Teatralità, splendore e unione tra le arti. Questi sono i caratteri con i quali l’innovativo linguaggio barocco, a partire dalla seconda decade del Seicento, venne declinato nei territori della Repubblica Ianuensis, ancora legati alla cultura tardo manierista.
Nel corso dei primi vent’anni del XVII secolo, infatti, gli animi degli artisti locali furono stimolati dall’arrivo a Genova di quattro tele (la Crocifissione di Barocci del 1596, la Circoncisione di Rubens del 1605, l’Assunta di Reni del 1617 e il Miracolo di Sant’Ignazio sempre di Rubens del 1620) che per le loro uniche, peculiari e differenti cifre stilistiche posero le basi per il rinnovamento linguistico della successiva stagione artistica.
L’apertura alla nuova concezione spaziale barocca, inizialmente, venne proposta con notevole insistenza all’interno degli edifici religiosi che, chiamati (in piena Controriforma cattolica) a rinnovare i propri ambienti interni attraverso ambiziosi programmi decorativi, trovarono nell’esaltazione della Vergine (Immacolata Concezione e Assunzione) un tema che ben si prestava allo sviluppo del “rapporto tra figura e spazialità dilatata”1.
Un’attendibile ed illustre testimonianza di "questa tendenza in atto”2 è fornita direttamente da Pietro Paolo Rubens che, nel secondo volume della prima edizione dei suoi Palazzi di Genova (realizzato per esaltare le piante e i prospetti delle straordinarie dimore dei gentilhuomini genovesi), inserisce ben nove tavole dedicate ai più eminenti edifici di culto. Non è di certo un caso che tra questi figurino due chiese che, cogliendo la dilagante innovazione linguistica barocca, ricoprirono un ruolo decisivo nel consolidamento della devozione dell’iconografia mariana: la chiesa dei Santi Ambrogio e Andrea e la basilica della Santissima Annunziata del Vastato (figg. 1-2).
Gli straordinari cicli di affreschi che ornano gli interni degli edifici in questione, infatti, segnano, senza dubbio alcuno, uno spartiacque tra il tardo linguaggio manierista e l’adesione ai nuovi modelli figurativi seicenteschi, permettendoci così di poter considerare questi due spazi come evidenti exempla del primo barocco genovese.
La chiesa dei Santi Andrea e Ambrogio (nota, più comunemente, come “il Gesù”), edificata tra il VI e il VII, venne demolita alla metà del XVI secolo e nel “1582 la Compagnia di Gesù ottenne da papa Gregorio XIII il permesso di poter disporre della chiesa”3, avviando nel 1589 i lavori di ricostruzione e decorazione dell’edificio che si protrassero ben oltre gli anni quaranta del Seicento4.
L’ornamento del luminoso ed ampio ambiente centrale – pienamente aderente alle richieste gesuite, secondo le quali era obbligo strutturare uno spazio in cui i “fedeli potessero partecipare simultaneamente alle funzioni religiose”5 – fu commissionato dalla Compagnia a Giovanni Carlone (Genova, 1584 - Milano, 1630), membro di rilievo dell’omonima ditta6.
Il ciclo, per la moltitudine di scene rappresentate, per la varietà iconografica e per la rivelante valenza culturale che tale narrazione avrebbe dovuto assumere, occupò l’artista per circa dieci anni, vedendolo operativo “tra 1615 e il 1618”7 nella volta del presbiterio (Ingresso di Gerusalemme e Adorazione dei Magi – fino al 1626 – Incoronazione della Vergine, fig. 4).
1. Genova, chiesa dei Santi Andrea e Ambrogio detta il Gesù |
2. Genova, Basilica della Santissima Annunziata del Vastato |
3. Giovanni Carlone, volta della navata centrale, chiesa del Gesù |
4. Giovanni Carlone, Incoronazione della Vergine, volta del transetto destro, chiesa del Gesù, Genova |
Sebbene gli affreschi dell’intero corpo centrale (inquadrati da raffinate bordature in stucco dorato) evidenzino una maggiore indagine nella resa plastica delle figure e testimonino una ricerca più approfondita della libertà compositiva d’insieme, il vero scarto artistico tra il linguaggio manierista e la “novità” barocca si manifesta nella Gloria del nome di Gesù della cupola (fig. 5).
La paternità della Gloria, data l’innovativa cifra stilistica adottata, risulta ancora oggi motivo di studio. Stupisce, infatti, che in questa circostanza Giovanni (ancorato, alle simmetriche e studiate scene corali di fine Cinquecento) abbia operato in completa autonomia senza il probabile supporto del più giovane fratello Giovanni Battista. A quest’ultimo, infatti, si riconduce un fare “assai più corsivo e andante, carico di accenti nei moti, nelle espressioni, nel colore […] specie nell’affresco [dove] trova modo di accendere le sue figure di una cromia esaltata”8.
La decorazione, infatti, animata da un vorticoso e “infinito” stuolo figurale, è strutturata su tre cerchi concentrici che, occupando l’intero spazio dell’intradosso, formano un continuum narrativo di assoluta vivacità compositiva e cromatica.
I Carlone, nella fascia più esterna, dispongono la chiesa militante, le anime purganti e le anime dannate (fig. 6), proseguono poi con l’Assunzione della Vergine, attorniata da Santi e Beati (fig. 7), per terminare, infine, nell’affollato coro di angeli che circonda il cupolino nel quale troneggia il monogramma di Cristo – “IHS” – (fig. 8).
Emerge, pertanto, una narrazione che seguendo una dinamica ascensionale, basata sull’importanza dogmatica delle figure rappresentate, è vivacizzata da una spirale di corpi, da una varietà di pose e colori che, immersi in un’atmosfera ultraterrena ma palpabile – testimoniata dalla coltre di nubi che separa i rispettivi “cerchi” -, rispecchia pienamente il nuovo indirizzo barocco (fig. 9). Studi recenti collocano la realizzazione della cupola al 16239, ma occorre ugualmente segnalare la datazione fornita da Ezia Gavazza che, posticipando la decorazione della cupola tra il 1625 e 162810, presupporrebbe la conoscenza, da parte dei Carlone, di quanto proposto da Giovanni Lanfranco – primo grande esponente della stagione del barocco romano - in Sant’Andrea della Valle a Roma (1625-1627) (fig. 10).
La cupola del Gesù, dunque, può essere individuata come la prima grande manifestazione artistica nella quale le nuove tendenze, provenienti dal frizzante ambiente dell’Urbe, pur vincolate alle rigide richieste iconografiche della committenza, vennero assimilate e declinate in campo genovese11.
Sulla scia del successo ottenuto con l’operato del Gesù, sempre a Giovanni Carlone, nei primi anni venti del Seicento12, venne affidata la decorazione – Glorificazione della Vergine e Storie di Cristo - della renovanda basilica francescana della SS. Annunziata del Vastato, considerata uno tra i più grandiosi cantieri artistici dell’epoca (fig. 11).
5. Giovanni e Giovanni Battista Carlone (?), Gloria del nome di Gesù, cupola della chiesa del Gesù, Genova |
6. Giovanni e Giovanni Battista Carlone (?), Anime dannate, particolare della cupola |
7. Giovanni e Giovanni Battista Carlone (?), Assunzione, particolare della cupola |
8. Giovanni e Giovanni Battista Carlone (?), particolare del cupolino |
9. Giovanni e Giovanni Battista Carlone (?), Gloria del nome di Gesù, cupola della chiesa del Gesù, Genova |
10. Giovanni Lanfranco, Assunzione della Vergine, cupola della chiesa di Sant’Andrea della Valle, Roma |
In seguito alla morte di Giovanni (1630), la nobile famiglia dei Lomellini, facoltosi ed aggiornati committenti, decise di affidare il completamento del notevole programma decorativo del Vastato ai principali artisti del tempo, tra i quali, oltre a Giovanni Battista Carlone (Genova, 1603 - Parodi Ligure, 1667), Gioacchino Assereto (Genova, 1600 - 1649) e Giulio Benso (Pieve di Teco, 1552 - 1698), figura Andrea Ansaldo (Voltri, 1584 - Genova, 1638).
A completamento della narrazione iconografica dei Carlone per le volte della navata centrale, nel 1638 l’Ansaldo – uno “fra i più distinti pittori della Liguria”13 (affrescò per la “maestosa cupola […] l’Assunzione di Maria Vergine al Cielo”14, fig.12).
L’Assunzione, introdotta dalle figure degli Evangelisti poste nei quattro pennacchi, è articolata attraverso una complessa struttura prospettica in cui lo spazio reale e quello illusivo coesistono in una perfetta unitarietà d’insieme.
Il tamburo appare scandito da un alternarsi di finte e di vere forature che, corniciate rispettivamente con illusive colonne tortili e tangibili cariatidi in stucco dorato, conferiscono alla struttura un’idea di movimento rotatorio, quasi a voler anticipare la vorticosità figurale della cupola. Lungo l’intero suo perimetro, inoltre, corre una balaustra in finto marmo nero dalla quale si “affacciano” i personaggi che volgono lo sguardo verso l’Assunta, il vero focus della narrazione.
Un finto loggiato in trompe-l’oeil (riprendente il sottostante schema di pieni e di vuoti e affollato da celestiali ed espressive figure che travalicano la finta balaustra dipinta) suddivide in illusivi scorci prospettici la base della cupola che l’Ansaldo, mediante il protendersi di finti elementi architettonici, raccorda con il lanternino nel quale troneggia la figura di Dio Padre.
Questo sottile gioco tra “strutture reali e altre solo immaginate”15 (in cui la Regina angelorum è innalzata verso l’Altissimo da uno stuolo di cherubini, fig. 13) è reificato da vivaci cromie, figure moltiplicabili all’infinito e articolate pose gestuali che conferiscono un’idea di coinvolgente e frenetica libertà spaziale e compositiva.
Il raggiungimento della ricercata teatralità d’insieme è perseguito, inoltre, dal processo di sintesi delle varie arti (scultura, pittura e architettura, fig. 14) che insieme concorrono verso quella sensibilità barocca, il cui apice verrà raggiunto soltanto anni più tardi da Gian Lorenzo Bernini con l’Estasi di Santa Teresa nella Cappella Cornaro in Santa Maria della Vittoria a Roma (1647-1652).
11. Giovanni e Giovanni Battista Carlone, Volte della navata centrale, Santissima Annunziata del Vastato, Genova |
12. Andrea Ansaldo, Assunzione della Vergine, cupola della Santissima Annunziata del Vastato, Genova. Ph. Credit Klauswiki |
13. Andrea Ansaldo, Assunzione della Vergine, particolare. Foto da: G. Rossini (a cura di), L’Annunziata del Vasatato, Venezia, 2005 |
14. Andrea Ansaldo, Assunzione della Vergine, particolare in cui emerge l’impieto della pittura (figure), architettura (balaustre) e scultura (cariatidi in stucco). Foto da: G. Rossini (a cura di), L’Annunziata del Vasatato, Venezia, 2005 |
In virtù di questo animato e vario linguaggio artistico, l’operato dell’Ansaldo originò un’intensa e “patetica” narrazione al cospetto della quale il fedele – per citare Chiabrera, poeta e drammaturgo seicentesco - non avrebbe potuto far altro che “inarcar le ciglia”16.
La consolidata comprensione dei nuovi stilemi figurativi seicenteschi, adottata dall’Ansaldo nella basilica francescana, permette, quindi, di considerare l’Assunzione della cupola come “la prima piena affermazione del Barocco a Genova”17.
Pur non appartenendo alla stagione più matura (e nota) del Barocco genovese (identificabile, a partire dalla metà del XVII secolo, con le più conosciute personalità di Valerio Castello, Domenico Piola o Gregorio De Ferrari) la Gloria del Gesù e l’Assunzione del Vastato appaiono evidenti declinazioni della nuova sensibilità artistica seicentesca, tanto da potersi ritenere, a ragione, due tra i più significativi “Luoghi del Barocco” a Genova.
1 L. Magnani, La concezione dell’Immacolata a Genova come forma dello spazio barocca tra pittura e scultura, in L’Immacolata nei rapporti tra l’Italia e la Spagna, Genova, 2008, p. 327.
2 E. Poleggi, Dalle mura ai saloni, un rinnovo segreto, in Genova nell’età Barocca, Genova, 1992, p. 23.
3 R. Dugoni, Chiesa del Gesù. Santi Ambrogio e Andrea, Genova, 1999, p. 1.
4 Le sei cupolette che scandiscono e animano gli spazi delle navate laterali, infatti, vennero decorate nel XVIII secolo dai pennelli di Lorenzo De Ferrari (1680 - 1744), Antonio Giolfi (1721 -1806) e Giuseppe Galeotti (1708 –1788).
5 Dugoni, 1999, p. 6.
6 La “Bottega dei Carlone” – originaria di Rovio in Val d’Intelvi – segnò in modo indelebile, tra il XVI e XVII secolo, il panorama artistico genovese, tanto da monopolizzare prima in scultura - con la figura di Taddeo – e, successivamente, in pittura – con i fratelli Giovanni e Giovanni Battista – gran parte delle principali commissioni locali del tempo.
7 M. Bartoletti, Un profilo dell’attività di Giovanni Carlone, in La terra dei Carlone. Arte barocca tra Genova e l’Oltregiogo, Genova, 2019, p. 36.
8 G. V. Castelnovi, La prima metà del Seicento a Genova: dall’Ansaldo a Orazio De Ferrari, in La pittura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, 1987, Genova, p. 100. Si osservino, in merito, gli esempi genovesi de Il miracolo del basilico per il catino absidale della Basilica di San Siro e Le vicende di Enea per la galleria di Palazzo Ayrolo Negrone.
9 Bartoletti, 2019, p. 38.
10 E. Gavazza, La grande decorazione a Genova, vol. I, Genova, pp. 112, 182.
11 E’ opportuno segnalare, inoltre, come l’importanza barocca della chiesa sia arricchita da alcune tra le più rilevanti tele del panorama artistico genovese, tra le quali spiccano – oltre alle opere di Simon Vouet e Guido Reni - i già citati capolavori di P. Paolo Rubens: la Circoncisione dell’altar maggiore e i Miracoli di Sant’Ignazio nella cappella a lui intitolata.
12 G. Bozzo, La decorazione pittorica delle navate, in L’Annunziata del vastato a Genova. Arte e restauro, Venezia, 2005, p. 79.
13 R. Soprani, Vite de’ pittori scultori ed architetti genovesi, vol. I, Genova, 1767, p. 200.
14 Idem, p. 209.
15 G. Bozzo, La cupola, in L’Annunziata del vastato a Genova. Arte e restauro, Venezia, 2005, p. 96.
16 G. Chiabrera, Per il signor. Giulio Romano, in Rime, Roma, 1718, p. 296.
17 Castelnovi, 1987, p. 63.
L'autore di questo articolo: Giorgio Dellacasa
Storico dell'Arte e divulgatore scientifico. Ho 25 anni, sono nato a Genova e qui ho compiuto tutto il mio percorso di studio universitario, conseguendo la Laurea triennale in Conservazione dei Beni Culturali e la Laurea magistrale in Storia dell'Arte e Valorizzazione del patrimonio storico artistico. Attualmente ho conseguito l'accesso alla Scuola di Specializzazione in Beni Storico-Artistici di Genova.