Arte e anarchia: Paul Signac e il suo “Au temps d'harmonie”


Au temps d'harmonie è un dipinto in cui Paul Signac manifesta le proprie idee anarchiche in modo chiaro e inequivocabile: analizziamo l'opera in questo articolo!

Era il 24 giugno 1894 quando, a Lione, l’anarchico italiano Sante Caserio uccise, con una coltellata al cuore, il presidente della repubblica francese Marie-François Sadi Carnot. Non fecero in tempo a passare due mesi che Sante Caserio, subito catturato dopo l’attentato, venne giustiziato sempre a Lione, il 16 agosto. Come per Gaetano Bresci qualche anno dopo, anche per Sante Caserio non si trattò di un attentato volto a uccidere una persona: si trattò di compiere un gesto plateale per tentare di abbattere un principio. Caserio, prima di essere giustiziato, scrisse dal carcere una lettera alla madre, alla quale ribadiva il proprio amore e alla quale diceva: se ho commesso questo mio fatto è precisamente perché ero stanco di vedere un mondo così infame.

Sante Caserio
Sante Caserio

Prima di Sante Caserio era stata la volta di Auguste Vaillant, giustiziato il 5 febbraio del 1894 tramite ghigliottina per aver piazzato una bomba presso la Camera dei deputati a Parigi. Nel maggio dello stesso anno veniva invece giustiziato il ventiduenne Émile Henry che aveva lanciato una bomba alla Gare Saint-Lazare. Due anni prima, a subire la condanna a morte fu l’anarchico illegalista Ravachol, autore di numerosi attentati e furti (l’illegalismo ammette atti illegali come il furto e la rapina se condotti al fine di riparare le ingiustizie del capitalismo). Per la Francia si trattava di una serie di attentati senza precedenti: erano i frutti dell’azione degli anarchici che credevano nell’insurrezionalismo, ovvero quella forma di anarchismo che prevede che lo Stato debba essere abbattuto attraverso moti violenti di rivolta: si tratta, tuttavia, di una tendenza che è stata spesso criticata da altre correnti dell’anarchismo.

A causa dell’azione di questi personaggi, spesso spinti da pulsioni individuali e quindi non afferenti ad alcun gruppo organizzato, in Francia la repressione nei confronti degli anarchici non fu tenera. Anche per questo motivo, il grande artista Paul Signac (1863 - 1935) fu costretto a rivedere un importante dipinto a cui stava lavorando in quegli anni, noto oggi come Au temps d’harmonie. L’âge d’or n’est pas dans le passé, il est dans l’avenir (“Al tempo dell’armonia. L’età dell’oro non è nel passato, ma è nell’avvenire”). Il titolo che Signac aveva infatti previsto per l’opera era diverso: la prima parte del nome del dipinto avrebbe dovuto essere Au temps d’anarchie, e cioè “Al tempo dell’anarchia”. Però, dati i recenti fatti di cronaca, l’artista ritenne forse più prudente cambiare il titolo in corso d’opera. Il dipinto fu iniziato nel 1893: l’artista si era da poco trasferito a Saint-Tropez dove entrò in contatto con molti altri artisti e intellettuali, come Henri-Edmond Cross, Maximilien Luce, Théo Van Rysselberghe e, più tardi, anche Henri Matisse. Il soggiorno a Saint-Tropez fu fondamentale per Signac: qui sperimentò a fondo la tecnica dell’acquerello, e la luce calda e avvolgente della cittadina contribuì a schiarire la sua tavolozza.

Paul Signac, Au temps d'harmonie; olio su tela, 300 x 400 cm; 1893-1895; Montreuil, Municipio
Paul Signac, Au temps d’harmonie; olio su tela, 300 x 400 cm; 1893-1895; Montreuil, Municipio

Au temps d’harmonie (o d’anarchie per chi preferisce il titolo originario) è ambientato proprio a Saint-Tropez. È una sorta di manifesto politico e racchiude in breve le idee anarchiche di Paul Signac (sulle quali, comunque, sarà opportuno tornare con un altro post). L’obiettivo dell’anarchia è quello di creare una società dove si possa vivere in armonia (da qui, dunque, il secondo titolo dell’opera), in cui le persone possano trascorrere la propria esistenza in modo spensierato e facendo ciò che amano, e dove non ci siano differenze di ceto, censo, e quant’altro. Questo è il fine di ogni idea anarchica, malgrado parte dell’opinione pubblica sia stata abituata ad associare l’anarchia al caos: niente di più infondato, sbagliato e antipatico. L’anarchia è armonia, perché la mancanza di una forma di governo spinge gli uomini a organizzarsi in modo armonioso, abbattendo le barriere sociali.

Lo vediamo bene nel dipinto di Signac. In primo piano un uomo, abbandonate a terra una falce e una pala, coglie un fico da un albero: si tratta di un autoritratto di Paul Signac. Vicino a lui, una donna (sua moglie Berthe Roblès) dona un fico a un bambino. Più indietro, un uomo legge e a fianco altri due uomini giocano a bocce. Indietro, ci sono una coppia di innamorati che si abbracciano e una donna che sembra cogliere fiori da un cespuglio. In lontananza vediamo un pittore all’opera con tela e cavalletto, e nell’acqua un gruppo di ragazzi che si tuffano in mare. Sullo sfondo, macchine agricole falciano i campi e un gruppo di persone festanti ed esultanti improvvisa una danza attorno a un pino marittimo. Il perché di quest’ultimo particolare è semplice: Signac vede il progresso tecnologico, rappresentato dalle macchine, come una liberazione, nel senso che le macchine possono compiere il lavoro al posto dell’uomo (e infatti il personaggio che rappresenta Signac posa a terra falce e pala) e lasciano quindi alle persone più tempo per dedicarsi alle loro attività preferite. Erano temi molto sentiti in quegli anni, e Signac voleva dimostrare che esiste un’alternativa al capitalismo che usa il progresso per accentrare la ricchezza nelle mani di pochi. Signac propone quindi una forma di società in cui la ricchezza è adeguatamente ripartita e distribuita e, di conseguenza, dove non esiste prevaricazione e dove tutti partecipano... e vivono felici.

Paul Signac
Paul Signac

Il dipinto di Signac è definito da molti critici come un dipinto che raffigura un’utopia: ma forse sarebbe il caso di parlare, più che di utopia, di società ideale. E l’intento di raffigurare una società ideale anarchica, per l’epoca, rappresentava una novità: l’arte anarchica, infatti, si concentrava perlopiù sul tema della rivolta. Lo stesso Signac, nel 1893, si trovò a riflettere insieme ad Henri-Edmond Cross sull’opportunità di creare un dipinto a tema anarchico, ma che rappresentasse la vita in una società regolata dall’anarchia: così, in quell’anno, Cross scriveva a Signac che sarebbe stato interessante se il pittore avesse immaginato il sogno di un’era dominata dalla felicità e dal benessere, e come in questa era le persone si sarebbero comportate. L’età dell’oro, come la chiama Signac nel titolo dell’opera: un’età in cui la vita trascorre all’insegna della semplicità e della spensieratezza, e lo notiamo facilmente osservando questo dipinto che ci trasmette sensazioni di pace, calma, tranquillità. E a farci provare queste sensazioni contribuiscono anche i colori, caldi e luminosi come la luce mediterranea di Saint-Tropez.

In più, le dimensioni rendono il dipinto imponente: si tratta infatti di un quadro di tre metri di altezza per quattro di larghezza. Signac voleva dimostrare che le tecniche del divisionismo (ovvero lo stile, che derivava dall’impressionismo, in cui le forme sono costruite per mezzo di colori separati in piccoli punti e linee) erano adatte anche per dipinti di grandi dimensioni. L’opera fu terminata nel 1895, e Signac la espose al Salon des Indépendants. Due anni più tardi, il pittore offrì il suo dipinto alla Maison du Peuple di Bruxelles: l’edificio, costruito nel 1895 su progetto di Victor Horta, ospitava la sede del Parti Ouvrier Belge, il Partito Operaio del Belgio. Il progetto però naufragò in quanto Horta, che avrebbe dovuto trovare una collocazione per l’opera all’interno della Maison du Peuple, apparve disinteressato: Signac ritirò così la sua offerta.

Nel 1938, tre anni dopo la scomparsa di Signac, la sua vedova Berthe offrì il dipinto al municipio di Montreuil, una cittadina nei pressi di Parigi: la proposta fu accettata di buon grado. L’opera di recente è stata al centro di un contenzioso tra una discendente di Signac, che avrebbe voluto vedersi riconoscere la proprietà dell’opera al fine di trasferirla al Musée d’Orsay di Parigi, e il comune di Montreuil, che alla fine è risultato vincitore. Il pubblico dunque può ancora vedere il manifesto delle idee di Paul Signac nel municipio di Montreuil. E del resto, era questa la volontà di Signac, ribadita dalla moglie e dai suoi amici, tra i quali Maximilien Luce (che esultò al momento della donazione al municipio nel 1938): far sì che la sua opera potesse essere esposta in un edificio pubblico. Esporre l’opera in un edificio pubblico significa mostrarla a tutti i cittadini, che possono quindi emozionarsi e riflettere davanti al contributo di Signac per una società felice e non violenta, e per un mondo migliore.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).






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