di
Francesca Interguglielmi
, scritto il 15/04/2021
Categorie: Opere e artisti / Argomenti: Dante Alighieri - Sandro Botticelli - Rinascimento - Quattrocento - Arte antica
Sul finire del Quattrocento, Sandro Botticelli realizzò diversi disegni per illustrare la Divina Commedia di Dante. Sono tra le opere meno note del grande artista fiorentino ma ci restituiscono tutta la sua potenza visionaria.
Tra il Kupferstichkabinett di Berlino e la Biblioteca Apostolica Vaticana si conservano 92 disegni che illustrano un testo manoscritto della Commedia di Dante Alighieri (Firenze, 1265 – Ravenna, 1321). Questi disegni furono commissionati a Sandro Botticelli (Firenze, 1445 – 1510) da Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici (Firenze, 1463 – 1503), cugino di Lorenzo il Magnifico. A questo membro della famiglia Medici viene ricondotta anche la proprietà di alcune tra le opere più conosciute del pittore fiorentino: la Primavera, la Nascita di Venere e Pallade e il Centauro. Rispetto alle opere a tema mitologico appena citate, diventate tra i simboli universali della pittura rinascimentale italiana, i disegni della Commedia sono rimasti spesso nell’ombra all’interno della produzione botticelliana. Nel 1632, infatti, il manoscritto risulta essere già smembrato. I sette fogli attualmente conservati presso la Biblioteca Vaticana. Arrivarono a Roma con la libreria di Cristina di Svezia: furono precedentemente acquistati per suo conto nel 1650 dal suo bibliotecario, Isacco Vossius. Alla morte della regina, passarono al cardinale Pompeo Azzolini e furono poi comprati dal futuro papa Alessandro VIII. Riguardo agli 85 disegni di Berlino, sappiamo che nel 1803 si trovavano a Parigi presso un libraio di origini italiane, Giovanni Claudio Molini. Prima del febbraio 1819, furono acquistati da Alexander Douglas, che sarebbe diventato il decimo duca di Hamilton. Nel 1882 si rese necessaria la vendita da Sotheby’s dei manoscritti conservati presso Hamilton Palace. Friedrich Lippmann, che era il direttore del Gabinetto Reale di Stampe e Disegni di Berlino, riuscì a far saltare l’asta pubblica per guadagnare tempo ed acquistare per il proprio istituto quella collezione, in cui erano presenti anche i disegni danteschi di Botticelli.
Si trovano pochi riferimenti nelle fonti antiche riguardo a questi disegni. Nell’Anonimo Gaddiano o Anonimo Magliabechiano (Codice Magliabechiano XVII, Biblioteca Nazionale di Firenze) si trova la seguente indicazione: “Dipinse e storiò un Dante in cartapecora a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, il che fu cosa meravigliosa tenuta”. Il giudizio, qui decisamente positivo, cambia connotazione nell’opera di Giorgio Vasari, il quale, riferendosi ad alcuni disegni a tema dantesco di Botticelli, scrive così: “Dove per essere persona sofistica comentò una parte di Dante, e figurò lo Inferno e lo mise in stampa, dietro al quale consumò dimolto tempo; per il che non lavorando, fu cagione di infiniti disordini alla vita sua”. Si trova un riferimento anche in Filippo Baldinucci, che sostanzialmente si appoggia alle parole del Vasari. Non si può affermare con certezza che Vasari si riferisse a questi disegni, anzi, in realtà viene indicata soltanto l’esecuzione di disegni relativi alla prima cantica, l’Inferno. È probabile dunque che egli si riferisse non a questa serie, in cui sono presenti tutte e tre le cantiche, ma piuttosto alla prima occasione in cui il pittore fiorentino si cimentò nella raffigurazione del testo di Dante. Si tratta delle illustrazioni che avrebbero dovuto accompagnare l’edizione del 1481 pubblicata a Firenze da Niccolò della Magna con l’importante commento di Cristoforo Landino, che difese la figura di Dante poeta in lingua volgare all’interno della cultura neoplatonica, dominante in quel periodo. Fu la prima Commedia stampata in cui fu previsto un corredo di immagini. Di quelle illustrazioni, rimangono soltanto diciannove incisioni da Botticelli eseguite da Baccio Baldini (Firenze, 1436 - 1487), riguardanti soltanto l’Inferno.
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Baccio Baldini (su disegno di Sandro Botticelli), Dante minacciato dalle belve viene salvato da Virgilio (1481; stampa a bulino; Firenze, Biblioteca Riccardiana)
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Sandro Botticelli, La Voragine infernale, dai disegni per la Divina Commedia (1481-1495 circa; punta d’argento e inchiostro su pergamena, 325 x 475 mm; Berlino, Kupferstichkabinett) |
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Sandro Botticelli, La Voragine infernale, dai disegni per la Divina Commedia, dettaglio
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Sandro Botticelli, Inferno X (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena; Città del Vaticano, Biblioteca Vaticana)
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Il manoscritto commissionato da Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici era stato ideato per essere consultato dal basso verso l’alto. Il testo completo di ciascun canto era contenuto in una sola pagina, orientata orizzontalmente e suddivisa in quattro colonne, ed era scritto a penna e inchiostro. In ogni pagina si può osservare la mancanza della lettera iniziale del canto, perché era previsto che venisse miniata, e del primo verso, perché veniva scritto in caratteri colorati. Il calligrafo incaricato della stesura di questo testo fu il presbitero Nicola Mangona, tra i più rinomati e capaci dell’epoca a Firenze. Nonostante l’invenzione della stampa a caratteri mobili in Occidente nel 1455, bisogna considerare che erano ancora in attività molti miniaturisti e calligrafi, che lavoravano per grandi signori mecenati quali Mattia Corvino, Federico da Montefeltro, Lorenzo il Magnifico.
Fin dall’inizio, dunque, questi disegni erano stati concepiti per accompagnare il testo poetico. Si può considerare una serie non finita, in quanto i disegni dovevano essere completati dal colore e soltanto quattro tra quelli conservati lo sono. Non è possibile sapere se Botticelli si sia occupato anche della stesura del colore o se questo intervento sia stato affidato ad un altro esecutore. Il puro disegno, nella maggior parte de casi, è realizzato a punta d’argento e ripassato a penna.
Anche se, per ovvie ragioni pratiche, i disegni sono realizzati su fogli distinti, sono concepiti come un’unità, non separati tra loro. Nel frontespizio del manoscritto c’è l’unica miniatura finita raffigurante la voragine infernale creata dalla caduta dal Paradiso di Lucifero, che si può riconoscere conficcato nel lago ghiacciato Cocito al termine del regno infernale, a forma di imbuto rovesciato. Botticelli ci offre una visione generale dell’Inferno in grado di aiutare il lettore ad orientarsi rispetto alla geografia di questo regno dell’aldilà.
Bisogna concordare con il giudizio dell’Anonimo Magliabechiano e constatare che questa serie di disegni è davvero meravigliosa. Le parole di Dante permettono a Botticelli di consegnarci attraverso le immagini un incredibile mondo visionario. In particolar modo per l’Inferno e per il Purgatorio, Botticelli riempie la pagina di figure e dettagli in cui perdersi. L’attenzione del pittore si concentra sul viaggio, non soltanto quello fisico, ma soprattutto quello di metamorfosi interiore che Dante compie attraverso i tre regni dell’aldilà. È anche per questo motivo che per ogni canto Botticelli sceglie di non rappresentare soltanto un episodio specifico, quale può essere l’incontro con un dannato o con un penitente, ma attraverso la reiterazione del protagonista Dante, con il manto rosso, e della sua guida Virgilio, con il manto blu, attraversa interamente il racconto. Già dal disegno del primo canto dell’Inferno è possibile cogliere questa impostazione: infatti per ognuna delle tre fiere incontrate all’uscita della selva oscura, c’è un Dante ‘diverso’, in cui è possibile cogliere diverse reazioni e stati d’animo rispetto alla lonza, al leone e alla lupa. L’effetto ottenuto dunque non è soltanto quello di una suddivisione spaziale, ma anche di scansione emotiva. Scorrendo le immagini dell’Inferno, ci si accorge di come la composizione sia sovraccarica di personaggi, ma come detto in precedenza, non emergono nessun personaggio e nessuna storia specifica, come invece succede nel testo poetico. Botticelli non si risparmia nel raffigurare lo strazio e l’atrocità dell’Inferno, caratteristiche che tuttavia, come nel testo, lo rendono terribile e, allo stesso tempo, avvincente. In qualche disegno della prima cantica è quasi del tutto assente lo spazio vuoto, che aumenterà invece nelle composizioni del Purgatorio e sarà predominante per le raffigurazioni del Paradiso.
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Sandro Botticelli, Inferno XIX (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 320 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Inferno XXII (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 322 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Inferno XXVIII (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 320 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Inferno XXXIV (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 322 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Purgatorio I (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 323 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Purgatorio X (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 322 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Purgatorio XV (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 321 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Purgatorio XXVIII (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 322 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Purgatorio XXVIII (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 322 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Paradiso I (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 321 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Paradiso IX (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 322 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Sandro Botticelli, Paradiso XXVIII (1481-1495; punta d’argento, inchiostro e penna su pergamena, 321 x 470 mm; Berlino, Kupferstichkabinett)
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Botticelli ci restituisce attraverso le sue immagini il caos infernale contrapposto all’armonia divina. L’artista non si risparmia nel raffigurare i dettagli più raccapriccianti dell’Inferno: è il caso del canto XXVIII, dove si trovano i seminatori di discordia, in cui Dante stesso dichiara che ogni linguaggio sarebbe insufficiente a raffigurare ciò che ha visto. Per contrappasso, quei dannati vengono o squartati a metà privati di alcune parti del corpo, e nel disegno botticelliano si vedono proprio questi particolari riprodotti. Per ottenere un risultato del genere, in cui si ritrova grande fedeltà al testo, bisogna supporre che Botticelli abbia letto in maniera approfondita la Commedia di Dante. Nel Purgatorio la composizione risulta meno caotica, ma permane la reiterazione di Dante e Virgilio. Nel Paradiso l’artista cambia nettamente impostazione: l’attenzione, infatti, è tutta concentrata su Dante e sulla sua nuova guida, Beatrice. Essi sono quasi sempre raffigurati da soli, inseriti entro un cerchio ad indicazione del cielo in cui stanno transitando. Rispetto alle precedenti cantiche, non ci sono riferimenti topografici, parte fondamentale della costruzione di Inferno e Purgatorio, e la raffigurazione viene così resa eterea. Gli intensi e complessi dialoghi del Paradiso dantesco vengono qui restituiti attraverso un profondo gioco di sguardi tra Dante e Beatrice. Botticelli disegna Beatrice con la grazia e l’eleganza che contraddistinguono le sue figure femminili più famose, sia quelle appartenenti alla sfera mitologica, come Venere o Flora, sia a quella religiosa, nelle raffigurazioni della Madonna.
Per quanto riguarda la cronologia, non è possibile stabilire una data esatta, ma si possono prendere alcuni riferimenti temporali. Il termine ante quem è il 1503, anno della morte del committente. Bisogna poi considerare che il primo gruppo di disegni a tema dantesco sono per la Commedia commentata da Landino edita nel 1481; inoltre, Botticelli nel 1481-82 è a Roma, impegnato nella decorazione della Cappella Sistina. Sembra ragionevole, anche in base ad alcune considerazioni sulla grafia del testo, pensare a una realizzazione durante gli anni Novanta del Quattrocento per questo manoscritto che vede ravvicinati due fiorentini illustri. Hanno vissuto in una Firenze profondamente diversa: il poeta immerso e protagonista nella civiltà comunale, tra le lotte di guelfi e ghibellini, il pittore nella Firenze signorile di Lorenzo de’ Medici.
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L'autrice di questo articolo: Francesca Interguglielmi
Storica dell'arte, laureata in Arte Medievale presso l'Università degli Studi di Siena. Attualmente si sta formando in didattica museale presso l'Università degli Studi Roma Tre.