Il Polittico Orsini è uno dei capolavori di Simone Martini (Siena, 1284 - Avignone, 1344), uno dei maestri della pittura senese della prima metà del Trecento. La struttura fisica di quest’opera e le sue ridotte dimensioni ne hanno favorito lo smembramento e le tavolette in cui è stata scomposta sono oggi conservate tra il Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa, il Louvre di Parigi e la Gemäldegalerie di Berlino.
Per poter rendere comprensibile il successivo discorso, è necessario fin da subito parlare della struttura di questo manufatto, perché questo aspetto può fornire indicazioni sul tipo di committenza, sulla funzione specifica e sulla scelta iconografica: ci troviamo infatti di fronte a un polittico portatile, ovvero un manufatto destinato alla devozione personale del committente, facilmente trasportabile in caso di viaggi e trasferimenti. Questa tipologia di oggetto è stata probabilmente ispirata da simili manufatti francesi in avorio o metallo prezioso ed erano alla portata economica di vasto gruppo di persone, sia religiosi sia laici.
Il Polittico Orsini è formato da quattro tavolette in legno dipinte su entrambi i lati, della dimensione di 29,5 per 20,5 centimetri, che dovevano essere assemblate “a concertina” tramite cerniere, ovvero tutte e quattro le tavolette si richiudevano fino ad assumere la forma di un libro. Nel momento in cui era aperto, da un lato si dispiegavano quattro scene tratte dalla Passione e Morte di Cristo, e dall’altro era raffigurata un’Annunciazione entro le armi della famiglia Orsini, presenti anche sulle facce che rimanevano visibili a polittico chiuso.
Le scene cristologiche rappresentate sono l’Andata al Calvario, la Crocifissione, la Deposizione dalla Croce ed il Seppellimento: sul verso sono raffigurate, rispettivamente, lo stemma della famiglia Orsini, la Vergine annunciata e l’Arcangelo Gabriele. Sul verso del Seppellimento doveva essere nuovamente presente lo stemma Orsini, ma non è più visibile: quella conservata a Berlino è probabilmente la tavoletta che ha subito maggiori rimaneggiamenti, e infatti anche le sue misure sono leggermente ridotte rispetto alle altre a causa di un ridimensionamento. Questa disposizione delle tavolette sembrerebbe confermata dall’iscrizione, oggi frammentaria, presente sulle cornici “hoc opus” sulla tavoletta del Louvre, “pinxit Symon” su quelle di Anversa e probabilmente su quella di Berlino doveva comparire un’indicazione simile a “de Senis”.
Le tavole di Anversa così come sono esposte al Koninklijk Museum voor Schone Kunsten |
Osservando la composizione d’insieme delle quattro tavolette a tema cristologico, ci si accorge che le scene sono molto affollate. Il pittore raffigura una molteplicità di personaggi, e non soltanto quelli essenziali rispetto ai racconti evangelici. La continuità compositiva tra le quattro scene è straordinaria, sembra quasi che un flusso unico spinga tutti gli avvenimenti, dall’uscita dalla porta di Gerusalemme nella prima tavoletta, alla Croce, fino al seppellimento. Un altro elemento che emerge già da una prima osservazione è la grande carica emotiva che l’artista imprime ai suoi personaggi, indagando attentamente la loro reazione rispetto agli eventi.
Nella prima scena, quella raffigurante l’Andata al Calvario, Simone riprende un modello già sperimentato da Duccio di Buoninsegna nell’Ingresso a Gerusalemme nella parte tergale della Maestà per il Duomo di Siena. Gerusalemme viene rappresentata come una tipica città medievale, con le mura merlate con la presenza di beccatelli. L’edificio a pianta centrale è l’indicazione simbolica del tempio di Gerusalemme: già da questa prima scena si può osservare come Simone Martini, che aveva fatto propria la lezione della spazialità giottesca fin da opere come la Maestà affrescata nella sala del Mappamondo del palazzo pubblico di Siena o gli affreschi della Cappella di San Martino nella Basilica inferiore di San Francesco ad Assisi, qui gestisca lo spazio in maniera differente. Si può notare infatti come le relazioni spaziali siano falsate: le persone, che sommergono Cristo come un fiume in piena, sembrano impilate l’una sull’altra mentre escono dalla porta di Gerusalemme. Tuttavia, se ad un primo impatto l’impostazione spaziale data da Simone a questa scena risulta non coerente con il dato reale, si possono invece individuare alcune precise allusioni spaziali: ad esempio la Croce, vista in tralice, è fisicamente presente tra le mani del Cristo e del Cireneo.
Simone Martini, Andata al Calvario, dal Polittico Orsini (1333-1335; tempera e oro su tavola, 29,5 x 20,5 cm; Parigi, Louvre) |
Simone Martini, Crocifissione, dal Polittico Orsini (1333-1335; tempera e oro su tavola, 29,5 x 20,5 cm; Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten) |
Simone Martini, Deposizione, dal Polittico Orsini (1333-1335; tempera e oro su tavola, 29,5 x 20,5 cm; Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten) |
Simone Martini, Seppellimento di Cristo, dal Polittico Orsini (1333-1335; tempera e oro su tavola, 29,5 x 20,5 cm; Berlino, Gemäldegalerie) |
Simone Martini, Angelo annunciante, dal Polittico Orsini (1333-1335; tempera e oro su tavola, 29,5 x 20,5 cm; Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten) |
Simone Martini, Vergine annunciata, dal Polittico Orsini (1333-1335; tempera e oro su tavola, 29,5 x 20,5 cm; Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten) |
L’architettura è raffigurata con molta precisione da Simone: è notevole la cura con cui viene raffigurata, in uno degli edifici più arretrati, la colonnetta decorata della bifora. È una scena ricca di pathos e il pittore presta molta attenzione alla resa delle emozioni dei personaggi raffigurati. Oltre al plateale gesto di disperazione della Maddalena, che spicca con i suoi lunghi capelli sciolti e la veste rossa tra la folla, è memorabile l’incontro di sguardi tra Cristo e sua madre. Maria ha la bocca socchiusa e sembra incapace di emettere qualsiasi suono, mentre sul volto del figlio traspare il dispiacere per il dolore che sta facendo provare alla madre: nella concitazione della scena Simone crea un momento di grande umanità.
Nelle tavolette della Crocifissione e della Deposizione, la croce è l’elemento che domina la scena. La composizione sembra annegare nel fondo oro e anche in questo caso l’impostazione spaziale non è coerente in ogni suo aspetto. L’intento principale del pittore appare quello di riuscire a far emergere nel poco spazio che ha a disposizione l’aspetto emotivo di quanto rappresenta, attraverso le espressioni e i gesti dei personaggi. Simone utilizza una linea sottile ed elegante per delineare i volti e i corpi delle sue figure: è con questa linea e con un sapiente utilizzo del chiaroscuro che il pittore restituisce la sofferenza del corpo di Cristo sulla croce. Di questo Cristo risalta il colore rossiccio dei capelli, caratteristica che troverà molta fortuna presso il pittore Matteo Giovannetti, uno degli interpreti principali della pittura di metà Trecento nella Avignone papale. La composizione è riccamente decorata: ad esempio le divise dei soldati sono caratterizzate da una preziosa decorazione oro.
Nella tavoletta della Deposizione, il cui impianto compositivo è molto simile a quello della Crocifissione, l’elemento che ha catturato l’attenzione di molti studiosi è la presenza di un personaggio in atteggiamento di devozione ai piedi della croce, nei pressi del teschio di Adamo. Simone raffigura qui il committente: ha proporzioni ridotte rispetto agli altri personaggi, in quanto la sua presenza non è reale rispetto ai fatti rappresentati, ma piuttosto di partecipazione devozionale ad essi. La presenza degli stemmi della famiglia Orsini, visibili a polittichetto chiuso, è un’indicazione inequivocabile dell’appartenenza familiare di questo personaggio, e la dalmatica e la mitria che indossa possono fornirci indicazioni riguardo il suo grado ecclesiastico. Individuare quale membro appartenente alla famiglia Orsini è qui rappresentato non è affatto semplice. Nel complesso discorso di identificazione di questo personaggio, chi scrive ritiene che i principali indiziati siano due: Napoleone, dal 1288 cardinale diacono di Sant’ Adriano, morto nel 1342, e Giovanni Gaetano, dal 1316 cardinale diacono di San Teodoro e legato papale in Toscana dal 1326 al 1336, morto nel 1339.
Simone Martini, Pala del Beato Agostino Novello (1324; tempera e oro su tavola, 198 x 257 cm; Siena, Pinacoteca Nazionale) |
Simone Martini, Pala del Beato Agostino Novello, dettaglio del bambino caduto dal terrazzo |
Ugolino di Vieri, Reliquiario del Corporale (1337-1338; smalto su argento con statue d’argento, altezza 140 cm; Orvieto, Duomo) |
Ugolino di Vieri, Reliquiario del Corporale, dettaglio della Crocifissione e del Seppellimento |
Molti storici dell’arte hanno voluto riconoscere nel soggetto raffigurato il cardinale Napoleone Orsini. Un legame certo tra Simone e Napoleone è un ritratto perduto, ma di cui si ha testimonianza, che il pittore realizzò durante il suo soggiorno ad Avignone. Napoleone Orsini legò il suo nome ad importanti commissioni artistiche: fu il patrono della cappella di San Giovanni Battista nella Basilica inferiore di san Francesco ad Assisi, e uno dei primi committenti di Pietro Lorenzetti. Ad Avignone incaricò il pittore Matteo Giovannetti della decorazione della sua residenza. La commissione dunque di questo polittico non sarebbe estranea all’ambiente di protezione artistica caro a Napoleone. Un altro elemento che fa propendere diversi studiosi verso il riconoscimento a Napoleone è il suo legame con l’ambiente francescano, che fin dal suo fondatore fece dei temi della Passione e Morte di Cristo uno dei punti centrali della propria meditazione. Un’opera come l’Arbor vitae crucifixae Jesu Christi di Ubertino da Casale, che era il cappellano di Napoleone, si accorda bene con il tono drammatico di questo polittico. Al di là della difficile identificazione, resta fondamentale capirne la sua presenza: il committente, facendosi rappresentare ai piedi della Croce, si rende partecipe di quegli eventi, e attraverso la meditazione su di essi, potrà essere partecipe della salvezza che ne deriva, con un approccio proprio del contesto francescano.
Nella quarta e ultima tavoletta, viene raffigurato il Seppellimento di Cristo. Ancora una volta Simone stupisce per l’incredibile varietà con cui riesce a caratterizzare le reazioni di dolore dei vari personaggi. Agli opposti della composizione, il pittore colloca infatti due tipi di reazione diversa. Sulla sinistra, in mezzo alla folla, due donne compiono gesti plateali per esprimere il proprio dolore: una alza le braccia verso il cielo ed ha la bocca spalancata come se stesse gridando, l’altra invece, ha le mani tra i capelli come per strapparli, e viene afferrata per le braccia da una figura retrostante, come se volesse bloccarla in quel gesto di totale strazio. Questa preciso gesto dello strapparsi i capelli viene ripreso da Simone da un’altra sua opera: una delle scene laterali della tavola agiografica del Beato Agostino Novello, conservata nella Pinacoteca Nazionale di Siena, nello specifico Il miracolo del bambino caduto dal terrazzo. A questa reazione plateale si contrappone sul lato opposto una figura isolata, quella di san Giovanni. Nonostante si copra il volto con il mantello, riusciamo ad immaginare la smorfia di dolore che vi si nasconde. L’originalità del fondo di questa scena è stata molto dibattuta. Il cielo atmosferico, che ricorda quasi le tonalità di un tramonto, non è sicuramente originale e pensato dal pittore. Bisogna constatare invece che la natura, anch’essa talvolta contestata, sia invece già stata prevista nella composizione iniziale, pur ammettendo qualche successivo ritocco. A supportare quest’ipotesi è il confronto con il Reliquiario del Corporale, esposto nel Duomo di Orvieto, realizzato da Ugolino di Vieri: nell’analoga scena del Seppellimento di Cristo vengono raffigurati alcuni alberi, anche se in maniera più sintetica. Simone Martini ha dimostrato in altre occasioni una particolare attenzione nel rappresentare la natura: ad esempio nella già citata pala del Beato Agostino Novello, accanto alla figura del santo sono dipinti tre diversi tipi di pianta, in maniera così accurata da poterne riconoscere la tipologia. Altro chiaro esempio è la miniatura per il frontespizio dell’Eneide conservata nella Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Simone Martini, Allegoria virgiliana, Frontespizio del Commento di Servio a Virgilio (1340; tempera e acquerello su pergamena, 20 x 29,5 cm; Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana) |
Simone Martini, Annunciazione (1333; tempera e oro su tavola, 184 x 210 cm; Firenze, Uffizi) |
Le atmosfere di queste scene risultano estremamente raffinate, grazie ad una linea sottile ed elegante, la capacità di controllo del chiaroscuro e la sottigliezza cromatica. Molti studiosi hanno riconosciuto nei caratteri di quest’opera un modello di influenza per lo sviluppo di un determinato gusto, elegante e in un certo modo favolistico, che si svilupperà presso le corti franco-fiamminghe e sarà poi determinante per l’avvio di quella fase artistica denominata gotico internazionale o tardogotico.
Il polittico Orsini è un’opera dalla non semplice lettura cronologica e non sono conosciute attestazioni documentarie che possano aiutare a fissare una possibile datazione.
Come già accennato in precedenza, in quest’opera sembrano venir meno rispetto al progressivo percorso di Simone Martini la gestione complessiva dello spazio, così ben attuata nella pala del Beato Agostino Novello, pur constatando che vengono mantenuti alcuni riferimenti spaziali ben precisi. Il pittore ha compiuto un’operazione simile in una delle sue opere più famose, la tavola dell’Annunciazione dipinta per l’altare di sant’Ansano nel duomo di Siena, e oggi conservata agli Uffizi a Firenze, datata 1333. In quest’ultima opera, infatti, accanto al potente carattere astraente che sembra caratterizzare le figure della Vergine e dell’Angelo, alcuni elementi, come il vaso e il trono, hanno una piena consistenza spaziale. Se osserviamo l’Annunciazione del polittico Orsini, sono diversi i dettagli che sono indice di spazialità: da quelli più evidenti, come il trono marmoreo, a quelli più intimi, come il libro tenuto in mano dalla Vergine annunciata. Considerato questo procedimento, è possibile ipotizzare che quest’opera sia una delle ultime realizzate a Siena da Simone Martini prima del suo trasferimento ad Avignone nel 1335.
L'autrice di questo articolo: Francesca Interguglielmi
Storica dell'arte, laureata in Arte Medievale presso l'Università degli Studi di Siena. Attualmente si sta formando in didattica museale presso l'Università degli Studi Roma Tre.