Nel centro di Pisa, a pochi metri dalla celebre Torre e lungo la via Santa Maria, asse viario monumentale costellato da antichissime chiese, medievali case-torri e da palazzi gentilizi costruiti tra il XVI e il XVIII secolo, nascosto dagli occhi, si sviluppa l’Orto Botanico dell’Università di Pisa. Si tratta di un luogo stupefacente per il quale vale la pena ritagliarsi del tempo durante la permanenza nella città toscana, poiché capace di assommare e appagare varie motivazioni di visita, sia quelle dettate da interesse storico: è infatti tra gli orti botanici universitari più antichi del mondo, ma permette anche di venir a contatto con i sistemi interpretativi che sovrintendevano le scienze e l’organizzazione dei luoghi ad esse correlati e con le tradizioni collezionistiche del passato. Inoltre, è dotato di un’incredibile selezione floreale e botanica disposta in maniera scenografica, e ovviamente soddisfa anche la necessità di relax e di riparo dal caos e dall’afa cittadina in un paesaggio edenico e silenzioso che si estende per oltre due ettari. E proprio come una rappresentazione medievale di un giardino dell’Eden anche l’orto pisano assomiglia ad un Hortus conclusus, protetto da alte mura che ne celano lo sguardo e ne conservano le delizie, che si iniziano piano piano a mostrare al visitatore una volta varcato l’ingresso storico in via Roma, o quello più moderno in via Luca Ghini.
Le origini dell’Orto Botanico affondano in un passato remoto: è tra i più antichi orti universitari in Italia e si contende la palma con quello di Padova. Sebbene infatti quest’ultimo sia più recente di due anni, venendo fondato nel 1545, la sua sede originale è rimasta immutata, mentre quello pisano è stato spostato due volte nel corso della sua storia. Il primo, infatti, sorse in prossimità dell’Arno vicino dell’Arsenale Mediceo, per poi essere spostato nei pressi del tribunale, e trovare la sua definitiva collocazione “solamente” nel 1591.
Anticamente l’orto nasceva come “giardino dei semplici”, dal nome con cui si intendevano le varietà vegetali con virtù medicamentose, per soddisfare le esigenze didattiche e di ricerca dell’Università e di altri eruditi. L’operazione si inserisce nelle politiche di Cosimo I dei Medici per il rilancio e la riapertura dello studio pisano, chiuso per carenza di docenti e attrezzature otto anni prima. All’interno di questo programma si inserisce anche l’assunzione dell’illustre medico e botanico Luca Ghini, su iniziativa del quale venne fondato l’Orto. Il granduca aveva capito l’importanza del “vedere le vere e viventi Piante”, e per tale motivo promosse un luogo pubblico “dove a spese sue si coltivassero le Piante native di climi e paesi differentissimi”. Ghini, primo prefetto dell’istituzione pisana, ha anche il merito di aver introdotto l’uso dell’orto secco, ovvero gli erbari che raccoglievano le foglie essiccate e le loro illustrazioni dipinte a colori.
L’Orto venne ricollocato nell’ultimo decennio del XVI secolo in via Santa Maria, e le dimensioni originali erano ben più limitate di quanto non lo siano oggi. Anche la disposizione degli ambienti e delle piante rispondeva a istanze tardo-manieriste, con aiuole eterogenee organizzate secondo forme e disegni geometrici, con simboli cosmologici. Nel corso del tempo fu più volte rimaneggiato, ma risale al 1783 un ripensamento radicale della sua sistemazione, in cui le aiuole vennero regolarizzate, tutte in forme rettangolari della stessa dimensione e disposte su file, secondo una concezione didattica. Inoltre, venne ampliata l’area con un lotto noto oggi come Orto del cedro, prima giardino conventuale. Nel XIX secolo si espanse nuovamente con l’area dell’Orto Nuovo e poi dell’Orto Del Gratta, e vi venne costruito al suo interno un Museo di Scienze Naturali, erede della galleria di naturalia e mirabilia voluta da Ferdinando I.
Grazie a straordinarie figure di eruditi l’Orto ha così prosperato per secoli, ed è oggi una vera oasi di pace e bellezza nel cuore di Pisa. Un museo botanico, interessante e curato, sebbene non vastissimo nelle dimensioni, trova spazio negli antichi locali della fonderia, luogo in cui si preparavano composti medicinali. L’edificio è noto anche come Palazzo delle Conchiglie, perché connotato da un’insolita facciata settecentesca con capricciosa fantasia: si tratta di un’incrostazione di materiali eterogenei, tra granito rosa, calchi di conchiglie, scheletri di madrepore, e altre rocce che danno forma anche allo stemma della famiglia granducale degli Asburgo-Lorena. All’interno del museo sono conservati vari reperti storici, tra i quali la monumentale porta intagliata in legno di noce con fantasie floreali, una raccolta di ritratti dei direttori del giardino e di altri studiosi, ma anche la ricostruzione di una Wunderkammer, piccolo studiolo delle meraviglie di gusto rinascimentale che esponeva i naturalia, come scheletri e pelli di animali, gli artificialia e i curiosa, reperti insoliti, come il cranio da cui spunta un corallo, mistificazione acquistata per conto del Granduca, oggi qui riprodotto, mentre l’originale si conserva al Museo di Storia Naturale di Calci, insieme ad altri reperti storici. Autentico è invece lo stipo, un piccolo armadio a cassetti voluto da Ferdinando I per conservare semi e altre rarità. Vi si espone inoltre una ricca selezione di manufatti in ceroplastica, prodotta dall’eccellente scuola toscana tra XVII e XIX secolo. Sono riproduzioni di funghi e modelli didattici di piante, di cui sono presentati anche ingrandimenti di pregevole qualità e vividezza, che servivano come utile strumento di didattica e studio, così come le grandi tavole botaniche e gli erbari, qui sempre esposti.
Il giardino invece è organizzato in più sezioni e ospita addirittura piante secolari, come la palma di Washington che si incontra appena entrati, ricollocata a fine Ottocento in un’operazione manuale di grande complessità. La zona nota come scuola botanica è un vasto appezzamento rettangolare, che corrisponde all’area del primigenio orto, spartita in una griglia geometrica di vialetti e aiuole, attorno alle vasche cinquecentesche, e ospita la collezione sistematica composta da cinquecento piante erbacee o arbustive riunite per famiglie botaniche e disposte secondo criteri di classificazione. Vi si trovano poi anche grandi alberi, tra cui una monumentale Ginkgo biloba e delle Cicas, entrambe note come fossili viventi, perché presentano caratteristiche primitive e non sembrano aver subito cambiamenti nel corso di milioni di anni. Un’altra Ginkgo biloba monumentale, la cui circonferenza supera i 4,5 metri, è tra gli alberi più antichi e si trova nell’Orto del Cedro, insieme ad un gigantesco albero di canfora e un boschetto di bambù. L’area deve il suo nome al Cedrus libani, sradicato da una tempesta nel 1935. Si incontra poi un piccolo giardino noto come Orto del Mirto, per via di un esemplare di Myrtus communis piantato nel 1815. In questo spazio sono coltivate le piante ad uso medicinale, quali rosmarino, timo, origano, melissa, che oltre ad essere aromatiche hanno diversi principi attivi, e pertanto fin da antiche tradizionali popolari ad oggi sono state impiegate per scopi medicamentosi. E poi ancora calendula, tarassaco, erba di San Giovanni e tantissime altre.
Cinque grandi serre costituiscono l’habitat di piante succulente, tropicali e acquatiche, e sembrano essere le porte per mondi esotici che vanno dall’Africa fino al Rio delle Amazzoni.
Il giardino si sviluppa ulteriormente per moltissimi metri, con l’Orto Nuovo e l’Orto Del Gratta. Il primo è adibito prevalentemente ad arboreti, mentre il secondo è forse la parte più scenografica, non solo perché modellato con piccole colline che ospitano la flora mediterranea e montana, e un pittoresco laghetto, ma perché dietro il verde si intravede svettante nell’azzurro cielo, la parte terminale della Torre di Pisa.
Ancora oggi l’Orto Botanico di Pisa è uno strumento vivo ed efficace di didattica per gli studenti dell’Università e per quelli delle scuole dell’obbligo per i quali si pone come una palestra per il cittadino del domani capace di costruire un rapporto sostenibile ed ecologico con la natura, ma non di meno, rimane anche uno spazio affascinante e suadente per il turista e l’avventore, che cerca un’esperienza diversa da quella che possono offrire gli altri monumenti pisani.
Per saperne di più su Pisa: https://www.turismo.pisa.it/
La tua lettura settimanale su tutto il mondo dell'arte
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autore di questo articolo: Jacopo Suggi
Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.