Ledro Land Art, il bosco del Trentino dove l'arte incontra la natura


Nella Valle di Ledro, in uno splendido bosco di abeti, ha preso vita da alcuni anni il progetto Ledro Land Art, un parco dove l'arte, fatta interamente con materiali naturali locali, incontra la natura.

Quando l’arte incontra la natura è in grado di dare vita a luoghi incantevoli, come Ledro Land Art: un percorso espositivo diffuso in mezzo a un bosco che permette agli amanti delle passeggiate nel verde di soffermarsi ad ammirare installazioni d’arte contemporanea in netta sintonia con l’ambiente circostante. Tutte le opere che s’incontrano lungo il percorso ad anello da percorrere in completa quiete e tranquillità, accompagnati dal dolce canto degli uccellini che cinguettano tra le fronde degli alberi ad alto fusto, tipici della vegetazione locale, sono infatti realizzate unicamente con materiali naturali, principalmente con legno, elemento che rientra pienamente nel concetto, mai come in questo momento più attuale, di sostenibilità e che è profondamente legato alla regione in cui si trova il parco. Il Trentino-Alto Adige è infatti la regione d’Italia in cui si produce più legno, merito delle moltissime foreste e dei numerosi e fitti boschi presenti sul territorio: tra i principali tipi di legname del Trentino sono il larice, il pino silvestre e l’abete rosso. Insieme al canto degli uccellini, non è raro sentire, come è capitato a chi scrive, il belato delle pecore e il tintinnio delle campanelle che questi animali hanno appese al collo, prima di tutto perché nei dintorni si possono raggiungere molte malghe, le costruzioni destinate al ricovero degli animali in estate e alla produzione di latte e formaggi, e in secondo luogo perché le pecore sono molto golose di erba e quindi fanno da “tagliaerba” naturale.

Ledro Land Art si estende nella pineta di Pur, uno dei polmoni verdi della Valle di Ledro, nel Trentino meridionale: un sentiero che costeggia il torrente Assat conduce alla Malga Cita e all’interno della pineta, dove ogni anno, nella stagione estiva, artisti contemporanei sono invitati a realizzare interventi site-specific direttamente sul luogo, reinterpretando lo spazio naturale.

Sebbene l’intero percorso lungo il parco artistico risulti complessivamente molto piacevole e in piena sintonia con l’ambiente, a dir la verità è inevitabile rimanere affascinati da alcune opere rispetto ad altre, poiché di grandi dimensioni e di maggior suggestione. Prima su tutte, la Scimmia di Franz Avancini, realizzata nel 2019 in collaborazione con i ragazzi dell’associazione Smarmellata in occasione di un workshop dedicato alla Land Art. La monumentale scultura è costituita completamente di legno e la parte esterna di paglia, per dar l’impressione del pelo dell’animale. Di quest’ultimo sono rappresentati solo il muso e i due grandi arti superiori, come se solo una parte del corpo uscisse dal terreno; con una mano si tiene saldamente al tronco di un albero, mentre l’altra poggia gravemente sulla terra, espediente che esprime appieno il senso di appartenenza al luogo e la volontà di riflettere sulla tutela del parco e della natura in senso più ampio. Degli stessi autori è un altro grande animale, nello specifico un anfibio, collocato proprio sul fiume Assat: si tratta di un tritone alpestre, simile a una salamandra, che è appena uscito dall’acqua, volgendo lo sguardo verso ovest. È un’opera collettiva realizzata nel 2020 da Franz Avancini con l’associazione Smarmellata e con il sostegno di Piano B; il tritone è costituito da circa quattromila “cerchietti” di legno e 540 tondini per la struttura che sorregge il tutto e la scelta di dare forma a questo animale si deve al fatto che è a rischio estinzione ed è molto sensibile all’inquinamento, quindi in piena linea con il progetto volto alla sostenibilità.

Pecore nel parco di Ledro Land Art
Pecore nel parco di Ledro Land Art


Il paesaggio attorno a Ledro Land Art
Il paesaggio attorno a Ledro Land Art

La scimmia e il tritone alpestre non sono gli unici animali che si possono incontrare lungo il percorso di Ledro Land Art: a questi si aggiungono infatti la Chiocciola, il Riccio, le mucche e le galline. La prima è stata compiuta da Corrado Rosa nel 2012 con l’utilizzo di vecchi ferri arrugginiti, piegati e saldati insieme: è colta nel momento in cui, oltrepassando un masso, si sta dirigendo verso l’acqua del torrente poco distante da lì. È un omaggio alle lumache che con le loro “casette” scivolano sull’erba e sulla terra lasciando visibile il loro cammino attraverso la trasparente e appiccicosa scia che producono. Il Riccio è invece opera di Giampaolo Osele: l’artista lo ha realizzato nel 2014 utilizzando legni di larice, nocciolo e maggiociondolo. Dalla forma stilizzata, l’animaletto dal simpatico musetto a punta incontra i visitatori della pineta per raccontare l’aspetto semplice e ingenuo della natura come energia generatrice e fonte d’ispirazione. Non si può tuttavia lasciare il parco (e il Trentino) senza prima aver visto le mucche in alpeggio: ecco quindi che Paolo Vivian ha radunato qui una mandria di mucche fatte di massi di pietra e di pezzi di ferro. Cow show, questo il titolo dell’opera del 2012, vuole essere una riflessione sulle forme della natura e le loro corrispondenze materiali e figurative: da semplici massi di pietra per creare il muso e il corpo e da pezzi di ferro per creare le corna della mucca, Vivian rende riconoscibili forme che sarebbero altrimenti passate inosservate. Come simbolo dei tempi che cambiano e delle tradizioni locali che stanno sempre più scomparendo, Matteo Cretti ha creato invece un gallo e quattro galline che beccano la terra liberi e non negli allevamenti intensivi, dove il pollame è costretto a stare ammassato e alla luce perenne. Sign o’ the times, questo il titolo, intende riflettere su un mondo in continuo cambiamento in cui l’uomo trasforma e condiziona il pianeta con conseguenze dannose: è un invito a tutelare le tradizioni e a tornare alla ruralità per un mondo più vicino alla natura.

Andando con ordine, il percorso diffuso di Ledro Land Art 2021 si compone di ventisette opere: apre Rave di Erika Inger (2019), un’opera che rappresenta in forme essenziali uno sciame di insetti per denunciare la morte di questi ultimi a causa dell’uso massiccio di fertilizzanti e di antiparassitari. L’artista dedica la sua opera agli abitanti di Malles, in Alto Adige, che si propongono di portare avanti un’agricoltura sostenibile, senza pesticidi. Si prosegue con un omaggio alla generazione Xennials, come definita dal sociologo australiano Dan Woodman, ovvero quella di chi è nato tra il 1977 e il 1983. Xennials tribute è infatti una musicassetta realizzata con legno di larice recuperato e con la grondaia in latta di un granaio del dopoguerra per dare forma al nastro; appesa tra gli alberi, ha una grande matita inserita in uno dei due buchi che servivano per riavvolgere il nastro.

Franz Avancini, Scimmia (2019)
Franz Avancini, Scimmia (2019)


Franz Avancini, Tritone Alpestre (2020)
Franz Avancini, Tritone Alpestre(2020)


Corrado Rosa, Chiocciola (2012)
Corrado Rosa, Chiocciola (2012)


Giampaolo Osele, Riccio (2014)
Giampaolo Osele, Riccio (2014)


Paolo Vivian, Cow show (2012)
Paolo Vivian, Cow show (2012)


Matteo Cretti, Sign o' the times (2020)
Matteo Cretti, Sign o’ the times (2020)


Erika Inger, Rave (2019)
Erika Inger, Rave (2019)


Dan Woodman, Xennials tribute (2018)
Dan Woodman, Xennials tribute (2018)


Valerio Cerbella e Luisa Benevieri, Incontri ravvicinati
Valerio Cerbella e Luisa Benevieri, Incontri ravvicinati (2020)


Giovanni Bailoni, Il vecchio e il bambino (2013)
Giovanni Bailoni, Il vecchio e il bambino (2013)

C’è anche una navicella degli UFO nella pineta di Pur: Incontri ravvicinati è l’opera di Giulio Valerio Cerbella e Luisa Benevieri. Prendendo spunto dai racconti secondo cui esseri umani sono venuti in contatto con oggetti volanti non identificati, si intende ricordare la natura umana dei contatti tra persone e la responsabilità, nonché il rispetto, che si deve avere nei rapporti con le persone e con la natura. Il rispetto e una sorta di comunicazione con la natura è il tema dell’opera di Micol Grazioli, Volti nella terra (2013). Calchi di visi, maschere che sprofondano nella terra, in contatto con essa: ogni volta che i visitatori osservano da vicino i volti sono “costretti” a fare un inchino, trasformando questo gesto in una forma di rispetto. Segue Trincea (2013), di Roberta Rizzi e Caterina Agazzi: un’installazione legata alla memoria storica, ma anche al labirinto; nel primo caso la natura offre uno spazio di difesa, nel secondo diviene uno spazio da percorrere. Dopo la Sfera (2013) di Pietro Gellona e Maurizio Vescovi per simboleggiare il rapporto tra architettura e paesaggio, tra arte e natura, che solo l’uomo può realizzare, quattro travi di legno come quattro alberi stilizzati raccolgono le frequenze, le onde e le vibrazioni della natura circostante: è l’Alambicco sonoro. All’idea di suono è legato anche il Violino di Matteo Boato di grandi dimensioni e realizzato in legno oukumè: costruito dall’uomo, è però collocato in un contesto naturale. Le corde di acciaio dell’enorme violino si possono veramente far vibrare, facendo diffondere il suono nel bosco insieme al suono dello scorrere del fiume poco distante. Tra il Violino e il Tritone si tengono per mano il Vecchio e il Bambino di Giovanni Bailoni. Questi ultimi camminano insieme nelle difficoltà della vita e insieme si affidano alla natura; il lento ritmo della natura è paragonabile inoltre alla saggezza dell’anziano. Poco lontano grandi Mani, frutto del lavoro di Alessandro Pavone, rappresentano quelle della gente che nel passato ha vissuto e lavorato in questa terra.

La Strega nel bosco di Viviana Puecher e Michele Filippi è strettamente connessa all’altissima scopa, dal titolo Slow Motion, di Plamen Solomonsky. La prima si accompagna a una leggenda scritta dagli artisti per la Valle di Ledro: la strega diventa il catalizzatore delle energie presenti nel bosco e le restituisce alle persone che lo attraversano; la seconda ricorda che un tempo anche la Valle di Ledro era popolata da streghe. Tuttavia, chiunque sia in grado di utilizzare l’enorme scopa crea una traccia sul terreno lungo la quale possono crescere nuovi fiori.

Alessandro Pavone, Mani (2012)
Alessandro Pavone, Mani (2012)


Rossoscuro Design, Altalene nel bosco (2012)
Rossoscuro Design, Altalene nel bosco (2012)


Viviana Puecher e Michele Filippi, Strega nel bosco (2012)
Viviana Puecher e Michele Filippi, Strega nel bosco (2012)


Plamen Solomonsky, Slow motion (2013)
Plamen Solomonsky, Slow motion (2013)


Collettivo 00, Reflective groove (2019)
Collettivo 00, Reflective groove (2019)


Rumen Dimitrov, Cloud tree
Rumen Dimitrov, Cloud tree (2019)


Simone Mulazzani e Valentina Grossi, Volario antropoetico
Simone Mulazzani e Valentina Grossi, Volario antropoetico


Giordano Faustini, Rovine (2014)
Giordano Faustini, Rovine (2014)


Irene Russo, Black Hug (2017)
Irene Russo, Black Hug (2017)


Luca Degara, Avvolto (2012)
Luca Degara, Avvolto (2012)

Luogo di nascita e di protezione e luogo dove imparare a volare per librarsi nello spazio infinito, il Volario Antropoetico di Simone Mulazzani e Valentina Grossi è formato di intrecci di materia vegetale, della stessa materia dell’ambiente circostante. Il Volario è luogo dell’immaginario dove ogni atto diventa poetico. Metafora della condizione creativa è invece il Cono d’ombra di Marco Nones: qui l’individuo è libero di attingere dall’inconscio e la natura è libera di riprodursi senza essere domata. Un luogo onirico tra persone e natura è di fatto creato dall’installazione Reflective Groove del Collettivo 00: attraverso superfici specchianti che avvolgono i tronchi degli alberi la percezione dello spazio risulta alterata e il confine tra se stessi e la natura muta continuamente.

È incredibile come legni posti quasi perpendicolarmente tra loro possano diventare una donna con i capelli bagnati mossi dal vento: è Cloud Tree di Rumen Dimitrov, opera che intende significare rinnovamento e libertà. S’incontrano poi le Altalene nel bosco (2012) di Rossoscuro Design grazie alle quali è possibile farsi dondolare tra gli alti fusti per ritornare bambini, in un’atmosfera onirica. Fortemente evocative sono le Rovine di Giordano Faustini: elementi di legno compongono un enorme viso che emerge dal terreno, come antiche rovine che la terra lascia riaffiorare e che la natura vuole possedere.

Il percorso si conclude con Black Hug, Limite Infinito e Avvolto: l’abbraccio simbolico tra l’uomo e la natura ideato da Irene Russo intende sensibilizzare sugli incendi dolosi che colpiscono vasti territori dell’Italia, tra cui la Campania, terra d’origine dell’artista; anche Limite infinito di Leonardo Nava avvolge gli alberi in una struttura circolare che si sviluppa senza interruzioni, disegnando un confine che è anche apertura, per comprendere l’infinito della natura; e infine Avvolto di Luca Degara crea uno spazio dove avviene uno scambio continuo tra luce e ombra, poiché delimita senza isolare totalmente. Distesa sulla terra la struttura aspetta che la natura faccia di lei ciò che vuole.

Si esce così dalla pineta di Pur con una maggiore consapevolezza di quanto sia importante il rapporto uomo-natura fondato sul rispetto e sulla sostenibilità: le opere che via via s’incontrano sul cammino affascinano, fanno sognare e rendono tutto più magico, ma soprattutto portano a riflettere. E di questo, ora più che mai, ce n’è bisogno. Per agire in fretta.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.






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