“E perché allor tutto apre Primavera, / Il suol pregno diradasi, e si rende / Vinta la densa frigidezza austera; / Dall’aperta stagion detto pretende / L’April; di cui tutta fa sua la lode / Venere alma, e la man sopra vi stende. / Suo gran merto non vuol, che a lei si frode / Il governo del mondo: ella un impero / Non inferiore ad altro Dio si gode. / E al suolo, e al mar nativo, al cielo intero / Dà legge: e quanti son feti produtti / De i suoi coiti comprende il magistero. / Ella fu, che diè vita a i Numi tutti, / (Lungo è il contarli) e diè le cause al seme, / Ed alle piante, onde produr lor frutti. / Egli gl’incolti umani spirti insieme / Strinse: istrutto da lei di seco avere / Del letto una compagna ad ognun preme”. È così che il poeta latino Ovidio presenta, nei suoi Fasti (qui nella traduzione ottocentesca in terza rima di Giambattista Bianchi), la dea Venere come colei che “stende la sua mano” sul mese di aprile, il periodo in cui comincia la primavera. Venere è la dea che governa il mondo, perché infondendo l’amore negli uomini li spinge a riprodursi, e più o meno lo stesso fa con le piante dando origine ai semi, in modo che le suddette producano i loro frutti. Lo spirito fecondatore della dea associato alla primavera è ben rappresentato da Sandro Botticelli nel primo dei due capolavori realizzati per Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, detto il Popolano: la Primavera, appunto.
Sandro Botticelli, Primavera (1482 circa; tempera su tavola, 207 x 319 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi) |
Chiunque abbia sfogliato un manuale di storia dell’arte e si sia soffermato sulle pagine dedicate al grande artista fiorentino, avrà sicuramente trovato un rapido riferimento alla grandissima quantità di specie vegetali raffigurate nella Primavera: non c’è libro che, parlando del grande dipinto conservato agli Uffizi, non faccia accenno al fatto che Botticelli vi ha rappresentato centinaia di esemplari tra fiori, arbusti, erbe, alberi e vegetali in generale. Una così cospicua presenza di piante risponde a diverse esigenze: la prima è ovviamente circoscrivere il periodo dell’anno oggetto dell’opera, perché le specie rappresentate da Botticelli, com’è lecito immaginare, fioriscono, crescono e germogliano tutte in primavera. La seconda è suggerire rimandi simbolici: in tal modo si spiega, per esempio, la presenza degli alberi d’arancio che sì presentano le loro zagare, i fiori bianchi tipici degli agrumi, ma sono anche carichi di frutti, quando è noto che l’arancio dà i suoi frutti verso la fine dell’autunno. L’arancio è infatti un emblema mediceo: facile comprendere perché se si conosce la denominazione latina citrus medica, che oggi designa scientificamente il cedro ma che anticamente, almeno secondo il botanico ottocentesco Giorgio Gallesio, era utilizzata per indicare anche l’arancio. Inoltre, l’agrume è anche simbolo di matrimonio, perché secondo la mitologia antica la dea Giunone avrebbe donato al marito Giove piante d’arancio come dote nuziale. Se peraltro si prende per buona la pur discussa datazione che vorrebbe la Primavera dipinta nel 1482, la realizzazione dell’opera cadrebbe nell’anno del matrimonio tra Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e Semiramide Appiani.
Particolare degli alberi d’arancio con frutti e zagare |
Occorre poi evidenziare quanto notava un grande conoscitore come Herbert Percy Horne, ovvero che le specie raffigurate da Botticelli sono quasi tutte tipiche della Toscana: e in questa sua volontà di avvalersi esclusivamente di specie locali, Botticelli si differenziava, per esempio, da un Poliziano che nelle sue liriche faceva riferimento anche a vegetali descritti nelle fonti classiche, ma irreperibili a Firenze e dintorni. Niente ci vieta di pensare che Botticelli abbia trovato i fiori proprio nei giardini della Villa Medicea di Castello, la residenza alla quale la Primavera era destinata. Non mancano fiori e arbusti che sono prodotti dell’immaginazione dell’artista, ma si tratta comunque di casi non molto frequenti.
Il contributo forse più determinante per una precisa individuazione delle specie vegetali della Primavera di Botticelli fu offerto nel 1984 dal botanico Guido Moggi, a lungo direttore dell’Orto Botanico di Firenze e del Museo Botanico dell’ateneo fiorentino: terminava allora il restauro del capolavoro di Botticelli, e l’occasione s’era resa propizia per uno studio approfondito delle specie botaniche che il grande pittore aveva raffigurato nel suo quadro. “L’importante componente botanica”, sottolineava Moggi nel suo contributo, “costituisce uno degli elementi più appariscenti e caratterizzanti dell’opera. Vi sono infatti rappresentate numerose specie botaniche, alcune corrispondenti a piante vere, altre a elementi più o meno immaginari o stilizzati”. Troviamo il maggior numero di specie, ovviamente, nel lussureggiante prato sul quale si muovono i protagonisti della scena. Il fatto che Botticelli abbia escluso quasi totalmente le piante in frutto dalla sua composizione è un dettaglio oltremodo significativo per comprendere le sue intenzioni: celebrare il periodo dell’anno in cui le piante fioriscono. In particolare, ci troviamo nei mesi di marzo e aprile e, come detto in apertura, Botticelli è stato piuttosto preciso nel mostrare solo piante che fioriscono in detto periodo dell’anno (benché si registri la presenza di alcune fioriture tipiche del mese di maggio), ed è stato anche molto rigoroso nella rappresentazione tout court degli elementi vegetali presenti nel dipinto, anche se ci sono casi in cui Botticelli ha raffigurato, per esempio, un fiore appartenente a una specie e le foglie appartenente a un genere diverso.
Vediamo dunque più da vicino, seguendo i contributi di Guido Moggi e Mirella Levi d’Ancona (li riportiamo in bibliografia), quali sono i vegetali che Botticelli ha rappresentato nella sua Primavera e quali i loro eventuali significati. Si può partire con una constatazione di Guido Moggi, ovvero che nel dipinto comparirebbero circa cinquecento esemplari, dei quali una settantina sarebbero semplici ciuffi d’erba appartenenti alle famiglie delle graminacee e delle ciperacee. I restanti si dividono in piante non fiorite (circa duecentoquaranta esemplari: Moggi riusciva a identificarne trentuno e ad attribuirli a quattordici specie diverse) e piante fiorite. Di queste ultime, venivano identificati con certezza centotrentotto esemplari riconducibili a ventotto specie: il totale di generi di piante riconosciute saliva dunque a quarantadue (esclusi i fiori dipinti sulle vesti dei personaggi, e gli alberi del bosco). Le due specie più numerose sono le margherite, che compaiono cinquantacinque volte, e le viole (quarantasei): due fiori che crescono spontanei nei prati in primavera e sono quanto mai emblematici della bella stagione. Sono, tuttavia, anche simbolo d’amore: la margherita anche in quanto fiore utilizzato nel tipico gioco che dovrebbe far sapere all’amante se il suo amore è ricambiato, e la viola, in quanto fiore sacro a Venere, perché alla sua nascita la dea sarebbe stata coronata, appunto, di viole.
Troviamo una gran varietà di specie diverse ai piedi della stessa Venere, che compare davanti a un grosso cespuglio di mirto, pianta a lei sacra. Ci sono, ovviamente, rose a profusione: sono soprattutto quelle che Flora, la personificazione della Primavera, porta in grembo e sta spargendo sul prato, dove ne troviamo già alcune riverse. La rosa, anch’essa simbolo primaverile, era un altro fiore sacro a Venere, associato all’amore e alla bellezza, e peraltro in seguito passato al cristianesimo come simbolo mariano di purezza. Sotto i piedi di Venere troviamo un fiore di elleboro: si riteneva che i fiori di questa pianta prolungassero la giovinezza (e la giovinezza è un attributo di Venere), ma anche che curassero la follia, ed è noto come l’amore possa indurre in tale stato d’alterazione (la follia che segue un amore non corrisposto è un topos tipico di certa letteratura antica). Subito a fianco dell’elleboro troviamo alcuni fiori di viperina azzurra, chiamata così probabilmente perché in antico ritenuta un rimedio al morso del serpente da cui prende nome: è una pianta che fiorisce agli inizi di maggio, e i sostenitori della datazione del dipinto al 1482 hanno visto in questa viperina un ulteriore rimando al matrimonio di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, che si sposò nel mese di maggio. Lo stesso vale per la camomilla, anch’essa di fianco all’elleboro. La presenza, vicino alla viperina, del ranuncolo che è simbolo di morte (per via della sua tossicità) ha fatto supporre ad alcuni che Botticelli avesse iniziato a dipingere la Primavera per Giuliano de’ Medici, fratello del Magnifico, caduto durante la congiura dei Pazzi. Più sotto abbiamo invece alcuni fiori di tossilaggine (il nome fa ancora riferimento alle proprietà curative, in questo caso contro la tosse, ma la pianta è nota anche come farfara), mentre se procediamo verso i piedi di Flora noteremo, tra le rose gettate da lei sul prato, dapprima una piantina di fragole, poi una pianta di muscari (simbolo coninugale) e quindi, più sopra, un giacinto rosa e un papavero. La fragola, in quanto frutto gustoso, è simbolo dei piaceri che si provano durante la bella stagione, il giacinto è fiore nuziale mentre il papavero era anticamente ritenuto segno di fertilità. Tra il piede sinistro di Venere e il manto di Flora abbiamo invece una piantina di fiordaliso, altro simbolo d’amore, in particolare legato al matrimonio. Procedendo invece in senso opposto, verso i piedi delle tre grazie, troviamo alcuni fiori di gelsomino, altro fiore che si schiude nel mese di maggio.
La dea Venere con, alle sue spalle, il cespuglio di mirto |
Piante e fiori sul prato. 1: Margherita; 2: Viola; 3: Rosa; 4: Elleboro; 5: Viperina azzurra; 6: Tossilaggine; 7: Fragole; 8: Muscari; 9: Papavero; 10: Fiordaliso; 11: Gelsomino; 12: Giacinto Rosa; 13: Ranuncolo |
Spostandoci in altre zone del dipinto, troviamo ancora nuove specie. Per esempio, tra i piedi di una delle Grazie (quella a sinitra), osserviamo alcuni nontiscordardimé (o myosotis) che, come il loro nome stesso suggerisce, sono simbolo di memoria e ricordo, e ancora tre fiori di nigella, ulteriore simbolo amoroso (nonché pianta nota in antichità per le sue proprietà medicamentose), il croco (simbolo di amore coninugale) e una pianta di euforbia: fiore, quest’ultimo, ritenuto utile alla vista, quindi si è pensato potesse essere un invito all’osservatore a guardare l’opera con attenzione. Interessante notare i fiori che fuoriescono dalla bocca della ninfa Cloris, che viene ghermita da Zefiro: partendo da quelli più vicini alle labbra, abbiamo tre pervinche, quello che con tutta probabilità è un fiore di fragola, due rose (ma potrebbero essere anche due anemoni) e due fiordalisi. Della fragola e del fiordaliso s’è già detto. La pervinca è simbolo di legame matrimoniale (dal latino vincire, “legare”), mentre l’anemone, essendo un fiore la cui vita è decisamente breve, allude alla fugacità dei piaceri e della felicità. Ancora, a destra, sopra a Zefiro, troviamo una pianta di alloro, che rimanda alla poesia e allo stesso committente (il nome in latino della pianta, laurus, richiama il nome Laurentius), e infine, nell’angolo in basso a destra, abbiamo un bellissimo iris, il fiore noto come “giglio di Firenze”, che cresce spontaneo nelle campagne attorno al capoluogo toscano e che è rappresentato sullo stemma della città. Per concludere, vale la pena soffermarsi sull’acconciatura e sulla veste di Flora, in quanto entrambe adorne di ulteriori meravigliose specie floreali. La sua chioma, in particolare, è decorata con margherite, fiordalisi, fiori di fragola e probabilmente anemoni gialli. Sulla veste, Guido Moggi ha riconosciuto circa sessanta esemplari, molti dei quali di difficile identificazione perché alquanto stilizzati. Riconosciamo bene però alcuni garofani, diverse rose, ancora fiordalisi, e probabilmente violacciocche gialle.
Piante tra i piedi delle Grazie. 14: Nigella; 15: Nontiscordardimé; 16: Croco; 17: Euforbia. |
Le piante che escono dalla bocca di Cloris. 18: Pervinca; 19: Fragola; 20: Rosa o Anemone; 21: Fiordaliso. |
Pianta di alloro sopra Zefiro |
Le piante sulla veste e sulla chioma di Flora. 22: Margherita; 23: Anemone; 24: Fragola; 25: Fiordaliso; 26: Rosa; 27: Garofano; 28: Violacciocca. |
Il fiore di iris |
Quella che abbiamo proposto in questo articolo non è che una rapida panoramica su alcune delle specie di più facile identificazione anche da parte di chi non s’intende granché di botanica: ma siamo convinti che gli appassionati di piante e fiori troveranno di che dilettarsi di fronte al rigogliosissimo prato della Primavera al fine di trovare tutte le altre specie di cui non abbiamo qui dato conto... !
Bibliografia di riferimento
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo