“Non hanno mai capito chi fosse veramente questo Gesù. Uno dei nostri rabbini più amorevole che soccorreva sempre i bisognosi e i perseguitati. Gli hanno attribuito troppe insegne da sovrano. È stato considerato un predicatore dalle regole forti. Per me è l’archetipo del martire ebreo di tutti i tempi”. Queste sono le parole di uno dei più significativi artisti del Novecento, un pittore russo di origine ebraica che ha raccontato attraverso i suoi suggestivi dipinti la difficile condizione storica in cui è vissuto e, in particolare, quel tragico periodo caratterizzato dalle stragi razziali della Seconda Guerra Mondiale: Marc Chagall (Vitebsk, 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 1985).
“È quanto ho compreso quando ho utilizzato l’immagine per la prima volta […]. Ero sotto l’influenza dei pogrom. Poi l’ho dipinto e disegnato nelle raffigurazioni dei ghetti, circondato dai tormenti ebraici, da madri ebree che corrono terrificate tenendo in braccio dei figlioletti”, ha dichiarato l’artista. Chagall si riferiva probabilmente alla sua Crocifissione bianca, realizzata nel 1938, nella quale ha raffigurato in maniera inusuale una commistione tra religione cristiana e religione ebraica: come affermato, il pittore ebreo credeva nell’appartenenza di Gesù al popolo ebreo perseguitato, che lui poneva nelle sue Crocifissioni, per la maggior parte dei casi, al centro della composizione. Inoltre, seguendo le sue origini ebraiche, ha rappresentato la Crocifissione dal punto di vista di un ebreo: come ha osservato il critico Franz Meyer, il rapporto della figura di Cristo con il mondo è ben diverso da quello delle crocifissioni cristiane. In queste ultime, tutto il dolore è concentrato in Cristo e su Cristo, che viene pianto ai piedi della croce dalla Vergine, dalla Maddalena e da san Giovanni. Anche nelle Crocifissioni di Chagall tutto il dolore del mondo si riflette sulle vicende della croce, ma rimane un perpetuo destino umano che non viene risolto dalla morte di Cristo. Infatti, attorno alla croce sono raffigurate diverse scene che rimandano al credo ebraico e che ritraggono un mondo di dolore e di morte, di violenze e soprusi commessi nei confronti della popolazione ebrea.
Marc Chagall, Crocifissione bianca (1938; olio su tela, 154,6 x 140 cm; Chicago, Art Institute) |
Yury (Yehuda) Pen, Ritratto di Marc Chagall (1914; olio su tela, 54 x 41 cm; Minsk, Museo Nazionale d’Arte) |
L’artista è nato nella cittadina di Vitebsk, nell’attuale Bielorussia, da una famiglia di fede ebraica e le sue origini hanno provocato conseguenze nella sua vita, soprattutto quando il nazismo ha preso il potere in Germania e sono state diffuse le leggi antisemite. In quel clima discriminatorio tutte le sue opere furono confiscate ai musei tedeschi e il pittore, a causa della sua “razza”, durante la Seconda Guerra Mondiale fu costretto ad abbandonare Parigi per emigrare negli Stati Uniti dove si stabilì dal 1941 al 1948. La volontà di rappresentare il dolore umano, causato dalle discriminazioni e dalle brutalità perpetrate sulla razza ebrea da coloro che si ritenevano di una razza superiore poiché “pura”, si è accentuata in Chagall a seguito dei ripetuti pogrom, il termine russo con cui vengono indicate le violente devastazioni subite dagli ebrei per mano delle popolazioni locali avvenute in territorio russo e in altre aree del mondo. Durante questi atti di violenza, gli ebrei subivano aggressioni, che spesso si concludevano con la morte, e con saccheggi e distruzioni delle loro proprietà e degli edifici a loro connessi.
Con l’ascesa del nazismo in Germania, nel 1933, la violenza era divenuta, secondo tale ideologia, strumento per riportare l’ordine, per eliminare tutto ciò che apparteneva alla razza inferiore. Nell’ampia e vasta scia di pogrom che sono stati attuati, il più tragico e devastante è stato quello comunemente conosciuto come la Kristallnacht, la Notte dei Cristalli, avvenuta nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938. Le strade delle città della Germania, dell’Austria e della regione dei Sudeti della Cecoslovacchia erano un cumulo di vetri in frantumi (da qui deriva il termine Kristallnacht): i vetri delle case, delle sinagoghe e dei negozi di proprietà ebraica furono distrutti, le sinagoghe bruciate e saccheggiate, i magazzini dei negozi depredati e le vetrine ridotte in frantumi, i cimiteri ebraici vennero profanati. Le persone di “razza ebrea”, in particolare giovani, furono arrestate: sono testimoniati stupri, suicidi e umiliazioni pubbliche, nonché attacchi nelle proprie case. Dopo l’arresto, vennero imprigionate nei campi di concentramento a Dachau, a Buchenwald, a Sachsenhausen. Inoltre questi fatti furono accompagnati nei giorni successivi da leggi attraverso cui gli ebrei venivano privati delle loro proprietà per cederle ai nazisti, venivano esclusi da molte professioni, dalle scuole, dai mezzi pubblici e allontanati dai teatri, dai cinema, dalla vita pubblica.
La Notte dei Cristalli è ricordata come uno dei momenti salienti della persecuzione ebraica: una notte di violenza per il solo motivo di appartenere a una razza diversa. La notte che ha segnato un punto di svolta verso un mondo caratterizzato sempre più dall’odio e dalla morte. Ed è in concomitanza con la Kristallnacht che Marc Chagall ha realizzato la sua Crocifissione bianca. La denominazione “bianca” è dovuta alla prevalenza del colore bianco sullo sfondo del dipinto, che presenta anche sfumature sui toni del grigio, più chiaro verso il basso e più scuro verso l’alto.
Negozio di proprietà ebraica a Magdeburgo distrutto durante la Notte dei Cristalli (novembre 1938; fotografia b/n, Berlino, Bundesarchiv) |
La vecchia sinagoga Ohel Jakob a Monaco di Baviera distrutta durante la Notte dei Cristalli (novembre 1938; fotografia b/n; Collezione privata) |
La sinagoga di Börneplatz a Francoforte sul Meno distrutta durante la Notte dei Cristalli (novembre 1938; fotografia b/n; New York, Center for Jewish History) |
L’opera, come è stato già affermato, è costruita con immagini e rievocazioni che provengono dal mondo cristiano e dal mondo ebraico, allo scopo d’imprimere sulla tela le sofferenze, le violenze e i soprusi patiti dagli ebrei. Primo su tutti, dal Cristo crocifisso, che sebbene sia il simbolo cristiano per eccellenza, diviene qui, e nella maggior parte delle Crocifissioni di Chagall, l’archetipo del martire ebreo. Gesù in croce è posto dall’artista al centro della composizione, illuminato da un ampio fascio di luce bianca. Sulla vita indossa un tallit, lo scialle di preghiera ebraico, e il capo non è circondato, come nell’abituale iconografia cristiana, dalla corona di spine, bensì da un panno bianco. Sulla croce è riportata ben due volte l’iscrizione INRI, acronimo latino di Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, ovvero Gesù il Nazareno, Re dei Giudei: di colore rosso in lettere gotiche per ricordare i pamphlet antisemiti dei nazisti e il colore del sangue, e di colore nero in lettere ebraiche scritto per esteso. Alla base della croce, che la illumina, è posta una Menorah, il candelabro a sette braccia, alimentato ad olio: è uno dei simboli più ricorrenti dell’ebraismo e il suo stesso nome rimanda alla luce; secondo la religione ebraica, è stato costruito da Mosè per l’Arca del Patto, ovvero la cassa rivestita d’oro che quest’ultimo ha realizzato per volere di Dio al fine di custodire la sua testimonianza, le Tavole della Legge. La Menorah ha fatto parte successivamente degli arredi sacri del Tempio di Gerusalemme. Appoggiata alla croce, è stata collocata una scala: utilizzata per l’atto stesso della crocifissione, questa indica probabilmente il legame tra cielo e terra.
Attorno a Gesù crocifisso, Chagall ha raffigurato varie scene: in senso antiorario, si vedono sopra la croce tre uomini e una donna, al posto dei consueti angioletti, che esprimono tutta la loro disperazione piangendo, portandosi le mani al viso e pregando perché la diffusa violenza e sofferenza giunga al termine al più presto. Sono raffigurate poi case dilaniate dalle fiamme e persino rovesciate, dal cui interno sono usciti alcuni abitanti impauriti. Il villaggio ebraico è stato incendiato dai soldati che, armati, si trovano appena fuori dal centro abitato e innalzano fieri le bandiere rosse: il fatto quindi è riconducibile a un pogrom in territorio russo e il colore rosso delle bandiere indica l’appartenenza al comunismo di Stalin. Poco più in basso, l’artista ha dipinto una barca ricolma di profughi ebrei che stanno cercando di buttare l’ancora per salvarsi e attraccare su terra sicura. Una scena ancora molto attuale, nonostante siano trascorsi ottant’anni dalla data di realizzazione del quadro, una scena che esprime la fuga dalle terre natie con la speranza di salvare le proprie vite in parti del mondo non contaminate dalla guerra e dalla devastazione. Nell’angolo in basso a sinistra, tre uomini anziani stanno cercando di proteggere, sottraendola all’indubbia distruzione, una Torah, le leggi e i comandamenti ricevuti sul monte Sinai; nella tradizione ebraica la Torah indica i primi cinque libri della Bibbia, dalla Genesi alla morte di Mosè. Uno dei tre uomini in fuga, nella prima redazione del dipinto, portava al collo un cartello con scritto “Ich bin Jude”, “Sono ebreo”, ulteriore segno di riconoscimento.
Marc Chagall, Crocifissione bianca, dettaglio, le figure disperate nel registro superiore |
Marc Chagall, Crocifissione bianca, dettaglio, il villaggio distrutto |
Marc Chagall, Crocifissione bianca, dettaglio, la barca dei profughi |
Marc Chagall, Crocifissione bianca, dettaglio, il salvataggio della Torah e la Menorah |
Marc Chagall, Crocifissione bianca, dettaglio, la madre col bambino |
Marc Chagall, Crocifissione bianca, dettaglio, la sinagoga in fiamme |
Proseguendo, si nota una madre che stringe a sé il figlioletto in segno di protezione e pare gli copra il piccolo volto per non fargli percepire e conoscere gli orrori della guerra. Accanto alla donna, un uomo vestito di verde sta provando a proteggere dal fuoco bianco, che sta dilagando dall’angolo in basso a destra della tela, i libri della Sacra Scrittura, mettendoli dentro al sacco che porta sulle spalle. Sparsi a terra sono alcuni oggetti. L’ultima scena raffigurata è quella di una sinagoga da cui escono alte fiamme: uomini stanno tentando di sottrarre a queste ultime ciò che è custodito all’interno dell’edificio; sono visibili le Tavole della Legge e la stella di David, segno di appartenenza al credo ebraico, tra due leoni.
La Crocifissione bianca, oggi custodita all’Art Institute di Chicago, è un dipinto che induce alla riflessione: attraverso l’arte, Chagall intende mettere su tela ciò che lui stesso ha visto, tutto ciò di cui lui è stato testimone. Raffigurare i continui pogrom che si stavano verificando sempre più nella sua epoca significava rappresentare fino a che punto può arrivare l’odio e lasciare una testimonianza alle generazioni a lui contemporanee e alle generazioni future. Un insegnamento che non deve essere limitato al Giorno della Memoria, bensì da tenere in modo saldo alla mente ogni giorno per non ripetere gli orrori e gli errori del passato.
Bibliografia di riferimento
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.