Una splendida “macchina della Beata Vergine Maria”. È con questa espressione che in un documento antico viene identificata la meravigliosa Madonna del Rosario di Giovanni Antonio Cybei (Carrara, 1706 - 1784), una complicata opera di cartapesta con anima in legno appena uscita da un lungo restauro condotto dagli esperti Cinzia Berti e Michele Paoletti. Un restauro che si era reso necessario perché la delicata scultura versava in un cattivo stato di conservazione, dovuto soprattutto all’uso che della Madonna del Rosario si faceva in passato: si tratta, infatti, di una macchina da processione, ovvero di una struttura che veniva portata a spalla in giro per la città durante le solennità religiose. Immaginate cosa volesse dire procedere tra la folla con un oggetto così delicato: ogni minimo urto, ogni graffio ricevuto, ogni strofinata comportava un bozzo, una perdita di colore, in ogni caso un danno o una lacuna che occorreva risarcire. Di conseguenza l’opera, nel corso dei secoli, è stata sottoposta svariate volte a operazioni di ridipintura che hanno finito con l’alterarne l’aspetto originario.
Giovanni Antonio Cybei, Madonna del Rosario (1739; cartapesta, legno, tela; Carrara, Duomo) |
La Madonna del Rosario dietro l’altare seicentesco nel Battistero del Duomo di Carrara |
La Madonna del Rosario con uno dei due angeli dell’altare |
L’intervento ha pertanto consentito il recupero della piena leggibilità dell’opera: si è così scoperto, sotto uno spesso strato di colore aggiunto in epoche successive, che la Madonna vestiva una splendida veste floreale colma di fresche rose, che le gote di putti e cherubini erano solcate da lievi rossori che ne accrescevano la delicatezza (la decorazione dipinta, tuttavia, è da attribuire a un ignoto collaboratore di Cybei, dacché l’interesse per la pittura da parte del maestro rimonta solo al 1750, come si evince dai documenti), e che lo sguardo della Madonna è dotato di una profondità e di una espressività che, per le macchine da processione, non sono caratteristiche poi così scontate. Un volto delicato, quasi da bambina, pervaso da un lieve moto di tristezza. Una posa dignitosa, col ginocchio sinistro che avanza in modo che il grazioso piede poggi sopra alla testa di un cherubino, che tuttavia non avverte in alcun modo l’onere che grava su di lui: la presenza della Vergine è viva ma leggerissima. Il suo corpo, dalle nobili forme esili ed allungate, è coperto, oltre che dalla veste di cui s’è detto, anche da un manto blu bordato d’oro (come da più classica iconografia), ampio, che svolazza ovunque dando al fedele l’impressione che l’apparizione sia ancor più solenne. Un manto col quale, peraltro, putti e cherubini paiono giocare: quello di destra, per esempio, si nasconde sotto il lembo che pende verso il basso e sembra quasi volersi celare agli occhi dell’incuriosito Gesù Bambino per poi palesarsi d’improvviso come nel più tipico dei giochi infantili. Un Gesù Bambino che risponde muovendo le mani con una certa energia: sembra quasi voglia sottrarsi alla presa della madre (gia di per sé molto morbida) per raggiungere il compagno di giochi. Sopra, due angioletti, velati l’uno di verde e l’altro di rosso (i colori della speranza e della carità), sistemati a fianco del candido velo che copre il capo di Maria (il bianco è il colore della terza virtù teologale, la fede), reggono con la punta delle dita un’enorme e pesante corona dorata e sovrastata da un crocifisso, per sottolineare la regalità della madre di Dio (la corona e il rosario non sono tuttavia elementi che fanno parte dell’opera originale). All’opposto, in basso, le nubi formano il trono su cui la Vergine siede.
Il volto della Madonna e il Bambino |
Particolare dei cherubini |
Assistere a una processione che avesse per protagonista questa Madonna del Rosario doveva essere un’esperienza capace di suscitare grande meraviglia. Peccato che, a fronte di un’opera di tale pregio, e per di più prodotta dalla mano di uno dei più importanti scultori che operarono tra Toscana, Liguria ed Emilia nel Settecento, la bibliografia sia quanto mai scarna: a ricostruire la storia del gruppo ha quindi pensato lo storico dell’arte carrarese Andrea Fusani che ha sfruttato l’occasione del restauro per tirare le fila della cronologia e dell’esecuzione della Madonna del Rosario di Giovanni Antonio Cybei. La ricerca di Fusani costituisce anche il primo studio specifico dedicato all’opera, e ci sembra quindi molto interessante fornirne un sunto in questo articolo.
Partiamo dal presupposto che non esistono documenti coevi che possano dare conto certo della scultura: l’unica nota contemporanea a Cybei rintracciata da Fusani è una richiesta, datata 1739, reperita nell’Archivio Notarile di Carrara, nella quale i priori di una confraternita cittadina, la Compagnia del Rosario, domandavano “erigendi altare amovibile ante machinam ipsius Beata Maria Virginis”. Si faceva dunque cenno a una “macchina della Beata Vergine Maria”. Poiché l’altare mobile menzionato nella nota doveva essere eretto nel Duomo, si può tranquillamente ipotizzare che questa macchina fosse esposta alla vista dei fedeli: Fusani inoltre ipotizza che, stante la richiesta di realizzare un altare mobile affinché l’apparato che accoglieva la Madonna fosse completo, la realizzazione della scultura non debba collocarsi molto distante da tale data. Altre scoperte concorrerebbero a rafforzare la convinzione secondo cui la “macchina” citata nel documento del 1739 sarebbe la stessa che ammiriamo oggigiorno. In un’inedita lettera dell’agosto 1783, Cybei ricordava d’aver eseguito alcune “alcune cosucce” per la sua città a titolo gratuito. L’unica opera che l’artista eseguì gratuitamente per Carrara di cui abbiamo notizia certa è l’Altare del riscatto, che si trova nel Battistero del Duomo: tuttavia, dato che non esistono documenti che certifichino pagamenti per la Madonna del Rosario, niente vieta di pensare che anche la macchina da processione sia stata realizzata senza che lo scultore abbia ricevuto una retribuzione. Infine, sappiamo che Cybei tra il 1738 e il 1742 smise di recarsi presso lo studio del suo maestro, Giovanni Baratta (Carrara, 1670 - 1747), che riprese poi a frequentare anche quando cominciò ad avere commissioni autonome, slegate dalla bottega di Baratta. Cybei aveva però un altro studio, nell’attuale via Finelli (a poca distanza dal Duomo), situato al primo piano dell’edificio: lo usava soprattutto per disegnare e modellare. Una tradizione tramandata oralmente dalla famiglia Cybei, di cui Fusani dà conto nel suo contributo, vuole che lo scultore abbia realizzato la Madonna del Rosario in questo studio, e la abbia poi calata nel cortile della canonica del Duomo (sulla quale il suo atelier si affacciava) tramite l’utilizzo di funi, e pare che per consentire questa operazione si sia anche reso necessario l’allargamento di una finestra, perché l’opera non riusciva a passarci attraverso.
Vale la pena ricordare come il nome di Cybei, che non è mai associato alla Madonna del Rosario nei documenti contemporanei, è testimoniato, oltre che dalla tradizione orale di cui s’è detto, anche da alcuni documenti ottocenteschi. La prima fonte in cui si parla di Giovanni Antonio Cybei come autore della macchina da processione del Duomo di Carrara è un documento del 1876 in cui il canonico Pietro Andrei identifica il “prete scultore Giovanni Antonio Cybei” come colui che “fece l’immagine della Beata Vergine che portasi in processione come si usa anche oggidì”. Interessante poi una citazione in una guida di Carrara redatta da un nobile locale, il conte Carlo Lazzoni, che inserisce la macchina tra le opere ultime di Cybei. Una considerazione, quella secondo cui l’opera apparterebbe alla produzione estrema dell’artista, smentita dallo studio di Fusani, non solo per quanto s’è detto sopra, ma anche per le differenze stilistiche che allontanano la Madonna del Rosario, opera piena di vitalità, dinamica e movimentata, dalle più pacate e classiciste opere degli anni Settanta. Molti particolari avvicinerebbero poi la scultura del Duomo a realizzazioni degli anni Trenta o Quaranta: valga l’esempio dell’Immacolata Concezione oggi conservata nella cappella dell’Ospedale Civico di Carrara (che Fusani data ai primi anni Quaranta). La scriminatura dei capelli, l’ovale del volto, la forma dei piedi sono alcuni dei dettagli che denotano notevole vicinanza.
Il volto dell’Immacolata dell’Ospedale Civico di Carrara (a sinistra, foto di Andrea Fusani) e quello della Madonna del Rosario |
Piede dell’Immacolata (a sinistra, foto di Andrea Fusani) e piede della Madonna del Rosario |
Terminato il restauro, la Madonna del Rosario è stata posta dietro al seicentesco altare marmoreo del Battistero del Duomo di Carrara. Il problema è che tale collocazione sacrifica inevitabilmente la scultura. Perché si tratta di un’opera ideata per essere apprezzata anche da tergo: la sua attuale sistemazione rende possibile unicamente l’osservazione frontale. Certo: tremiamo anche al pensiero, evocato da qualcuno in città, che l’opera possa subito tornare a essere portata in processione: ha appena subito un restauro lungo e delicato, lasciamola in pace almeno per un po’. Ma sarebbe opportuno che si potesse discutere di una collocazione che renda giustizia a un’opera preziosa (anche in quanto unica macchina da processione e unica opera in cartapesta di Giovanni Antonio Cybei, a quanto ci è dato sapere) e che possa consentire al pubblico di ammirarla nel modo più congeniale possibile.
La Madonna del Rosario dietro gli angeli dell’altare |
Bibliografia di riferimento
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).