L’idea di Mariotti era molto semplice: si trattava di “completare”, attraverso proiezioni video, la facciata della basilica fiorentina, la più nota del quartiere di Oltrarno. L’edificio attuale è quello progettato da Filippo Brunelleschi (Firenze, 1377 - 1446) nel 1434: il cantiere tuttavia gli sopravvisse, e con diverse tribolazioni (ci fu anche un incendio, nel 1471, che distrusse codici miniati e opere della preesistente chiesa medievale) si arrivò alla consacrazione nel 1481, ma occorsero altri anni prima che la chiesa fosse veramente terminata. La facciata fu tuttavia lasciata incompiuta, tanto che nel 1791 fu decorata, da “un tal Baccini muratore del luogo pio”, con finte colonne ed elementi architettonici: nelle cartoline e nelle fotografie di fine Ottocento e del primo Novecento è possibile vedere questa decorazione, sebbene fortemente degradata, tanto che nel 1960, quando la basilica subì un intervento di restauro, si decise di eliminarla e di lasciare la facciata della chiesa semplicemente intonacata, così come la vediamo oggi. Mariotti intuì che quella facciata così completamente bianca e liscia si prestava benissimo a “concedersi” come schermo per videoproiezioni: nessun elemento avrebbe infatti ostacolato le immagini che sarebbero state proiettate sull’edificio.
Quello di Mariotti non sarebbe stato il primo progetto di video proiezione in assoluto, ma era forse la prima volta (il primato è condiviso con l’artista polacco Krzysztof Wodiczko) in cui le immagini si adattavano alla superficie della facciata di un edificio. Già negli anni Cinquanta erano stati compiuti esperimenti su interni (Bruno Munari, con le sue Proiezioni dirette, realizzò installazioni artistiche create con la proiezione video su muro) e a teatro (figura pionieristica in tal senso fu quella dello scenografo ceco Josef Svoboda, che ebbe l’idea di realizzare le scenografie di alcuni spettacoli proprio attraverso proiezioni video). Parallelamente, l’architetto Paul-Robert Houdin, curatore del castello di Chambord in Francia, nel 1952 aveva ideato lo spettacolo Son et lumière, proiezioni di luci sulla facciata dell’edificio, con accompagnamento musicale. Occorrerà però attendere alcuni anni prima che si fossero sviluppati tentativi di video projection mapping, ovvero proiezioni in cui le immagini erano costruite a partire dalla mappatura della superficie su cui sarebbero state proiettate, in modo che l’immagine si integrasse con l’architettura. E i pionieri in questo senso, come ricordato, furono lo stesso Mariotti, e Krzysztof Wodiczko, che negli anni Ottanta fu autore di numerose video proiezioni artistiche (sul suo sito si può trovare un interessante archivio), di carattere per lo più storico e politico.
La basilica di Santo Spirito a Firenze. Foto Lucarelli |
La facciata di Santo Spirito. Foto Francesco Bini |
La facciata di Santo Spirito in una foto d’inizio Novecento di Alinari |
Così, nel 1980, Mario Mariotti lanciò un bando di concorso aperto a tutti: chiunque poteva creare un disegno da proiettare sulla facciata durante lo spettacolo di videomapping. Alla chiusura del concorso, Mariotti ricevette circa quattrocento disegni, che furono poi proiettati sulla facciata di Santo Spirito nelle notti dal 21 luglio all’8 settembre del 1980. Parteciparono artisti (come il fotografo Gianni Melotti, che per l’operazione ideò l’immagine di un tuorlo d’uovo fritto che richiamava la forma del rosone), scrittori, poeti, designer, artigiani, ma anche cittadini estranei al mondo dell’arte e della cultura. Ed era arrivato di tutto: disegni di bambini, fotografie, cieli azzurri, opere d’arte famose, pubblicità, immagini religiose, proposte di completamento con disegni che immaginavano una vera facciata, opere ironiche (come quella che trasformava la chiesa in una... casa cantoniera!), un grande serpente la cui testa usciva dal rosone e le cui spire erano state disegnate in corrispondenza delle volute affinché il rettile risultasse realistico, e poi anche alcuni interessanti opere che “aprivano” la facciata per mostrare l’interno della basilica. Una di queste era semplicemente una fotografia dell’interno, scattata in modo che le parti interne della chiesa corrispondessero prospetticamente agli elementi della facciata, e un’altra era una sorta di cerniera aperta sulla facciata che, aprendosi, mostrava l’interno dell’edificio. L’anno dopo, l’artista realizzò un archivio delle opere che gli erano arrivate e le espose in una mostra al Bar Ricchi, accompagnata dal catalogo che le riproduceva tutte. Molte si possono vedere in un video sul sito ufficiale dell’artista.
Per Mariotti era una specie di modo per riempire una pagina bianca della storia di Firenze, oltre che una grande opera partecipativa: uno degli obiettivi era infatti quello di far sì che i fiorentini si sentissero parte di una comunità viva. “Il progetto di facciata, tema caro del non finito”, spiegò l’artista con la sua consueta ironia, “ha preso a modello Santo Spirito. Nella notte, la facciata lunare della chiesa riflette le varie figure dell’immaginazione collettiva. Gli ultimi Medici sparirono così alla svelta che non fecero in tempo a finire le facciate delle chiese. E i fiorentini, ancora pieni di superbia quanto di miseria, si buttarono con entusiasmo a progettar facciate (esercito decoroso ed economico ad un tempo); non appena Firenze fu eletta capitale dell’Italia Unita, subito i fiorentini tirarono in ballo dai loro concorsi di facciata i progetti vincenti da far pagare alla Nazione e, svelti svelti, ne riuscirono a tirar su due: Santa Maria del Fiore e Santa Croce. Fortunatamente la capitale passò a Roma, le altre facciate furono risparmiate e il mio progetto di Santo Spirito salvo. Così nella notte la chiara superficie della chiesa è stata il gioco e la scena delle sue immagini possibili, proiezioni distanti anni luce dalle nostalgiche certezze dei restauratori. Come in una commedia dell’arte lo scenario si è illuminato per una rappresentazione ‘all’improvviso’, dove ai concetti eruditi degli innamorati si succedono i lazzi ridicoli delle maschere. Adesso i comici si sono ritirati: la facciata è stata restituita alle proiezioni della luna (ma quando, io riuscirò a proiettare sulla luna?) e la Piazza della Palla è tornata ad essere Piazza Santo Spirito”.
Quella che l’artista riuscì a orchestrare in piazza Santo Spirito, ha scritto lo studioso Massimo Mori, fu una “festa-gioco-festival che trasgredendo trasversalmente alle regole del gioco, alla storia dei Medici e alla geometria della piazza, le recuperava tutte e tre in una riformulazione creativa, culturalmente splendida, operata da numerosi artisti e poeti tra cui Marino Vismara, Daniele Lombardi, Albert Mayr, Claudio Parmiggiani, Henri Chopin, Fabrizio Corneli, Emanuele Mennitti Paraito e molti altri. Quello splendore ‘di facciata’ - con riferimento alle note ricostruzioni proiettive del frontale della chiesa con l’uso di diapositive - era dovuto alla disseminazione urbana di creativi che da sempre costituiscono un fertile pabulum fiorentino”, in un’epoca in cui, sottolinea Mori, era diffuso il senso di disorientamento e di disgregazione.
L’aspetto partecipativo dell’opera di Mario Mariotti, oltre al suo carattere eminentemente ludico (l’esatto contrario, dunque, delle opere di Wodiczko) è ciò che più avvicina la sua Piazza della Palla alle odierne opere di video mapping, eventi che richiamano spesso grandi folle e che costituiscono quasi sempre spettacoli d’intrattenimento. Inoltre, con la sua opera, Mariotti aveva voluto creare anche un aggancio storico alle secolari vicende di Firenze, ponendosi quasi come una sorta di continuatore delle grandi feste medicee, per le quali venivano creati enormi ed effimeri apparati scenografici, con i quali i grandi artisti del passato che lavorarono per i Medici decoravano la città. E ancora, l’idea di adattare le immagini alla facciata della chiesa lo colloca come uno dei primi precursori (se non il primo in assoluto) del video mapping del XXI secolo.
Oggi, la facciata di Santo Spirito è ancora teatro di spettacoli di video mapping. A cadenza pressoché annuale, soprattutto d’estate (ma non mancano anche proiezioni durante le festività natalizie) gli artisti continuano a proiettare immagini sull’edificio dal volto incompiuto. La basilica, per esempio, è uno dei luoghi d’elezione del festival F-Light, che ogni anno anima le architetture fiorentine proprio con il video mapping e con spettacoli di luce. Pratiche che ci riportano tutte a quel precedente del 1980, quando l’estroso e immaginativo Mario Mariotti pensò per primo di trasformare la facciata di una chiesa in una grande tela bianca dove far scatenare la fantasia collettiva.