Nel 1565 il pittore olandese Pieter Bruegel (Breda, 1525 circa – Bruxelles, 1569), all’apice della sua carriera, realizzò una serie di dipinti dedicata al tema dei mesi dell’anno, per il facoltoso mercante Niclaes Jonghelinck, che in seguito la dovette cedere alla città di Anversa. Dalla città, anni dopo, le opere furono donate all’arciduca Ernesto d’Austria. Attualmente delle cinque tavole che ci sono giunte tre sono conservate presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna (dove è raccolto il maggior numero di dipinti dell’artista), una a Praga alla N<árodn<í Galerie e una al Metropolitan Museum of Art di New York.
La serie si inseriva, sebbene declinandola in termini monumentali, nel solco della tradizione medievale dei calendari illustrati con scene che riproducevano le varie attività umane svolte nel susseguirsi ineluttabile delle stagioni.
Non sappiamo con certezza assoluta quale fosse il numero dei quadri in origine (se sei o dodici), anche se la maggior parte degli studiosi oggi ritiene che Bruegel ne realizzò sei, uno per i bimestri di ogni stagione. E, fermo restando che tradizionalmente i mesi venivano raffigurati singolarmente e che l’unione di due sarebbe stato un fatto non senza precedenti ma piuttosto inconsueto, gli inventarî che ci sono pervenuti sembrerebbero confermare tale ipotesi. Il 5 luglio del 1594 il segretario di Ernesto d’Asburgo ne registra sei, “in ogni quadro due mesi con le rispettive figure”; un secolo più tardi in un inventario dei beni dell’arciduca Leopoldo Guglielmo risultano cinque tavole, quelle che ci sono pervenute. Anche per via di tale incertezza non è semplicissimo stabilire con precisione a quale mese o a quale coppia di mesi ogni tavola si riferisca.
Pieter Bruegel, Cacciatori nella neve (1565; olio su tavola, 116,5 x 162 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum) |
Pieter Bruegel, La giornata buia (1565; olio su tavola, 118 x 163 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum) |
Pieter Bruegel, La fienagione (1565; olio su tavola, 117 x 161 cm; Praga, Národní Galerie) |
Pieter Bruegel, La mietitura (1565; olio su tavola, 119 x 162 cm; New York, The Metropolitan Museum) |
Pieter Bruegel, Il ritorno della mandria (1565; olio su tavola, 117 x 159,7 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum) |
Generalmente Cacciatori nella neve è considerato una rappresentazione del mese di dicembre o di gennaio o del bimestre dicembre-gennaio, La giornata buia si crede raffiguri febbraio o febbraio-marzo, La fienagione giugno o giugno-luglio, La mietitura agosto o agosto-settembre e Il ritorno della mandria ottobre o novembre o ancora ottobre-novembre. Se si prende per buona l’ipotesi dei sei dipinti, il quadro citato dall’inventario del 1594 e poi sparito poteva essere riferito al bimestre di aprile e maggio. Tuttavia lo storico dell’arte Alexander Wied, che comunque ritiene il ciclo composto di sei opere, nella sua monografia degli anni Ottanta dedicata al pittore osservò che “possiamo scostarci un attimo dalle raffigurazioni dei calendari e considerare rivoluzionario il ciclo di Bruegel, anche perché egli ha colto in una libera successione, che non è quella consueta delle quattro stagioni, sei diversi aspetti della natura, senza pensare a una rigida limitazione di tempo”.
Nei dipinti del pittore olandese il susseguirsi delle stagioni è testimoniato non più principalmente dalle attività degli uomini, ma in primo luogo dal paesaggio; sopraffatti, in una natura grandiosa e sovrana che muta costantemente, brulicano gli esseri umani, spesso affannandosi “nella ricorrente vicenda della vita” per usare le parole di Arturo Bovi, tratte dal suo “Bruegel” del 1970.
Così in La giornata buia, sotto un cielo carico di nuvole scure, in primo piano ma relegato sulla destra, un gruppo di contadini lavora intorno a degli alberi, mentre in lontananza alcune barche affondano cedendo al mare burrascoso. Al contrario La fienagione, con la sua atmosfera limpida, ci mostra l’inizio dell’estate e si apre in un vasto paesaggio i cui colori variano dal giallo e dal verde della parte inferiore, popolata da contadini, all’azzurro delle colline e del fiume. Di nuovo il giallo, questa volta molto più intenso, domina la raffigurazione dei campi in La mietitura, in cui ai lavoratori che si affaticano nella zona sinistra del quadro, definita in basso da una distesa dorata uniforme, rispondono quelli stesi al suolo a mangiare o a dormire, nella parte opposta, cromaticamente più articolata. Nessuno riposa, invece, nel dipinto Il ritorno della mandria in cui la lenta marcia di uomini e animali in primo piano esprime freddo e fatica, mentre sullo sfondo ci è mostrata tutta l’ostilità atmosferica dell’autunno avanzato.
Cacciatori nella neve, probabilmente il primo quadro della serie, è anche il più conosciuto e certamente una delle più note rappresentazioni pittoriche dell’inverno in assoluto. Come gli altri quattro dipinti è un olio su tavola e come gli altri, con la sola eccezione di La fienagione, è firmato e datato; misura 117 cm per 162.
In primo piano tre cacciatori avanzano sulla neve, non senza fatica, con le loro lance, e uno dei tre trasporta una volpe uccisa. Li segue una muta di cani intirizziti dal freddo. Più in là sulla sinistra, accanto a una locanda di cui vediamo sul tetto l’insegna con sant’Uberto (protettore dei cacciatori), un gruppo di persone prepara tutto il necessario per la strinatura del maiale: l’animale non c’è ma il fuoco e il mastello di legno indicano inequivocabilmente cosa sta per succedere.
Da quella zona ripidi declivî conducono lo sguardo in basso, verso gli stagni ghiacciati su cui si divertono alcuni pattinatori, qualcuno si intrattiene giocando, qualcun altro cade. Nel centro della composizione, in lontananza, posta accanto al quarto degli alberi che si succedono a partire dal punto in cui sono i cani, vediamo una minuscola macchia marrone sulla neve: si tratta di una trappola per uccelli circondata, appunto, da volatili. Dall’altra parte un ponte, su cui cammina una figura che trasporta fascine, attraversa lo stagno costeggiando un mulino in rovina coperto di ghiaccio. Sempre sulla destra, in basso lungo la linea del pendio, scorgiamo un uomo che lavora attorno a dei rami spogli, mentre poco distante da lui due donne pattinano sull’acqua ghiacciata.
Davanti ai cacciatori si apre la vallata, con le sue stradine innevate, con gli stagni, le case e i campanili, in alto vola un corvo solenne e silenzioso, mentre altri sono fermi sui rami spogli che affollano, intrecciandosi, la sommità sinistra della raffigurazione. Ancora a sinistra sono mostrate le rive ghiacciate del mare la cui acqua verde chiaro si distingue dal cielo più scuro, contro il quale, nella parte opposta si stagliano le cime di alcune montagne.
Pieter Bruegel, Cacciatori nella neve, dettaglio dei cacciatori e, sullo sfondo, le persone davanti alla locanda |
Pieter Bruegel, Cacciatori nella neve, dettaglio della trappola per uccelli |
Pieter Bruegel, Cacciatori nella neve, dettaglio del villaggio e del laghetto sullo sfondo |
Pieter Bruegel, Cacciatori nella neve, dettaglio dei corvi |
Pieter Bruegel, Cacciatori nella neve, dettaglio del mulino in primo piano |
Pieter Bruegel, Cacciatori nella neve, dettaglio del mulino in primo piano |
Pieter Bruegel, Cacciatori nella neve, dettaglio delle montagne |
In un passaggio molto noto del suo Shilder Boeck, pubblicato per la prima volta nel 1604, il pittore e biografo olandese Karl Van Mander parlando di Pieter Bruegel e del suo viaggio di formazione in Francia e in Italia, compiuto tra il 1552 e il 1554, racconta: “di lui si dice che quando era sulle Alpi, abbia ingoiato tutte le montagne e le rocce per vomitarle poi, una volta tornato a casa, sulle tele e sulle tavole, tanto fedelmente seppe avvicinarsi alla natura di questo o quel luogo”. Ed è facile immaginare che tali reminiscenze, di cui è traccia in larga parte della produzione pittorica e grafica dell’artista, pensiamo alle vette del già citato LaGiornata buia o al maestoso sfondo di Fuga in Egitto della Courtauld Gallery, gli siano tornate ben utili anche per la realizzazione del paesaggio nel dipinto che si sta trattando.
Ma vediamo ulteriori particolari. Tanto i pattinatori quanto la trappola compaiono anche in un altro celebre dipinto di Bruegel raffigurante anch’esso una tipica giornata invernale, di formato minore e realizzato nello stesso anno: Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli, custodito presso i Musées Royaux des Beaux-Arts a Bruxelles. In questo quadro, vero e proprio prototipo dei paesaggi innevati nel contesto della pittura olandese del XVII secolo, i pattinatori che si divertono sul fiume ghiacciato occupano la parte centrale, mentre la tavola di legno che costituisce la trappola, poggiata su un bastoncino e legata a un filo che la collega a una vicina casa, è ben visibile (molto più che in Cacciatori nella neve) a destra. La posizione preminente dell’oggetto e la vicinanza con i pattinatori hanno portato molti studiosi a ipotizzare un significato moraleggiante dell’opera: i pattinatori sventati e ignari rischiano di perdersi insidiati dalle tentazioni, come gli uccelli rischiano di morire minacciati dalla trappola.
Spesso, in effetti, nell’arte figurativa nordica contemporanea a Bruegel gli uccelli, i cacciatori di uccelli e la trappola ricorrono in raffigurazioni allegoriche legate ai temi del peccato e della perdizione, in cui l’anima umana è simboleggiata da un volatile e il diavolo che la tenta dal suo cacciatore. Le radici di questa tradizione sono rintracciabili direttamente nella Bibbia. Nel capitolo 124 dei Salmi, ad esempio, si legge: “Noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati”.
Per quanto riguarda, invece, i pattinatori sono noti molti proverbi fiamminghi del Cinquecento (ed è innegabile l’interesse di Bruegel per i proverbi, basti citare il dipinto I proverbi fiamminghi dello Staatliche Museen di Berlino) in cui il ghiaccio sul punto di rompersi è metafora di pericolo o di malvagità. Inoltre presso il Koninklijk Museum voor schone Kunsten di Anversa è custodita una stampa tratta da un disegno del 1558 dello stesso Bruegel, Pattinatori davanti alla porta di San Giorgio in Anversa (in collezione privata negli Stati Uniti) corredata da un’iscrizione moraleggiante che mette in relazione la folla sui pattini, qui raffigurata, in cui spicca in primo piano un uomo sul punto di cadere, con l’essere, letteralmente, scivolosa e dunque instabile della condizione umana. La stampa non è un primo stato e non si ha alcuna prova che l’artista sia stato coinvolto nella sua realizzazione, e tuttavia testimonia efficacemente come fosse diffuso presso il suo ambiente culturale l’accostamento metaforico tra il ghiaccio e la precarietà morale dell’uomo.
Alla luce di queste considerazioni risulta certamente interessante la compresenza di trappola e pattinatori anche in Cacciatori nella neve, per il quale non sono mancate letture che ne sottolineassero le possibili implicazioni allegoriche.
I proverbi fiamminghi Staatliche Pattinatori davanti alla porta di San Giorgio in Anversa
Pieter Bruegel, Paesaggio con fuga in Egitto (1563; olio su tavola, 37,1 x 55,6 cm; Londra, Courtauld Institute) |
Pieter Bruegel, Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli (1565; olio su tavola, 37 x 55,5 cm; Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts) |
Pieter Bruegel, Proverbi fiamminghi (1559; olio su tavola, 117 x 163 cm; Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie) |
Tuttavia qui ha prevalso, nell’osservazione degli studiosi, l’attenzione per la straordinaria maestria con la quale Bruegel, prima di ogni altra cosa, rende l’essenza di un freddo giorno invernale.
Invece della tonalità giallastra che hanno il cielo carico di nebbia e il suo riflesso in Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli, nel dipinto del ciclo dei Mesi troviamo uno scenario avvolto in un’atmosfera cristallina in cui tutto sembra sospeso, pervaso da un profondo senso di solitudine e dal silenzio del rigore invernale, anche le lontane figure dei pattinatori. E poi l’impressione del freddo che è in ogni particolare: nei passi affaticati dei cacciatori, nei rami neri e spogli che graffiano il bianco della neve, e nel verde livido del cielo.
L’ampiezza del paesaggio è rimarcata dal susseguirsi dei tronchi in primo piano che accompagnano lo sguardo verso la curva disegnata dalla vallata e poi di nuovo verso l’alto dalle vette delle montagne a sinistra. Come si è detto, l’ambientazione è probabilmente, almeno in parte, il frutto di reminiscenze dei paesaggi alpini che Bruegel ebbe modo di ammirare, ma l’identificazione, che è stata tentata, di questi luoghi con precise località non è generalmente accettata.
Scrive ancora Wied, riferendosi all’intero ciclo e a Cacciatori nella neve in particolare: “Qui più che altrove è evidente quanto questi paesaggi mirino all’universale. Non è un paesaggio invernale qualsiasi, ne è invece il complesso, l’inverno per eccellenza”.