Intimità, pace e maestà. La Notte Stellata di Vincent van Gogh


Nel giugno del 1889, Vincent van Gogh dipinse a Saint-Rémy-de-Provence uno dei suoi più celebri capolavori: un “nuovo studio di cielo stellato”, come lo aveva definito. È la “Notte stellata” oggi al MoMA di New York.

In una lettera a Theo, Vincent van Gogh (Zundert, 1853 – Auvers-sur-Oise, 1890) scrisse, in data 18 giugno 1889 da Saint-Rémy-de-Provence, che stava lavorando a un paesaggio con ulivi e a "un nuovo studio di cielo stellato". Il celebre pittore olandese era infatti solito aggiornare l’amato fratello sugli ultimi lavori che stava compiendo e spesso gli inviava in aggiunta studi, disegni e dipinti per conoscere il suo parere riguardo alle sue opere. Quel nuovo studio di cielo stellato sarebbe diventato uno dei suoi più grandi capolavori, ancora oggi celebrato in tutto il mondo dal grande pubblico: la Notte stellata. Un dipinto che affascina e incanta tuttora chiunque lo osservi per quel cielo che pare in movimento grazie alle pennellate lunghe, sinuose e cariche di colore che van Gogh impresse sulla tela: il blu scuro si lega e si combina all’azzurro e al bianco con movimenti quasi circolari, dando vita a uno straordinario effetto dinamico. Il cielo, punteggiato da grandi stelle, attorno alle quali si crea un luminoso alone che ne intensifica la suggestione, e ornato da un’enorme luna, anch’essa luminosissima, in alto a destra, e da una stella molto più luminosa delle altre, al centro, vicino al cipresso, caratterizzata da un alone bianco (che altro non è che il pianeta Venere, che lo stesso van Gogh, in una lettera al fratello Theo, definisce “stella del mattino”) è il vero protagonista dell’intero dipinto. Il villaggio con l’alto campanile che svetta al centro, a ricordare le strutture architettoniche delle chiese olandesi, si fa piccolo piccolo e sembra quasi sparire sotto quello straordinario cielo che invita a perdersi tra i suoi astri, i suoi colori e i suoi moti simili a onde del mare.

“Questa mattina dalla mia finestra ho guardato a lungo la campagna prima del sorgere del Sole, e non c’era che la stella del mattino, che sembrava molto grande. Daubigny e Rousseau hanno già dipinto questo, esprimendo tutta l’intimità, tutta la pace e la maestà e in più aggiungendovi un sentimento così profondo, così personale. Non mi dispiacciono queste emozioni”, scrisse Vincent a Theo tra il 31 maggio e il 6 giugno 1889. Van Gogh dipinse la sua Notte stellata proprio nel giugno 1889 e, con ogni probabilità poco prima dell’alba, nella notte del 19 giugno di quell’anno. L’astronomo Ed Krupp dell’Osservatorio Griffith di Los Angeles ha accertato che la celeberrima opera venne realizzata in quella data, poiché insieme ad Albert Boime ricreò il cielo stellato del 19 giugno 1889 delle 4 del mattino e notò l’eccezionale somiglianza con quello raffigurato nell’opera vangoghiana, con l’unica differenza che la luna non sembrava crescente come quella del dipinto, ma gibbosa. Per quanto riguarda Venere, il pianeta “era emerso dall’oscurità nel crepuscolo mattutino a metà maggio ed era diventato più evidente e più grande nel cielo mattutino fino a giugno”, come affermò l’astronomo di Harvard Charles A. Whitney nel 1996 nel suo The skies of Vincent van Gogh. Pertanto, al momento della realizzazione della Notte stellata, Venere era al massimo della sua luminosità e della sua grandezza. “Ancora una volta mi sono permesso di fare stelle troppo grandi” scriveva van Gogh al pittore Émile Bernard il 26 novembre 1889 riferendosi alla Notte stellata.

Vincent van Gogh, Notte stellata   (giugno 1889; olio su tela, 73,7 x 92,1 cm; New York, Museum of Modern Art)
Vincent van Gogh, Notte stellata (giugno 1889; olio su tela, 73,7 x 92,1 cm; New York, Museum of Modern Art)



Vincent van Gogh, Notte stellata, dettaglio
Vincent van Gogh, Notte stellata, dettaglio



Vincent van Gogh, Notte stellata, dettaglio
Vincent van Gogh, Notte stellata, dettaglio



Vincent van Gogh, Notte stellata, dettaglio
Vincent van Gogh, Notte stellata, dettaglio

Il pittore s’ispirò alla vista che si apriva sul paesaggio dalla finestra dell’ospedale psichiatrico Saint-Paul-de-Mausole di Saint-Remy-de-Provence, nella Francia meridionale, dove era ricoverato a seguito della sua instabilità mentale: vi rimase dodici mesi, dal maggio 1889 al maggio 1890, e qui eseguì numerose opere, oltre duecento tra disegni e dipinti, poiché gli era stato permesso di uscire dalla struttura per dipingere. Nella pittura infatti, come nella natura, riusciva a trovare conforto dai suoi squilibri. È giusto dire che si era ispirato a quel paesaggio, perché il dipinto è frutto di una combinazione tra realtà e immaginazione: innanzitutto dalla finestra dell’ospedale psichiatrico non poteva assolutamente vedere il pittoresco villaggio incastonato sotto le colline (come già affermato, probabilmente aveva in mente un villaggio della sua terra, l’Olanda), il cipresso che s’innalza come una fiamma sulla sinistra è rappresentato più vicino di quanto fosse realmente, e il cielo è perlopiù espressione di uno stato d’animo, di un sentimento, di quelle emozioni di cui aveva parlato nella lettera a Theo scritta a fine maggio - inizio giugno 1889. Sono dello stesso periodo anche due studi di cipressi “di color verde bottiglia”: spesso certi elementi vengono riproposti all’interno delle sue opere, come nel caso dei cipressi.

La sua vista sulla campagna circostante è dunque alterata dai ricordi e dalle emozioni che quest’ultima evoca in lui. Diviene perciò un paesaggio emozionale, creato dal fluire dei sentimenti e della parte più intima dell’artista. “L’immaginazione è una capacità che deve essere sviluppata, e l’unica che ci permette di creare una natura più esaltante e consolatoria di ciò che solo uno sguardo nella realtà ci permette di percepire. Un cielo stellato, ad esempio, bene - è una cosa che mi piacerebbe provare a fare”, aveva scritto già quasi un anno prima della Notte stellata, il 12 aprile 1888, a Émile Bernard.

L’idea di mettere su tela un cielo stellato si era già affacciata quindi in lui nel 1888, ma ne rimase così affascinato durante una passeggiata presso Les Saintes-Maries-de-la-Mer, in Camargue, sulle rive del Rodano, che nel settembre di quell’anno realizzò la Notte stellata sul Rodano, opera conservata al Musée d’Orsay nella quale rende tutti quegli effetti della notte dati dalle luci della città che si riflettono sull’acqua e dalla suggestiva brillantezza delle stelle nel cielo blu.

Vincent van Gogh, Notte stellata   sul Rodano (settembre 1888; olio su tela, 72,5 x 92 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Vincent van Gogh, Notte stellata sul Rodano (settembre 1888; olio su tela, 72,5 x 92 cm; Parigi, Musée d’Orsay)

“Spesso ho l’impressione che la notte sia più ricca di colori se paragonata al giorno”, diceva, e con queste parole descrisse al fratello Theo, in una lettera del 4 giugno 1888, l’impressione che gli aveva provocato il cielo punteggiato di stelle che aveva potuto ammirare mentre passeggiava a Saintes-Maries-de-la-Mer: “Il cielo di un azzurro profondo era punteggiato di nuvole d’un azzurro più profondo del blu base, di un cobalto intenso, e di altre nuvole d’un azzurro più chiaro, del lattiginoso biancore delle vie lattee. Sul fondo azzurro scintillavano delle stelle chiare, verdi, gialle, bianche, rosa chiare, più luminose delle pietre preziose che vediamo anche a Parigi - perciò era il caso di dire: opali, smeraldi, lapislazzuli, rubini, raffiri. Il mare era d’un blu oltremare molto profondo - la spiaggia di un tono violaceo, e mi pareva anche rossastra, con dei cespugli sulla duna, dei cespugli color blu di Prussia”.

Una descrizione di blu e di azzurri con lattiginose pennellate bianche che calza a pennello anche per la Notte stellata del MoMA di New York: in effetti, come già sottolineato, quel cielo nasce dall’immaginazione, dal ricordo e da voli della mente che si perdono nell’aere come quei movimenti circolari simili a onde che caratterizzano il dipinto.

Vincent van Gogh inviò l’opera al fratello Theo nel settembre 1889, quando quest’ultimo viveva a Parigi. Alla morte di Theo, avvenuta nel gennaio 1891, appena pochi mesi dopo quella di Vincent, la Notte stellata venne custodita da Jo, vedova di Theo. A partire dal 1900 poi passò nelle proprietà di vari personaggi, tra cui il poeta Julien Leclercq, il pittore e amico di Gauguin Émile Schuffenecker. Da quest’ultimo Jo riacquisì il dipinto per venderlo alla galleria Oldenzeel di Rotterdam. Dopo essere stato acquistato da una cittadina, giunse poi nelle collezioni del gallerista Paul Rosenberg, e da qui, nel 1941, venne acquistato dal Museum of Modern Art, dove si trova ancora oggi. Esiste inoltre un disegno a penna della Notte stellata: anch’esso realizzato nel 1889, è conservato a Mosca, presso lo Schusev State Museum of Architecture.

Tra i capolavori della storia dell’arte mondiale, la Notte stellata di van Gogh è indubbiamente una delle più evocative e oniriche, e la magia di quel cielo sarà immortale, proprio come accade per le più grandi opere mai realizzate.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.






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