Le molte vite del Mausoleo di Augusto, dagli albori dell'età imperiale a oggi


Tutta la storia del Mausoleo di Augusto, il grande sepolcro del primo imperatore, dall'antichità fino ai giorni nostri.

Dopo ben quattordici anni di chiusura riapre al pubblico, nel mese di marzo 2021, il Mausoleo di Augusto a Roma. La celebre struttura risale al I secolo a.C., e fu eretta per volontà del fondatore del principato, Ottaviano Augusto, che lo volle come proprio monumentale luogo di sepoltura. Ottaviano diede avvio ai lavori all’indomani della sua vittoria su Marco Antonio e Cleopatra che concluse il lungo periodo delle guerre civili. Eliminato il rivale, il figlio adottivo di Cesare non incontrò più alcun significativo ostacolo nel suo percorso verso il dominio sulla repubblica romana, reso possibile in primo luogo dall’ampia base di consensi di cui godeva e che gli derivava soprattutto dall’aver di fatto governato in Italia e in Occidente per un decennio, mentre Marco Antonio si trovava in Oriente.

Ininterrottamente dal 31 al 23 a.C. Ottaviano si assicurò di ricoprire il consolato, lasciando poi per alcuni anni questa carica che venne assunta dagli altri senatori, i quali tuttavia disponevano ormai di uno spazio di manovra sempre più ridotto di fronte all’ingigantirsi della sua figura politica. Nel 28 a.C., gli stessi senatori lo acclamarono Princeps senatus, mentre l’anno successivo, sebbene avesse formalmente restituito al senato e al popolo i suoi poteri eccezionali, gli venne riconosciuto il titolo tradizionalmente religioso di Augustus, usuale attributo di Giove.

Un noto passo delle Res Gestae, il resoconto delle proprie opere e imprese redatto dallo stesso Ottaviano (ancora leggibile proprio presso il Mausoleo, in un’ iscrizione moderna a caratteri bronzei posta sul muro di sostegno del Museo dell’Ara Pacis) recita: “Dopo quel tempo fui a tutti superiore per autorità, ma non ebbi più potere di quelli che mi furono colleghi nelle magistrature”. E molti altri furono i titoli onorifici e le cariche che Ottaviano Augusto conquistò o mantenne a vita, garantendosi sempre di più un ferreo controllo sulla Res Publica.

Il Mausoleo di Augusto dall'alto. Ph. Credit Sovrintendenza Capitolina
Il Mausoleo di Augusto dall’alto. Ph. Credit Sovrintendenza Capitolina


Il Mausoleo di Augusto nel 2019
Il Mausoleo di Augusto nel 2019. Ph. Credit Jamie Heath


Il Mausoleo durante il restauro. Ph. Credit Fondazione TIM
Il Mausoleo durante il restauro. Ph. Credit Fondazione TIM


Il progetto di riqualificazione di Francesco Cellini
Il progetto di riqualificazione di Francesco Cellini


Il progetto di riqualificazione di Francesco Cellini
Il progetto di riqualificazione di Francesco Cellini

Insomma, riassumendo questo complesso quadro politico con le parole di Guido Clemente tratte dal suo testo Guida alla storia romana, “Al vertice di una repubblica formalmente restaurata si insediava dunque un uomo solo, di fatto un monarca, con poteri tuttavia abbastanza indefiniti (e richiamabili tutti alla tradizione repubblicana) da consentirgli di essere definito, formalmente, soltanto come il migliore tra i suoi pari, i senatori da sempre al governo dello Stato”. Era, quindi, il prudente ma inesorabile avvio dell’età imperiale. Ed è alla fondamentale figura storica che ne fu promotrice, che si deve la costruzione, a partire dal 28 a. C., del primo e più imponente mausoleo dinastico dell’antichità romana, verosimilmente ispirato al Mausoleo reale di Alessandria. Trascorsero quasi due secoli prima che un altro principe, Adriano, erigesse una nuova tomba monumentale guardando all’illustre precedente augusteo, sulla sponda opposta del Tevere (il mausoleo di Adriano poi divenuto Castel Sant’Angelo).

L’edificio voluto da Augusto sorse nel Campo Marzio settentrionale, tra il fiume e la via Flaminia (oggi via del Corso), in un’area all’epoca non ancora edificata, già utilizzata per la sepoltura di personaggi pubblici, ma anche luogo di svolgimento delle esercitazioni militari. Non lontano dal gigantesco sepolcro, anni dopo, trovarono posto anche l’Ara Pacis, l’altare dedicato dal Senato alla Pace restituita da Augusto a Roma, e l’Horologium Solarium voluto da quest’ultimo, che aveva per gnomone l’obelisco di Psammetico II, condotto in città nel 10 a.C., e rialzato dopo secoli di rovina da Pio IV, nel 1792, nell’attuale piazza di Montecitorio.

Il Mausoleo, di ben 87 metri di diametro, era composto di cinque muri anulari concentrici tra i quali si inserivano corridoi e spazi articolati in concamerazioni non agibili con funzione statica. Stando a quanto si è potuto appurare recentemente e alla descrizione che ne fa Strabone nella sua Geografia, all’esterno l’edificio doveva presentarsi come un tumolo coperto da alberi sempreverdi, poggiante su un basamento foderato di lastre in travertino e sormontato da un corpo cilindrico in marmo con un statua bronzea del principe a solenne coronamento.

L’ingresso si trovava sul lato meridionale ed era preceduto da due obelischi in granito provenienti dall’Egitto, recuperati in epoche diverse e oggi collocati uno davanti all’abside di Santa Maria Maggiore, l’altro sul Quirinale. Accanto all’accesso erano poste le tavole bronzee recanti il testo delle Res Gestae.

All’interno della struttura era collocata la cella sepolcrale vera e propria, cinta da un corridoio anulare e dotata di tre nicchie rettangolari in cui venivano conservate le urne con le ceneri dei defunti più illustri della dinastia; nel centro un pilastro conteneva un piccolo ambiente di forma quadrata che costituiva la tomba di Augusto, in corrispondenza con la statua bronzea che svettava all’esterno, sulla sommità del pilastro stesso, a oltre 30 metri di altezza. Tra gli imperatori trovarono sepoltura nel mausoleo Augusto, Tiberio, Claudio, Vespasiano e Nerva, mentre ne furono esclusi per indegnità Caligola e Nerone. Ma l’edificio ospitò anche i resti di Livia, di Marcello (nipote di Augusto e dedicatario del celebre teatro di Roma), di sua madre Ottavia, di Agrippa e dei figli Lucio e Gaio Cesari, di Agrippina Maggiore e di Poppea (rispettivamente madre di Caligola e moglie di Nerone), e quelli di altri personaggi. Non vi furono accolte, invece, né le spoglie dell’unica figlia naturale di Augusto, Giulia Maggiore, né quelle della figlia di questa, Giulia Minore, entrambe accusate di adulterio ed esiliate dal principe. Essere sepolti all’interno del Mausoleo rappresentava, quindi, un riconoscimento di potere o di associazione al potere, esserne esclusi invece costituiva un potente atto di condanna morale e/o politica.

Gli intenti propagandistici con cui fu eretto il sepolcro dovettero risultare evidenti da subito. I blocchi marmorei di rivestimento della struttura si coprirono, nel corso degli anni, di iscrizioni celebrative delle vite dei defunti lì accolti: il Mausoleo raccontava le imprese di una stirpe, comunicando con i sudditi, e si poneva di fatto come monumento pubblico commemorativo di molti, nuovi summi viri.

Arte romana, Augusto di Prima Porta noto anche come Augusto loricato (I secolo d.C.; marmo, altezza 204 cm; Città del Vaticano, Musei Vaticani)
Arte romana, Augusto di Prima Porta noto anche come Augusto loricato (I secolo d.C.; marmo, altezza 204 cm; Città del Vaticano, Musei Vaticani). Ph. Credit Till Niermann


Ricostruzione dell'aspetto originario del mausoleo di Augusto secondo Paola Virgili (archeologa) e Alberto Mancini (architetto)
Ricostruzione dell’aspetto originario del mausoleo di Augusto secondo Paola Virgili (archeologa) e Alberto Mancini (architetto)


La ricostruzione della Fondazione TIM
La ricostruzione della Fondazione TIM


L'obelisco di Santa Maria Maggiore. Ph. Credit Martin Knopp
L’obelisco di Santa Maria Maggiore. Ph. Credit Martin Knopp


L'obelisco del Quirinale. Ph. Credit Wolfgang Moroder
L’obelisco del Quirinale. Ph. Credit Wolfgang Moroder


E restando in tema di propaganda, pur con un grosso salto in avanti nei secoli, alla luce di quanto detto precedentemente circa la figura storica di Augusto, è comprensibile quali fossero le ragioni in forza delle quali questo personaggio fu tanto caro al fascismo. L’immagine del padre dell’impero romano, glorificato come pacificatore e allo stesso tempo potente dominatore, doveva essere utilizzata al fine di esaltare efficacemente il nuovo regime e soprattutto il suo capo, creatore di un nuovo impero, istituendo un rapporto di continuità tra l’uno e l’altro, quali precursore e degno successore. Nel 1937, appena iniziate le celebrazioni per il bimillenario della nascita di Augusto, all’inaugurazione della Mostra Augustea della Romanità allestita nel Palazzo delle Esposizioni, l’archeologo Giulio Quirino Giglioli, direttore dell’evento, definì Mussolini “il novello Augusto della risorta Italia imperiale”. Un progetto propagandistico, quindi, che rappresentava un passaggio fondamentale di quello più ampio finalizzato all’appropriazione della storia antica di Roma da parte del fascismo.

Già alla fine del 1925 Mussolini, in un discorso pronunciato in Campidoglio, rivolgendosi al nuovo Governatore di Roma, Filippo Cremonesi, affermava: “Voi continuerete a liberare il tronco della grande quercia da tutto ciò che intorno l’aduggia. Farete largo intorno all’Augusteo, al teatro di Marcello, al Campidoglio, al Pantheon. Tutto ciò che vi crebbe attorno nei secoli della decadenza deve scomparire. [...] I monumenti millenari della nostra storia devono giganteggiare nella necessaria solitudine” .

Dal 1924 si era iniziato a demolire gli edifici che coprivano i Mercati di Traiano, il Foro di Augusto e quello di Cesare, poi era stata la volta dei lavori nell’area dell’attuale Piazza di Torre Argentina, del Teatro di Marcello e successivamente dello smantellamento dei quartieri medievali sorti alla destra dell’Altare della Patria. Nel 1931 erano iniziati i lavori per l’intervento forse più noto: la distruzione del quartiere Alessandrino e l’apertura di Via dell’Impero.

Tutto ciò mosse, chiaramente, dalla convinzione che i resti medievali, e più in generale gli elementi non appartenenti alla fase romana, non avessero valore storico e che fosse inutile conservarli. Al governatore di Roma, che gli aveva riportato i dubbi dello storico ed ex ministro dell’istruzione Pietro Fedele riguardo all’abbattimento di tutto ciò che rimaneva dell’urbanistica popolare della Roma medievale, e in particolare alla eliminazione di alcune di case dietro la chiesa di San Nicola in Carcere, Mussolini nel 1931 aveva risposto con una nota lapidaria: “Continui a demolire e se necessario demoliremo anche le melanconie del senatore Fedele, che si commuove ridicolmente per un mucchio di latrine”.

All’intenzione di esaltare le architetture più utili alla propaganda si univa l’aspirazione a creare una città moderna, una metropoli che guardasse al futuro e fosse dimostrazione dalla potenza del regime: una nuova Roma fascista in grado di rinnovare le glorie della città antica.

Dando la prima picconata per inaugurare le demolizioni intorno al Mausoleo di Augusto, il 22 ottobre del 1934, Mussolini dichiarò: “i lavori per l’isolamento dell’Augusteo ai quali io oggi do l’avvio e che dovranno essere ultimati entro tre anni per il bimillenario di Augusto hanno una triplice utilità: quella della storia e della bellezza, quella del traffico, quella dell’igiene. [...] Anche l’isolamento dell’Augusteo, con la creazione di una grande piazza e di un largo varco verso il Corso Umberto I sarà di grandissimo giovamento al traffico urbano. Così come è accaduto per Via dell’Impero dove passano da 25 a 30 mila autoveicoli nelle 24 ore. Non si tratta dunque di arterie puramente archeologiche”.

Dunque il fascismo celebrò con grande enfasi il bimillenario della nascita di Augusto, tra il 23 settembre del 1937 e la stessa data del 1938. La ricorrenza venne festeggiata con mostre, convegni e inaugurazioni, e in vista di tale evento, tanto il mausoleo quanto l’Ara Pacis furono oggetto di grande attenzione da parte del regime già negli anni precedenti.

Nel 1926, e fino al 1930, furono condotti i primi scavi scientifici negli ambienti sotterranei del sepolcro, sotto la direzione del già citato Ciglioli e di Angelo Maria Colini, con lo scopo di rendere di nuovo accessibile il luogo di sepoltura di Augusto, dopo secoli di riutilizzo dell’edificio che era stato trasformato, come vedremo meglio più avanti, in fortezza, giardino, anfiteatro, teatro e sala da concerti.

Durante le suddette le indagini vennero rinvenute le epigrafi commemorativi dell’imperatore Nerva, di Ottavia e di suo figlio Marcello, e si poté raccogliere documentazione utile a comprendere più accuratamente quale fosse stato l’assetto originario dell’edificio. Già in questo frangente, inoltre, divenne inequivocabilmente chiaro a tutti i partecipanti quanto pessimo fosse lo stato di conservazione del monumento.

Il Piano Regolatore del 1931 (recuperando quanto già parzialmente previsto da quello del 1909 e dalla Variante del 1925-1926, entrambi disattesi) stabilì definitivamente l’abbattimento dell’intero quartiere circostante sorto a partire dall’epoca rinascimentale, circa 120 edifici disposti su 28.000 mq. Negli stessi anni furono smantellati anche il Palazzo Correa, posto a nord del sepolcro, e le strutture dell’Auditorium che era stato costruito sul complesso antico e che costituiva un importante luogo di aggregazione e di stimolo della vita culturale della città. L’ultimo concerto vi si tenne il 13 maggio del 1936.

L'area del Mausoleo di Augusto dall'alto prima delle demolizioni degli anni Trenta
L’area del Mausoleo di Augusto dall’alto prima delle demolizioni degli anni Trenta


Benito Mussolini piccona un edificio in via di Ripetta (ottobre 1934). Ph. Istituto Luce
Benito Mussolini piccona un edificio in via di Ripetta (ottobre 1934). Ph. Istituto Luce


Il Mausoleo durante i lavori di scopertura degli anni Trenta
Il Mausoleo durante i lavori di scopertura degli anni Trenta


I lavori di costruzione di Piazza Augusto Imperatore attorno al Mausoleo. Ph. Archivio Museo di Roma
I lavori di costruzione di Piazza Augusto Imperatore attorno al Mausoleo. Ph. Archivio Museo di Roma


La nascita di Piazza Augusto Imperatore e dei palazzi dell'INPS
La nascita di Piazza Augusto Imperatore e dei palazzi dell’INPS

Come accennato le demolizioni iniziarono nell’autunno del 1934, e proseguirono intensamente per anni. Una volta “liberato”, il monumento fu oggetto di ulteriori scavi e restauri che interessarono soprattutto le murature esterne in gran parte interrate.

Tuttavia, viste le condizioni in cui la struttura versava, il risultato concreto di tutto ciò non poté che essere molto diverso dalle aspettative: per i resti riportati alla luce, che vennero peraltro a trovarsi 7 metri al di sotto del piano della città moderna, fu presto coniato il poco lusinghiero nomignolo di “dente cariato” a rimarcare il profondo stato di degrado del complesso, provato dalle spoliazioni e dalle varie forme di riutilizzo a cui era stato sottoposto.

Tra le proposte di sistemazione del Mausoleo va segnalata quella avanzata dell’architetto Adalberto Libera che suggerì di fare della cripta un sacrario dedicato alla campagna in Africa orientale: un ambiente illuminato da candelabri con al centro una statua di Augusto e i nomi dei caduti riportati sulle pareti in caratteri bronzei. L’idea però non venne accolta. Si optò per la semplice sistemazione a rudere della costruzione, con parziale copertura a vegetazione sempreverde, come proposto dallo storico dell’arte e architetto Antonio Muñoz.

Il progetto iniziale per la piazza risultante dagli abbattimenti, presentato nel 1935 dall’architetto Vittorio Ballio Morpurgo, prevedeva uno spazio chiuso da edifici su tutti e quattro i lati, con la prospettiva principale sul monumento da Via del Corso attraverso un ingresso a V sulla piazza. Due avancorpi a sud avrebbero affiancato la scalinata di accesso al Mausoleo, nonché ospitato un museo contenente i ritrovamenti archeologici recuperati nell’area durante gli scavi. Inoltre era previsto un porticato che cingesse il Mausoleo in basso, al livello archeologico. Ma il programma non convinse Mussolini che lo modificò radicalmente, eliminando il suddetto colonnato, gli avancorpi-museo e alcuni edifici a ovest al fine di avvicinare il Mausoleo a fiume. La piazza, quindi, assunse una forma a U con prospettiva principale sul Mausoleo dal Lungotevere.

Nella sua successiva ideazione Morpurgo sostituì gli avancorpi con un museo ipogeo, poi non realizzato, pensato per ospitare la ricostruzione dell’Ara Pacis; più tardi propose invece di collocare l’altare in una teca davanti all’accesso della cripta imperiale. In entrambi i casi, quindi, l’architetto espresse la convinzione che i due monumenti dovessero essere posti in stretta prossimità.

Nel 1937 furono portati a termine i lavori di recupero dell’Ara, iniziati ai primi del Novecento. L’opera era stata rintracciata a quasi otto metri più in giù del livello stradale, sepolta sotto Palazzo Fiano, in Piazza di San Lorenzo in Lucina. La volontà del regime di presentare al pubblico il monumento ricostruito entro il termine delle celebrazioni per i duemila anni dalla nascita di Augusto impose una ricomposizione piuttosto frettolosa dei frammenti, che non ha mancato di suscitare numerosi dubbi tra gli studiosi negli anni seguenti.

La scelta della sede in cui ricollocarla (il riallestimento in situ non era considerato fattibile perché avrebbe implicato la distruzione del sovrastante Palazzo) era fondamentale, vista l’importanza che un’opera del genere aveva per il regime. Si è detto del ruolo assegnato al fondatore dell’Impero nella propaganda fascista: con le sue raffigurazioni allegoriche di una civiltà potente, prospera e pacificata sotto il dominio di Augusto, l’Ara Pacis si prestava perfettamente a magnificare l’immagine e la politica del duce, associate a quelle del principe romano.

Le proposte iniziali per la sistemazione dell’altare, dunque, furono: quelle di Morpurgo a cui si è accennato, la collocazione presso il Museo delle Terme, l’allestimento lungo Via dell’Impero. Successivamente di nuovo Morpurgo tornò a suggerire di porre il monumento sempre presso il Mausoleo, ma a livello stradale moderno.

Alla fine si scelse di sistemare l’Ara su Via di Ripetta, all’interno di un padiglione che ne consentisse la vista anche dall’esterno, favorendone il dialogo tanto con il fiume, quanto con il Mausoleo.

In meno di un anno e mezzo si dovette ricostruire il monumento ed edificare il contenitore, anch’esso progettato da Morpurgo. Così il 23 settembre del 1938 l’Ara Pacis nella sua nuova sistemazione poté essere solennemente inaugurata, all’interno della teca che, nonostante le polemiche legate alla questione estetica ma soprattutto nonostante la sua impossibilità di garantire la corretta conservazione dell’altare, è rimasta lì fino all’intervento dell’architetto statunitense Richard Meier agli inizi del 2000, anch’esso tutt’altro che esente da polemiche. Se, però, con l’altare si era riusciti a terminare i lavori entro la scadenza del bimillenario, non successe altrettanto con il Mausoleo, il cui restauro, alla data del 23 settembre, era stato terminato solo sul lato che dava verso l’Ara. La guerra, ovviamente, causò l’interruzione degli interventi sull’edificio che ripresero solo nel 1952, con la realizzazione di muretti di contenimento e delle scale di accesso al livello archeologico.

L'Ara Pacis
L’Ara Pacis. Ph. Credit


La teca dell'Ara Pacis di Morpurgo (dopo il restauro degli anni Settanta)
La teca dell’Ara Pacis di Morpurgo (dopo il restauro degli anni Settanta). Ph. Credit


La teca dell'Ara Pacis di Meier
La teca dell’Ara Pacis di Meier

Dunque, il regime fece del Mausoleo il cuore di quello che avrebbe dovuto essere un nuovo centro storico-mitologico di Roma, eliminando quanto più possibile ogni traccia di ciò che, nei secoli, era stato edificato a ridosso del monumento e accanto. Si trattò dell’ennesima metamorfosi conosciuta dal Mausoleo che fino a quel momento aveva rappresentato un esempio tra i più eloquenti del perenne mutamento di Roma e della sua millenaria stratificazione, della quale fortunatamente sono stati recuperati oggi alcuni esempi in diversi punti del complesso in cui sono stati riscontrati, durante recenti indagini, materiali riferibili a diverse fasi storiche.

Già nel corso dell’epoca imperiale, l’isolamento architettonico del Mausoleo andò progressivamente riducendosi, per via della costruzione di alcuni edifici dei quali si sono trovate tracce nei vari interventi di scavo in prossimità del sito. Alla caduta dell’impero romano seguì per il sepolcro un lungo periodo di abbandono, conseguente alla interruzione della manutenzione ordinaria.

Non si hanno ulteriori notizie del Mausoleo sino al 952, quando in un diploma di papa Agapito II si menziona una chiesetta denominata Sant’Angelo de Agosto, posizionata sulla sommità del tumulo, in cacumine; rimane tuttavia sconosciuto il periodo esatto in cui il luogo di culto sorse. Cessata ogni utilizzazione dell’edificio, esso si era ricoperto di vegetazione, trasformandosi in una collinetta boscosa, sulla cui sommità era stata costruita la chiesa.

Nel XII secolo i resti del Mausoleo furono adattati a fortezza dalla potente famiglia dei Colonna. Presso la struttura, nel 1354, avvenne il rogo del corpo del tribuno Cola di Rienzo, ucciso due giorni prima in Campidoglio.

Al Quattrocento risalgono i danni più ingenti all’edificio antico la cui porzione superiore crollò, evidentemente a causa delle sistematiche spoliazioni delle parti lapidee di cui si ha notizia. Alla metà del secolo, infatti, in prossimità del Mausoleo sono attestate alcune fornaci per la cottura della calce che indicano lo sfruttamento intensivo della costruzione come cava di materiali. Agli inizi del XVI secolo il Mausoleo divenne proprietà degli Orsini.

A Baldassarre Peruzzi e ad Antonio da Sangallo il Giovane si deve la prima esplorazione archeologica dell’edificio, effettuata nel 1519, durante i lavori per la costruzione dell’ospedale di San Rocco e per l’apertura della via Leonina. In questa occasione Peruzzi produsse una nutrita serie di disegni che costituisce ancora oggi una fondamentale fonte documentaria. Tra le altre cose, l’artista ebbe modo di osservare i due obelischi egizi che però, come già accennato, verranno rialzati solo più tardi, a distanza di secoli uno dall’altro.

Da questo momento iniziò a diffondersi tra artisti e umanisti un grande interesso per l’antico monumento che divenne oggetto di numerosi studi. Furono in molti, inoltre, a riprodurlo in disegni, stampe e dipinti; tra loro Raffaello che nell’affresco raffigurante la Visione della Croce di Costantino nelle Stanze Vaticane, eseguito tra il 1520 e il 1524, inserì il Mausoleo sullo sfondo immaginando quella che avrebbe dovuto essere il suo aspetto antico.

Nel 1546 il sepolcro passò a monsignor Francesco Soderini, membro di una nobile famiglia di origini fiorentine, che ottenne anche, da Paolo III, l’autorizzazione a scavare attorno alla costruzione per recuperare materiale antico da acquisire nella propria collezione, ma anche per livellare le strutture antiche. Infatti nella parte centrale del Mausoleo, già ridotta ad una sorta di invaso circolare per via del crollo menzionato, Soderini impiantò un giardino all’italiana, impreziosito da statue e sarcofagi, adiacente al palazzo nobiliare che invece fu realizzato a nord del sepolcro. D’altronde l’allestimento di giardini privati aventi scenografiche rovine come sfondo e pensati come luogo espositivo per le proprie collezioni di antichità era una pratica piuttosto diffusa a Roma in quegli anni tra le famiglie più facoltose. Un esempio su tutti è costituito dagli Horti Farnesiani, creati per volere del cardinale Alessandro Farnese a partire dal 1537.

Dopo vari cambi di proprietà, nel 1700 il Mausoleo passò ai marchesi Correa, famiglia di origine portoghese. Decenni più tardi lo spagnolo Bernardo Matas, il quale aveva in affitto una parte della proprietà che utilizzava come locanda, trasformò lo spazio circolare del giardino in un’arena, cingendolo con gradinate in legno, e vi organizzò combattimenti di tori e bufale. Nasceva così l’Anfiteatro Correa, che tre anni dopo venne preso in gestione direttamente dalla stessa famiglia di proprietari. I Correa portarono avanti quanto iniziato da Matas, aggiungendo altre attività come la corsa nel sacco o il gioco della cuccagna, nel pomeriggio, e gli spettacoli con fuochi artificiali, i fochetti, la sera.

Alla fine degli anni Ottanta del Settecento un nuovo proprietario, il marchese Vivaldi Armentieri, visto il grande afflusso di pubblico, decise di costruire un anfiteatro stabile in laterizio, acquistato poi nel, 1802, dalla Camera Apostolica.

Stendhal, nelle sue Passeggiate romane, pubblicate nel 1829, ci offre una concisa ma efficace testimonianza del successo degli spettacoli al Correa:“la domenica il popolo va a vedere al Mausoleo di Augusto le tauromachie, e gli stranieri vanno a vedere il popolo”. I fochetti serali, sempre più spettacolari, attirano invece un pubblico composto di alti prelati e altri aristocratici. La struttura viene utilizzata anche per eventi ufficiali, come per esempio i festeggiamenti organizzati in occasione dell’ingresso trionfale di Francesco I d’Austria nel 1819.

Negli anni successivi, prima le giostre di tori e poi i fochetti vennero aboliti per questioni di sicurezza, e sostituiti con rappresentazioni teatrali, concerti musicali e giochi circensi.

Con Roma divenuta capitale, l’edificio tornò in mani private: fu acquistato dal conte Giuseppe Telfener, prese il nome di Politeama Umberto I e divenne teatro. Nel 1880 Telfner trasformò la struttura in stile eclettico e neomedioevale con una nuova copertura in vetro sorretta da strutture in metallo. Di lì a breve il teatro fu temporaneamente chiuso a causa dell’assenza di uscite di sicurezza, per costruire le quali, tuttavia, la Commissione archeologica non forniva i permessi per ragioni di tutela delle strutture antiche. Ne nacque un lungo contenzioso con il Demanio, che finì per riacquisire il teatro, mettendolo poi a disposizione dello scultore Ettore Chiaradia che vi modellò la statua bronzea di Vittorio Emanuele II realizzata per l’Altare della Patria.

Nel 1907 l’edificio fu ceduto al Comune di Roma, venne adeguato alle norme di sicurezza con lo scavo dell’antico accesso, trasformato in Auditorium, e rinominato “Augusteo”. Dall’anno successivo prese il via la prima stagione di concerti sinfonici a cura dell’Accademia di Santa Cecilia.

Etienne Du Pérac, Vestigi del Mausoleo di Augusto, da I vestigi dell’antichità di Roma raccolti et ritratti in perspettiva (1600)
Etienne Du Pérac, Vestigi del Mausoleo di Augusto, da I vestigi dell’antichità di Roma raccolti et ritratti in perspettiva (1600)


Stampa del 1780 con la raffigurazione dell'anfiteatro Correa
Stampa del 1780 con la raffigurazione dell’anfiteatro Correa


Il Mausoleo trasformato in Auditorium. Ph. Istituto Luce
Il Mausoleo trasformato in Auditorium. Ph. Istituto Luce


Il Mausoleo trasformato in Auditorium, interno
Il Mausoleo trasformato in Auditorium, interno


Il Mausoleo trasformato in Auditorium, interno. Ph. Istituto Luce
Il Mausoleo trasformato in Auditorium, interno. Ph. Istituto Luce


Come si è detto, questo momento felice dell’Auditorium, al cui interno si esibirono i più prestigiosi musicisti, cantanti e direttori d’orchestra, durò fino al 1936, mentre già dagli anni Venti il Mausoleo suscitò l’ interesse del regime che finì per modificarne irreversibilmente aspetto e funzioni.

Veniamo, in conclusione, ai nostri giorni. Il monumento è stato oggetto dal 2007 di un restauro conservativo lungo dodici anni, realizzato con l’intervento economico di Roma Capitale e del MiBACT, il tutto finalizzato a un’opera di musealizzazione finanziata dalla Fondazione TIM, e diretta dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, per rendere fruibile un percorso museale completo volto a illustrare le varie fasi storiche del Mausoleo, anche offrendo, dopo il 21 aprile 2021, contenuti digitali in realtà visuale e aumentata. Parallelamente, da maggio 2020, è stata avviata (con un ritardo enorme rispetto al piano originario che prevedeva la conclusione dei lavori su Mausoleo e Piazza, inizialmente programmati nel contesto di un unico percorso progettuale, entro il 2014) la sistemazione urbanistica della piazza su progetto dell’architetto Francesco Cellini.

Dopo un periodo di tempo decisamente lungo, quindi, il Mausoleo torna a farsi percorrere, almeno nell’area centrale, dai visitatori, che vi potranno accedere gratuitamente fino al 21 aprile, data del Natale di Roma. Successivamente, per tutto il resto dell’anno, la gratuità sarà riservata ai soli residenti nella capitale. A quanto ammonterà il costo del biglietto per tutti gli altri è ancora un mistero, e d’altronde la prenotazione per i giorni successivi al 21 aprile (entro quella data è già tutto esaurito) non è ancora consentita.

Non si può che sperare che la riapertura di quest’anno, appena saranno eliminate le attuali limitazioni dovute alla pandemia, segni per questo fondamentale sito archeologico l’inizio di una nuova vita in grado di riconsegnare a un pubblico il più vasto possibile la memoria di tutte le altre.


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