L’autrice di questo contributo, Valeria Tassinari, è curatrice del Museo MAGI ’900 di Pieve di Cento, che ospita una delle più vaste raccolte di opere di Lutz Ehrenberger, nonché curatrice della mostra “Omaggio alla femminilità della Belle Époque, da Toulouse-Lautrec a Ehrenberger”.
Hanno un profumo speciale, una linea sinuosa e dolcemente penetrante come un effluvio fiorito, una seduzione sorridente: le mille e forse più donne di carta che hanno popolato l’arte e la vita di Lutz Ehrenberger, si offrono allo sguardo, lievi e ammiccanti come il sogno di un’intramontabile Belle Époque, in un girotondo di immagini da far girar la testa.
A rendere l’artista austriaco un poliedrico interprete della seduzione femminile è stata, infatti, proprio la sua peculiare capacità di continuare a diffondere una fragranza di bellezza spensierata, conservando, anche dopo lo scoppio della Grande Guerra, quella “leggerezza positiva” che presto altrove si disperse completamente. Come se la scintillante energia della Belle Époque, la cornice dorata che lo ha formato e gli ha regalato la prima notorietà, avesse continuato sempre a proteggere la sua vita, suoi sogni e il suo immaginario, anche quando il mondo intorno “usciva dal quadro” e piombava in tutt’altra realtà.
Pittore di talento ma soprattutto grafico e illustratore, Ludwig Lutz Ehrenberger ci appare, infatti, oggi, in piena fase di studio e di dovuta riscoperta, uno dei più affascinanti e prolifici autori attivi tra Parigi e la Mitteleuropa nella prima metà del Novecento. Brillante, attraente, gaudente, affermato e originale nel lavoro, alla moda ma mai banale, inventivo e divertito: lo restituiscono così i racconti tramandati oralmente dagli eredi, le eloquenti fotografie d’epoca e, soprattutto, la sua vastissima produzione creativa. Una produzione destinata prevalentemente all’editoria che, oggi, mentre ancora ci muoviamo in un non facile percorso di ricostruzione filologica della sua biografia e della sua carriera, ci mostra già con evidenza l’importanza e l’inconfondibile fragranza di un’ispirazione fantasiosa e sensuale.
In assenza di pubblicazioni monografiche (l’unica pubblicazione monografica su Lutz Ehrenberger di cui attualmente disponiamo è il piccolo catalogo di una mostra allestita a Castelfranco Emilia, a Palazzo Piella, nel 2002, con un testo critico di Bruno Vidoni, curatore della mostra. Per un errore di trascrizione nel titolo e nei testi l’artista viene nominato Ehremberger) e di una biografia puntuale, dunque, la sua storia possiamo provare a riviverla soprattutto attraverso le opere, molte delle quali sono ancora diffuse in maniera frammentaria sul mercato antiquario. E proprio guardandole diviene facile pensare che, se davvero conoscessimo qualche episodio in più della sua vita, o se ancora potessimo raccogliere direttamente le testimonianze di chi lo ha conosciuto, certo si rincorrerebbero parole felici, parlando dell’affascinante Lutz, disincantato interprete e, forse, ultimo erede dell’inebriante frivolezza della Belle Époque.
Lutz Ehrenberger nel suo studio |
Nel cuore della Mitteleuropa
Del resto, quando Ehrenberger nasce a Graz, il 14 marzo 1878, l’era dell’entusiasmo sta sbocciando. Nella città austriaca, seppur nel clima di rigore dell’Impero austro-ungarico, si vive piuttosto bene, in generale sono anni di modernizzazione e ripresa economica e la sua è una famiglia dal solido benessere, che può permettersi di vivere appieno il momento. Il padre è proprietario terriero, la nonna, la baronessa Bekönyi, frequenta Vienna e favorisce l’iscrizione del nipote al Liceo Priesten-Kloster, dove il giovane compie gli studi umanistici, e poi all’Accademia di Belle Arti della capitale. La Vienna di fine Ottocento è una città che sembra crescere ovunque, un centro nevralgico della Mitteleuropa che vive trasformazioni sociali e culturali importanti, fortemente incisive a livello internazionale. Il suo volto cambia, sia sul piano urbanistico, grazie al Ring che ne ha appena modernizzato la configurazione spaziale, facendone un modello d’avanguardia per lo sviluppo urbano, sia per le sperimentazioni architettoniche favorite dall’amore della borghesia per lo Jugendstil. Nell’età in cui impera il concetto di modernità gli ambienti accademici e i fronti più sperimentali si separano, si scontrano dialetticamente e non solo nelle aule delle accademie statali, ma soprattutto nei laboratori delle scuole di arti applicate, nei teatri, nei salotti e nei caffè, dove la borghesia illuminata si appassiona delle questioni estetiche e dell’arte. Se l’Accademia rimane il luogo di formazione per eccellenza, è solo perché in essa e contro di essa, si scatenano confronti accesi e stimolanti. Nella “Roma sul Danubio” le migliori menti d’Europa s’incontrano a cena e a passeggio, attratte da un fermento che risuona nella musica, nelle parole, nei disegni, nelle riviste, nell’eleganza confortevole o esotica degli abiti alla moda.
Lutz, dunque, studia all’Accademia di Belle Arti di Vienna, sotto la guida di Siegmund L’Allemand (1840-1910), un bravo pittore accademico d’impronta realista che aveva fatto carriera come artista di guerra, e che era un sostenitore della tradizione virtuosistica del pennello (il suo nome figura nella commissione che nel 1907 rifiuta l’ammissione di Adolf Hitler agli studi artistici). Ma, tra i docenti della Akademie der bildenden Künste, c’è anche il più aperto Alois Delug (1859-1930), ritrattista di grido di origine bolzanina, che tra il 1896 e il 1898 era stato a fianco di Gustav Klimt, Egon Schiele, Koloman Moser, Joseph Hoffmann, Otto Wagner e numerosi altri fondatori della Secessione viennese.
Lo “spirito del nuovo” non può non averlo raggiunto, anche perché subito dopo Ehrenberger completerà gli studi all’Accademia di Belle Arti di Monaco, altro vivacissimo centro della sperimentazione secessionista. Qui le discussioni, le mostre, lo stile stesso di presentazione dei progetti, sulla linea di confine con le arti applicate, hanno certo attirato la sua attenzione, tanto che egli spesso utilizza nelle sue tavole grafiche un simbolo quadrato (una sorta di monogramma), plausibilmente derivato da quella particolare estetica geometrizzata che presto avrebbe caratterizzato lo stile della Deutscher Werkbund. Ma l’astrazione geometrica verso cui propendeva la nuova ricerca non sembrano in realtà averlo mai convinto completamente, e nemmeno vagamente tentato, e nulla sembra averlo spinto ad abbandonare il suo linguaggio figurativo e elegantemente realista. Del resto, per sperimentare il percorso avanguardista dell’astrazione – che in quegli ambienti, interessati alla riduzione dell’ornamento e alla costruzione di un rigoroso rapporto tra forma e funzione, si radicalizzava – Ehrenberger avrebbe dovuto sacrificare la propria propensione alla silhouette morbida, alla decorazione minuta, alla narrazione della bella vita, e forse rinunciare alle committenze editoriali, che invece presto arrivarono.
Nel 1904, a ventisei anni, prende uno studio a Saalfelden am Steinernen Meer, una ridente cittadina nel salisburghese, dove nel 1906 si farà costruire un’elegante villa in stile Liberty, che chiamerà affettuosamente “casetta del buon mattino”, e che considererà sempre il suo angolo di pace. Ma le sollecitazioni intellettuali si trovano altrove, così nel 1908 prende una seconda residenza a Berlino, dove apre uno studio in Güntzelstraße, nel cuore della città. Qui ha modo di frequentare gli ambienti dell’Accademia di Belle Arti e, sembra, della Scuola di Arti Applicate di Weimar, dove probabilmente entra in contatto con Walter Gropius.
La Grande Guerra, devastante per molti giovani della sua generazione, apparentemente per lui si limita a essere un tema che s’insinua tra i soggetti dei suoi disegni per le riviste illustrate, non pare aver lasciato segni troppo profondi nella sua vita. Negli anni più drammatici la sua attività artistica continua apparentemente senza interruzioni, come attesta la partecipazione nel 1918 a una grande mostra di arte tedesca a Baden Baden insieme a un gran numero di artisti di talento.
Dopo un precoce divorzio dalla prima moglie, nel 1914 si sposa con la bella Lydia Horn, che aveva incontrato a Monaco negli anni degli studi. I fratelli della ragazza, Ugo ed Elvira, sono noti fotografi di Trieste e lei, che evidentemente viene da un ambiente sensibile all’arte, è una donna elegante e colta, e sarà la sua compagna ideale e devota per il resto della vita. Trascorrono insieme le vacanze nella villa, con il luminoso studio dove posano le modelle, una grande cucina dove Lutz si diletta a coltivare il suo gusto di gran gourmet, l’esclusiva piscina e il panorama rilassante. Saalfelden sarà un punto di riferimento, la cornice del loro amore, fino alla fine. Benché la vita tranquilla tra le montagne certamente a Ehrenberger non dispiaccia, le grandi città non smettono di essere un’attrazione, per tutto ciò che offrono a livello professionale, culturale e, perché no, anche di divertimento, vista la sua fama di gaudente viveur, ben documentata dalle foto che lo mostrano protagonista di feste scanzonate, alto quasi due metri e decisamente corpulento: un omone sorridente e gran mangiatore, che volentieri si mette in posa, scherzando con gli amici.
Ma, oltre a Vienna, Monaco e Berlino, dove nel secondo decennio del secolo ha già numerosi contatti, quale altra città avrebbe potuto attrarlo, se non Parigi? Dall’ultimo quarto dell’Ottocento la ville lumière è il sogno di tutti, è il luogo dove tutto accade e tutto può accadere, grazie alla sua bellezza, alla vivacità dei salotti cosmopoliti, alle grandi mostre e agli innumerevoli locali notturni, che offrono ogni tipo di spettacolo e intrattenimento. Sono migliaia i creativi che vi si trasferiscono per esprimere il loro talento, molti lavorano nell’ambito della grafica e dell’illustrazione e vanno a cercare il successo nelle grandi agenzie pioniere della pubblicità moderna, arrivando da tutta l’Europa e dall’America, aperti e pronti ad aggregarsi in comunità chiassose e cosmopolite. Si incontrano e si conoscono tutti, muovendosi tra le zone di Montmartre, Montparnasse, e naturalmente nella notte trasgressiva di Pigalle, dove scintillano le pale del Moulin Rouge e si aprono i nuovi locali in cui si esibiscono le più licenziose ballerine della città, quel tipo di donne che le opere di Toulouse-Lautrec avevano già riscattato dai bassifondi e fatto entrare nel mito.
Impossibile, in quel momento, non desiderare Parigi, non considerare la capitale francese il luogo imperdibile dove cercare le grandi occasioni, vedere il meglio degli artisti e delle opere alla moda, sperimentare e sperimentarsi. Lutz si trasferisce presumibilmente nel 1919, appena passata la guerra. Negli anni Venti sono tutti lì, o ci sono già passati: da Boldini a Helleu, da Corcos a Cappiello, da Sepo a Picasso (solo per fare qualche nome, tra i tanti che davvero divennero ben noti), tutti travolti ed elettrizzati da una giovinezza che sembrava eterna, pronti a tuffarsi nella gioiosa “festa mobile” decantata da Ernest Hemingway, quella «Parigi dei bei tempi andati, quando eravamo molto poveri e molto felici».
Lutz Ehrenberger, Carnevale a Parigi (1922) |
Lutz Ehrenberger, Ballerina con figura in rosso (1929) |
Imperdibile Parigi
Negli anni Venti, comunque, Ehrenberger, che povero non è mai stato e certo non lo è in quel momento, è un artista dal linguaggio maturo giunto a Parigi per consolidare la sua notorietà e riconoscibilità, il che di solito rende felici. Quasi coetaneo di Picasso, più anziano di vent’anni rispetto alla “generazione perduta” (così la definiva la mecenate Gertrude Stein) di Hemingway e dei suoi trasgressivi amici, egli non sembra interessarsi ai movimenti d’avanguardia più sperimentali (Cubismo, Futurismo, Astrattismo, Dadaismo sono tutti ben presenti sulla scena artistica, e presto arriverà il Surrealismo), mentre conosce molto bene le feste e la vita notturna. In città prende lo studio in una bella zona centrale, Rue de La Fontaine, nel 16° arrondissement, un quartiere di belle palazzine Liberty allungato tra la Senna e lo splendido Bois de Boulogne, il parco delle passeggiate più eleganti e degli incontri più intriganti, che naturalmente non mancherà di immortalare.
In un quadro che ritrae la veduta del suo studio, dipinto velocemente e con una tensione sintetica che raramente si ritrova in altri soggetti, Lutz sembra voler ricordare per sempre l’apertura sull’azzurro cinerino, l’atmosfera serena e il panorama a volo d’uccello sui tetti innevati, offerti da una visione dall’alto, probabilmente ripresa dall’abbaino (ben si vede la ringhiera) di uno di quei romantici appartamentini, che venivano ricavati sulle altane dei palazzi signorili per affittarli ad artisti e intellettuali.
Parigi si offre qui in una visione silenziosa, dominata dal profilo familiare del Sacre-Coeur, arroccato sul colle di Montmartre, che si staglia sullo sfondo; altrove, nelle passeggiate notturne, la città si rivela di una modernità strepitosa, sotto la guglia svettante della Tour Eiffel che ormai ne è divenuta il simbolo universale. Quasi ovunque è tappezzata da manifesti pubblicitari, messaggi visivi di forte appeal disegnati dalle matite più brillanti del momento: così i muri e le strade di maggior passaggio sono come grandi mostre, collettive e popolari, animate da immagini potenti, che raggiungono indistintamente tutte le classi sociali, nel via vai che ad ogni ora anima il centro. I colori, gli slogan, il lettering trasmettono ben più dei semplici messaggi promozionali, la tentazione al consumo si esprime in una seduzione costante degli sguardi, di ammiccamenti, goloserie, sinestesie, modelli da imitare, icone di stile. Nel loro sovrapporsi in un palinsesto dinamico, che di continuo invade e modifica l’orizzonte urbano, le formidabili affiches, diffuse grazie alla stretta intesa tra arte e industria, s’insinuano nell’immaginario, offrono lezioni di vita, deliziano e orientano i desideri, educano alla visione, intrecciando tutti i registri espressivi, da quelli più illustrativi ancora di gusto Art Nouveau, a quelli più sperimentali, ispirati dal Cubismo, dall’Astrattismo, dal Futurismo. Come pittore, Ehrenberger continua a non sembrare per nulla interessato a quelle ricerche d’avanguardia. Non conosciamo esattamente la sua produzione pittorica in quegli anni, ma potrebbe ragionevolmente essersi dedicato ai ritratti alla moda, che rendevano bene e favorivano l’inserimento degli artisti negli ambienti raffinati della borghesia; un’attività, quella di ritrattista, che sappiamo aver condotto con successo anche dopo il suo nuovo trasferimento a Monaco di Baviera, nel 1935. Dai suoi ritratti, tra i quali figura anche un bell’autoritratto, capiamo che il linguaggio pittorico resterà sempre fedele a un rapido realismo, anche se, nei secondi anni Trenta mostrerà una maggiore attitudine alla pulizia delle forme, in linea con l’estetica di gusto classicheggiante e “ariana” diffusa dalla politica culturale del nazionalsocialismo. In ogni caso, tra le mostre cui ha partecipato negli anni parigini ci sono manifestazioni ufficiali come il Salon d’Automne, e possiamo ben credere che il suo nome circolasse nei salotti “giusti”.
Come illustratore, e di questo invece abbiamo la certezza, tra il secondo e il quarto decennio del Novecento Lutz pubblica moltissime tavole illustrate, in buona parte con lo pseudonimo di Henry Sebastian, un nome d’arte francese adottato forse per mantenere un po’ di anonimato rispetto a certe immagini sempre più erotiche (che immette sul mercato in cartelle, taccuini e raccolte tematiche), o forse semplicemente per tenere distinta la produzione pubblicitaria da quella di illustratore e grafico editoriale. In entrambi gli ambiti lavora molto, ad alti livelli. Perfettamente inserito nel mondo delle riviste illustrate, soprattutto quelle satiriche e di costume, che spopolano e ormai raggiungono grande diffusione anche tra il pubblico femminile, Ehrenberger instaura collaborazioni molto durature con alcune delle testate più rinomate a livello internazionale, e si muove sincronicamente tra Austria, Germania e Francia, pubblicando sulle riviste ambite dai migliori illustratori del tempo, come ad esempio “Uhu”, “Simplicissimus”, “Kurt Ehrlich Verlag”, “Das Magazin”, “Elegante Welt”, “Lustige Blätter”, “La vie Parisienne”, “Le Sourire”.
Il suo stile si modifica poco nel tempo, sembra più incline ad adattarsi ai cambiamenti della moda, prontamente registrati negli abiti e nei modelli di bellezza, piuttosto che a sperimentare variazioni nel linguaggio. Trattiene sentori Jugendstil nelle linee sinuose, in certi esotismi dorati e nell’erotismo sottile, ma non si appassiona alla sintesi grafica delle stampe giapponesi, che tanta ammirazione avevano suscitato in Toulouse-Lautrec; la sua ironia è sorniona, non graffia con i segni scattanti tipici di certi disegnatori dell’espressionismo tedesco, o con l’ironia grottesca delle caricature, come faceva per esempio Lyonel Feininger, suo collega per “Lustige Blätter”.
Sostanzialmente è un esteta: poco interessato alla satira politica, nonostante qualche gioco caricaturale matura una predilezione per l’illustrazione di costume, elegante e sottilmente irridente, in cui si legge in filigrana un atteggiamento divertito nei confronti di una società frivola, che corrisponde al target dei suoi lettori, il cui numero crescente è ormai ai ben bilanciato tra entrambi i sessi. E a entrambi i sessi Lutz sembra rivolgersi con identica attenzione, anche se all’apparenza alcune immagini potrebbero apparire riservate ai signori. Un’illustrazione per la rivista di moda “Elegante Welt” del 29 gennaio 1919, Der Tanztee, ci mostra ad esempio una scena di intrattenimento elegante, nella quale una coppia snella e à la page si muove in perfetta sincronia, facendoci intendere che lei e lui hanno il medesimo desiderio di essere guardati e ammirati dal pubblico. Se negli anni Venti non sarà certo il maschio autoritario ad affascinare lettori e lettrici, allora ecco emergere precocemente nella sua sensibilità un’idea di mascolinità mondana e ricercata, non priva di piccole frivolezze, che si rivelerà nei comprimari maschili, sempre intenti ad ammirare le signore e persino a imitarne un po’ gli atteggiamenti.
Tra le riviste in lingua tedesca, quella con la quale Ehrenberger mantiene una delle collaborazioni più durature è “Lustige Blätter”, per la quale realizza molte copertine e tavole interne, oltre a disegnare le copertine dei romanzi che lo stesso editore pubblicava periodicamente in allegato alla rivista, e poteva vantare un’alta tiratura, oltre a una vasta distribuzione. “Lustige Blätter” (le “pagine divertenti”) era una rivista satirica berlinese fondata nel 1886 che, come dichiarava il sottotitolo, intendeva riunire le migliori vignette tedesche, e fu pubblicata dall’editore Otto Eysler fino al 1944. Attraverso i suoi numeri, che venivano riprodotti e diffusi anche in Francia, è possibile ricostruire l’evoluzione della società dall’inizio della Belle Époque agli anni della Grande Guerra, spesso raccontata con feroce ironia, e fino alla caduta del Nazismo, regime al quale la testata si era allineata (per amore o per forza) come si evince dall’assenza di vignette di satira politica e dall’insistenza sulla critica agli ebrei negli anni del Reich. Lutz, che continuava a non occuparsi di satira, realizzava per la bella rivista una serie di tempere a colori di grande formato, sempre dominate dai soggetti femminili, declinati nel tempo in tante varianti, dalla gioiosa ragazzotta tirolese dalla guance rosee alla femme fatale dalle labbra vermiglie, dalla composta signora borghese alla sfrenata danzatrice esotica.
Colorista di sicuro impatto oltre che disegnatore dal segno rapido e pulito, talvolta amava anche sperimentare una tipologia di illustrazione più moderna, ridotta al segno nero della china (e come non pensare a un’influenza della Salomè di Aubrey Beardsley), ma un segno contorto e tortuoso, con il quale si divertiva a creare virtuosistici incastri di figure, dense apparizioni seducenti e allusive, come si vede in una curiosa serie di opere realizzate per “Le Sourire” intorno alla metà degli anni Trenta.
Per “Le Sourire”, un settimanale umoristico per il quale lavoravano le migliori matite di Francia e, tra loro, anche Paul Gauguin e Leonetto Cappiello, Lutz realizza spesso le tavole interne, che in genere erano in bianco e nero, e le prime e quarte di copertina, che invece davano ampio spazio al colore. Negli anni Trenta la rivista ha una predilezione per le copertine sexy, dominate da divette un po’ esibizioniste, con piccoli seni provocanti in bella mostra e giarrettiere inerpicate su lunghissime gambe, certo molto attraenti per gli acquirenti. Ehrenberger è in perfetta sintonia con l’obiettivo. In una memorabile copertina del 1933, ad esempio, il gesto di accavallare le lunghissime gambe della signora diventa il baricentro della composizione, uno “stacco di coscia” quasi ipnotico, valorizzato da un lungo strascico nero, intorno al quale gli altri elementi – l’uomo che la aspetta pregustandola compiaciuto, il parrucchiere affaccendato intorno ai suoi riccioli, la camerierina che le lacca le unghie, e persino l’espressione di sfida della protagonista – sono solo la cornice.
Oltre a pubblicare, come era consuetudine dell’epoca l’artista lavora probabilmente come cartellonista per il cinema e come disegnatore pubblicitario per grandi marche, come i profumieri Mouson e Coty, i pianoforti Marquard, la benzina Shell. Lunghissima e molto significativa è la serie di manifesti e piccoli inserti pubblicitari per l’Acqua di Colonia 4711, di cui Lutz rappresenta sia la linea maschile che quella femminile, realizzando una profusione immagini di donne e uomini idealizzati, ma talvolta così sensuali da attirargli l’attenzione della censura. Nelle bellissime illustrazioni al tratto (che erano pubblicate in bianco e nero nel formato di un terzo o un quarto di pagina) e nei manifesti a colori, compare una varietà di tipologie molto vasta, e la medesima, immortale fragranza, viene di volta in volta associata all’idea di avventura, di romanticismo, di seduzione.
Numerosi sono anche i manifesti disegnati per enti pubblici, per i quali in genere si partecipava a concorsi piuttosto competitivi. Tornano ripetutamente su una divertita sensualità manifesti di grande visibilità quali quelli realizzati per promuovere le grandi feste di Carnevale (soggetto ripetutamente ripercorso e grande passione di Lutz) che si tenevano a Monaco degli anni Trenta, come ad esempio quello del 19 febbraio 1939, dove una seducente rossa, inguainata in un abito nero dal profondo spacco (quasi la prefigurazione della mitica Gilda che poco più tardi sarà interpretata dalla Hayworth), solleva scanzonata e allegra il bicchiere davanti al profilo rigoroso di Atena. E se è certamente più composto il bellissimo manifesto blu cobalto delle Olimpiadi estive di Monaco del 1936, è solo per ragioni di stato (nello stesso anno il Führer farà un clamoroso investimento di immagine sulle Olimpiadi di Berlino); anche in questo caso, seppur velatamente, si tratta di una celebrazione della seduzione come premio per il vincitore, una femminilità morbida contrapposta al rigore virginale del modello classico, la cui solennità è addolcita da una leggiadra Vittoria Alata in abito leggero, che regge corone di fiori di evocazione preraffaellita. Ma non ci sono solo donne straordinarie, nell’immaginario di Lutz. L’anno successivo, la campagna che promuove le vacanze estive in Germania ci mostra una biondina della porta accanto, la tipica bellezza sana e ariana che con i capelli scomposti dal vento, che attraversa campi fertili e paesaggi assolati raccogliendo rami fioriti. Le donne, insomma, sembrava amarle proprio tutte.
Lutz Ehrenberger, Hexensabbath in der Friedrichstrasse, illustrazione per Lustige Blätter (1914) |
Lutz Ehrenberger, Illustrazione per l’Acqua di Colonia 4711 (1929) |
Lutz Ehrenberger, manifesto per il carnevale di Monaco di Baviera (1939) |
Le donne di Lutz
Eleganti, folkloristiche, rassicuranti o emancipate. Ingenue o conturbanti, oppure – ancor meglio – ingenue e conturbanti. La contadina tirolese che balla con il suo fidanzato e la perversa domatrice che prepara la frusta, la cacciatrice seminuda con cappellino da passeggio e la signora che si incipria il naso allo specchio, scoprendo la schiena in un gioco di punti di vista da far girar la testa. La sognatrice, la mattatrice, le tante e tante ballerine, l’angelo dei soldati e la tentatrice che li abborda, quelle che salgono sul tram e quelle che partono in crociera, la sportiva e la cantante, la distratta e l’ammiccante, quella che esulta per il ritorno della primavera e quella che si apre la pelliccia sulla giarrettiera. Civettuole o sfrontate, giovinette in boccio o signore navigate, le donne di Ehrenberger si muovono in scenari di svago, non lavorano mai, non si occupano della casa o dei bambini, ma di riccioli e scarpette, di confidenze amorose, di promesse sussurrate. Le tante coppe alzate a brindare, i tavoli dei ristoranti, dei caffè, delle navi di lusso; le feste di Carnevale e gli auguri di Natale, le infinite notti con le uscite da teatro e le teatrali entrate al ballo, i palloncini, le stelle filanti, i lustrini, i capezzoli appuntiti, le scarpette con il tacco, i veli, le piume, le calze a metà coscia, le sete che avvolgono i fianchi. Tutte stanno vivendo bene, tutte hanno un sorriso, accennato o sfrontato, radioso o malizioso. Ma tutte, davvero tutte, amano essere amate, non sono oggetti ma soggetti di un desiderio condiviso, donne che si vestono e si svestono per piacere e per piacersi.
Nel 1942, a seguito degli effetti devastanti della Seconda guerra mondiale in Germania, Ehrenberger torna stabilmente a Saalfelden dove trascorre in tranquillità i suoi ultimi anni, circondato dall’affetto e da una sorta di devozionale ammirazione delle sue donne in carne e ossa: la moglie Lydia, la sorella di lei Elvira, che si era trasferita da loro, e la giovane segretaria. Il suo lavoro continua intensamente, quasi fino alla fine, visto che l’ultima mostra collettiva importante, alla quale partecipa con un’opera che rappresenta Cleopatra, è la Grosse Wiener Kunstausstellung del 1949. Muore nel 1950, a settantadue anni.
Quando anche Lydia se ne va, dopo aver cullato ancora per dodici anni la memoria del suo amore, le sue ultime parole sono l’eco di un ricordo felice, e si congeda dai suoi cari dicendo di essere contenta, perché Lutz le aveva dato tutto quello che la vita poteva offrire. Forse, in fondo, sapeva di essere stata sempre solo lei, la donna mille volte disegnata e sognata, lieve e potente come la carta, immortale come la seduzione.
Lutz Ehrenberger, manifesto per l’evento di Monaco di Baviera in occasione delle Olimpiadi di Berlino (1936) |
Lutz Ehrenberger, Sommer in Deutschland (1937) |