La Poltrona Sacco, il sedile più rivoluzionario di sempre


La Poltrona Sacco, nata nel 1968 dall’estro di tre giovani designer, è il sedile più rivoluzionario di sempre, simbolo del design italiano che aspirava alla libertà e alla leggerezza.

Tutti gli amanti della commedia all’italiana hanno presente la scena: il povero ragioniere Giandomenico Fracchia, goffo e remissivo, interpretazione indimenticabile di Paolo Villaggio, entra nell’ufficio del suo direttore per un colloquio (nello sketch originale per chiedere un aumento di stipendio, nel film del 1981 per subire un rimprovero), e viene invitato ad “accomodarsi” su di una Poltrona Sacco. La scena è tutta giocata sulla difficoltà che Fracchia ha nel trovare un punto d’equilibrio per sedersi: rotola a terra, si azzuffa con la poltrona, la prende a pugni, assume posizioni contorte e improbabili. E di certo non è a suo agio.

La mitica Poltrona Sacco e il ragioniere Fracchia, curiosamente, hanno la stessa data di nascita: il 1968. E lo sketch, presentato l’anno successivo al varietà È domenica ma senza impegno, ha contribuito a dare a questo incredibile oggetto di design ulteriore fama, facendogli, è il caso di dirlo... un sacco di pubblicità. La poltrona venne progettata da tre designer italiani allora molto giovani: Piero Gatti (Torino, 1940 – Grosseto, 2017), Cesare Paolini (Genova, 1937 – 1983) e Franco Teodoro (Torino, 1939 – 2005), che avevano fondato uno studio di architettura a Torino nel 1965. La loro idea era di creare una poltrona (o meglio: un sedile, come ha rimarcato Piero Gatti: “Il sedile Sacco, non la poltrona Sacco: il sedile. Non c’entra niente con le poltrone”, ha detto in una intervista) che si adattasse al corpo della persona, offrendo un’esperienza di seduta singolare e adattabile, dal momento che sulla Poltrona Sacco si può stare seduti ma ci si può anche distendere senza difficoltà, o di certo senza ingaggiare le lotte del ragionier Fracchia. E ci si può sdraiare a pancia in su o a pancia in giù, e sempre la poltrona si adatterà al tipo di seduta scelta, alla postura del suo utente, al corpo di chi la utilizza. A mettere in produzione l’idea di Gatti, Paolini e Teodoro è stata l’azienda Zanotta, che tuttora la produce, anche se negli anni molte altre aziende hanno iniziato a produrre, in tutto il mondo, imitazioni dell’originale, sia in versioni fedeli alla Poltrona Sacco, sia in versioni che presentano variazioni rispetto al design originale.

Proprio per le sue caratteristiche uniche, come ha spiegato Chiara Alessi, Sacco era anche una poltrona rivoluzionaria: “Una poltrona che permette pose scomposte, all’epoca considerate inopportune e sconvenienti nei salotti borghesi. Allo stesso tempo, morbida ed ergonomica, leggera e per questo facilmente trasportabile da una stanza all’altra, è fra i primi elementi d’arredo nomadi, capaci di rompere la rigidità delle abitazioni”. Una poltrona così innovativa e diversa rispetto a tutto ciò che l’aveva preceduta, da essere ritenuta oggi simbolo del Radical Design. Il manifesto pubblicitario che la reclamizzava nel 1969 diceva addirittura: “Questa non è una poltrona. Se vi piace, potete anche definirla così; per conto nostro noi non crediamo nelle definizioni. Possiamo dire soltanto che è un oggetto docile e servizievole, ci si può stare seduti, o sdraiati, o rannicchiati in posizione fetale o anche come più vi piace”. Veniva poi presentata anche come oggetto ideale a posarci sopra oggetti come fosse un tavolino, come complemento d’arredo da mettere disteso a ricordare la forma d’un tappetto, perfino come gioco per bambini, un oggetto insomma da “addomesticare”.

Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro, Sacco (1968; poliestere e polistirolo, 130 x 90 x 90 cm; Ancona, Museo Omero, Collezione Design)
Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro, Sacco (1968; poliestere e polistirolo, 130 x 90 x 90 cm; Ancona, Museo Omero, Collezione Design)
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta
Poltrona Sacco. Foto: Zanotta

La Poltrona Sacco è fatta di un tessuto resistente, come l’ecopelle o la tela, ed è riempita con piccole palline di polistirolo espanso, anch’esse fortemente resistenti. Sacco, ha infatti spiegato Piero Gatti, “Nasce proprio da un lungo dibattito sul fatto di costruire un oggetto che non avesse un connotato ripetitivo né formalmente simile a un sedile, poltrona o altre cose di questo tipo. Abbiamo dibattuto a lungo sul problema, soprattutto sul riempimento che era un aspetto inquietante, nel senso che si voleva un materiale che permettesse al contenuto di comportarsi come un fluido, ma che non fosse un fluido come acqua o altri materiali (allora andavano di moda dei sedili ad acqua o gonfiabili che però di fronte alla realtà dell’uso erano duri: sull’acqua non riuscivi a stare in piedi, quelli ad aria erano duri come legno). E quindi è venuto fuori questo problema di mettere delle sferette che agissero tra di loro e servissero a ricevere il corpo e poi a fermarsi nella posizione in cui uno decideva che dovessero fermarsi”. La sua forma sagomata a sacco si adatta perfettamente al corpo di chi ci si siede, e contribuisce a renderla una poltrona anche molto versatile: può essere utilizzata come sedia da rilassarsi, come sedile per guardare la TV o come poltrona per leggere un libro. Inoltre, la poltrona è molto leggera e facile da spostare, il che la rende ideale per le persone che vogliono cambiarne la posizione in casa o in ufficio. Un altro vantaggio della Poltrona Sacco è, come detto, la sua capacità di adattarsi al corpo dell’utente. Grazie alle piccole palline di polistirolo espanso all’interno della poltrona, l’utente si sente avvolto dalla poltrona, che si adatta perfettamente alla forma del suo corpo. Questo offre un’esperienza di seduta molto confortevole e può anche aiutare a ridurre lo stress e la tensione muscolare. È stata inoltre progettata per essere anche molto facile da mantenere. Il tessuto esterno può essere facilmente rimosso e lavato in lavatrice, mentre le palline di polistirolo all’interno possono essere sostituite se necessario, grazie a una cerniera che consente di rimuoverle con facilità.

La storia della Poltrona Sacco iniziò quando Gatti, Paolini e Teodoro decisero di creare una poltrona che fosse diversa da tutte le altre sedie e poltrone sul mercato e offrisse un’esperienza di seduta fuori dal comune. Inizialmente sottoposero il progetto a un’azienda chimica, che tuttavia la rifiutò: fu poi proposta ad Aurelio Zanotta, il patron dell’azienda di divani e poltrone che porta il suo nome, che invece fu subito entusiasta e credette nel progetto, ed ebbe ragione, dal momento che la Poltrona Sacco fu immediatamente un grande successo. I tre giovani designer si ispirarono molto semplicemente ai sacchi di iuta usati per gli imballaggi, dai contadini: la forma della poltrona, che le dà il nome, pur non essendo strutturata, ricorda appunto quella di un sacco. E il prototipo era proprio un sacco di vinile riempito per tre quarti con palline di polistirolo.

Subito premiata alla Mostra Internazionale di Arredamento di Monza del 1968, nell’ambito della quale la Poltrona Sacco fu presentata, negli anni Settanta raggiunse il successo internazionale arrivando a essere esposta in importanti mostre di design, come la rassegna Italy: The New Domestic Landscape tenutasi al Museum of Modern Art di New York nel 1972. Tutti si resero conto dell’estrema novità che Gatti, Paolini e Teodoro avevano introdotto lanciando la loro originalissima creazione. La Poltrona Sacco, come ha spiegato l’architetto e designer Andrea Lupacchini, in effetti fu il primo esempio di un concetto fino ad allora inesplorato, quello di destrutturazione. “Una poltrona a tutti gli effetti”, ha scritto Lupacchini, “che però non aveva né la forma né l’aspetto di una poltrona e che soprattutto non aveva una struttura rigida e fissa. Per la prima volta non era l’arredo a dettare legge sull’uomo, bensì il contrario: il corpo umano non era più costretto a incanalarsi in una posizione già decisa e rigida, ma era la poltrona a doversi adattare al dispiegarsi del corpo, alle sue comodità, al suo relax”. Per questa ragione “divenne subito oggetto del desiderio per tutti gli amanti dell’arredo moderno, per personaggi d’élite, per case d’autore. Leggera, facilmente trasportabile, collocabile in qualunque angolo della casa, con la possibilità di risultare colorata e frizzante, proprio come era richiesto in quegli anni, la poltrona Sacco fu un simbolo di design, ma anche di rivoluzione, di praticità, di modernità e di rottura degli schemi”. E nel 1968, nell’anno della contestazione e delle lotte sociali, Sacco ha sancito il “superamento di una posizione rigida e imposta dalle convenzioni sociali”, come ha dichiarato l’azienda che la produce, che la definisce “la seduta imbottita più informale, più versatile, più irriverente, più libera, più morbida, più ergonomica e ‘più’ di sempre”. Nel 1970 fu poi selezionata per il Compasso d’Oro, anche se non riuscì a vincere il premio: la Poltrona Sacco è riuscita però a rifarsi esattamente cinquant’anni dopo, nel 2020, quando la creazione di Gatti, Paolini e Teodoro ha vinto il Compasso d’Oro alla carriera. Con questa motivazione: “Innovazione tipologica nel settore dell’imbottito, rappresenta nel tempo la libertà dai convenzionali stili d’uso”.

Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro
Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro
Aurelio Zanotta sulla poltrona Sacco
Aurelio Zanotta sulla poltrona Sacco
Manifesto pubblicitario della Poltrona Sacco del 1969
Manifesto pubblicitario della Poltrona Sacco del 1969
Il prototipo della poltrona Sacco
Il prototipo della poltrona Sacco
Fracchia prende a pugni una poltrona Sacco
Fracchia prende a pugni una poltrona Sacco
La poltrona Sacco in una striscia di Peanuts
La poltrona Sacco in una striscia di Peanuts

Oggi, la Poltrona Sacco rimane un’icona del design italiano e una delle poltrone più riconoscibili al mondo. È presente in molte case, uffici e spazi pubblici e continua ad essere citata in film, programmi televisivi e opere d’arte. È finita anche nelle strisce di Peanuts, dal momento che la Beanbag Chair, come la chiamano negli Stati Uniti, ottenne vasta popolarità anche oltreoceano: nei fumetti di Charles M. Schultz, la Poltrona Sacco diventa il rifugio di Lucy van Pelt, la scorbutica sorella di Linus, che ci si sdraia quando vuole riflettere, cacciando immancabilmente tutti quelli che cercano di sedersi assieme a lei. E ne possiede una anche Charlie Brown, che la utilizza assieme a Snoopy e alla sorellina Sally. Inutile ricordare poi che la Poltrona Sacco è oggi esposta in numerosi musei dedicati al design, dal MoMA di New York al Triennale Design Museum di Milano, dal Design Museo di Gent al Musée des Arts Decoratifs di Parigi, dal Museum für Angewandte Kunst di Vienna al Philadelphia Art Museum.

La Poltrona Sacco può essere acquistata in numerosi negozi di arredamento, sia fisici che online, in tutto il mondo. La poltrona è disponibile in diverse versioni, con varianti nel tessuto e nel colore. La Zanotta, che ha prodotto la versione originale della Poltrona Sacco, continua a venderla sul proprio sito web e attraverso i propri rivenditori ufficiali in tutto il mondo. Inoltre, la Poltrona Sacco può essere acquistata su siti web di arredamento e dei portali e-commerce più diffusi. Naturalmente chi desidera l’originale deve tener conto del fatto che sul mercato esistono numerose imitazioni e che tipicamente la Sacco della Zanotta ha un prezzo molto più elevato rispetto ai prodotti che la imitano. Nella propria casa entrerà però un prodotto di design immarcescibile. La cui durata ha sorpreso anche Piero Gatti: “Io non pensavo che durasse quarant’anni. Probabilmente c’è una componente di libertà nell’uso dell’oggetto e di modo diverso d’intenderlo, che è rimasto in piedi. O per lo meno ai giovani interessa”.


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