Le carte di un filosofo giovanissimo. Carlo Michelstaedter alla Biblioteca Isontina di Gorizia


La Biblioteca Statale Isontina di Gorizia conserva il Fondo Michelstaedter, che raccoglie scritti, lettere e opere d’arte di Carlo Michelstaedter, importante filosofo morto suicida a soli 23 anni.

Tra i fondi conservati alla Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, il più noto e importante è sicuramente quello di Carlo Michelstaedter (Gorizia, 1887 - 1910), singolare figura d’intellettuale che fu filosofo, poeta, pittore e caricaturista nel brevissimo spazio di un’esistenza durata solamente ventitré anni. Era quarto figlio di una famiglia di origini ebraiche ashkenazite, appartenente alla borghesia friulana benestante: il padre Alberto era agente di cambio (ma nutriva la passione per la storia locale e per la poesia), la madre Emma Coen Luzzato faceva la casalinga, e il giovane Carlo aveva fin da subito mostrato interessi per il disegno e per la letteratura, tanto che, dopo aver frequentato il liceo nella città natale (dove s’appassionò alla lettura dei contemporanei, su tutti Carducci e D’Annunzio), e dopo essersi inizialmente iscritto al corso di laurea in matematica all’Università di Vienna, cambiò presto idea per spostarsi a Firenze, dove avrebbe studiato lettere ma dove avrebbe anche frequentato i corsi della scuola del nudo dell’Accademia di Belle Arti. Nel frattempo continuava a coltivare le sue passioni letterarie, rivolgendo però i suoi interessi soprattutto alla produzione leopardiana, e cominciava a scrivere su alcuni giornali: si trattava soprattutto di recensioni teatrali.

L’abbandono delle iniziali letture giovanili fu sancito dall’avvicinamento di Michelstaedter alla letteratura di Ibsen e Tolstoj (sullo scrittore russo avrebbe scritto anche un articolo sul Corriere friuliano nel 1908). I suoi interessi letterari e filosofici sarebbero poi confluiti in uno scritto destinato a diventare la sua tesi di laurea, nonché la sua opera più nota, La persuasione e la rettorica, anticipato però da un Dialogo della salute dove i due protagonisti, due amici di Michelstaedter (Rico e Nino) affrontano il tema dell’edonismo e della ricerca del piacere per giungere alla conclusione che “la brama rappresenta la spia di un preoccupante vuoto, un non-essere, un desiderio che è segno di una carenza ontologica” (così Alessandro Arbo), e di fronte al quale l’individuo si trova a lottare costantemente, senza però la garanzia di poter vincere in quanto la salute è sfuggente. Poco dopo aver terminato La persuasione e la rettorica, il 17 ottobre del 1910, Michelstaedter si tolse la vita sparandosi un colpo di rivoltella: sono ancora ignote le cause del gesto. Poche ore prima aveva avuto un litigio con la madre, ma è improbabile che fosse questa la ragione del suicidio. Sembra poco verosimile pensare che, con il suicidio, Michelstaedter volesse coronare il suo percorso filosofico. Più probabile che soffrisse di una qualche forma di depressione, o che avvertisse una qualche profonda insoddisfazione per la propria esistenza: si tratta tuttavia di speculazioni per le quali non esistono prove.

Carlo Michelstaedter
Carlo Michelstaedter
Carlo Michelstaedter al Giardino di Boboli
Carlo Michelstaedter al Giardino di Boboli
Carlo Michelstaedter, Autoritratto (1908; acquerello e lapis, 9 x 8 cm; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM V 44)
Carlo Michelstaedter, Autoritratto (1908; acquerello e lapis, 9 x 8 cm; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM V 44)
Carlo Michelstaedter, Che faccia da delinquente!! Autoritratto (disegno a lapis su lettera alla famiglia del 30 ottobre-1° novembre 1905, 11,5 x 9 cm; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM I 1 a 7, c. 17v)
Carlo Michelstaedter, Che faccia da delinquente!! Autoritratto (disegno a lapis su lettera alla famiglia del 30 ottobre-1° novembre 1905, 11,5 x 9 cm; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM I 1 a 7, c. 17v)
Carlo Michelstaedter, Un artista. [Autocaricatura]. (originale perduto, riprodotto da
Carlo Michelstaedter, Un artista. [Autocaricatura] (originale perduto, riprodotto da “Gaudeamus igitur”, Firenze, Tip. Galileiana, 1907, p. 3; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM VII)

Le cronache del tempo deploravano la perdita di un giovane “bello ed aitante della persona, dotato squisitamente al fisico ed all’intelletto”, e che rappresentava “un valore per l’intelligenza, per l’anima generosa ed altruistica, per la molteplicità e la vera genialità del talento”: così veniva descritto il 18 ottobre 1910 sulle pagine di quel Corriere friulano per il quale aveva saltuariamente collaborato. Il fondo Michelstaedter della Biblioteca Isontina di Gorizia conserva oggi la memoria di un pensatore che, dopo una rilettura postuma della sua scarna ma intensa produzione, è stato ritenuto una delle menti più brillanti della filosofia italiana ed europea dell’inizio del XX secolo. Un patrimonio che sarebbe forse andato perduto se non fosse stato conservato con grande cura dai suoi familiari: gli scritti, le lettere, le cartoline, le fotografie, i disegni, i dipinti, i libri che possedeva permettono un affondo altrimenti impossibile nella sua personalità. E questo nonostante le traversie subite dal baule che conteneva le sue preziose carte: la casa dei Michelstaedter fu infatti danneggiata durante la prima guerra mondiale (Gorizia del resto si trovava sul fronte), e quando la loro città fu occupata dai tedeschi nel 1943 e gli ebrei residenti deportati nei campi di sterminio nazisti (sorte che toccò alla madre Emma e alla sorella Elda: entrambe non avrebbero fatto ritorno a casa), il baule con gli oggetti di Carlo riuscì comunque a sopravvivere. Fu infatti raccolto da una vicina di casa, Maria Benedetti, che consegnò tutto il materiale all’unica superstite della famiglia, Paula Michelstaedter, sorella di Carlo, che si era sposata con un cittadino svizzero e non stava più a Gorizia. Anche molti quadri, rimasti appesi in casa, si erano salvati, e lo stesso per alcuni fogli conservati nei cassetti di casa Michelstaedter.

Le opere di Carlo Michelstaedter cominciarono così a essere studiate: lo studioso Gaetano Chiavacci pubblicò per primo, nel 1958, un’edizione delle Opere del giovane filosofo goriziano, per i tipi di Sansoni, suscitando interesse attorno alla sua figura, facilitato dal fatto che la sorella Paula non negava a nessuno la visione del materiale in suo possesso. “Salvo poche cose di proprietà di amici e alcuni dipinti e disegni andati perduti”, ha ricostruito Antonella Gallarotti, conservatrice dell’Isontina, “presumibilmente proprio nel corso di iniziative editoriali che dovevano valorizzarli, tutto quanto Carlo Michelstaedter ha lasciato di scritto, disegnato e dipinto è raccolto in casa di Paula”. E proprio ciò che era raccolto in casa di Paula Michelstaedter costituì il nucleo fondante dell’archivio oggi conservato alla Biblioteca Isontina di Gorizia. La sorella custodì tutto fino alla sua scomparsa, avvenuta il 14 giugno del 1972: nel suo testamento aveva dato facoltà al figlio, Carlo Winteler (il fatto che gli avesse dato lo stesso nome del fratello testimonia il fortissimo legame che Paula ebbe con Carlo quand’era in vita: fu lei la sorella con cui legò di più, anche perché quella a cui era più vicino d’età), di scegliere qualche quadro dello zio, ma il nipote preferì che il fondo rimanesse integro e passò tutto alla Biblioteca di Gorizia. Era il 4 marzo del 1973 quando fu costituito ufficialmente il Fondo Michelstaedter. A occuparsi del primo ordinamento del materiale furono lo studioso Sergio Campailla (segnalato proprio da Winteler) e l’allora direttore dell’istituto, Guido Manzini. Il lavoro di classificazione terminò nel 1974 e il Fondo poté essere presentato al pubblico durante un convegno appositamente convocato. La storia del fondo, che raccoglie 45 manoscritti di mano del filosofo, 210 lettere, 14 album, 7 libri da lui posseduti, 42 dipinti e 26 disegni conservati in due cartelle, non è comunque terminata quel giorno: da allora si è frequentemente arricchito di articoli, tesi di laurea, saggi, libri dedicati alla figura di Carlo Michelstaedter.

Carlo Michelstaedter, Mano che scrive (schizzo a china su lettera alla famiglia del 30 ottobre-1° novembre 1905, 17,5x11 cm; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM I 1 a 7, c. 15v)
Carlo Michelstaedter, Mano che scrive (schizzo a china su lettera alla famiglia del 30 ottobre-1° novembre 1905, 17,5x11 cm; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM I 1 a 7, c. 15v)
Carlo Michelstaedter, postille manoscritte sul volume Giacomo Leopardi. Canti. Roma, Oreste Garroni, 1905, p. 62-63 (Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM VI 1)
Carlo Michelstaedter, postille manoscritte sul volume Giacomo Leopardi. Canti, Roma, Oreste Garroni, 1905, p. 62-63 (Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM VI 1)

Cosa conserva nello specifico il fondo? Nella prima sezione si trovano le lettere alla famiglia, scritte all’epoca degli studi universitari. Una collocazione a parte hanno invece le lettere a Paula, confidente di Carlo, con la quale affrontava gli argomenti più intimi. Ci sono poi le lettere agli amici, a partire da Gaetano Chiavacci che, come visto, avrebbe poi pubblicato per primo la sua opera, e quelle inviate a soggetti vari. La seconda sezione è invece dedicata agli scritti scolastici: appunti su Omero, Eschilo, Beethoven, note sulle letture ibseniane, le tesine scritte per superare gli studi universitari, tra cui quella su Lessing e Baretti e Il coro nella teoria e in alcune sue forme originali in Italia, che figurano tra i suoi scritti più studiati. Ci sono poi appunti di filosofia, in particolare su Parmenide, Eraclito, Empedocle, Platone, risalenti a un periodo compreso tra il 1909 e il 1910, e quelli di letteratura, filologia, filosofia, storia, storia dell’arte e musica. Sono invece conservate nella terza sezione le opere più impegnative, ovvero le Poesie (datate tra il 1905 e il 1910 e scritte su fogli sciolti), il Dialogo della Salute e La persuasione e la rettorica. I disegni sono infine raccolti nella quarta sezione.

Di particolare interesse le poesie, scritte con uno stile che, ha sottolineato lo studioso Marco Fortunato, colloca Carlo Michelstaedter fuori da qualunque catalogazione cronologica o di scuola: si tratta, h spiegato, di una “poesia pensante che il suo autore mantiene in continuo e consapevole raccordo con i propri assunti e le proprie rivendicazioni filosofiche”. È una poesia spesso intrisa di suggestioni leopardiane e dannunziane assieme: basti leggere una delle più note, Amico, mi circonda il vasto mare, scritta a Pirano nell’agosto del 1908, dove protagonista è il sole (“un topos neo-romantico di cui sono ravvisabili in Nietzsche e in Slataper riferimenti molto significativi”, ha scritto Antonello Perli), simbolo dell’illuminazione spirituale che rende il poeta consapevole che scopo dell’esistenza dovrebbe essere la “pienezza dell’essere”, e non la ricerca di soddisfazioni effimere. Si passa poi dalla noia esistenziale di Dicembre, tra le poesie più cupe di Michelstaedter, ai versi scarni e laconici del Canto delle crisalidi, poesia in cui il filosofo scrive che “la morte / a vivere ci aita”, che “vita / sarà la nostra morte” e che “nella vita / viviam solo la morte”, ragion per cui la morte è stata talora considerata come l’orizzonte cui tende il concetto di “persuasione” su cui Michelstaedter basa il suo pensiero filosofico.

Carlo Michelstaedter, Dicembre (poesia, Vigilia di Natale 1909; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-10)
Carlo Michelstaedter, Dicembre (poesia, Vigilia di Natale 1909; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-10)
Carlo Michelstaedter, Il canto delle crisalidi (poesia, novembre 1909; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-9)
Carlo Michelstaedter, Il canto delle crisalidi (poesia, novembre 1909; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-9)
Carlo Michelstaedter, Amico - mi circonda il vasto mare (poesia, Pirano, agosto 1908; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-8, recto)
Carlo Michelstaedter, Amico - mi circonda il vasto mare (poesia, Pirano, agosto 1908; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-8, recto)
Carlo Michelstaedter, Amico - mi circonda il vasto mare (poesia, Pirano, agosto 1908; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-8, verso)
Carlo Michelstaedter, Amico - mi circonda il vasto mare (poesia, Pirano, agosto 1908; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-8, verso)

Secondo quanto Michelstaedter affermò ne La persuasione e la retorica, la vita si concretizza “in un inesausto pencolare tra due polarità: da una parte il desiderio, il bisogno, il dolore, e dall’altra la soddisfazione, il piacere, la noia” (così Luca Perego ed Erasmo Silvio Storace). L’essere umano si inganna attraverso una persuasione illusoria: ritiene cioè di poter trovare fuori di sé la soddisfazione dei propri desideri. E la vita, secondo Michelstaedter, diventa così un continuo cercare di soddisfare bisogni sempre nuovi che gli vengono instillati dal “dio della filopsychía [amore della vita, ndr]”, ovvero il piacere, il cui scopo, attraverso la “rettorica”, è fornire all’essere umano piaceri sempre diversi per soddisfare i propri bisogni. La vera “persuasione” serve invece a superare le illusioni: “non c’è niente da aspettare, niente da temere, né dagli altri uomini né dalle cose”, scriveva Michelstaedter. Secondo il filosofo, si imbocca la strada della persuasione sperimentando direttamente oppure indirettamente il dolore, che ha la facoltà di recidere i legami con la ricerca del piacere illusorio. Il persuaso è dunque colui che possiede se stesso, che non chiede niente al futuro, che di conseguenza non teme la morte, che “vive solo di se stesso”. “Chi vuol aver un attimo solo sua vita, esser un attimo solo persuaso di ciò che fa”, scrive Michelstaedter, “deve impossessarsi del presente; vedere ogni presente come l’ultimo, come se fosse certa dopo la morte: e nell’oscurità crearsi da sé la vita. A chi ha la sua vita nel presente, la morte nulla toglie; poiché niente in lui chiede più di continuare; niente è in lui per la paura della morte. [...] I bisogni, le necessità della vita, non sono per lui necessità, poiché non è necessario che sia continuata la vita che, bisognosa di tutto, si rivela non esser vita”.

Michelstaedter non ebbe mai modo di discutere la sua tesi, che probabilmente, secondo molti studiosi, non sarebbe stata accettata. Fu comunque stampata postuma nel 1913 dall’amico Vladimiro Arangio-Ruiz, e già pochi anni dopo la scomparsa di Carlo Michelstaedter si cominciava, negli ambienti accademici, a parlare del suo pensiero. Oggi è riconosciuto come uno dei pensatori più interessanti del primo Novecento, capace di anticipare diversi temi della ricerca filosofica del XX secolo. E a fianco alla sua opera poetica e filosofica, si colloca quella grafica e pittorica, l’ultima a essere studiata, ma che al pari degli altri rami dell’attività di Carlo Michelstaedter rivela, con la sua vicinanza ai linguaggi propri dell’espressionismo, una personalità complessa e affascinante, nonostante la giovanissima età.

La Biblioteca Statale Isontina di Gorizia

Le origini della Biblioteca Statale Isontina di Gorizia risalgono alla biblioteca del collegio dei Gesuiti della città friulana, che dalla data di fondazione nel 1629 continuò a espandersi fino al 1773, quando l’imperatrice Maria Teresa d’Austria decretò la soppressione dell’ordine. La biblioteca dei Gesuiti fu quindi riordinata e riaperta nella sede attuale, Palazzo Werdenberg, tra il 1780 e il 1810, dai padri piaristi, dopodiché, nel 1810, fu danneggiata gravemente durante l’occupazione napoleonica, e a seguito della restaurazione diventò una delle sei biblioteche degli studi della Monarchia austriaca (1822) e fu aperta al pubblico nel 1825, conservando sino al 1914 le funzioni di Biblioteca regionale del Litorale (Venezia Giulia).

Durante la prima guerra mondiale, una parte dei libri della biblioteca di Gorizia fu trasferita per ragioni di sicurezza a Graz, in Austria, mentre quelli che rimasero in sede furono danneggiati. Durante l’occupazione italiana, i libri rimasti furono tratti in salvo presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze, dove rimasero fino al 1919, anno in cui la biblioteca goriziana fu ricostituita in Biblioteca Statale, diretta da Carlo Battisti: sistemati i danni della guerra, la biblioteca tornò nei locali di Palazzo Werdenberg, assieme alle raccolte della Biblioteca Provinciale (che nel 1941 si trasferì a Palazzo Attems) e della Biblioteca Civica, fondata nel 1888 (a cui la Statale è tuttora unita). La biblioteca subì altri danni durante le occupazioni tedesche, jugoslave e angloamericane della seconda guerra mondiale, ma nel dopoguerra i danni furono nuovamente riparati. Nel 1967 la Biblioteca ha assunto la denominazione di Statale Isontina con nuovi e più importanti compiti culturali, come testimoniano sia il rapido e promettente incremento che l’Istituto bibliotecario goriziano ha avuto nel periodo più recente nel patrimonio librario (al 31 dicembre 2021 è composto da 438.268 volumi) e nel numero di frequentatori, sia la sua significativa presenza in ambito cittadino.

La Biblioteca Statale Isontina di Gorizia
La Biblioteca Statale Isontina di Gorizia

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