Il pittore di origini viennesi Vito Timmel (Vienna, 1886 – Trieste, 1949), ma triestino d’adozione, poiché vi si trasferì con la sua famiglia in giovanissima età, lasciò in eredità al Teatro Euripide di Panzano, rione di Monfalcone, ben tredici tele. Sfortunatamente però il teatro venne molto danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e venne completamente demolito per costruire strutture per il cantiere navale. Ma che fine fecero le tele di Timmel? Oggi sono conservate nel Museo della Cantieristica di Monfalcone-MuCa. Con grande sorpresa infatti, solo nel 2000, si scoprì che quei dipinti erano ancora intatti, ma con una storia da raccontare: le opere di Timmel furono ritrovate all’ultimo piano dell’edificio dove in passato erano situati lo studio dello xilografo Tranquillo Marangoni e la sala di posa del fotografo Giovanni Cividini. Fu proprio grazie al figlio di Marangoni, Paolo, che le tele vennero rese di nuovo visibili ai cittadini di Panzano, poiché egli le acquistò e ne rese possibile l’intervento di restauro. Tra l’altro, la certezza che si trattasse proprio delle tele destinate al teatro cittadino derivò dalle fotografie che Cividini aveva scattato all’interno dell’edificio di nuova costruzione e che testimoniano la disposizione delle tele nel teatro realizzate tra il 1920 e il 1921.
Queste, in linea con l’ambiente per il quale erano destinate, raffiguravano personaggi del mondo teatrale e letterario, tra cui Colombina, Arlecchino, Giulietta, Cyrano, Salomè, un clown , un acrobata e tanti altri ancora. Sopra ciascuno di essi erano riportati i nomi di alcuni tra i più celebri scrittori e letterati che presentavano legami con le figure sottostanti: Carlo Goldoni, Gabriele D’Annunzio, William Shakespeare, Oscar Wilde, Victor Hugo, Gustave Flaubert. A completare il ciclo le grandi maschere caricaturali di Tragedia, Scherzo, Dramma, Commedia. Paolo Marangoni ebbe la possibilità di restituire alla cittadinanza dodici delle tredici tele, poiché l’ultima, creduta persa, venne ritrovata recentemente: questa raffigurava Franc e Francesca; il primo è il duca di Reichstadt, figlio di Napoleone I, dall’opera L’Aiglon di Edmond Rostand, la seconda è Francesca da Rimini protagonista di un’opera tragica di D’Annunzio.
Come già affermato, le tele di Timmel sono visibili al pubblico nella sala 13 del MuCa, per ricordare l’artista decoratore e ovviamente il perduto Teatro Euripide di Panzano. Opere che risentono dell’influenza viennese, in stile secessionista, ben evidenziato nella figura di Elena, e dell’espressionismo, per cui i personaggi assumono un aspetto caricaturale.
Le tele di Vito Timmel. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Le tele di Vito Timmel. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Le tele di Vito Timmel. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Le tele di Vito Timmel. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Museo della Cantieristica di Monfalcone, Il Teatro di Panzano: le tele di Vito Timmel. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Museo della Cantieristica di Monfalcone, Il Teatro di Panzano: le tele di Vito Timmel. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Tra le altre opere conservate al MuCa, precisamente nella sala 10, è il pannello ricamato dell’artista sloveno Zoran Mušič (Boccavizza, 1909 – Venezia, 2005), realizzato nel 1951 e destinato alla sala di soggiorno di prima classe della motonave Augustus. Con i suoi nove metri di lunghezza, la splendida opera è stata concessa in deposito dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Nel 2016 era stata allestita presso la Galleria comunale d’arte contemporanea di Monfalcone la mostra Immaginario di viaggio. Zoran Mušič e Tranquillo Marangoni sulle motonavi Augustus e Giulio Cesare, in occasione della quale erano stati esposti il grande arazzo intitolato Il viaggio di Marco Polo di Muši? e il bozzetto del Giro del mondo in 80 giorni realizzato da Marangoni per il bar di prima classe della motonave Giulio Cesare. Una rassegna volta a sottolineare lo stretto rapporto che questi artisti ebbero con le navi dell’ambiente cantieristico. Un po’ come accade nel percorso espositivo del MuCa, nel quale le tele di Vito Timmel e il pannello ricamato di Muši? sono stati posti in dialogo con la particolare sede museale.
Il Museo della Cantieristica di Monfalcone occupa il pianterreno dell’ex Albergo operai di Panzano, villaggio sviluppatosi intorno al cantiere navale negli anni Venti del Novecento ad opera dei Cosulich, i primi proprietari. Il complesso si potrebbe definire un resto di archeologia industriale, perché attraverso l’Albergo operai e, soprattutto attraverso l’intero quartiere operaio dove sorgevano le antiche botteghe, è possibile comprendere la vita quotidiana degli operai nell’epoca della seconda industrializzazione: si tratta di un chiaro esempio di quartiere pianificato.
L’Albergo operai venne costruito su progetto dell’ingegner Dante Fornasir per permettere agli operai celibi che lavoravano nel cantiere navale e che non risiedevano a Monfalcone di alloggiare a pagamento vicino al luogo di lavoro. C’erano settecento stanze piccole come celle e cinque corti interne; all’interno dell’edificio poi si trovavano una mensa, un bar, una sala da gioco, una sala da ginnastica, una biblioteca, un ciabattino e un barbiere. Durante la seconda guerra mondiale venne quasi distrutto dai bombardamenti e solo nel 2010, grazie al progetto Polo museale della cantieristica navale di Monfalcone e il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, è stato restaurato e riqualificato.
Bookshop del Museo della Cantieristica. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Museo della Cantieristica di Monfalcone, Ingresso - Modellino “MN Giulio Cesare, 1951”. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Museo della Cantieristica di Monfalcone, Il lavoro in fabbrica. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Museo della Cantieristica di Monfalcone, La camera delle meraviglie: le navi. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Museo della Cantieristica di Monfalcone, Sala Colonne - Sala refettorio ex Albergo Operai. Ph. Credit Massimo Crivellari |
Con l’obiettivo di raccontare la storia del territorio e del cantiere, unico esempio di grandi cantieri navali nel nord est dell’Italia, e di creare servizi museali che proponessero una forte valorizzazione delle radici storiche, sociali ed economiche della città, nel 2017 venne aperto al pubblico il Museo della Cantieristica di Monfalcone, su progetto dello Studio Claudio Nardi di Firenze.
Partendo da una mappa interattiva che introduce alle varie fasi dello sviluppo del territorio monfalconese rispetto alla nascita del cantiere navale, avvenuta nel 1908, il percorso espositivo del museo si snoda in quattordici sale. Si affronta la storia d’impresa della famiglia dei Cosulich e il tema del lavoro nel cantiere con uno sguardo allo sviluppo della tecnologia applicata al processo produttivo di una nave. Sei personaggi legati al cantiere e al territorio interagiscono virtualmente con i visitatori trattando da sei diversi punti di vista il significato del lavoro in cantiere.
Nella cosiddetta “camera delle meraviglie”, i visitatori si trovano circondati da grandi modelli di navi da crociera e da immagini d’epoca; una sezione è dedicata al design navale e agli arredi di interni delle navi.
Alcune sale si possono definire interattive, come ad esempio il tunnel sensoriale, un’installazione con effetti sonori, luminosi e contenuti multimediali proiettati su monitor, che al passaggio dei visitatori evoca le condizioni di lavoro nel cantiere navale; o ancora il simulatore di gru, ovvero una riproduzione dell’interno dell’abitacolo di una delle gru utilizzate nel cantiere, da dove i visitatori possono pilotare la gru stessa e osservare la motonave Saturnia in costruzione.
Inoltre, nella sala precedente a quella in cui sono esposte le tele di Timmel, è stata compiuta una ricostruzione multimediale del Teatro di Panzano.
Il MuCa è un bell’esempio di museo legato direttamente al suo impatto sul territorio: il suo rapporto con l’ambiente in cui è situato è imprescindibile. Il Museo della Cantieristica rientra infatti in un museo diffuso che, oltre al MuCa, comprende vari percorsi esterni nel villaggio di Panzano, tra cui le ville, che costituivano il quartiere residenziale abitato da impiegati e dirigenti del cantiere, e il Centro Visite di via Pisani 28, punto informazioni e di esposizioni situato dal 2011 nell’area delle antiche botteghe del quartiere operaio.
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.