Quando gli architetti del Bauhaus si approcciarono alla progettazione di oggetti di uso quotidiano, come tavoli, sedie, lampade e simili, il principio guida che li ispirò era quello del funzionalismo: si partiva sempre da un’analisi dei bisogni fondamentali dell’utilizzatore, e si realizzava un oggetto la cui estetica era ritenuta una conseguenza delle sue funzioni d’uso. Nacque così anche la Sedia Wassily (o Vasilij), il capolavoro di Marcel Breuer (Pécs, 1902 – New York, 1981), uno dei simboli del design del movimento Bauhaus.
Pochi oggetti, nella storia del design, sono riusciti a catturare l’essenza dell’innovazione e dell’eleganza come la celebre sedia Wassily. Anzi: si potrebbe dire che la creazione dell’architetto e designer ungherese ha rivoluzionato il suo settore, con una sedia che incarnava l’ideale e il metodo del Bauhaus (innovazione attraverso funzionalità, praticità, utilizzo di materiali insoliti, linee essenziali).
Conosciuta anche come Model B3, venne progettata nel 1925 da Breuer, all’epoca direttore del laboratorio del legno alla scuola Bauhaus di Dessau. Il nome “Wassily” fa riferimento al celebre pittore russo Vasilij Kandinskij, ma contrariamente a quel che si pensa il nome con cui oggi la sedia è comunemente nota non fu inventato da Breuer, né si trattò di una trovata dell’epoca in cui l’oggetto venne progettato. Il nome Wassily risale infatti agli anni Sessanta, quando l’imprenditore e designer Dino Gavina (San Giovanni in Persiceto, 1922 – Bologna, 2007), patron della Gavina SpA che aveva rimesso in produzione la sedia dopo aver conosciuto Breuer a New York, apprese che Kandinskij (amico e mentore di Breuer), all’epoca del primo progetto, aveva chiesto di poter ricevere il primo esemplare della nuova sedia per la sala del suo appartamento.
La sedia originale, dopo essere stata utilizzata già nel 1926 per arredare l’aula magna del Bauhaus di Dessau, venne messa in produzione alla fine degli anni Venti dallo stesso Breuer, che aveva fondato un’azienda chiamata Standard Möbel, assorbita poi dalla Thonet, produttrice austriaca di mobili (oggi sono molto rare le edizioni della prima sedia), e all’epoca il nome dell’oggetto era proprio Model B3. Breuer pensò a una sedia in tubo d’acciaio cromato e un tessuto chiamato Eisengarn (“filato di ferro”), un filo di cotone cerato molto resistente e dall’aspetto lucido, inventato alla fine dell’Ottocento, poi ulteriormente sviluppato nei laboratori del Bauhaus grazie soprattutto all’apporto di un’allieva di Breuer, Margaretha Reichardt, artista e tessitrice.
Una delle caratteristiche più distintive della sedia Wassily è proprio il suo uso pionieristico del tubo d’acciaio. Marcel Breuer sperimentò l’uso di tubi d’acciaio cromato piegati (di 20 millimetri di diametro) per creare la struttura della sedia: un approccio che, ispirato ai manubri delle biciclette (Breuer, che andava spesso in bicicletta, aveva avuto l’idea di impiegare il tubo d’acciaio rendendosi conto della sua leggerezza e della sua versatilità), non solo la rese incredibilmente leggera, ma le conferì anche un’estetica moderna e industriale.
Inizialmente, Breuer pensò di coinvolgere nel suo progetto l’azienda Adler, che fabbricava biciclette, ma non riuscì nel suo intento. Si rivolse allora alle acciaierie Mannesmann, che avevano inventato un tubo d’acciaio privo di saldatura, prodotto verso la fine del XIX secolo: un materiale che poteva essere piegato e rimodellato senza perdere gran parte della sua resistenza. C’era un altro vantaggio, ha spiegato Robert McCarter, autore d’una monografia su Breuer. “Come tutti i bravi appassionati di bici sanno, le bici con telaio in acciaio non sono solo robuste, ma sono anche relativamente elastiche e hanno il merito di assorbire le vibrazioni molto meglio delle loro controparti in alluminio; Marcel ha imparato a sfruttarlo in modi nuovi. Breuer ha acquistato tubi di 2 centimetri di diametro (corrispondenti alle dimensioni della sua bicicletta), li ha pre-piegati secondo le sue specifiche, quindi ha assunto un idraulico per aiutarlo a saldare insieme i tubi di acciaio per farne telai da arredamento. Al primo progetto che utilizzava l’acciaio tubolare piegato fu dato il nome ‘B3’, un sistema di numerazione che Breuer avrebbe utilizzato per tutti i suoi mobili negli anni successivi. Si trattava di una poltrona, la prima versione realizzata con tubi di acciaio nichelato saldati a formare un telaio rigido con quattro gambe verticali che si piegavano e poi si abbassavano a sostenere la seduta e lo schienale, entrambi telai inclinati in acciaio, sui quali veniva allungato. Breuer trovò questa versione troppo rigida, priva della resilienza o della flessibilità che riteneva necessaria per la comodità dell’occupante, e ha modificato e perfezionato il design per arrivare a quella che considerava la versione ‘definitiva’, anch’essa datata 1925; infatti Breuer continuò a perfezionare il disegno della poltrona fino all’inizio del 1928, quando arrivò alla versione che conosciamo oggi”.
Il genio di Breuer, come spiega McCarter, sta nel modo in cui ha combinato le proprietà del tubo, ovvero la sua resistenza, l’elasticità e il modo in cui i tubi potevano essere incastrati insieme, piuttosto che saldati (caratteristica che garantisce alla sedia una maggior flessibilità quando qualcuno ci si siede sopra: una struttura a giunti saldati è invece molto più rigida), con una forma riconoscibile, per dare sensazioni di comfort molto maggiori rispetto a quelle che ci si aspetterebbe da una forma astratta come quella della sedia Wassily. E poi era molto leggera e facile da trasportare.
La sedia segue il principio della costruzione a telaio, in cui i tubi d’acciaio costituiscono il telaio principale. Questa struttura a telaio non solo fornisce stabilità, ma consente anche di creare quelle particolari forme curve e fluide che caratterizzano la sedia. I dettagli di finitura conferiscono poi alla sedia un aspetto pulito e contemporaneo. La semplicità del design è un elemento fondamentale della sua estetica modernista. Anche l’aspetto era totalmente nuovo: si ispirava alla celeberrima Sedia rossa e blu di Gerrit Rietveld (Utrecht, 1888 – 1964), il principale designer del neoplasticismo, ponendosi però in maniera molto più moderna e innovativa nei confronti della comodità, della praticità d’uso, della funzionalità. “La sedia B3”, ha scritto l’architetto e studioso John Poros, “perfezionò le idee avviate dalla Sedia rossa e blu. Adesso, al posto del legno, c’era un telaio di acciaio cromato più piccolo, più leggero, più brillante, che sosteneva l’ancor più leggera seduta in tessuto. La sedia diventa più eterea ma definisce ancora il cubo dello spazio di una poltrona tradizionale, utilizzando linee e piani. Inoltre, la comodità della sedia è rafforzata grazie alla linea inclinata della seduta e dello schienale”. Notevole anche l’importanza storica: “La mossa di Breuer di esplorare le tecnologie moderne con il tubolare d’acciaio avrebbe avuto enorme influenza sulle sue architetture future. Con la sedia Wassily, Breuer decretava la fine della fase artigianale del Bauhaus in favore di una produzione industriale, focalizzata sulla tecnologia”.
Questo design sfidava le convenzioni dell’epoca, in cui il legno era il materiale dominante nell’arredamento, aprendo la strada a nuove possibilità di espressione artistica e funzionale. Marcel Breuer era riuscito a dar vita a una vera sinfonia di tubi d’acciaio e tessuto nella creazione della Sedia Wassily, un inno all’armonia tra forma e funzione. Una testimonianza tangibile di come un designer possa ridefinire i confini del possibile, aprendo nuovi orizzonti nel design degli oggetti d’arredo. Linee ardite che narrano la storia di un periodo di trasformazione, dove l’arte si fonde con la funzionalità. Un frammento di storia dell’arte sotto forma di oggetto d’uso comune, un’incarnazione tangibile dell’evoluzione del design verso la semplicità e l’eleganza. Un faro di innovazione che ha illuminato il cammino verso un’estetica moderna. Tutto questo ha rappresentato la sedia Wassily: la sua fusione di forme geometriche, materiali industriali e cura per l’ergonomia ha rappresentato un punto di svolta nell’approccio al design degli oggetti quotidiani. Questa sedia è diventata un simbolo del movimento modernista, che cercava di unire l’arte, il design e l’industria in un’unica visione armoniosa. Breuer la riteneva il suo lavoro più estremo, quello “meno artistico, meno logico, il meno ‘comodo’ e il più meccanico”. Ma fu anche quello più influente e noto.
Inizialmente poco considerata, la sedia Wassily diventò un oggetto di largo consumo (tutti ci siamo seduti qualche volta su una sedia Wassily) a partire dagli anni Sessanta: era il 1962 quando Dino Gavina ottenne da Breuer la licenza per avviare una nuova produzione. Poi, nel 1968, quando la Gavina SpA venne acquisita dalla Knoll, nota azienda statunitense di design fondata nel 1938, il successo della sedia diventò planetario. Ancor oggi la Knoll produce la sedia Wassily, anche se ha sostituito la cinghia in tessuto con una seduta in pelle, e ha reso l’oggetto disponibile in diverse versioni a colori (in origine invece la sedia Wassily era soltanto nera, anche se quando venne commercializzata furono sperimentati anche diversi colori). La si può acquistare sul sito ufficiale dell’azienda americana (il prezzo non è dei più economici: occorre pagare più di tremila dollari per portarsi a casa un pezzo di storia del design), oppure nei negozi specializzati di mobili di design, addirittura presso gallerie d’arte che trattano design, per non parlare dei siti web di arredamento di alta qualità, o ancora, per chi vuole provare a risparmiare qualcosa, può essere un’idea cercare tra le tante aste di design tenendo però conto che i prezzi possono variare notevolmente in base alla rarità, alla tiratura, all’edizione, alle condizioni (in questo caso occorre ottenere informazioni dettagliate sul pezzo, come la sua storia, autenticità, condizioni e provenienza: l’acquisto di un pezzo di design come la sedia Wassily richiede attenzione e cautela per assicurarsi di ottenere un prodotto autentico e di alta qualità).
Peraltro, in un’intervista rilasciata proprio per la Knoll, lo stesso Breuer ha spiegato come arrivò a sperimentare con l’acciaio tubolare piegato mentre era al Bauhaus: “A quel tempo”, raccontava, “ero piuttosto idealista. 23 anni. Feci amicizia con un giovane architetto e comprai la mia prima bicicletta. Ho imparato ad andare in bicicletta e ho parlato con questo giovane e gli ho detto che la bicicletta sembra essere una produzione perfetta perché non è cambiata negli ultimi venti, trent’anni. È ancora la forma originale della bicicletta. Lui disse: ‘Hai mai visto come fanno quelle parti? Come piegano quei manubri? Ti interesserebbe perché piegano quei tubi d’acciaio come fossero maccheroni’. Questo in qualche modo è rimasto nella mia mente. Così è nata la prima sedia... Ho capito che la curvatura doveva andare oltre. Dovrebbe essere solo piegata senza punti di saldatura per poterla anche cromare in più parti e assemblare. Così nasce la prima sedia Wassily. Io stesso avevo un po’ paura delle critiche. Quindi non avevo detto a nessuno che stavo facendo questi esperimenti. Kandinsky, che è venuto per caso nel mio studio quando è stata portata la prima sedia, ha detto: ‘Cos’è questo?’. Era molto interessato, e anche lo stesso gruppo del Bauhaus si era molto interessato. Un anno dopo, avevo arredato l’intero Bauhaus con questi mobili”.
Ancora oggi l’eredità di questo oggetto si riflette nel suo impatto duraturo sul design contemporaneo. Molte varianti e reinterpretazioni della sedia sono state create nel corso degli anni, dimostrando la sua flessibilità e adattabilità alle diverse estetiche e esigenze. Diverse sono le sedie che in qualche modo sono legate alla Wassily: si potrebbero citare la sedia Barcelona di Ludwig Mies van der Rohe, del 1929, anch’essa con elementi in tubolare d’acciaio (ma con struttura più solida e rifinita), oppure la sedia Mart Stam dell’omonimo designer olandese, progettata nel 1926 con struttura a sbalzo simile a quella di un’altra sedia di Breuer, la sedia Cesca, e poi ancora la sedia Weissenhof sempre di Mies van der Rohe. Il concetto di utilizzare materiali industriali in modo creativo e di abbracciare la funzionalità senza sacrificare l’estetica ha avuto un impatto determinante su molti designer successivi. La sua presenza nelle collezioni di design di tutto il mondo, oltre che in numerosi musei, testimonia la sua importanza come capolavoro senza tempo e come ispirazione per le generazioni future di designer.
La sedia Wassily rimane dunque un esempio sorprendente di innovazione e design audace. Attraverso l’uso innovativo dei materiali e la sua forma senza tempo, ha infranto le barriere tradizionali del design degli oggetti d’arredo e ha aperto nuove strade per l’espressione creativa. E ancora oggi la sedia Wassily è un oggetto straordinariamente attuale e contemporaneo.