subivano forti influenze bizantine, sopravvisse, come si diceva, fino almeno alla metà del Duecento. Possiamo citare, come esempio, la Madonna della Catena della chiesa di San Silvestro al Quirinale a Roma, una Madonna Galaktotrophousa caratterizzata da un forte senso di solennità: addirittura, il Bambino appare nell’atto di benedire, come nella più ieratica tradizione bizantina. Niente di più lontano da come un bambino vero e “umano” dovrebbe essere raffigurato.

Ambito romano, Madonna della Catena di San Silvestro al Quirinale
Ambito romano, Madonna della Catena (1230-1250 circa; Roma, San Silvestro al Quirinale)
Le cose cambiarono quando, da un lato, iniziò a diffondersi un sentimento religioso più popolaresco e meno contemplativo e, dall’altro, gli scultori riscoprirono l’arte classica e iniziarono a ricevere le influenze della scultura gotica francese, particolarmente improntata alla rappresentazione dei sentimenti, nonché tra le prime forme d’arte medievali a sganciarsi da una visione sostanzialmente mistica come lo era quella dell’arte bizantina: la pittura, che nel Medioevo fu sempre “in ritardo” sulle novità rispetto alla scultura, iniziò ad adeguarsi. Dapprima furono le rappresentazioni del Cristo in croce a caricarsi di un drammatismo sconosciuto all’arte bizantina. In seguito, toccò alle Madonne col Bambino che, da Cimabue in poi, avrebbero iniziato un lento processo che le avrebbe rese più dolci, delicate, sentimentali, affettuose, e avrebbe reso le loro fattezze più realistiche. Uno dei primi esempi di queste nuove Madonne del latte è quella conservata alla Galleria dell’Accademia di Firenze, realizzata dal pittore fiorentino Grifo di Tancredi, un pittore particolarmente recettivo alle novità introdotte da Giotto, che come sappiamo fu autore del più radicale rinnovamento, in senso naturalistico, dell’arte italiana del tempo: siamo attorno al 1300 e, come possiamo ben notare dall’immagine, la Madonna ci mostra un bel sorriso, e il Bambino inizia ad agitarsi dando piccoli calci con le sue gambe.

Grifo di Tancredi, Madonna del Latte
Grifo di Tancredi, Madonna del Latte (1300 circa; Firenze, Galleria dell’Accademia)

Col passare degli anni, le Madonne del latte (e le Madonne in generale) assunsero una maggior umanità: un interessante esempio è la Madonna lactans di Ambrogio Lorenzetti conservata al Palazzo Vescovile di Siena, un’opera realizzata all’incirca tra il 1320 e il 1325. Infine, per riallacciarci all’esempio della Madonna di Monselice, possiamo proporre una raffinata Madonna del latte, conservata al Metropolitan Museum di New York, del pittore senese Paolo di Giovanni Fei, dipinta negli anni Settanta del Trecento: Siena, rispetto a Firenze, rimase sempre più legata all’eleganza bizantina, ed è sulla base di queste connessioni che possiamo spiegare lo sguardo impassibile e fisso in avanti della Madonna. Ma il Bambino è molto meno impassibile. E il suo gesto è identico a quello della Madonna del latte di Monselice! L’arte si è dunque rinnovata: d’ora in poi, gli artisti intenzionati a fornire raffigurazioni realistiche dei propri personaggi, cercheranno sempre più di riprodurre il Gesù Bambino nel modo più naturale possibile.

Ambrogio Lorenzetti, Madonna del Latte
Ambrogio Lorenzetti, Madonna del Latte (1320-1325 circa; New York, Metropolitan Museum)
Paolo di Giovanni Fei, Madonna del Latte
Paolo di Giovanni Fei, Madonna del Latte (1370-1380 circa; New York, Metropolitan Museum). Per chi ci legge dalla versione desktop: abbiamo cercato di riprodurre nel modo più fedele possibili le proporzioni dei due dipinti a confronto.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).






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