L’arte contemporanea, per sua natura, è un terreno di sperimentazione e di ridefinizione costante dei confini del sé e della creatività. Pochi artisti hanno saputo esplorare questi confini con l’intensità e la radicalità di Roberto Cuoghi, un maestro della trasformazione, tanto della materia quanto della propria identità. Nato a Modena nel 1973, Cuoghi ha costruito una carriera in cui l’ossessione per la metamorfosi, il tempo e l’identità si riflettono non solo nelle sue opere, ma anche nella sua stessa vita. La sua pratica artistica, infatti, è un continuo processo di reinvenzione che sfida e destabilizza le certezze tradizionali. Un artista enigmatico, un provocatore che si muove lontano da ogni corrente o influenza e che si esprime attraverso un linguaggio unico, ponendo in primo piano l’auraticità dell’arte. Il risultato? Opere ambigue, potenti e al limite dell’assurdo.
Che cosa spinge Cuoghi a mettere in gioco la sua esperienza e i suoi saperi in un processo creativo che vede rinnovare costantemente metodologie e motivazioni? Accade spesso che un insolito modo di lavorare conduca l’artista a perseguire dei progetti al limite dell’ossessività, che spesso lo coinvolgono in modo tale da non permettere di interrompere la ricerca, finché non risulti conclusa in modo soddisfacente. È noto infatti che Cuoghi, già da studente a Brera, si distingueva per comportamenti eccentrici, come la decisione di farsi crescere le unghie delle mani, per un anno intero, e poi usarle come pennini per disegnare o scrivere poesie oppure la scelta di trasformarsi fisicamente nel proprio padre, ingrassando fino a 140 chili, decolorandosi i capelli e assumendo atteggiamenti di una persona di un’altra generazione. D’altronde lo stesso artista affermò che “Ogni forma, che posso immaginare è il risultato dell’esperienza. Se voglio arrivare a una forma che non appartiene all’esperienza devo sapere prima di tutto, come si formano le forme e poi fare diversamente”.
Eccesso, smoderatezza e provocazione rappresentano, all’interno della poetica di Cuoghi, il motore stesso della sua esistenza e dal momento che l’identità dell’artista muta ad ogni nuovo progetto, risulta difficile parlare di un’evoluzione interna del suo lavoro. Ogni opera rappresenta una nuova avventura, vissuta all’insegna dell’ossessione e attraverso la graduale messa a punto di una tecnica inedita. E dopo aver concluso il progetto? Si guarda altrove e ricomincia da zero, creando nuovamente opere fini a sé stesse ma, al tempo stesso, molto simili in quanto alimentate dallo stesso fervore e ossessione. C’è forse una vena romantica in tutto ciò? Nella costante necessità di realizzare ogni nuova opera come se fosse l’ultima? Può darsi.
La riflessione sull’identità e sulla trasformazione non si limita al corpo di Cuoghi, ma si estende al suo interesse per la memoria culturale e la sua reinterpretazione. Un esempio di questo è Suillakku - Corral version (2008), un’opera sonora complessa e ipnotica presentata alla Biennale di Venezia. In questa installazione, Cuoghi esplora la memoria storica attraverso una composizione musicale basata su canti funebri mesopotamici, un tentativo di ricostruire suoni e atmosfere di un tempo ormai perduto. L’opera è una riflessione sulla caducità e sulla fragilità della memoria, in cui Cuoghi non si limita a ricostruire il passato, ma lo reinventa, creando un’esperienza immersiva che trasporta lo spettatore in un mondo sospeso tra storia e mitologia.
Un altro esempio della sua indagine incessante sul tema della trasformazione è la serie Impressioni di Gesù (2015), dove Cuoghi si confronta con una delle immagini più iconiche della cultura occidentale: il volto di Cristo. In questa serie, l’artista crea una serie di “volti di Gesù” utilizzando una varietà di materiali e tecniche che sfidano le nozioni tradizionali di rappresentazione e sacralità. Ogni impressione è unica e imperfetta, riflettendo non solo la difficoltà di catturare l’essenza del sacro, ma anche l’inevitabile fallimento di ogni tentativo umano di immortalare l’infinito.
Roberto Cuoghi si distingue nel panorama dell’arte contemporanea per la sua capacità unica di fondere il sé con l’opera d’arte, di trasformare il proprio corpo e il proprio spirito in strumenti creativi. La sua ricerca incessante lo ha portato a esplorare temi profondi come l’identità, la memoria, il sacro e il tempo, attraverso opere che sono al contempo personali e universali. Che si tratti di trasformarsi nel proprio padre, di ricostruire suoni perduti, o di creare volti impossibili di Cristo, Cuoghi ci invita a riflettere sulla natura della trasformazione e su come essa definisce chi siamo e chi potremmo essere. Ci offre nuove prospettive sulla condizione umana e sul potere trasformativo dell’arte e il suo lavoro ci ricorda che, in un mondo in costante cambiamento, la vera arte non è solo quella che rappresenta la realtà, ma quella che la trasforma, che ci permette di vedere il mondo non per ciò che è, ma per ciò che potrebbe essere.
Come affermò lo stesso artista “L’arte è un modo per sperimentare la morte senza morire, per trasformarsi senza essere persi, per essere qualcun altro senza dimenticare chi siamo”. L’arte di Cuoghi è una continua sfida alla staticità, un costante movimento tra ciò che è conosciuto e ciò che è sconosciuto, tra il passato e il futuro, tra l’umano e il divino. Le sue opere non sono solo oggetti da osservare, ma esperienze da vivere, processi da comprendere, misteri da esplorare.
L'autrice di questo articolo: Federica Schneck
Federica Schneck, classe 1996, è curatrice indipendente e social media manager. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Pisa, ha inoltre conseguito numerosi corsi certificati concentrati sul mercato dell’arte, il marketing e le innovazioni digitali in campo culturale ed artistico. Lavora come curatrice, spaziando dalle gallerie e le collezioni private fino ad arrivare alle fiere d’arte, e la sua carriera si concentra sulla scoperta e la promozione di straordinari artisti emergenti e sulla creazione di esperienze artistiche significative per il pubblico, attraverso la narrazione di storie uniche.