Uno spazio per ricordare una delle principali personalità dello spettacolo italiano del Novecento, ovvero Lelio Luttazzi (Trieste, 1923 – 2010): è lo Spazio Luttazzi, che la Biblioteca Statale “Stelio Crise” di Trieste ha aperto nel 2015 e dedicato al ricordo del maestro, e che è stato ideato in seguito alla donazione, fortemente voluta dalla moglie Rossana Moretti Luttazzi e dalla Fondazione Lelio Luttazzi, del patrimonio documentario che testimonia la vita e l’attività del grande musicista, regista e uomo di spettacolo. L’accordo tra la Direzione Generale delle Biblioteche dell’allora Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Fondazione ha avuto luogo nel 2011: da allora, presso la biblioteca triestina, è iniziato il lavoro per istituire un percorso permanente, aperto al pubblico, che consentisse di compiere un viaggio nella carriera e nell’attività di Lelio Luttazzi, di conoscere i tantissimi brani musicali da lui composti, di avere una panoramica sui suoi spettacoli, che hanno fatto la storia della cultura e del costume dell’Italia.
Lelio Luttazzi nasce a Trieste nel 1923 da Mario Luttazzi e Sidonia Semani: rimasto orfano di padre a soli tre anni, nel 1929 si trasferisce con la madre a Prosecco, e lì prende le prime lezioni di pianoforte dal parroco locale, don Crisman. Tornato a Trieste, si iscrive al Liceo Petrarca diventando amico di Sergio Fonda Savio, nipote di Italo Svevo. Finita la scuola si iscrive a Giurisprudenza, ma la sua ambizione è quella di fare il musicista: fonda un complesso, I gatti selvatici, nel quale suona il pianoforte: nel 1943 viene notato da uno dei cantanti più in voga del tempo, Ernesto Bonino, al quale il gruppo di Luttazzi aveva aperto un concerto al Teatro Rossetti di Trieste. Bonino gli chiede di comporre una canzone per lui, e Luttazzi risponde con Il giovanotto matto, divenuto un grande successo di Bonino. La canzone gli frutta la considerevole somma di 350.000 lire (circa ventimila euro attuali), che lo convince a fare il musicista professionista. Si trasferisce dunque nel 1948 a Milano dove lavora con Teddy Reno, e nello stesso anno sposa Magda Pendini (dalla quale si separerà nel 1963). Nel 1950, dopo aver composto altri brani di successo, si trasferisce a Torino dove diventa direttore dell’orchestra RAI, e nel 1954 si sposta di nuovo a Torino, dove comincerà anche la sua carriera alla radio e in televisione, ma continuando a fare anche il direttore d’orchestra e a scrivere canzoni.
Il successo arriva verso la metà degli anni Cinquanta: dirige l’orchestra in studio della trasmissione radiofonica Il motivo in maschera condotta da Mike Bongiorno, scrive canzoni per il Quartetto Cetra, per Mina, per Sophia Loren, oltre che per se stesso, e compie il suo esordio in tv nel 1955, come direttore d’orchestra del varietà Musica in vacanza. Negli anni Sessanta la sua carriera ha un’altra trasformazione e Luttazzi diventa presentatore televisivo: l’esordio è con il programma Il paroliere, questo sconosciuto, dove è affiancato da Raffaella Carrà. Continua comunque a lavorare in radio, presentando Studio Uno con Mina, e come autore musicale, tanto da arrivare a scrivere una canzone per il Festival di Sanremo del 1964. Si trova anche a recitare: è infatti attore ne L’avventura di Michelangelo Antonioni e ne L’ombrellone di Dino Risi. Nel 1967 arriva quello che diventa probabilmente il suo programma più famoso: Hit parade, di cui è conduttore fino al 1976. Nel frattempo continua a prender parte ad altre importanti trasmissioni radiofoniche come Rosso e nero, Music Hall, Nostalgia del jazz, Programmissimo, Gran Varietà, Trent’anni di swing e molte altre. Scrive nel frattempo anche colonne sonore per film.
Nel 1970, a causa di un clamoroso errore giudiziario, viene arrestato per spaccio di stupefacenti: rilasciato dopo ventisette giorni prosciolto da ogni accusa, ricomincia a condurre, anche se nel frattempo aveva perso la conduzione di Hit parade, che poi riuscirà a riottenere l’anno dopo e terrà fino alla chiusura della trasmissione. Continua intanto la sua carriera da attore e nel 1979 sposa in seconde nozze Rossana Moretti, conosciuta nel 1975 a Roma, e dalla quale non si separerà più. Negli anni Ottanta le sue presenze radiofoniche e televisive cominciano a diradarsi, e si contano poche attività: quella di maggior rilievo è la scrittura della sigla della trasmissione Cipria di Enzo Tortora, alla quale partecipa come musicista. Lo stesso farà nel 1991 per la trasmissione Festa di compleanno su Telemontecarlo, nella quale suonerà in trio gli autori jazz da lui amati. Si ritira definitivamente dalle scene negli anni Duemila, anche se continuerà a comparire come ospite in alcune trasmissioni televisive. Prima di scomparire, l’8 luglio 2010 a Trieste, riuscirà a vincere il Premio alla musica 2009, assegnatogli al Festival di Sanremo di quell’anno, e a far partecipare un suo brano, La vera storia di Noè, allo Zecchino d’Oro.
La Biblioteca di Trieste conserva, nel Fondo Lelio Luttazzi, manoscritti di canzoni e colonne sonore di film, oltre a partiture, corrispondenza, dischi, filmati, rassegna stampa, fotografie e oggetti personali; tra questi ultimi figurano anche i numerosi premi ricevuti, fra i quali il Premio Campidoglio della città di Roma, il San Giusto d’Oro, premio conferitogli nel 1991 dalla sua città (quindi quello a cui teneva di più), e la Civica benemerenza della città di Trieste, che testimonia il forte legame che Luttazzi ebbe con la sua città d’origine.
Tra le attività della poliedrica personalità di Luttazzi deve essere ricordata anche la stesura di romanzi, racconti, sceneggiature e la passione per la lettura: nel fondo documentario è infatti confluita anche la sua biblioteca personale, composta da 1.111 volumi (oltre a dischi in vinile, VHS e periodici), che dimostra la predilezione per gli autori letterari classici italiani e stranieri e per le vicende di attualità italiana. Un’ulteriore donazione di Cesare Bastelli ha arricchito il Fondo con manifesti e locandine originali di film nei quali Luttazzi ha interpretato un ruolo o ha scritto la colonna sonora, e una selezione di rotocalchi degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta che raccolgono perlopiù recensioni, articoli di attualità su Luttazzi e interviste, fornendo sia un vivace spaccato dell’interesse degli italiani un interessante ritratto di questo poliedrico artista. Nello Studio Luttazzi viene poi proposto integralmente il film L’illazione del 1972, l’unica prova come regista di Lelio Luttazzi. Tratto dal suo romanzo Operazione Montecristo, il film ha sapore autobiografico in quanto narra la vicenda che lo vide vittima dell’errore giudiziario di cui si è detto sopra. Luttazzi avrebbe poi scritto un secondo romanzo, L’erotismo di Oberdan Baciro, pubblicato postumo, e si conservano anche suoi scritti tuttora inediti. Lo Studio Luttazzi espone anche alcuni manoscritti delle sue composizioni più famose. Non mancano poi musica a stampa, cartoline, corrispondenza e anche il suo smoking, abito a cui teneva molto.
La denominazione “Studio Luttazzi” è stata scelta per suggerire uno spazio intimo: non è quindi una mostra, ma piuttosto un breve percorso di incontro con una grande figura della musica leggera italiana, pensato soprattutto per tramandarne la memoria, per ricordare una figura importante della musica leggera italiana e valorizzare i documenti e gli oggetti che ripercorrono la sua attività, tra Trieste e Milano, tra Torino e Roma, per poi tornare alla città natale.
La Biblioteca Statale “Stelio Crise” di Trieste aprì nel 1956, due anni dopo la firma del Memorandum di Londra che restituiva definitivamente la città all’Italia: all’epoca si chiamava “Biblioteca del Popolo” e fu aperta grazie all’iniziativa del Commissariato del Governo - Direzione della Pubblica Istruzione e della Soprintendenza Bibliografica per il Veneto Orientale e la Venezia Giulia, con il compito di divulgare presso tutte le classi sociali l’amore per la lettura. La Biblioteca era ispirata alle public libraries anglosassoni e aveva una sede centrale per la gestione tecnico-amministrativa e diverse sedi distaccate (due nel centro, una a Muggia e una a Duino) per il prestito e la consultazione. Nel 1978 la Biblioteca è entrata a far parte delle biblioteche statali del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali con il nome di “Biblioteca Statale del Popolo”. Nel 1995 la Biblioteca aderì al Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), iniziando l’inserimento nel catalogo elettronico del proprio patrimonio. Per la biblioteca il ministero acquistò e restaurò una nuova sede, Palazzo Brambilla-Morpurgo. Infine, nel 2012, l’istituto è stato intitolato a Stelio Crise, accogliendo le motivazioni che hanno evidenziato “... nella figura di Stelio Crise, l’indiscusso apporto umano, professionale, scientifico e l’acclamato impegno a favore della cultura italiana, non solo a Trieste, ma anche a livello nazionale e internazionale e messo in luce inoltre le doti di bibliotecario, intellettuale, critico letterario e scrittore, nonché di prodigo e innovativo Direttore della Biblioteca statale di Trieste, alla cui crescita e sviluppo ha contribuito in maniera determinante e duratura”.
Il patrimonio della Biblioteca comprende oltre 230.000 volumi, per la gran parte in edizione del XX secolo; benché la Biblioteca sia a carattere generale, le raccolte sono prevalentemente indirizzate alle materie umanistiche. La sua iniziale finalità di servizio di pubblica lettura ha condizionato la tipologia dell’insieme, che conserva diversi titoli di narrativa d’evasione per adulti e per ragazzi, manualistica e saggistica di tipo divulgativo. Nel corso degli anni, alle acquisizioni dell’editoria corrente si sono aggiunti ulteriori gruppi di materiali, in gran parte costituiti da donazioni di privati o enti, che hanno esteso i titoli di settori già ben rappresentati (come la letteratura, la storia, la pedagogia), o introdotto pubblicazioni in materie o attività specifiche (raccolte di dati statistici, bollettini e annuari; tra questi si possono segnalare pubblicazioni della RAI, della Banca d’Italia). Di recente sono state introdotte edizioni di fonti storiografiche locali ed edizioni facsimilari e artistiche di importanti codici conservati in istituti italiani e stranieri.
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