Una biblioteca con una storia millenaria, e con materiali che hanno attraversato indenni secoli di storia. Si potrebbe descrivere così la Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Santa Scolastica, che deve le sue origini a san Benedetto: è infatti la biblioteca del Monastero di Santa Scolastica a Subiaco, uno dei dodici monasteri che furono fondati nei pressi della cittadina della valle dell’Aniene dallo stesso san Benedetto. La biblioteca si arricchì soprattutto a partire dal XII secolo e oggi conserva un importante Archivio Monastico, dove è possibile trovare il significativo fondo pergamenaceo che è costituito da circa 15.000 documenti e 3.883 pergamene (tra documenti pontifici, documenti regii, atti notarili, e molto altro), che vanno dal XII al XVIII secolo e riguardano l’amministrazione temporale e spirituale del territorio abbaziale. Ci sono, per esempio, documenti che trattano compravendite, risoluzioni di liti, sentenze di tribunali, e poi ancora fogli con contratti, inventari, catasti, terreni, condoni e molto altro: tutta la storia dell’abbazia scritta su carta.
Si tratta di materiale in gran parte inedito dal momento che pochi sono i documenti presenti nell’archivio che sono stati pubblicati e trascritti. La catalogazione di questo materiale si deve a Leone Allodi (Parma, 1841 - Subiaco, 1914), che fu soprintendente ai monasteri di Subiaco dopo l’Unità d’Italia: il giovane Stato, nel 1866, stabilì infatti la soppressione degli ordini monastici che, dopo l’annessione dei territori dell’ex Stato Pontificio, toccò anche a Roma e dintorni a partire dal 1873. I monasteri sublacensi, al pari di altri monasteri sparsi su tutto il territorio italiano, furono così dichiarati monumenti nazionali: il ministro della Pubblica Istruzione, nel 1874, intese proporre il monaco Luigi Tosti come soprintendente, ma la nomina alla fine, con decreto del 25 aprile 1874, toccò a Leone Allodi che si adoperò subito per far restaurare le parti del monastero che necessitavano d’intervento e soprattutto si attivò per il riordino della biblioteca e dell’archivio: il catalogo dei documenti di Santa Scolastica tuttora in uso si deve alla sua azione. Sempre Allodi, peraltro, descrisse tutti i documenti e gli incunaboli dell’archivio e della biblioteca, ragione per cui il suo lavoro è ancora molto prezioso per studiare quanto è conservato tra le pareti dell’istituto.
Inoltre, Allodi si occupò della catalogazione dei codici presenti nel fondo antico di Santa Scolastica, contando 436 oggetti, un numero che è stato confermato anche da catalogazioni recenti, ed entro il quale si trovano sia manoscritti provenienti da Santa Scolastica, sia manoscritti dal Sacro Speco di Subiaco: il numero esiguo rispetto alle migliaia che la biblioteca un tempo conservata attesta la mole delle dispersioni che nei secoli hanno depauperato la raccolta. Tuttavia, anche se il materiale sopravvissuto è una frazione di quanto un tempo si trovava nella biblioteca, costituisce comunque una base molto utile per capire come si viveva in tempi antichi nel monastero di Santa Scolastica. In particolare i testi conservati dai codici giunti fino a noi, ha scritto la studiosa Luchina Branciani che si è a lungo occupata dei fondi dei monasteri sublacensi, “concernono le discipline alla base della formazione del monaco e riflettono la vivacità della cultura circolante negli ambienti monastici attraverso i secoli, in grado di spaziare da testi normativi come la Regola, alla Bibbia, alla sua esegesi, ai Padri, all’ascetica, all’agiografia, alla liturgia, alla musica, al diritto, alla letteratura scientifica”.
Peraltro, dai nomi dei copisti che troviamo sui codici prodotti negli scriptoria dei monasteri sublacensi, ricaviamo la notizia di molte presenze straniere: a Subiaco c’erano infatti monaci spagnoli, francesi, tedeschi, austriaci, polacchi, olandesi che nel firmarsi inserivano anche il loro luogo di provenienza. Sappiamo inoltre, sempre da questo materiale, che risale al Cinquecento la prima catalogazione completa del fondo librario e documentario dei monasteri di Subiaco: il merito di tale operazione si deve al monaco Guglielmo Capisacchi da Narni, presente nel monastero di Santa Scolastica a partire dal 1527. La sua opera di catalogazione è testimoniata peraltro dalle segnature e dalle note di possesso che egli stesso tracciò a mano sui codici per riferirne l’appartenenza. Alcune note di possesso (come quella apposta nel manoscritto 217) attestano il passaggio di collocazione tra la biblioteca del Sacro Speco e quella di Santa Scolastica, e dimostrano come sempre nel Cinquecento le due biblioteche furono unite. E sempre le segnature cinquecentesche dimostrano una precisa volontà di catalogazione per il fatto che gli oggetti vengono numerati (cosa che invece non si registra nelle note di possesso del secolo precedente): per esempio, sul manoscritto 40 si nota la scritta Est sacri monasterii Sublacensis signatus numero 332, con la grafia di Capisacchi. Sullo stesso manoscritto potevano trovarsi anche due note: sempre il manoscritto 40 infatti riporta anche la nota Iste liber est congregationis Casinensis alias sanctae Iustinae, deputatus ad usum monachorum monasterii Sublacensis signatus numero 332, scritta nella prima metà del XVI secolo.
La maggior parte del fondo di Santa Scolastica è inedito e pochi sono, rispetto alla grande quantità del materiale, i documenti che hanno avuto una integrale trascrizione paleografica. “Molti di essi”, spiega il direttore della biblioteca, dom. Fabrizio Messina Cicchetti, “sono stati nel tempo studiati e citati, ma per il loro attuale condizionamento (piegate o arrotolate) risulta difficile poterli studiare comodamente senza nuocere agli stessi documenti. Per questa ragione alcuni anni addietro si è provveduto ad incaricare un gruppo di restauratori per progettare un intervento che preveda la digitalizzazione in alta risoluzione di tutti i documenti pergamenacei dell’Archivio Monastico, quindi il necessario spianamento, restauro (dei documenti e dei sigilli, laddove presenti) e il nuovo condizionamento in apposite cassettiere. Sarà così possibile valorizzare meglio questi documenti e il loro prezioso contenuto consentendo agli studiosi e ricercatori un più comodo accesso e ai documenti una più consona conservazione a loro tutela”. Si tratta di un primo e fondamentale intervento di valorizzazione che completerà l’azione avviata a fine Ottocento da Leone Allodi, e che si porrà come ulteriore base per conoscere e approfondire l’importante materiale conservato in Santa Scolastica.
L’abbazia di Santa Scolastica di Subiaco venne fondata da san Benedetto, e probabilmente la biblioteca nacque con l’istituzione stessa del monasrtero, anche se non ci sono pervenuti libri del tempo san Benedetto, a causa delle devastazioni subite dai monasteri sublacensi tra il VII e il X secolo. Dopo l’anno Mille l’abbazia rifiorì e la biblioteca cominciò a dotarsi nuovamente di libri, in particolare sotto l’abate Umberto (1050-1069) e sotto l’abate Giovanni V (1069-1121). Verso la fine del XIV secolo, la biblioteca possedeva circa 10.000 volumi. Negli anni 1464-1467 la Biblioteca si arricchì dei primi libri stampati in Italia, proprio nel monastero di Subiaco, dove si trovava la prima tipografia italiana, impiantata dagli stampatori tedeschi Corrado Schweynheym e Arnoldo Pannartz, che nel giugno 1467 si trasferirono a Roma lasciando a Subiaco buona parte del macchinario tipografico, anche se dopo la loro partenza pare che i monaci non abbiano stampato altri libri. In seguito, altri incunaboli furono acquistati a Roma presso gli stessi tipografi e anche da altre tipografie.
Molte opere sono andate perdute e tante sono state asportate soprattutto durante l’invasione del monastero negli anni 1789-1799 e 1810-1815. Dopo l’Unità d’Italia e la soppressione dei monasteri, il pubblico demanio confiscò i beni di Santa Scolastica e li pose all’asta, e poi dichiarò i monasteri monumento nazionale e ne affidò la custodia ad alcuni monaci. Fu dato l’incarico di sovrintendente a don Leone Allodi, con l’impegno di ordinare la biblioteca e la collezione dei manoscritti, compito che Allodi portò a termine con competenza non comune. Un nuovo incremento e una migliore sistemazione della biblioteca si ebbe con l’abate Salvi: durante il suo lungo governo (1909-1964) essa venne sistemata in sede più degna e rifornita di collezioni antiche e moderne e di varie riviste, grazie anche al sostegno economico dei dirigenti del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Oggi, la Biblioteca è in possesso di circa 130.000 volumi a stampa, 15.000 documenti, 3.883 pergamene, 436 manoscritti e 206 incunaboli, di cui tre stampati a Subiaco. Tra i fondi importanti figurano l’Archivio Monastico, il Fondo Costa (la biblioteca dei famosi esponenti del socialismo italiano Andrea Costa e Anna Kulischoff), l’Archivio Colonna, la Biblioteca Pio VI, il fondo Stampe e Disegni.
La tua lettura settimanale su tutto il mondo dell'arte
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER