di
Jacopo Suggi
, scritto il 25/08/2021
Categorie: Opere e artisti / Argomenti: Lisbona - Portogallo - Musei
Il Museo Gulbenkian di Lisbona, originatosi dalla collezione del magnate Calouste Gulbenkian (che dovette lasciare l'Impero ottomano al tempo delle persecuzioni contro gli armeni), è diventato una tappa imprescindibile per gli amanti d’arte in visita nella capitale portoghese.
Tra i più visitati musei del Portogallo, il Museo Gulbenkian, seppur con una recente storia, è diventato una delle principali attrazioni del Paese e della sua capitale, Lisbona. Questa rapidissima affermazione è dovuta allo straordinario e felice connubio fra una collezione variegata e variopinta di altissima qualità e l’intrigante architettura moderna della struttura che la ospita e il suo integrarsi in un florido giardino pubblico. La collezione si deve al vivace eclettismo culturale dell’imprenditore Calouste Gulbenkian (Scutari, Istanbul, 1869 – Lisbona, 1955). Armeno di origine, nato nel 1869 nell’Impero ottomano, a causa delle persecuzioni a cui era sottoposta la sua comunità dovette emigrare con la sua famiglia a Londra. Calouste continuò l’attività di petroliere del padre, e nell’arco della sua vita accumulò un’incredibile fortuna. Di pari passo, durante i continui viaggi, mise insieme una gigantesca collezione d’arte, che riflette il suo gusto personale.
In vita, si premurò di salvaguardare la sua collezione, prima ventilando l’ipotesi di un suo lascito alla National Gallery di Londra, che però saltò poiché il magnate era risentito contro lo Stato di Sua Maestà, in quanto egli durante la seconda guerra mondiale venne indicato come nemico di Stato, e parte del suo patrimonio fu sequestrato per aver seguito il governo francese a Vichy come membro della delegazione diplomatica persiana. Nonostante subito dopo la guerra questa onta fosse stata ritirata e il petroliere risarcito, indispettito decise di cambiare sede, optando per la National Gallery of Art di Washington.
Alla sua morte però nessuna decisione definitiva era ancora stata presa, e tale incarico ricadde su Lord Radcliffe, suo avvocato e principale confidente, che decise di trasferire la collezione di Gulbenkian a Lisbona, dove l’armeno aveva passato i suoi ultimi anni di vita.
La Fondazione che porta il nome dell’imprenditore decise di far realizzare un’avveniristica sede nel centro della capitale portoghese, e per tale ragione venne bandito un concorso tra il 1959 e il 1960. Il progetto degli architetti Ruy Jervis d’Atouguia, Pedro Cid e Alberto Pessoa era improntato alla semplicità, alla creatività e alla concentrazione spirituale, caratteristiche che secondo la commissione rispondevano alle virtù in vita di Gulbenkian, e pertanto fu ottimale. Fu realizzata un’architettura di gusto modernista e improntata ai criteri brutalisti, dove la semplice forma a parallelepipedo della struttura esalta i materiali impiegati, il granito e il cemento armato, che danno vita a sottili cromatismi insieme agli interni in legno. Il nitore della struttura è poi continuamente ravvivato dal rigoglioso giardino, dove la struttura è immersa e con cui comunica continuamente. Il giardino stesso è poi impreziosito da vasche, fontane, e da un anfiteatro all’aperto.
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L’esterno del Museo
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Arte assira, Bassorilievo (Nimrud, 884-859 a.C. circa; alabastro, 230 x 140 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Dettagli dalla collezione islamica
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Dettagli dalla collezione islamica
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Manifattura turca
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A quattordici anni dalla morte di Gulbenkian, la sua ricchissima collezione di oltre 6.000 pezzi ha trovato quindi qui la sua definitiva collocazione e parte è messa in esposizione nelle gallerie che si dispiegano intorno ai giardini, con ampie vetrate che ne lasciano penetrare luci e immagini. Un primo percorso espositivo mostra opere delle civiltà classiche e orientali, raccolte dal petroliere rispecchiando le sue origini. Una ricca collezione di artefatti egizi accoglie il visitatore, seguita poi da una straordinaria collezione di arte greco-romana, in parte proveniente dal tesoro di Abukir in Egitto, riscoperto nel 1902, contenente molte medaglie e monete, oltre che vasi, vetri e raffinatissimi cammei e da una rara testimonianza dell’arte mesopotamica: il bassorilievo proveniente dal palazzo di Nimrud (884-859 a.C.) raffigurante un demone alato in atteggiamento rituale.
Ancora più ad oriente si spostano le successive collezioni, con arte islamica proveniente dalla Siria, dalla Persia, dalla Turchia e dall’India, dove gli stilemi geometrici dominano le composizioni di tappeti, tessuti, piastrelle, vasellame e altri artefatti. Un piccolo insieme di pergamene armene del XVI e del XVII secolo è un tributo alle sue origini. Infine, si trova una copiosa raccolta di arte dell’estremo oriente, raccolta fra Cina e Giappone, con uno splendido paravento del XVII secolo, dove scene di vita di corte, banchetti, impegni sportivi, ricevimenti di ospiti e altre attività quotidiane sono rese con sorprendente freschezza e con una prospettiva a volo d’uccello; non mancano le raffinatissime ceramiche cinesi e giapponesi.
E poi tanti, tantissimi reperti d’arte europea d’ogni epoca: avori e piccole sculture bizantine, romaniche, borgognone, una ricca selezione di capolavori del XVI e del XVII italiani e fiamminghi. Una menzione speciale meritano il Ritratto di giovane donna di Domenico del Ghirlandaio, che ci restituisce l’armoniosa figura di una donna del XV secolo con vesti alla moda e gioielli in corallo; una Sacra Famiglia di Vittore Carpaccio immersa in uno smagliante paesaggio, e la Sacra Conversazione di Cima da Conegliano, in cui il nitore formale è esaltato dai colori brillanti. Altrettanto importante è Ritratto di Marco Antonio Savelli, prima realizzazione nel campo dei ritratti di quel consumatissimo ritrattista che fu Giovan Battista Moroni.
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Vittore Carpaccio, Sacra famiglia e donatori (1505; tempera e olio su tavola, 90,1 x 133,9 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Cima da Conegliano, Riposo durante la fuga in Egitto con i santi Giovanni Battista e Lucia (1517 circa; tempera e olio su tavola, 53,9 x 71,6 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Giovan Battista Moroni, Ritratto di Marco Antonio Savelli (1543-1544; olio su tela, 137 x 112 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Antoon van Dyck, Ritratto di uomo (1620-1621; olio su tela, 142 x 112 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Peter Paul Rubens, Ritratto di Helena Fourment (1630-1632; olio su tavola, 186 x 85 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Sala del Museo Gulbenkian
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Jean-Baptiste Pigalle, Statuetta di un bambino (XVIII secolo; marmo, 42,5 x 35,5 x 37,5 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Jean-Antoine Houdon, Diana (1780; marmo, 210 x 98 x 115 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Joseph Mallord William Turner, Il naufragio di una nave da trasporto (1810; olio su tela, 175 x 245 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Joseph Mallord William Turner, Quillebeuf, Bocca della Senna (1833; olio su tela, 88 x 120 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Fra le opere di artisti non italiani figurano due splendidi ritratti di Rembrandt, un Ritratto di vecchio e il Ritratto mitologico di Atena, che furono acquistati da Gulbenkian dall’Ermitage, dove erano entrati come parte della collezione di Caterina II. Ma sono esposti anche altri formidabili ritrattisti come Frans Hals e van Dyck, oltre a dipinti di Rubens, che seppe rendere viva e pulsante la carne dipinta. Segue a questi capolavori una ricchissima collezione di mobilio, vesti e forniture di gusto rococò, fra cui non sfigurano anche la pittura e la scultura, con autori come Fragonard e Houdon.
Se la collezione d’arte antica è di altissimo livello, quella moderna è forse anche meglio. I grandi innovatori del XIX sono presenti, come alcuni splendidi dipinti di William Turner che sembrano anticipare certe soluzioni poi adottate dagli impressionisti, o le terrose pitture di Camille Corot che insegnò a generazioni di pittori come guardare la natura e ritrarla dal vero.
Di Édouard Manet figurano diversi capolavori: in Ragazzo con ciliegie la meditata resa desunta dalla pittura olandese del XVII secolo è ravvivata dalla posa irriverente del ragazzo. Beffardamente, il modello Alexandre qui sorridente, che più volte posò per il pittore, pose fine alla sua vita suicidandosi nello studio dell’artista in via Lavoisier. Altrettanto mirabolante è il Ragazzo che fa le bolle, allegorico ritratto che rimanda alla vanità e alla caducità della vita, fragile come le bolle che realizza il bambino, il pittore restituisce la scena con grande intimità, rifacendoci alla pittura dei grandi maestri.
Nel Ritratto di Madame Monet dipinto intorno al 1872, Pierre-Auguste Renoir realizza un dipinto freschissimo dove la tecnica impressionista imbevuta di luce normalmente utilizzata per la pittura en-plein air, viene qui utilizzata per realizzare una pittura di grande modernità, con riferimenti alla moda giapponese, come la ciotola appoggiata sul tavolo. Più frivole sono invece le due figure colte in un momento di riposo a bordo di un’imbarcazione impresse da John Singer Sargent. E poi ancora formidabili dipinti di Claude Monet, Edgar Degas, le opere di Rodin, tra cui il busto di Victor Hugo, Latour, Boldini e tanti altri.
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Sala con collezione contemporanea; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Édouard Manet, Ragazzo che fa le bolle (1867; olio su tela, 100,5 x 81,4 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Édouard Manet, Ragazzo con ciliegie (1858; olio su tela, 65,5 x 54,5 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Auguste Rodin, Eterna primavera (1898; bronzo, 64 x 69 x 38,5 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Pierre-Auguste Renoir, Ritratto di Madame Claude Monet (1872-1874; olio su tela, 53 x 71,7 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Edgar Degas, Ritratto di Henri Michel-Lévy (1878; olio su tela, 40 x 28 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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John Singer Sargent, Dama e bambino addormentati su una barca sotto i salici (1887; olio su tela, 56 x 68,6 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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René Lalique, Diadema con gallo (1897-1898; oro, smalto, corno e ametista; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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René Lalique, Fermaglio con pavone (1898-1900; oro, smalto, opali e diamanti, 9,2 x 19 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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René Lalique, Spilla a forma di libellula (1897-1898; oro, smalto, crisoprasio, calcedonio, pietra di luna e diamanti, 23 x 26,5 cm; Lisbona, Museo Gulbenkian)
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Se qualcuno ancora non si fosse convinto che il Museo Gulbenkian è un prezioso scrigno di tesori, la sezione con le opere realizzate da René Lalique tra gioielli, vetri e altri preziosi, lo farà ricredere. Il magnate armeno iniziò a collezionare questo incredibile set quando incontrò l’artista francese per la prima volta nel 1890. Fra i due nacque una lunga amicizia, e le splendide opere talvolta di gusto art nouveau e altre volte di art déco sono inarrivabili pezzi tra artigianato e design.
Il prezioso girocollo in oro, opali e diamanti raffigurante un paesaggio alberato rappresenta la prima opera ad essere entrata nella collezione di Calouste. Ma numerose sono le altre splendide meraviglie: pendenti con volto di donna, spille a forma di gallo o il celebre vaso Cluny, che conquistò molto successo all’Esposizione Internazionale di Arti Decorative e Industriali Moderne, inaugurata a Parigi nell’aprile 1925, e che sarebbe diventato celebre anche per aver dato origine alla designazione dello stile Art Déco.
Inoltre, questo straordinario museo è impreziosito da un fornita biblioteca e da una sede dove è disposta una collezione moderna, aggiunta in un secondo momento e una collezione non appartenuta a Gulbenkian, che raccoglie oltre diecimila lavori di artisti portoghesi moderni e contemporanei. Un museo incredibilmente onnivoro, come onnivoro fu colui che lo commissionò, senza mai sacrificare la sempre alta qualità delle opere e dei reperti esposti.
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L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi
Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.