Il piccolo borgo umbro di Corciano custodisce nella chiesa di Santa Maria Assunta un capolavoro di Pietro Vannucci detto il Perugino (Città della Pieve, 1450 circa – Fontignano, 1523): sono molti i turisti che vengono appositamente ad ammirare qui una delle testimonianze pittoriche dell’artista presenti nella regione al di fuori del capoluogo, la Pala dell’Assunta, che dopo oltre cinquecento anni è conservata ancora nel luogo per il quale venne realizzata. Ed è molto stretto il rapporto che l’opera ha con i cittadini: le sono tuttora molto devoti e addirittura, quando tra il 2003 e il 2004 venne restaurata e quindi smontata e portata in laboratorio, qualche fedele ha versato lacrime perché entrando in chiesa per venire a pregare non aveva più la sua Vergine a cui rivolgersi. Si immaginerà dunque la gioia e la festa con cui fu accolta la pala al suo ritorno. Collocata sull’altare maggiore della chiesa in posizione rialzata, l’opera illumina oggi l’ambiente con i suoi colori vividi e la sua grande e architettonica cornice blu e dorata che racchiude la tavola principale e le due predelle.
La Pala dell’Assunta, conosciuta anche come Pala di Corciano, è dunque composta da tre elementi: la tavola centrale dove è raffigurata la scena dell’Assunzione della Vergine e le due predelle sottostanti che raffigurano l’Annunciazione e l’Adorazione dei pastori. L’Annunciazione nella predella a sinistra è ambientata all’interno di una struttura architettonica divisa perfettamente a metà da una colonna, ai cui lati il Perugino colloca simmetricamente da una parte l’angelo annunciante e dall’altra la Vergine annunciata, mentre sullo sfondo è dipinto un paesaggio con dolci colline e due alberelli quasi stilizzati disposti anch’essi in maniera simmetrica. L’Adorazione dei pastori nella predella a destra è invece ambientata in un paesaggio naturale scandito dietro alla Sacra Famiglia e ai pastori in primo piano da un’alta struttura lignea di cui tuttavia non si vede la parte sovrastante. Disposti anche in questo caso simmetricamente, sono inginocchiati in adorazione del Bambino la Madonna e san Giuseppe e leggermente più indietro stanno invece i due pastori; al centro Gesù Bambino è raffigurato in una posa che ricorda quella del Bambino dell’Adorazione dei Pastori conservata nella Galleria Nazionale dell’Umbria, con la testolina verso l’osservatore, il corpicino quasi su un fianco, il gomito poggiato a terra per sorreggersi e la mano opposta sulla gamba piegata. Dietro, il bue e l’asino da una parte, dall’altra un pastore con il suo gregge, la colomba dello Spirito Santo che scende centralmente e un angelo in volo che giunge dall’angolo sinistro della scena.
La tavola principale ha sullo sfondo le dolci colline umbre che digradano sempre più fino quasi a svanire per dare la percezione di profondità al paesaggio, più definito per i colli più vicini e più sfocato man mano che ci si allontana verso l’orizzonte. E nella parte superiore un cielo azzurro terso. La scena si sviluppa su due livelli differenti ma in collegamento tra loro. La sezione bassa è popolata dai dodici apostoli disposti in due gruppi, uno da sei e uno da cinque, in piedi, e il dodicesimo al centro in ginocchio. Quest’ultimo è san Tommaso, riconoscibile dalla cintola della Vergine sul braccio (nei Vangeli apocrifi si racconta infatti che la Madonna, dopo l’Assunzione, donò la cintura all’apostolo). Tutti guardano con espressione stupita verso l’alto: la maggior parte di loro prega con le mani incrociate o giunte, ma c’è anche chi solleva lo sguardo tenendo una mano sul fianco o chi accompagna lo stupore con un gesto.
La sezione alta è occupata invece al centro dalla Vergine Assunta in cielo dentro una mandorla di luce, circondata da serafini e da quattro angeli oranti e musicanti. La Madonna guarda l’osservatore in preghiera e poggia i piedi su una nuvola che la solleva su in alto nel cielo.
Il Perugino realizzò la Pala dell’Assunta nel 1513, dieci anni prima della sua scomparsa: è quindi un’opera della fase tarda della sua produzione, quando l’artista fece ritorno nella sua Umbria dopo essere stato tra Firenze e Roma, e in particolare nei borghi. Il contratto venne stipulato il 18 dicembre 1512 dal notaio Felice di Antonio, di fronte al Collegio dei Calzolai, tra l’artista, il procuratore della chiesa di Santa Maria Antonio di Cristoforo Ciacci e il rappresentante della comunità corcianese Luca di Matteo Baroni. La comunità corcianese richiedeva al pittore di realizzare un’opera completa di “cassa” da destinare all’altare maggiore della chiesa parrocchiale intitolata alla Vergine Assunta per un compenso di cento fiorini e di portarla a termine entro il 15 agosto dell’anno successivo, dato che la festività dell’Assunzione ricorre quel giorno. Il pittore doveva dunque impegnarsi a compiere la pala entro gli otto mesi e i cento fiorini gli sarebbero stati dati in parte in anticipo e in parte entro la consegna dell’opera.
Nel contratto il notaio inoltre scrisse che il dipinto doveva essere eseguito “con oro et altri colori buoni”: i corcianesi avevano fatto specificare che venissero impiegati materiali di prima qualità e preziosi e che avrebbe dovuto essere "più bello e prezioso della Pala Oddi di Raffaello".
La pala si distingue infatti per l’altissima qualità della stesura pittorica e per la finezza del disegno, anche se il pittore replicò elementi già ben rodati e collaudati nella sua produzione. L’opera di Corciano presenta analogie per esempio con la pala centinata raffigurante l’Assunzione della Vergine con i santi Gennaro, Paolo e il cardinale Oliviero Carafa di Napoli, che un tempo spiccava sull’altare maggiore del duomo, dedicato a Santa Maria Assunta, e da cui fu rimossa nel 1741-1744 per essere collocata nella cappella Baraballo, nel transetto destro. Quest’ultima è databile al primo lustro del Cinquecento, periodo in cui, come scrive Orazio Lovino nel suo saggio del catalogo della mostra Il meglio maestro d’Italia, "Perugino, solito accettare più incarichi in
contemporanea dilazionandone i termini di consegna, era al culmine della notorietà e oberatissimo di commissioni“. Lovino sottolinea inoltre la “riproposizione nella pala napoletana della fortunata composizione dell’Assunzione affrescata nella cappella Sistina” (replicata su tavola a Firenze e a Corciano) e spiega che questa “non è imputabile soltanto al ricorso ‘industriale’ a una delle formule del catalogo d’invenzioni di Perugino”, ma “a una precisa scelta emulativa da parte di Oliviero Carafa”, identificato dalla critica nel personaggio ritratto in ginocchio, in ”una meditata autocelebrazione che, muovendo dal sotterraneo Succorpo destinato ad accogliere sia le reliquie gennariane sia le spoglie del cardinale Carafa immortalato nel marmo in eterna orazione, culminava con un percorso ascensionale nella pala maggiore". Riassumendo, la Pala di Corciano risulta simile nella composizione alla citata pala napoletana, alla perduta pala d’altare ad affresco raffigurante l’Assunzione della Vergine nella Cappella Sistina prima che Michelangelo vi dipingesse il Giudizio Universale, e all’Assunta conservata nella Basilica della Santissima Annunziata di Firenze.
Il segreto della luminosità dei dipinti su tavola del Perugino, come spiega Giovanni Manuali, a cui si deve l’intervento di restauro del 2003, nel suo saggio del catalogo della mostra Con oro e colori preziosi e buoni: Perugino a Corciano: 1513-2013. I cinquecento anni della Pala dell’Assunta, curata da Tiziana Biganti, Fabio De Chirico e Alessandra Tiroli e tenutasi nel 2013, è merito del “peculiare tipo di gessatura in uso nella bottega del Perugino, con commistione di bianco di piombo e pigmento giallo nell’amalgama, la perfetta levigatura che la riduce ad un minimo strato, la successiva brunitura per dare una consistenza specchiata e la perfetta adesione al supporto ligneo per mezzo di colla di bue a caldo: una prassi acquisita nelle botteghe fiorentine e che non lo abbandonerà mai”. Attraverso le riflettografie a infrarosso, che hanno rivelato le procedure esecutive e i ripensamenti dell’artista, si è inoltre potuto vedere come “sopra questo strato bianco-giallino abbassato con olio di lino per diminuire l’assorbenza, il pittore imposta il disegno preparatorio, con carbone di legna che consente facilmente correzioni, poi fermato con un acquarello nero diluito”.
Per quanto riguarda la cornice dell’Assunta di Corciano, parte integrante dell’opera, Alberto Maria Sartore rendeva noto, nel suo saggio del catalogo della stessa mostra, della scoperta di un nuovo “documento sulla commissione della struttura lignea della pala dell’Assunzione di Corciano, esemplata sul modello Oddi, che si pone in diretta connessione con il già noto contratto di affidamento al Perugino della parte pittorica, rendendo così possibile la ricostruzione dell’intero percorso di realizzazione dell’opera”. Sartore spiega che donno Antonio Ciaci, pievano della chiesa di Santa Maria, allogò ad Antonio Bencevenni da Mercatello l’esecuzione del manufatto comprensivo dell’arredo; l’intagliatore si impegnava a ultimare il lavoro entro sei mesi per un compenso di venticinque fiorini. Il contratto venne redatto il 25 aprile 1509. La commissione per la carpenteria rimanda alla nobildonna Alessandra Baglioni degli Oddi, vedova di Simone degli Oddi, colei che commissionò la pala Oddi come pala d’altare della cappella gentilizia di famiglia nella chiesa di San Francesco al Prato di Perugia: nel testo infatti Antonio da Mercatello si obbliga “di far una tavola da tenere sopra l’altare in dicta chiesa a la foggia della tavola de madonna Leandra sta in San Francesco di porta Santa Susanna”. “Risulta evidente”, afferma Sartore, "com’era supponibile, che il modello da imitare per la pala di Corciano non riguardasse unicamente le decorazioni e la doratura della cornice, ma anche la struttura della tavola comprensiva della capsa; d’altronde il carpentiere incaricato già conosceva il manufatto da prendere come esempio in quanto vi aveva prestato la propria opera quattro anni prima. Alessandra, chiamata nel contratto col solo appellativo di madonna Leandra, si connota quale nobildonna conosciuta e popolare non solo in città ma anche nel contado cittadino". La cornice attuale non è tuttavia quella antica di cui si parla nel contratto: quest’ultima è infatti sparita nel corso dei rifacimenti della chiesa parrocchiale, e la parte che contiene le predelle è da considerarsi ancora più moderna; compare in una foto del 1936, come sottolinea Manuali, costruita a imitazione della sovrastante.
La tavola centrale venne divisa per un certo periodo dalle predelle: risulta infatti dall’inventario del 1843 che i due episodi dell’Annunciazione e dell’Adorazione dei pastori erano appesi alle pareti ai lati dell’altare maggiore. Successivamente, dalla descrizione inventariale del 1855, dopo la ristrutturazione della chiesa effettuata intorno al 1850, risulta che la tela principale si trovava dietro l’altare maggiore, mentre le due predelle erano state collocate nella sacrestia nuova. La pala venne riunita nella prima metà del Novecento e ancora oggi la possiamo ammirare ricomposta in tutto il suo splendore nell’abside dietro l’altare maggiore della chiesa dedicata all’Assunta del borgo di Corciano, tappa imperdibile se si vuole conoscere l’arte del tardo Perugino.
L’articolo è redatto nell’ambito di “Pillole di Perugino”, un progetto che fa parte delle iniziative per la divulgazione e diffusione della conoscenza della figura e dell’opera di Perugino selezionate dal Comitato Promotore delle celebrazioni per il quinto centenario della morte del pittore Pietro Vannucci detto “il Perugino”, costituito nel 2022 dal Ministero della Cultura. Il progetto, a cura della redazione di Finestre sull’Arte, è cofinanziato con i fondi messi a disposizione del Comitato dal Ministero.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERGli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
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