Uno dei filoni meno noti della produzione del grande Leonardo da Vinci, è il disegno su tela di lino che, seppur non praticato con la stessa frequenza di quello su carta, fu comunque talvolta sperimentato dall’artista. Uno dei primi biografi di Leonardo a descrivere il suo procedimento è Giorgio Vasari che, nel capitolo delle sue Vite dedicato al genio di Vinci, scrive: “perché la professione sua [di Leonardo] volle che fusse la pittura, studiò assai in ritrar di naturale, e qualche volta in far medaglie, di figure di terra, et adosso a quelle metteva cenci molli interrati, e poi con pazienza si metteva a ritrargli sopra a certe tele sottilissime di rensa o di pannilini adoperati, e gli lavorava di nero e bianco con la punta del pennello, che era cosa miracolosa, come ancora ne fa fede alcuni, che ne ho di sua mano, in sul nostro libro de’ disegni”.
Che cosa faceva, in sostanza, Leonardo da Vinci? Si procurava, o creava egli stesso, dei modelli in terracotta (le “figure di terra” citate da Vasari), le rivestiva di panni bagnati e ricoperti di terra affinché aderissero meglio al manichino e quindi creassero delle pieghe più naturali (i “cenci molli interrati”), dopodiché adoperava tele di rensa o di lino (“pannilini”, cioè panni di lino) e, impregnando il pennello nell’inchiostro, fissava sulla tela quello che vedeva davanti a sé. La rensa di cui Vasari parla altro non è che un tessuto di lino pregiato, molto fine, che prende nome dalla città di Reims, in Francia, luogo d’origine della rensa. Veniva impiegata perlopiù nella produzione di biancheria di alta qualità, ma data la sua capacità di impregnarsi di inchiostro con grande facilità, e data la precisione con cui gli artisti potevano lavorare su questo supporto, la rensa fu spesso usata anche per il disegno. L’utilizzo del lino si deve anche al fatto che, rispetto alla carta, è ovviamente molto più resistente, e si presta meglio all’utilizzo della tempera: gli artisti potevano quindi sperimentare, sul lino, effetti da applicare poi sul dipinto finito. Nella bottega del Verrocchio, dove Leonardo compì il proprio apprendistato, si faceva ampio utilizzo del disegno su tela di lino (benché la carta rimanesse comunque il supporto di gran lunga preferito): tuttavia sono pochi gli esemplari rimasti di studi prodotti con questa tecnica.
Si sono infatti conservati solo sedici schizzi su tela di lino attribuiti alla bottega del Verrocchio. Alla mostra Leonardo da Vinci. 1452-1519 in corso a Milano (Palazzo Reale) fino al 19 luglio e prodotta da Skira insieme al Comune di Milano, è possibile osservarne due esempi, creati dalla mano di Leonardo. Vediamoli entrambi, onde comprendere meglio come venivano prodotti, per quali scopi, e perché talvolta Leonardo preferiva il lino alla carta. Con una doverosa precisazione: non tutta la critica è concorde nell’attribuire i disegni a Leonardo. Purtroppo non esistono documenti che possano certificarne con sicurezza l’autore (e probabilmente non sono mai esistiti), e la storia dei passaggi nelle varie collezioni è spesso lacunosa e contorta.
Come si può ben vedere, disegnare su tela di lino significava ottenere un risultato molto simile alla pittura, di sicuro più vicino al risultato finale rispetto a uno stesso studio realizzato su carta: è per questo motivo che Leonardo, così come altri artisti che lavoravano nella bottega del Verrocchio, utilizzava questa tecnica. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che queste opere non fossero studi preparatori per dipinti, ma fossero semplicemente esercitazioni che dovevano servire agli allievi per prendere confidenza con la raffigurazione dei panneggi. Ecco quindi un altro argomento che spiegherebbe il perché dell’utilizzo del lino invece di quello della carta: e poi, trattandosi di una tecnica più vicina a quella del dipinto, era più impegnativa del disegno su carta, e quindi particolarmente adatta per preparare gli allievi.
I due studi di Leonardo da Vinci in mostra a Milano. Nell’affiancarli, abbiamo cercato di rispettare il più possibile le reali proporzioni tra i due disegni. |
Si è detto poco sopra che la critica non è concorde nell’attribuire i disegni a Leonardo. Oltretutto, secondo molti studiosi, le opere che compongono il corpus di disegni su tela di lino ascrivibili alla bottega del Verrocchio, sarebbero state realizzate da diversi artisti. Tra coloro che si sono espressi per un’attribuzione a Leonardo da Vinci dobbiamo citare Françoise Viatte che, in occasione di una mostra al Metropolitan Museum di New York, tra il 1989 e il 1990, in cui i disegni furono esposti, affermò che, in base alla sua opinione, tutti i disegni del gruppo sarebbero da ricondurre alla mano di Leonardo: questo soprattutto per via della loro elevatissima precisione, che nessun artista del tempo, neppure quelli che studiarono con lui dal Verrocchio, seppe raggiungere. Soprattutto se pensiamo al fatto che altri come il Ghirlandaio e Lorenzo di Credi erano, all’epoca, “studenti” come Leonardo, ma il genio di Vinci padroneggiava le tecniche della pittura come se fosse stato già un artista esperto: cosa che i suoi coetanei non erano ancora in grado di fare.
Non ci sono purtroppo elementi per arrivare a conclusioni definitive. Però è indubitabile che, almeno i due disegni esposti alla mostra milanese, mostrano una finezza esecutiva, una precisione e una resa che solo un grande artista è in grado di offrire. E il risultato è innovativo e sorprendente: basta vederlo per rendersene conto... !
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).