Non sono molte le biblioteche che possono vantare un vero percorso archeologico al loro interno, importante al punto tale da dare forma a un museo: è quanto invece accade alla Biblioteca Nazionale di Cosenza, che non è solo custode di un ingente patrimonio librario, ma anche dell’antica memoria storica della città. La città calabrese è infatti oggetto di scavi archeologici da decenni: le ricerche cominciarono poco dopo l’Unità d’Italia e, pur se in misura minore rispetto alle fonti letterarie ed epigrafiche (per esempio le citazioni di Cosenza che appaiono nelle opere di Livio, Strabone e Appiano, oppure, per quanto riguarda l’epigrafia, l’importante lapide di Polla, nota anche come elogium di Polla, lastra datata II secolo avanti Cristo, rinvenuta non lontana da Cosenza, in località San Pietro di Polla, e ritenuta un importante documento per comprendere la romanizzazione dei territori italici), hanno contribuito a darci un’idea di come si vivesse nella Consentia romana e di quanto l’antica Cosenza, almeno a partire dal IV secolo avanti Cristo, fosse uno dei centri nevralgici della zona, dapprima come capitale dei bruzi (o brettii), popolo di stirpe italica che abitò l’attuale Calabria fin dall’età del ferro e che si rese indipendente dai lucani nel 356 a.C., e poi come una delle più importanti città romane della regione, significativa colonia negli anni di Augusto.
Gli scavi più importanti sono tuttavia quelli condotti tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, al di sotto di alcuni edifici del centro storico cosentino: la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, nel condurre alcuni interventi di archeologia urbana per tutto quel ventennio, ha raccolto materiale utile per comprendere come l’urbanistica cosentina si sia evoluta negli anni cruciali della sua storia antica, dimostrando peraltro come le stratificazioni riguardino anche i secoli successivi, a testimonianza di un centro urbano rimasto vivo nel tempo. Se risalgono al 1984 i primi importanti dati sulla topografia della città antica, fu tra il 1988 e il 1990, fu con gli scavi del vecchio Seminario Vescovile, edificio costruito tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento che è oggi sede della Biblioteca Nazionale, che si diede avvio a quello che la biblioteca stessa definisce un “importante esempio di convergenza di intenti tra istituti della Pubblica Amministrazione (organi periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali) in materia di tutela e valorizzazione del bene culturale che diventa patrimonio fruibile della collettività”.
Dallo studio di ciò che si celava sotto alla sede della Biblioteca Nazionale è stato infatti possibile allargare le conoscenze sulle indagini precedenti (come quelle condotte su Palazzo Pompeo Sersale, edificio nobiliare costruito a partire dal 1592) giungendo a un’ampia comprensione della conformazione della Cosenza antica, col risultato che è stato possibile ricostruire una mappa della città ben diversa rispetto a quella che era emersa delle indagini dei primi anni del XX secolo. Proprio grazie allo studio delle stratificazioni del Seminario è stato possibile constatare che la città dei bruzi, dal IV secolo a.C. fino a molti secoli più avanti, si estendeva già lungo tutto il pendio che scende dal Colle Pancrazio verso la sponda sinistra del fiume Crati, coprendo dunque un’area corrispondente a quella dell’attuale centro storico di Cosenza.
Il museo della Biblioteca Nazionale di Cosenza è un viaggio all’interno di questa storia che parte dai brettii, passa attraverso i romani e giunge fino ai giorni nostri. I brettii erano, come accennato, un antico popolo italico che era dapprima soggiogato ai lucani, e poi se ne rese autonomo nel 356 a.C.: vivevano principalmente di agricoltura e pastorizia, ma presto si specializzarono anche nella manifattura e nei commerci con i popoli vicini. Lo sviluppo di Cosenza si deve proprio alla centralità che la città aveva nel loro territorio (vicina al mar Ionio, all’inizio della feconda valle del Crati, e lungo le direttrici tra nord e sud della Calabria), e alla posizione dominante sul colle Pancrazio che consentiva, in caso di eventualità, di garantirle le migliori difese. La città non perse importanza neppure dopo che i bruzi furono sconfitti dai romani nel 202 a.C. sancendo il dominio di Roma sulla regione: la Consentia romana si sovrappose infatti alla “metropolis” (ovvero il principale centro politico e commerciale) dei brettii rimanendo un rilevante centro di comunicazione. Il percorso museale allestito nella Biblioteca Nazionale di Cosenza permette di percorrere parte dell’antica città.
In particolare, nell’ala nord e nell’ala sud-ovest del vecchio Seminario Vescovile, sotto i livelli pavimentali, durante alcuni lavori di consolidamento sono stati scoperti resti di abitazioni della Consentia dei romani, con anche testimonianze della vita di allora: oggi è tutto visibile nel percorso museale della Biblioteca Nazionale di Cosenza. Per esempio, nel vano 11, tra le macerie di un muro in ciottoli è stato ritrovato uno scheletro di un bovino adulto, rimasto ucciso dal crollo del muro stesso, ma che si tentò di recuperare (sono state infatti rinvenute tracce di macellazione). E poi, lo scavo a quattro metri di profondità sotto il piano di calpestio del cortile interno dell’ex Seminario, nel vano 14, ha restituito le evidenze di almeno tre fasi di occupazione del sito su cui oggi sorge la Biblioteca: sono stati infatti rinvenuti qui i resti di un’antica abitazione con zoccolo in ciottoli di fiume a secco intercalati da blocchetti in calcare e spezzoni di tegole, che fu usata senza soluzione di continuità dall’epoca dei brettii, ovvero dal IV secolo a.C., fino al culmine dell’età romana imperiale, ovvero fino al II secolo d.C. L’area è stata poi obliterata da uno spesso strato di terreno argilloso su cui si impostarono le fondazioni del Seminario Vescovile.
Nel vicino vano 12 è invece possibile riscontrare gli indizi di un evento calamitoso, con tutta probabilità un terremoto, che comportò il crollo di un tetto in tegole piane e coppi, che ricopriva tre ambienti di una casa ellenistica (della fine del III o inizio del II secolo a.C.) rimasta in uso fino al collasso della copertura, evento databile al II secolo d.C. sulla base del fatto che sono state trovate tre bocchette, sicuramente riferibili a quell’epoca, schiacciate durante il crollo.
Il percorso tra gli scavi dell’ex Seminario Vescovile (esempio di indagine archeologica a scala urbana, finalizzata non solo all’incremento delle conoscenze specialistiche, ma anche al recupero e alla valorizzazione di porzioni significative del centro storico), è oggi a disposizione del pubblico, dopo che diversi interventi di restauro e messa in sicurezza hanno reso possibile l’apertura di questi locali, dov’è possibile leggere un libro o assistere a una presentazione di un libro o a un incontro (qui infatti si trova la sala congressi, che ospita periodicamente mostre ed eventi) proprio sopra alle vestigia della Cosenza di più di duemila anni fa.
La Biblioteca Nazionale di Cosenza ha sede nell’ex Seminario Vescovile, la cui costruzione fu iniziata nel 1882, quando si rese urgente la necessità di abbandonare l’antico seminario seicentesco in quanto non più rispondente alle esigenze della diocesi. Edificio imponente, ideato e realizzato dal canonico Raffaele Parise, parroco della Cattedrale e rettore dell’Istituto, fu terminato nel 1905, nei pressi della sede antica che fu integrata a quella nuova così da ospitare nei nuovi ambienti fino a 120 alunni. Durante la seconda guerra mondiale, la parte più antica del complesso seminariale fu completamente distrutta da un bombardamento che risparmiò invece, miracolosamente, la parte più recente del complesso. A seguito del declino del Seminario e dell’aumento dei costi di manutenzione, lo stabile fu venduto: a rilevarlo fu il Ministero per i Beni e le Attività culturali, che lo restaurò e lo ristrutturò per farne, dal 1985, la sede della Biblioteca Nazionale di Cosenza, istituita nel 1978.
Tra i fondi principali della Biblioteca Nazionale di Cosenza è possibile annoverare il Fondo Amantea, composto da circa 3000 volumi a carattere specificatamente storico - letterario che illustrano la cultura e la società del Novecento, il fonto Bedarida (appartenuto al professore Henri Bedarida, docente all’università della Sorbona, costituito sia da materiale librario che da manoscritti, per esempio corrispondenza personale e con case editrici, recensioni, discussioni, tesi, carte di lavoro), il Fondo D’Apolito, una raccolta bibliografica di opere dell’Otto e del Novecento, a carattere letterario-artistico, il Fondo Gaudio con opere a carattere storico-giuridico, il fondo degli eredi dei musicisti Stanislao e Giuseppe Giacomantonio che hanno donato alla Biblioteca Nazionale di Cosenza tutte le opere, in massima parte manoscritta, i documenti e le carte autografe, nonchè alcuni oggetti personali di questi due musicisti (padre e figlio) che rivestono un ruolo notevole nella musica italiana del Novecento. E poi ancora il fondo antico appartenuto alla famiglia Pellicano Castagna e donato alla biblioteca nel 1993, a carattere letterario, storico, religioso, con opere di particolare pregio come la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso del 1611 e i 5 canti di Camillo Camilli dello stesso anno, per finire con il fondo comprendente le opere composte dal maestro Giuseppe Scalzo, in massima parte destinate alla esecuzione bandistica, composto da oltre 4.500 carte e comprende sonate, sinfonie, marce militari,
opere sinfoniche e funebri, musiche leggere e folkloristiche.
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