Poetica amanuense del cucito: è così che il critico Giorgio Di Genova definisce, nella sua monumentale Storia dell’arte italiana del ’900, Maria Lai (1919 - 2013), indimenticata artista sarda capace di “giocare” (il termine è suo) con ricami, fili, tele, tavole, legno, colori acrilici e quanto capitava sotto le sue mani per combinare il tutto in forme sempre originali. C’è un filo ben preciso che contraddistingue l’intera carriera di Maria Lai, ed è un filo nel vero senso della parola, perché la sua particolare e innovativa ricerca artistica trovò nell’interpretazione dell’antica arte della tessitura i suoi momenti più intensi. Maria Lai, pur essendo nata in un piccolo borgo sulle montagne dell’Ogliastra, Ulàssai, si era trasferita nel continente per formarsi. Studiò a Roma e a Venezia, e i suoi maestri furono alcuni tra gli artisti più in auge degli anni Trenta e Quaranta: basterebbe citare i nomi di Arturo Martini e Marino Mazzacurati. Eppure, il richiamo della sua terra natale dovette essere particolarmente forte, se l’artista decise di far presto ritorno in Sardegna. Certo: durante tutto l’arco della sua esistenza, Maria Lai ottenne successi internazionali, esponendo alle mostre più prestigiose. Ma la sua dimensione più congeniale era proprio la sua isola.
Non si potrebbe comprendere l’arte di Maria Lai se si tralasciasse questo suo profondo legame con la terra d’origine, perché la sua opera è fortemente radicata alla tradizione. I contatti con gli esponenti dell’arte povera probabilmente influirono sulla scelta dei materiali con cui Maria Lai realizzava le sue opere: materiali ben lontani da quelli della tradizione accademica, ma vicini agli usi millenari degli abitanti della sua terra. Già negli anni Quaranta, nel periodo della formazione, l’artista dimostrava una spiccata sensibilità per il tema del lavoro femminile: il suo è un universo fatto di donne che vanno al mulino, che accudiscono bambini, e che attendono alla tessitura. E la tessitura divenne così importante per Maria Lai da contraddistinguere, come detto, il filone più originale della sua ricerca artistica. Con le sue opere, Maria Lai reinterpretava un’arte millenaria, fatta di gesti costanti e immutati da secoli, di attenzione minuziosa, di sapienza tutta femminile. In questo articolo, che nasce da una collaborazione con la casa d’aste Minerva Auctions (che per prima ha introdotto la figura di Maria Lai nelle case d’aste), abbiamo scelto tre opere, eseguite a distanza di circa vent’anni l’una dall’altra, per trovare tre esempi altamente significativi dell’arte di Maria Lai.
Negli anni Sessanta, l’artista elevava il telaio, lo strumento per tessere, a oggetto d’arte, creando opere in cui la macchina per la tessitura diventava protagonista in forme sempre nuove: appartiene alla serie dei telai il Progetto per ordito del 1964, proveniente da una collezione privata cagliaritana. L’ordito è l’insieme dei fili che vengono fissati al telaio, in verticale: la tessitrice, facendo uso di una navetta che percorre il telaio in orizzontale, intreccerà all’ordito la trama, ovvero l’insieme dei fili orizzontali, in modo da creare il tessuto. Nell’arte di Maria Lai, il telaio diventa il supporto che dà vita alle sue creazioni: esattamente come il telaio per tessere dà modo alla donna di creare tessuti ora semplici, ora complessi, ora sobri, ora pieni di colore, il telaio di Maria Lai accoglie fili di cotone disposti secondo l’estro dell’artista, per comunicare sentimenti e sensazioni. Non solo fili, ma anche elementi nei materiali più disparati: in questo Progetto per ordito ne troviamo alcuni in legno disposti quasi fossero pagine sulle quali i fili s’intrecciano per narrare storie. Tanto che l’artista ha scelto, in questa sua opera, di ridurre al minimo la gamma cromatica: troviamo esclusivamente il nero della tempera che ricopre il supporto, e i colori naturali del cotone e del legno, che tendono al bianco.
Maria Lai, Progetto per ordito (1964; tempera, terracotta, fili di cotone, legno e chiodi su tavola, 123 x 62 cm; collezione privata) |
Torneremo tra poco a parlare della tessitura come narrazione: prima è necessario soffermarsi su quella che è forse l’opera più celebre di Maria Lai, Legarsi alla montagna. Si tratta di una performance: l’artista è sempre stata attenta a tutte le forme espressive, anche a quelle più nuove e provocatorie, e questa sua opera ne è una piena dimostrazione. Siamo nel 1981, e l’idea di base era, nella sua teoria, molto semplice, perché si trattava di legare tutte le abitazioni di Ulassai con un nastro. Un’idea semplice, ma complessa per tutti i risvolti che portava con sé. E che nacque, come l’artista stessa ricordava, in un’occasione ben precisa: “Lontana da tanti anni, fui chiamata ad Ulassai perché volevano che realizzassi un monumento ai caduti. Mi sono ritrovata in un paese di pastori e di capre, dove sono nata, dominato da rancori personali, e mi sono spaventata. Naturalmente non accettai di fare il monumento e decisi di fare qualcosa per i vivi, ma non sapevo cosa”. Dopo che Maria Lai ci ebbe pensato su, nella sua mente balenò quel “qualcosa” che poteva fare per i “vivi” del suo paese natale: si era rammentata di una leggenda popolare, conosciuta da tutti i bambini del paese, che parlava di una ragazzina che doveva portare del pane ad alcuni pastori. Assolto il suo compito, fu sorpresa da un temporale, e decise pertanto di rifugiarsi in una grotta, assieme ai pastori, per evitare di bagnarsi con la pioggia. All’improvviso, la bambina vide un nastro celeste volare nel cielo, e decise di seguirlo: i pastori non fecero altrettanto, perché non vollero esporsi ai pericoli del temporale. Proprio nel momento in cui la bambina usciva dalla grotta, quest’ultima crollò sotto la forza della tempesta, travolgendo i pastori e le greggi che si trovavano al suo interno.
Maria Lai vedeva la grotta come metafora del paese e, in generale, del mondo contemporaneo, e il temporale come simbolo dei rancori che dividono i suoi abitanti: il suo voleva essere un intervento volto a dimostrare come l’arte e la bellezza potessero indicare una via di salvezza. Un filo che legasse tutti gli abitanti doveva essere simbolo dell’unione contro gli odii e le avversità. Non fu semplice superare le diffidenze, e molte furono le difficoltà materiali che l’artista dovette affrontare, incluse le ostilità di molti dei suoi compaesani. Per fortuna, alla fine prevalse un’indole collaborativa: Maria Lai fu in grado di far passare ben ventisette chilometri di nastro celeste attraverso le abitazioni del suo paese, e tre scalatori cagliaritani riuscirono anche a portare il nastro sul monte Gedili: la montagna che sovrasta Ulassai veniva così legata al borgo. E il tutto fu documentato da un evocativo servizio fotografico di Piero Berengo Gardin.
Maria Lai, un momento dell’intervento ambientale Legarsi alla montagna in una delle fotografie di Piero Berengo Gardin (1981; foto dal sito ufficiale dell’artista). |
Storie, leggende e tradizioni vengono dunque rievocate attraverso un filo per far emergere un messaggio di portata universale. Perché si è già anticipato di come la tessitura rivesta anche, nell’arte di Maria Lai, il ruolo di mezzo adatto a narrare storie: e questa particolare vocazione della tessitura viene esplicitata nella serie dei “Libri”, a cui appartiene il Diario di Renato, una delle opere più recenti di Maria Lai, eseguita nel 2007 e, come il Progetto per ordito, datata e firmata. Dopo aver atteso alla tessitura, le donne si trovavano per tenersi compagnia, raccontandosi aneddoti e storie per passare il tempo. Nei suoi “Libri”, Maria Lai utilizza un filo di cotone che passa attraverso fogli bianchi, ricavati da un lenzuolo nel caso del Diario di Renato, per formare segni simili a parole. Il filo diventa quindi un originale inchiostro che fissa quel repertorio di racconti e leggende della tradizione, spesso però senza che i segni lasciati da Maria Lai assumano la forma di alfabeti realmente esistenti: l’opera di Maria Lai, del resto, non mira a fornire all’osservatore una descrizione oggettiva del racconto, ma mira a suggerire le atmosfere delle storie. E la sua suggestiva arte risulta così molto più vicina alla poesia che al racconto.
Presso la sede di Minerva Auctions (Palazzo Odescalchi, Piazza SS. Apostoli 80, Roma) è possibile visitare le esposizioni gratuite delle opere che saranno battute all’asta. Il sito di Minerva Auctions è www.minervaauctions.com. Il sito ufficiale dell’artista è www.maria-lai.com.Maria Lai, Diario di Renato (2007; lenzuolo cucito, ricamo e filo nero su tela applicata su tavola, 86,5 x 185 cm; collezione privata) |
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).