Lo studio per l'Assunta di Orazio Riminaldi, uno dei volti più belli del Seicento


Lo studio che Orazio Riminaldi (Pisa, 1593 - 1630) eseguì per l'Assunta dipinta nella cupola del Duomo di Pisa, è uno dei volti più belli del Seicento. Un modello, che ha però la stessa forza di un'opera finita.

Non è scontato che il pubblico dei musei e delle mostre si soffermi a lungo sugli studî preparatori d’un’opera, sui bozzetti, sui disegni, sui modelli, su tutto ciò che l’artista ha elaborato prima di giungere al prodotto finito. Siamo oggi abituati, nel percorrere le sale d’un museo, a veder quasi sempre soltanto gli esiti finali del processo creativo d’un artista. O si visita con cognizione di causa una mostra di soli disegni, magari perché si coltiva un interesse specifico, o tutto ciò che non è il quadro compiuto lo si considera di solito come un intermezzo, un passaggio che può magari interessare gli specialisti, ma se si ha poco tempo per visitare una mostra o un museo, si sacrificherà un’esposizione di studî e bozzetti senza grossi rimpianti. È però osservando questo tipo di produzione che s’entra più in sintonia con l’artista. Anche perché non è detto che il lavoro finito, quello che noi ammiriamo, sia stato interamente prodotto dalla sua mano: tanti artisti contavano sull’aiuto dei loro collaboratori. Quando invece osserviamo uno studio, è come se vedessimo davvero l’artista al lavoro. Come se entrassimo nel suo studio.

E poi non è detto che uno studio non abbia la stessa forza di un’opera finita. È quello che si pensa quando s’osserva lo Studio per la testa dell’Assunta di Orazio Riminaldi, eccezionale pittore pisano vissuto tra il 1593 e il 1630, artista di grande inventiva, di vigorosa energia e somma finezza, eppure poco conosciuto fuori dalla Toscana o fuori dalle cerchie dei conoscitori. Questo studio dipinto a olio su tela probabilmente è sufficiente a farci innamorare di Riminaldi. E poi, quello che si diceva prima sul pubblico talvolta vale anche per gli studiosi: ricordiamo che, nel 1987, lo studioso Roberto Paolo Ciardi, scrivendo sulla rivista Paragone, lamentava il fatto che “la ‘Testa dell’Assunta’ in scala uguale a quella della cupola è nota da tempo, anche se non ha suscitato interesse fra gli studiosi del Riminaldi”. Prima di lui ne avevano scritto solo Mina Gregori ed Enrica Fabbrini, negli anni Settanta.

Poi, per fortuna, è stata tirata fuori dall’oblio, grazie soprattutto al lavoro di Pierluigi Carofano, grande esperto del pittore pisano, storico dell’arte che su questo meraviglioso studio ha scritto più d’ogni altro. Secondo lui “è tra le cose più belle di Riminaldi, di una forza prebarocca”, e non è difficile accorgersi del perché. Basta guardare il labbro della Vergine di Riminaldi, il cui turgore è messo in evidenza da quel guizzo di luce che ne accentua la pienezza. O il delicato rossore che le ravviva le gote. La bocca che s’apre in un lieve sospiro. Gli occhi che guardano verso l’alto, dipinti con piglio quasi scientifico. La luce che li fa brillare e che poi si posa sul mento. La tensione dei muscoli del collo. Non fosse che sembrerebbe di bestemmiare (ma il Seicento del resto è secolo in cui gli artisti scavalcano abitualmente i confini tra sacro e profano: si pensi alle Maddalene di Cagnacci, alle sante di Furini), si potrebbe dire che le conferisce un’intonazione quasi erotica. Ma già a fine Settecento un patrizio pisano, Alessandro Da Morrona, aveva lodato la vividezza delle figure di Orazio Riminaldi: l’erudito scriveva, nella sua Pisa illustrata, che l’artista dimostrava il suo genio “nelle carni principalmente, ove rotondità, e vaghezza colla forza di un ben fondato chiaroscuro seppe congiungere, e nelle tinte in generale, ove spiccano i tratti facili e grassi del suo pennello”.

Orazio Riminaldi, Studio per la testa dell'Assunta (1629 circa; olio su tela, 115 x 103,5 cm; Pisa, Opera della Primaziale Pisana)
Orazio Riminaldi, Studio per la testa dell’Assunta (1629 circa; olio su tela, 115 x 103,5 cm; Pisa, Opera della Primaziale Pisana)

Alessandro Da Morrona riferiva che una testa dell’Assunta, “grande come vien dichiarata, ritrovasi in casa de’ Nobili Signori Curini”. Non sappiamo per certo se il volto dell’Assunta in casa Curini sia lo stesso che oggi è proprietà dell’Opera della Primaziale Pisana, ma sappiamo che questo modello fu acquistato nel 1831 dalle autorità cittadine per assicurarlo alle pubbliche raccolte pisane. Si tratta del modello in scala reale del volto della Vergine che compare nella più colossale impresa di Orazio Riminaldi, la decorazione della cupola della Cattedrale di Pisa. Un lavoro enorme, eseguito con una tecnica particolare: l’artista lavorò infatti a olio sull’intonaco, adoperando pertanto una tecnica tipica della pittura su cavalletto. Riminaldi morì prima di vederlo finito: i lavori sarebbero stati portati a termine soltanto nel 1632, anche se il risultato era ancora imperfetto, e i suoi fratelli Girolamo e Giovanni Battista dovettero occuparsi delle rifiniture. L’articolatissima decorazione della cupola, nella quale Riminaldi palesa evidenti reminiscenze correggesche, raffigura proprio il tema dell’Assunzione della Vergine, e la composizione vede la Madonna condotta verso il cielo da una torma d’angeli musicanti che la sostengono tra una teoria di santi, tra i quali si riconoscono i patroni di Pisa che si rivolgono ai principali apostoli, san Paolo e san Pietro, per chiedere l’intercessione della Madonna, e che guidano l’occhio del fedele verso la rassicurante figura di Cristo, che s’affaccia in volo al centro delle cerchie angeliche, mostrandosi a coloro che lo pregano giù a terra. Come a dire che se c’è fede le suppliche verranno ascoltate.

Lo studio dell’Opera della Primaziale è quanto di più vicino ci sia alla Vergine dipinta sull’intonaco della Cattedrale. Anzi, è anche meglio: la giovanile figura della Vergine si mostra qui al riguardante con un grado di virtuosismo e di finitezza che non appartiene neanche all’opera finita. Purtroppo, non si sono conservati disegni relativi alla prima fase preparatoria dell’impresa della Cattedrale. Abbiamo solo studî e modelli vicini alla redazione definitiva del progetto, come questo. È vero che ha la stessa forza d’un dipinto, ma non occorre dimenticare che stiamo comunque parlando di un’idea che ha anticipato la decorazione, di un progetto, di uno strumento di lavoro, il cui grado di finitezza si spiega forse in base al fatto che doveva esser mostrato, come saggio, ai committenti. Di nuovo: entriamo nello studio dell’artista, in una dimensione completamente diversa rispetto a quella dei ponteggi della Cattedrale. E lo sentiamo dunque più vicino.

Alessandro Da Morrona collocava Riminaldi a metà tra Caravaggio e Domenichino, vedendo nell’abbandono del vivo realismo caravaggesco e, al contrario, nell’avvicinamento al classicismo bolognese, la svolta che aveva permesso alla sua arte di fare una sorta di salto di qualità. Per questa testa dell’Assunta sono stati poi chiamati in causa Simon Vouet e Guido Reni, benché, ha scritto Carofano nel catalogo della prima monografica su Riminaldi, quella che s’è tenuta nel Palazzo della Primaziale Pisana nell’estate del 2021, siamo qui dinnanzi a un “classicismo non convenzionale”: Guido Reni era “pittore più algido del nostro, almeno a livello di rappresentazione fisionomica”, e il confronto con Vouet “mette in luce più distanze che punti di contatto”. Orazio Riminaldi rivela, da questo modello, la sua forza di pittore originale, un’esperienza che s’accosta a diverse fonti trovando però una strada unica. E la sua originalità, in questo studio, è tale che possiamo considerarlo, secondo Carofano, “tra gli esempi più alti di volti idealizzati dell’intero Seicento”. Non male, per un modello.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).






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